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Piano Concerto - Forum pianoforte

Il Jazzista è Solo Un Pianista (diciamo Strumentista)?


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Prendo spunto da questo post:

Parlando di pianisti, anche se Jazz, dire che un Petrucciani non fosse un vero pianista perché non ha eseguito gli studi di Chopin mi sembra proprio come bestemmiare davanti ad una chiesa (Tanto per citare un esempio tra tanti).

 

Secondo me le due cose sono distinte, all'inteprete manca l'atto creativo. Mi sto sbagliando? Eventualmente, cosa non funziona nel mio ragionamento?

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Sinceramente la distinzione tra pianista jazz e pianista classico non la capisco. Un pianista è un pianista, come il musicista è il musicista. La musica è un mondo talmente vasto che ridurla alla parole "jazz e classica" non ha senso... Tutte le musiche del mondo possono vivere nella stessa persona vedasi Gulda, ma anche lo stesso Petrucciani, che suonava Chopin... Basta ascoltare qui da 3:50.

 

http://www.youtube.com/watch?v=lUxQLU_eqfU

 

 

P.s. Sia chiaro che usare le parole per contestualizzare un musicista è normale, ma focalizzarsi troppo su esse è limitativo secondo me.

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Io non vedo grandi differenze di base, diciamo che chi suona Jazz (ma non solo) ha un maggiore margine di interpretazione, potendo improvvisare o comunque manipolare il brano più di un pianista "classico". Questo sicuramente comporta un approccio differente, ma non dimentichiamo che gran parte dei musicisti della tradizione europea erano degli ottimi improvvisatori. E' solo di recente che questa prassi si è persa nel mondo accademico. Forse la "colpa" è dell'impostazione delle scuole, che tendono (anche quelle di Jazz) a "cristallizzare" la musica imponendo dei cliché. Trovo che recentemente anche in ambiente jazzistico vi siano molti più virtuosi che compositori di spessore. Un nuovo Ellington o un nuovo Monk sono di là da venire...

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Questo discorso ha spesso portato a diatribe insolute (e insolubili) su cosa sia meglio o peggio tra un jazzista, un interprete classico (se me la passate) e un compositore puro (passatemi anche questa, ci capiamo, ok?). Ho sempre pensato che siano tre aspetti molto diversi di far musica, che sono stati divisi in epoca non lontanissima. Il punto di svolta è stato la creazione di un repertorio, concetto che emerge in epoca romantica e, precisamente, dopo la morte di Beethoven, le cui composizioni iniziano ad essere riproposte, vista l'importanza attribuita al suo lavoro, cosa che non era mai avvenuta per altri autori, che venivano studiati, ma non rieseguiti. Non voglio fare un compendio di storia della musica, per carità, ma è solo per dire che, se fino a quel momento il compositore suonava la sua musica e se ne era capace riusciva anche ad improvvisare interi recital (pare che Beethoven sia stato un improvvisatore stratosferico, lo stesso valga per Mozart, Bach... insomma lo sappiamo), da quel momento in poi si aggiunge un'altra figura, ovvero quella dell'interprete di musica altrui. Da lì ai giorni nostri il passo è breve e forse il musicista jazz è quello che, pur impegnato in altro genere musicale, è più vicino alla figura del musicista dell'epoca pre-romantica. Il jazzista è senza dubbio più versatile di un interprete, fatte salve, come diceva JazzMania qui sopra, le eccezioni. In qualsiasi campo, a mio parere, la specializzazione toglie qualcosa da un lato, ma lo restituisce da un altro. Io invidio ai musicisti jazz l'aspetto naturale del far musica, la capacità improvvisativa, l'istinto strumentale elevato ad arte, ma sono consapevole che a loro, per scelta, beninteso, non certo per carenze di nessun genere, manchi del musicista interprete la profondità di scavo di un testo musicale, che non fa parte dei loro interessi specifici.

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Però Dr, io direi che i Jazzisti tendenzialmente hanno una pessima lettura e gli interpreti mediamente ci capiscono poco e niente di armonia

 

Questo è parzialmente vero (ad alto livello ci sono molti pianisti jazz che hanno una lettura pazzesca e dubito che i grandi interpreti classici siano digiuni di armonia), comunque dal punto di vista strettamente musicale non comporta grandi differenze.

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Condivido in buona parte anche quello che dice Carlos riguardo la profondità nello scavo del testo musicale; leggendo questi post mi viene in mente una considerazione che ho fatto parecchio tempo fa: per qualche bizzarro motivo soprattutto i musicisti di estrazione classica vedono il Jazz come un'oggetto misterioso e parecchio distante dal loro modo di fare musica (anche nel post di Carlos quando parla dell'aspetto naturale del far musica etc.). In realtà è una delle musiche del '900, penso più vicina alla musica "classica" del secolo scorso di quanto non lo sia un canto gregoriano. Eppure un musicista classico spazia tranquillamente in un arco di parecchi secoli ma mostra una certa perplessità di fronte a un brano jazz, a prescindere dalle parti improvvisate. Nemmeno tanto tempo fa i grandi esecutori improvvisavano le cadenze dei concerti e tutt'ora gli organisti improvvisano su dei bassi numerati abbastanza affini ai siglati usati nel Jazz. La pratica dell'improvvisazione non presuppone una particolare predisposizione: è solo frutto dello studio. Certo da qui a improvvisare come Keith Jarrett ci passa, ma lui lo invidiano anche gran parte dei jazzisti ;-)

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gli interpreti mediamente ci capiscono poco e niente di armonia

 

Beh, magari ci capiscono poco o niente del modo che i jazzisti hanno di chiamare formule armoniche che normalmente si chiamano in altro modo. Non credo che un qualsiasi brano jazz possa essere molto più complicato di una sinfonia di Tchaikowskij, con tutto il rispetto... Non generalizziamo... ;)

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Discorso interessante, secondo voi il Jazzista legge o USA l'accordo successivo?

 

Perchè le cose cambiano fra leggere, analzizare a tavolino ed eseguire ... ed invece creare una successione dal vivo...e tutti sappiamo che livelli di improvvisazione si possono raggiungere.

 

Qui non è un problema di complessità o meglio è un problema di diversità di complessità ... per cui anche io mi schiero dalla parte di quelli che sostengono che sono due mestieri diversi.

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Questa discussione mi piace, e mi piacciono anche tutte le risposte/domande degli interessati.

Propongo delle domande per stimolare delle riflessioni

 

E' veramente necessario una distinzione tra il "jazzista" e il "classicista"?

Perché abbiamo sempre il bisogno di alzare dei muri di distinzione tra musiche semplicemente diverse e usare aggettivi tipo "normale", come se un'altra musica non lo fosse?

.......dico la mia e faccio un esempio.....una mia amica ha assistito poco tempo fa ad un concerto di Pollini qui all'auditorium di Roma, e ha avuto la fortuna di assistervi dalle sedie sul palco, proprio dietro di lui......beh, ha "rubato" in video un paio di minuti di un bis durante il quale ha suonato lo studio op.10 nr 12 La caduta di varsavia di Chopin......Durante l'ascolto ho pensato: " mamma mia che palle! sempre la stessa musica" e mi sono sorpreso del mio pensiero....... perché ovviamente non mi riferivo all'esecuzione ma solo ed esclusivamente al brano suonato da Pollini, al quale in questo momento non sono veramente interessato.......

Io voglio andre a sentire la musica composta da Frank o da Carlos o da qualsiasi altro utente di questo forum piuttosto che riririririririririririririsentire un qualsiasi brano di Chopin o chicchessia......

 

Voglio poter parlare col compositore e capire, chiedere, discutere, condividere, scambiare, ridere, giocare........

Voglio insomma, ascoltare cosa hanno da dire i vivi! preferisco l'evoluzione!

Sarebbe interessante tornare alla coincidenza tra compositore ed interprete, come quando erano vivi Mozart, Beethoven, Liszt o Chopin......

 

E' ovvio che questo valga solo per me ed è solo il mio personale pensiero, non è ovviamente ne giusto ne sbagliato......

 

Voi che ne pensate?

 

Ciao

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Decisamente l'itaiano è una pessima lingua.

 

Io non voglio sminuire nessuno, ma leggere un armonizzazione (che comunemente i jazzisti chiamano siglato) o ideare LIVE un armonizzazione sono cose differenti.

 

Chiaro che se uno per una vita legge, sarà più bravo in questo e se uno per una vita riarmonizza, sara più bravo in quello.

 

Poi ci sono tutti i toni di grigio, tu (Carlos) sei direttore e in quanto tale hai seguito studi a base di composizione, un pianista generalmente non va oltre nozioni di base e con quale finalità? Decifrare un siglato e non scrivere un siglato ;)

 

Quindi sulla carta, l'interprete del topic (il pianista o lo strumentista) ha poche competenze se non maturate per conto proprio ... per il jazzista invece è il pane quotidiano.

Non lo dico io, intervista un pianista neo-diplomato e ne ri-parliamo.

Poi c'è pollini che ha il diploma di composizione...ma in quanti? Io ho usato la parola "mediamente", che vuol dire, presi n diplomati o laureati, ehm ehm che è più attuale, guarda un po' cosa sanno fare.

 

Poi non c'è solo la sintassi, c'è il proprio gusto nell'usare l'amonia che non si forma leggendo le note di Chopin ma usando questi colori.

Et. etc.

 

Per cui, mestieri completamente diversi e con competenze diverse ;)

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Alcune cose a caldo

 

Sarebbe interessante tornare alla coincidenza tra compositore ed interprete, come quando erano vivi Mozart, Beethoven, Liszt o Chopin......

 

Neanche per sogno, sarei confinato nei miei limiti esecutivi, la mia musica sarebbe solo quella che starebbe nelle mie mani...invece voglio che la mia musica sia quella che sta almeno nelle mani di Pollini.

Voglio che la mia musica sia eseguibile da un intera ensamble, la tecnica strumentale e degli strumentisti non era così evoluta ed era molto orizzontale. Adesso è tutto molto verticale, la forte specializzazione di ognuno permette di arrivare ad altissimi livelli e infinite sfumature.

 

Confronta una qualsiasi sinfonia di Haydn (anche le ultime) con il terzo concerto di Rachmaninoff per pf e orchestra, bello Haydn, ma vuoi mettere ;)

E non la metto sul piano della competizione, ma sul piano delle possibilità dalle quali scegliere.

 

Pensa alle implicazioni, già solo alla figura del direttore. Ce lo vedi Beethoven suonare la parte pianistica del Rach3? Non si sarebbe mai arrivati se alle spalle non ci fosse un processo di specializzazione dell'interprete che col tempo è arrivato a livelli inimmaginabili, complice l'evoluzione della tecnica degli strumenti.

 

Adesso dico:

- nel 1300 il compositore si studiava le clausole e aveva finito. Cos’era l’orchestra?

- nel 1500 aggiungeva un po' di contrappunto e aveva finito. Cos’era l’orchestra?

- fra 1700 e 1800 aggiungeva pure un po' di armonia e aveva finito. Cos’era l’orchestra?

- sappiamo tutti cosa bisognerebbe conoscere del ‘900?: Dodecafonia, serialità, jazz, musica elettronica, etc.

- Oggi c’è una prassi esecutiva? No. Appena si è studiato tutto quello che è già stato fatto, finalmente ci si può cercare un proprio stile personale senza ricadere nell’anacronismo.

 

Vuoi mettere quanto debbo studiare e sapere io o il Leoninus e Perotinus di turno? Per cui non c’è solo un limite tecnico ma anche di sostenibilità di uno studio strumentale, che sarebbe votato a suonare peggio di Pollini :)

 

Ma non è così solo con la musica, ho un amico fisico che lavora all’estero, ha studiato una vita per sapere a malapena com’è fatta un’ala di un aereo … spero renda il parallelismo.

... i tempi di Leonardo da Vinci sono finiti da un po', inteso come il genio a 360°.

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Io voglio andre a sentire la musica composta da Frank o da Carlos o da qualsiasi altro utente di questo forum piuttosto che riririririririririririririsentire un qualsiasi brano di Chopin o chicchessia...

 

Hmm... allora non venire mai a un mio concerto, perché io non sono un compositore: ti toccherebbe ririririririririsentire la solita musica... ^_^

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Ripensavo allo scritto di Feliciano e in particolare a

.......dico la mia e faccio un esempio.....una mia amica ha assistito poco tempo fa ad un concerto di Pollini qui all'auditorium di Roma, e ha avuto la fortuna di assistervi dalle sedie sul palco, proprio dietro di lui......beh, ha "rubato" in video un paio di minuti di un bis durante il quale ha suonato lo studio op.10 nr 12 La caduta di varsavia di Chopin......Durante l'ascolto ho pensato: " mamma mia che palle! sempre la stessa musica" e mi sono sorpreso del mio pensiero....... perché ovviamente non mi riferivo all'esecuzione ma solo ed esclusivamente al brano suonato da Pollini, al quale in questo momento non sono veramente interessato.......

 

Vorre iportare l'esempio all'estremo opposto, una volta nella vita "La caduta di varsavia" è troppo poco ;), vuol dire anche che i miei figli non avrebbero occasione di sentirlo ;) Sta noi scegliere cosa andare ad ascoltare.

... e pensare che una volta tendenzialmente era così.

 

Aggiungo una domanda, secondo voi perchè Bach sentiva l'esigenza di mettere su carta le note?

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Nel Jazz la figura del direttore è un po' particolare: spesso è il titolare della band, o uno strumentista o il compositore. Attualmente ci sono big band con direttori che si limitano a fare il direttore, ma nella quasi totalità dei casi si tratta di strumentisti che comunque il Jazz lo sanno suonare. Tieni presente che in questo contesto il direttore fa un lavoro un po' diverso da quello della sinfonica: la big band suona tranquillamente da sola, il direttore fa la maggior parte del lavoro in prova, quindi deve conoscere alla perfezione il linguaggio jazzistico.

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Ok DrJellyFish, anche il direttore d'orchestra per quasi tutto il percorso di studi tratta composizione...però mentre dirige e prepara una sinfonia è un interprete ... penso al pari di un direttore di Bib Band e penso tu lo dica pure fra le righe. Quello che fa accessoriamente (le suo performances allo strumento) poco riguarda l'atto del dirigere, no?

Per cui non sarebbe Jazzista?

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E' una discussione molto interessante, ma mi sto chiedendo (non in modo retorico) come mai sia tanto avvertita la necessità di definire (anzi, di più: di stabilire) inflessibilmente gli ambiti delle cose, anche quando potrebbero essere serenamente affidate al senso comune (premesso un minimo di conoscenze dell'argomento, si intende, quali qui hanno un po' tutti).

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Qui bisognerebbe chiarire la definizione di jazzista. Che non deve essere necessariamente un improvvisatore. E' uno che conosce quel linguaggio.

 

Bingo!

 

Sostanzialmente è un compositore che è specializzato in quel linguaggio o a fatto di quel linguaggio la sua esttica. Il mestiere dell'interprete non è vicino minimamente a quello del compositore, ecco perchè sento una differenza ed ho posto la domanda.

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