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Piano Concerto - Forum pianoforte

Contrappunto A Una Voce


Dilettante
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:-) De La Motte ne parla ne "Il Contrappunto" di scrittura armonica a una voce e prende come esempio alcune cose di Bach. Non so cosa citi di preciso, ma si parla di pezzi come le suite per violoncello o la partita per flauto, monodie che nel loro andamento, però, toccano quelle che De La Motte individua come funzioni armoniche. Io preferisco considerarlo contrappunto, anche perché è insito nel contrappunto l'idea che una melodia possa, in alcune situazioni, avere implicazioni "armoniche".

"Il Contrappunto" di De La Motte è un libro molto particolare... le spiegazioni teoriche non abbondano, in realtà è una specie di eserciziario, del tutto diverso dai normali manuali di contrappunto, e in larghissima parte criticabile. Ma in questo caso è molto utile l'osservazione di questa "tecnica" di scrittura tipicamente barocca (di certo non solo bachiana).

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De La Motte per me facendo questa considerazione, intende far comprendere che scrivere una parte solista non esclude assolutamente la contemplazione di una possibile successsione

armonica, anche se implicita.

Non ho mai letto questo trattato, ma non è sbagliato quello che ha inteso dire ( anche se comprendo che un conto è parlare di contrappunto, un altro di armonia ), quando si scrive una parte solista se si prende in considerazione la possibilità di poter armonizzare la stessa ( se parliamo di armonizzazione in quello stile ), quella parte potrà avere ulteriori utilizzi al di fuori di un ipotetico e fine a se stesso utilizzo, avrà voluto far comprendere a chi avrebbe letto il trattato, che un scrittura monodica in realtà "nasconde" una consapevolezza nel trattamento anche se implicito, di altre voci che possono essere armonizzate con la stessa.

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suonolatromba, non so a cosa si possa riferire la definizione "polifonia implicita"... De La Motte parla proprio di scrittura armonica a una voce. Io nell'altro topic l'ho cambiata con "contrappunto a una voce" perché ci sono dei problemi terminologici nel trattato di De La Motte. Lui analizza il contrappunto (e prova a insegnarlo) ignorando del tutto la didattica classica. Con "ignorare" intendo dire che decide scientemente di ignorarla e adotta la terminologia dell'armonia funzionale, aprendo degli squarci interessanti, a volte, ma in complesso fraintendendo moltissime altre robe.

Qui l'Allemande dalla Partita in la minore BWV 1013 di J.S. Bach. Questo è un esempio di scrittura armonica a una voce, o contrappunto a una voce, o monodia con forti implicazioni armoniche

http://javanese.imslp.info/files/imglnks/usimg/1/19/IMSLP221081-WIMA.452f-BWV1013_allemande.pdf

Per arrivare alle conclusioni di De La Motte bisogna, in fin dei conti, applicare una specie di metodo schenkeriano "de noantri" ;-) individuando gradi e note più importanti di altri e, di conseguenza, funzioni armoniche, se non veri accordi spezzati o arpeggiati.

L'analisi del pezzo non è facile, nel senso che, nonostante la semplicità dei mezzi, Bach ha una scrittura piena di punti salienti, varia in un modo incredibile. Quindi, non analizzo nulla :-)

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parlavano di polifonia implicita

Si usa, come del resto anche "falsa polifonia". Una linea teoricamente non può essere polifonica, ma può disegnare più linee melodiche. Come dice Thallo ci si riferisce sopratutto al barocco ma a tutta quella musica che usa questo espediente tecnico.

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De La Motte analizza il contrappunto (e prova a insegnarlo) ignorando del tutto la didattica classica. Con "ignorare" intendo dire che decide scientemente di ignorarla e adotta la terminologia dell'armonia funzionale, aprendo degli squarci interessanti, a volte, ma in complesso fraintendendo moltissime altre robe.

Il contrappunto di de la Motte è in effetti piuttosto particolare. Niente esercizi classici basati sulle specie. È articolato in lunghi capitoli (parzialmente autonomi) disposti in ordine cronologico. Fondamentale, per quanto mi riguarda, il lungo capitolo su Josquin: una analisi dettagliata del suo linguaggio contrappuntistico, dai pilastri generali al dettaglio. Punto debole: la teoria della modalità è del tutto assente. Per quanto riguarda il contrappunto rinascimentale, l'impostazione storico-analitica me lo fa preferire di gran lunga al Dionisi-Zanolini, assai più diffuso nelle aule dei nostri Conservatori.

Immagino che i rilievi di Thallo siano rivolti invece all'analisi del contrappunto bachiano.

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considero parziale anche l'analisi di Josquin e, in generale, considero carente tutto quanto. Parliamo di un "manuale" che, indice alla mano, dedica un capitolo di 24 pagine a Dufay - Ockeghem - Binchois - Isaac intitolandolo "fra "artistico" e "popolareggiante" ". Ok, non so quale fosse il titolo originale e non posso valutare il grado di "fraintendimento" della traduzione in italiano, ma se De La Motte voleva unire storico e didattico, poteva evitare riduzioni di questo tipo... e poteva dedicarsi del tutto al repertorio antico, magari :-) io non conosco la formazione di De La Motte, e quando lo lessi la mia era abbastanza carente, di certo più di ora. Alcune sue osservazioni sono, comunque, ingenue, e c'è questa continua sensazione di anacronismo, di termini non corretti, di fraintendimento dell'originale... per Josquin parla di "materiale", senza accennare minimamente alla modalità. E non parlo necessariamente di quella insegnata da Sabaino (mi sbaglierò, ma mi sembri cremonese pure tu, RedScharlach ;-) ), ma in generale di un sistema di principi e "valori" musicali.

Dando il beneficio del dubbio, credo che siano problemi "obbligati" se si vuole unire didattica e storia. Ma nessuno può seriamente pensare che sia possibile imparare il contrappunto con De La Motte... non solo: di quale contrappunto parliamo? Un contrappunto "in stile"? In realtà sembra tutto progressivo, cioè, le prime cose le impari con Dufay, le seconde con Josquin, poi c'è Palestrina e poi Bach etc... in questa versione "libera" del contrappunto si vede il vettore storico (cattivo) di chi considera la modalità antica come "carente". E per rendere il filo logico di De La Motte "coerente", siamo costretti a patire un salto di più di 150 anni. Ovvero, da Palestrina (1570), capitolo di circa 50 pagine, si passa a J.S.Bach (1740), capitolo di 60 pagine, con in mezzo un capitoletto di 20 pagine che "dovrebbe" parlare di Schutz ma che in realtà parla di "stylus luxurians"... Vogliamo dirlo che De La Motte ha "evitato" le cose difficili della modalità rinascimentale?? :-) nessun libro è perfetto, ovvio, ma in un libro intitolato "Il Contrappunto" sarei stato felice di rinunciare al capitolo su Schumann e compagnia bella per un capitolo su Orlando di Lasso...

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Ma nessuno può seriamente pensare che sia possibile imparare il contrappunto con De La Motte...

Sostanzialmente dissento! :) Per "imparare seriamente" il contrappunto (e mi riferisco esclusivamente al contrappunto rinascimentale), penso che OLTRE a de la Motte e Dionisi-Zanolini, si dovrebbero leggere Meier, Jeppesen, Powers, le monografie sui compositori (i vari companions), la letteratura delle riviste specialistiche, si dovrebbe prendere confidenza con la trattatistica dell'epoca, da Aaron a Zarlino (ovvero dalla A alla Z!), bisognerebbe analizzare con cura i grandi compositori (e sono tanti, e più li si conosce più si apprezzano le differenze), si dovrebbe studiare seriamente il gregoriano (e come presupposto il latino, e la liturgia), bisognerebbe esercitarsi nella composizione "in stile", bisognerebbe cantare questa musica ... E sicuramente tante altre cose che al momento non mi vengono in mente.

 

Partendo da questi presupposti, mi sembra ovvio che nessuno possa pretendere di approfondire il linguaggio di Dufay Ockeghem Binchois Isaac in ventiquattro pagine: in quelle poche paginette si danno spunti, utili, di riflessione (sul ritmo, se non ricordo male!).

 

Dato per assunto che la conoscenza della modalità è imprescindibile per la comprensione della polifonia rinascimentale, preferisco un approccio che glissa del tutto sulla questione, piuttosto che una esposizione raffazzonata. Da questo punto di vista trovo maggiormente fuorviante, seppure giustificabile in relazione alla coscienza filologica dell'epoca, la riduzione dei valori ritmici adottata (ma non sempre!) dal Dionisi-Zanolini.

 

Diether de la Motte è stato innanzitutto un compositore/didatta, e non un musicologo. Forse lo apprezzo proprio per il mio orientamento più compositivo che musicologico. Trovo estremamente educativa, dal punto di vista compositivo, una lezione di composizione in stile basata su un minuzioso approccio analitico. Non vedo davvero una lettura della storia della musica dove il nuovo sostituisce il vecchio perché è migliore, al contrario: nel Contrappunto di de la Motte, come del resto anche nel Manuale di armonia, non abbiamo la costruzione di uno "stile scolastico a-storico" che indifferentemente mette nel calderone Josquin Lasso da Victoria e Palestrina (oppure Bach e Cesar Franck!).

 

Cosa di preciso nelle 57 pagine su Josquin non ti convince? http://it.scribd.com...ap-su-J-Desprez

Di sicuro è un approccio che lascia molto lavoro da fare all'allievo, e anche all'insegnante, ma al contempo indica un buon percorso di studio.

 

PS per la cronaca, non provengo dall'area cremonese ... sono di formazione bolognese :)

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Poi ti rispondo meglio, la giornata di oggi è dedicata alla digestione dello spiedo bresciano mangiato a mezzanotte... ... ... ma condivido molto il grassetto di cantare. Io sono tutto tranne che un appassionato di musica antica, ma sto sviluppando un legame "fisico" con questa musica proprio grazie al canto (e grazie al magnifico coro Costanzo Porta...).

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Alcuni esempi di quella sensazione di anacronismo e terminologia sbagliata...

Primo paragrafo del capitolo su Josquin, titolo "Il materiale sonoro"... "Nel Cinquecento il materiale sonoro è quello che si ricava dalla successione di quinte si bem.-fa-do-sol-e-la-mi-si nat. Disposti in ordine scalare - benché non si tratti di una vera e propria scala - questi suoni danno luogo alla successione seguente: do-re-mi-fa-sol-la-sib-si nat. do. Il si bem. e il si nat. non devono intendersi come suoni adiacenti (...) ma come entità opposte che si escludono reciprocamente".

In teoria la sostanza di quello che dice de la Motte è giusta, ma il modo in cui lo dice complica piuttosto che chiarire. Cosa significa che quella non è una scala? Poco più in là de la Motte parlerà di sensibili "appartenenti alla scala" e sensibili "estranee alla scala", creando due concetti assurdi e mai spiegati, quello di "materiale primo" e "materiale secondo"... su questi due concetti basa altre spiegazioni, tipo un suo concetto di modulazione possibile tra i due materiali, una modulazione che perfino negli esempi dati da de la Motte (a pag. 71) non sembra affatto una modulazione. Quando io non sapevo nulla di modalità e leggevo il de la Motte mi immaginavo una struttura teorica assurda e inarrivabile, immaginavo modalità e contrappunto come mondi complessi. Poi ho preso il Meier, ho bestemmiato un po' perché era lungo e in inglese, e ho scoperto che la parte teorica era solo all'inizio e che era semplicemente pieno di esempi. E mi sono chiesto PERCHE' de la Motte non si fosse preso la briga di spiegare i modi, le clausole, almeno un mezzo concetto di finalis o di ambitus. Non essendo un appassionato né un conoscitore di quel repertorio (e dell'immensa letteratura teorica relativa) non posso davvero segnare con la pennina gli errori, ma quando a pag. 72 de la Motte parla di "una sorta di politonalità", prendendo come esempio pezzi della Missa Pange lingua" in cui si rimane contemporaneamente su quelli che lui chiama ambito frigio su mi e frigio su la, beh, lì però mi sento di dire che de la Motte la modalità non la conosce :) e che il suo sistema delle scale con materiali diversi porta più problemi che altro. Entia non sunt multiplicanda!

Condivido il fatto che Il Contrappunto abbia fascino. Mi sembra (potrei sbagliarmi, ma è solo una sensazione) che sia 1) un libro scritto da uno che conosce l'armonia e ha studiato il contrappunto basandosi su quella 2) e scritto PER gente che conosce l'armonia e vuole studiarla mantenendo quella struttura teorica lì, senza addentrarsi troppo nell'argomento. In questo senso le analisi di de la Motte sono argute perché colgono molti punti, senza illuminare la strada a chi quei punti vuole anche capirli, e non solo coglierli.

Ripeto un'altra volta, però, che le mie sono critiche dal basso. Cioè, magari fossi io in grado di scrivere un libro così! Ma negli ultimi anni mi è capitato di avere a che fare con gente che sguazza in quel repertorio e tutti mi hanno detto che ne hanno le scatole piene di persone cresciute a pane e de la Motte :D un giorno (forse) anch'io avrò la voglia di andarmi a prendere qualche trattato originale, di certo avrei più voglia di comprare un libro scritto in italiano corrente, completo, che funga da vero trattato storico-critico di modalità e contrappunto...

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... avrei più voglia di comprare un libro scritto in italiano corrente, completo, che funga da vero trattato storico-critico di modalità e contrappunto...

In tanti ne avremmo voglia, ma non credo ci sia qualcosa in arrivo!

Capisco le tue critiche, e in parte le condivido, però rimango sulle posizioni del mio post precedente. Ovvero: per capire qualcosa di contrappunto il de la Motte certamente non basta, ma se maneggiato criticamente è uno strumento utile! Ciò che davvero mi convince, lo ribadisco, è l'approccio: se dobbiamo esercitarci nella scrittura in stile non mireremo a un generico "contrappunto rinascimentale", ma ci cimenteremo nello stile di Josquin (oppure nello stile di Palestrina, oppure di Lasso...). Analogamente, studieremo la fuga nello stile di Bach, non nello stile di Dubois. Questo metodo invita, secondo me, a un approfondimento storico.

 

Mi pongo però una domanda non direttamente legata al nostro discorso (e ancora meno al topic!): l'esercizio della "scrittura in stile" è utile allo studente di composizione (se non altro, occupa una parte consistente della didattica tradizionale). Tale esercizio è utile anche al musicologo?

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non so... io non ho mai veramente scritto nulla. Cioè, ho armonizzato i bassi per Armonia A, ho armonizzato il corale per Armonia B e ho fatto contrappunti a 2 voci per Contrappunto... finiti gli obblighi per l'università, è finita la mia voglia di scrivere :D se avessi voluto studiare meglio il repertorio barocco probabilmente mi sarei dovuto costringere a fare molto di più, diminuzioni, basso continuo e compagnia bella. Ecco, se vediamo lo studio della composizione "in stile" come un vero studio di prassi esecutiva, allora penso sia imprescindibile per chi si specializza in quel repertorio lì. Ma tra lo studio che immagino io e quello che "credo" facciano i compositori, ce ne passa... scopi diversi e metodi diversi

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considero parziale anche l'analisi di Josquin e, in generale, considero carente tutto quanto. Parliamo di un "manuale" che, indice alla mano, dedica un capitolo di 24 pagine a Dufay - Ockeghem - Binchois - Isaac intitolandolo "fra "artistico" e "popolareggiante" ". Ok, non so quale fosse il titolo originale e non posso valutare il grado di "fraintendimento" della traduzione in italiano, ma se De La Motte voleva unire storico e didattico, poteva evitare riduzioni di questo tipo... e poteva dedicarsi del tutto al repertorio antico, magari :-) io non conosco la formazione di De La Motte, e quando lo lessi la mia era abbastanza carente, di certo più di ora. Alcune sue osservazioni sono, comunque, ingenue, e c'è questa continua sensazione di anacronismo, di termini non corretti, di fraintendimento dell'originale... per Josquin parla di "materiale", senza accennare minimamente alla modalità. E non parlo necessariamente di quella insegnata da Sabaino (mi sbaglierò, ma mi sembri cremonese pure tu, RedScharlach ;-) ), ma in generale di un sistema di principi e "valori" musicali.

 

Io conosco molto bene questo manuale, che utilizzo ancora e ritengo molto utile e innovativo. Non lo posso definire "carente" o "parziale" nei contenuti, dato che De la Motte si limita a fornire al compositore spunti da utilizzare come punti di partenza per uno studio approfondito e individuale, basato fondamentalmente sull'analisi diretta delle opere (se questo libro è carente, ogni altro libro ricolmo di esempi e analisi lo considererei inutile, dato che ogni buon compositore deve saper fare le analisi da solo sulla base di primi esempi, e in tal caso questo "contrappunto" è l'ideale). Parla di materiale e non di modalità? Beh, ciò che interessa al compositore non è una concettualizzazione teorica della modalità, ma il suo trattamento pratico in quanto "materiale organizzato".

Parla comunque dell'evoluzione di questo materiale nella premessa al contrappunto pseudo-monodico in stile Bachiano.

 

 

 

 

Dando il beneficio del dubbio, credo che siano problemi "obbligati" se si vuole unire didattica e storia. Ma nessuno può seriamente pensare che sia possibile imparare il contrappunto con De La Motte... non solo: di quale contrappunto parliamo? Un contrappunto "in stile"? In realtà sembra tutto progressivo, cioè, le prime cose le impari con Dufay, le seconde con Josquin, poi c'è Palestrina e poi Bach etc... in questa versione "libera" del contrappunto si vede il vettore storico (cattivo) di chi considera la modalità antica come "carente". E per rendere il filo logico di De La Motte "coerente", siamo costretti a patire un salto di più di 150 anni. Ovvero, da Palestrina (1570), capitolo di circa 50 pagine, si passa a J.S.Bach (1740), capitolo di 60 pagine, con in mezzo un capitoletto di 20 pagine che "dovrebbe" parlare di Schutz ma che in realtà parla di "stylus luxurians"...

 

Non è un libro da seguire alla lettera, ha i suoi piccoli errori e non si deve certo considerare la Sacra Bibbia della composizione musicale! Sono solo spunti, molto utili, da rivedere secondo l'ottica propria con intelligenza. Correggo: non da Dufay ma da Perotino.

Aprendo una piccola parentesi: penso che il capitolo sulla monodia (o pseudo-monodia Bachiana, come mi piace chiamarla data la presenza di una polifonia virtuale nella struttura lineare apparentemente monodica di certe composizion) verta non solo sull'apprendimento della "scrittura ad una voce", ma sulla tecnica melodica Bachiana, su come realizzare una perfetta imitazione dello stile MELODICO di Johann Sebastian Bach.

 

 

 

Vogliamo dirlo che De La Motte ha "evitato" le cose difficili della modalità rinascimentale?? :-) nessun libro è perfetto, ovvio, ma in un libro intitolato "Il Contrappunto" sarei stato felice di rinunciare al capitolo su Schumann e compagnia bella per un capitolo su Orlando di Lasso...

 

Certo è che si poteva parlare di Orlando di Lasso, ma ci accontenta comunque parlando di Josquin Des Prez, sempre appartenente alla Scuola Fiamminga, compositore innovativo e importante.

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De la Motte si limita a fornire al compositore spunti da utilizzare come punti di partenza per uno studio approfondito e individuale, basato fondamentalmente sull'analisi diretta delle opere.

 

non voglio provocare, ma sii onesto. Se io ti dessi un mottetto politestuale, saresti in grado di analizzarlo solo grazie a de la Motte??

 

Parla di materiale e non di modalità? Beh, ciò che interessa al compositore non è una concettualizzazione teorica della modalità, ma il suo trattamento pratico in quanto "materiale organizzato".

 

la modalità è il criterio con cui quel materiale viene organizzato. Non parliamo di concettualizzazione, parliamo di pratica. Detto questo, la concettualizzazione si studia nel solfeggio, nella teoria musicale tonale, nell'armonia, nella teoria delle forme ed in praticamente ogni altra materia musicale. E de la Motte non rinuncia ad una concettualizzazione, anzi. Il problema è che ne crea una propria, ignorando quella specifica dei compositori di cui parla. Quando dico che esiste una teorizzazione specifica relativa ai compositori affrontati da de la Motte, voglio anche dire che NON esiste una teorizzazione comune a tutto il contrappunto. Anche per questo bisognerebbe rassegnarsi all'idea che contrappunto e modalità sono storicizzati, sono modelli teorici e pratici che cambiano nei secoli e presupporrebbero un approccio fortemente storico alla materia. Non è la scuola radioelettra, un compositore non dovrebbe imparare ad aggiustare i rubinetti seguendo delle semplici regole sempre uguali. E le basi dell'armonia moderna non sono abbastanza per analizzare i diversi tipi di contrappunto antico e barocco.

 

Sono solo spunti, molto utili, da rivedere secondo l'ottica propria con intelligenza.

 

il problema è che l'intelligenza non basta. Ci vorrebbero delle nozioni. Siamo tutti sostanzialmente contenti del de la Motte proprio perché le nozioni di modalità e contrappunto antichi sono difficili da acquisire e rare, tipiche solo degli specialisti. Ma da un libro che si intitola "Il Contrappunto" io mi aspetto qualcosa di serio ed approfondito, non degli spunti!

 

Certo è che si poteva parlare di Orlando di Lasso, ma ci accontenta comunque parlando di Josquin Des Prez, sempre appartenente alla Scuola Fiamminga, compositore innovativo e importante.

 

... Desprez muore nel 1521 e Lasso nasce 10 anni dopo... non è MAI esistita una scuola fiamminga, è una tremenda e fraintesa riduzione fatta da alcuni libri di storia della musica, e per quanto questo non sia un attacco riferito a te, questa ultima frase dovrebbe farti capire come ESISTA un problema musica antica nella didattica italiana. E mondiale, probabilmente. Hai paragonato due compositori vissuti a distanza di quasi cento anni l'uno dall'altro e li hai legati ad una scuola mai esistita. Sei anche tu, come me, il frutto di una didattica carente della storia della musica e, in questo caso specifico, della storia della composizione musicale. E considerato che anche tu hai comprato e letto un libro che si chiama "Il Contrappunto", dovresti essere più inca**ato di me, perché quel libro (non conveniente) non ti ha evitato di fare errori madornali in questo campo.

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Rispondo a Thallo, che è stato gentilissimo nel commentare la mia "confutatio" :)

 

Dunque, per me il Contrappunto di De la Motte non è l'unico trattato da seguire, per questo se offre spunti sono d'accordo e per un mottetto politestuale esistono certamente altri riferimenti bibliografici utili, una raccolta di saggi didattici sul contrappunto come quella di cui parliamo non può riguardare tutto ma solo alcuni aspetti della Storia.

 

Infine, la questione "Scuola Fiamminga" dovresti secondo me argomentarla un po' meglio perchè la tua affermazione mi ha letteralmente sorpreso: sono molto interessato a quello che sicuramente è un difetto della didattica nostrana (uno tra i tanti difetti, purtroppo!).

 

edit: personalmente considero la Scuola Fiamminga un semplice contenitore per catalogare e individuare i vari compositori, da Dufay a Sweelinck.

 

La Scuola Fiamminga alla fine si suddivide in tre periodi, non 10.000 come affermano alcuni:

 

1) il periodo di Guillaume Dufay e Gille Binchois

2) la ricerca della complessità: Johannes Ockeghem

3) il ritorno dell'espressività: Josquin Desprez

 

tutto il resto si può considerare una diretta evoluzione del periodo avviato da Desprez, dato che non ci sono tagli troppo netti come quello di Ockeghem, giustamente paragonato da molti storici alle avanguardie degli anni '60.

 

Poi tu, da musicologo, puoi sicuramente illuminarmi. :D

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le differenze tra scuola fiamminga e seconda scuola di Vienna sono enormi. L'espressione seconda scuola di Vienna indica, in genere, Schoenberg Berg e Webern. In realtà potrebbe indicare anche altri compositori e teorici, mi viene in mente almeno Erwin Ratz, che hanno preso lezioni da Schoenberg e ne hanno curato alcune edizioni. La scuola di Vienna c'era perché c'era un insegnante e c'erano allievi, c'era un bagaglio tecnico forte condiviso, che a volte sfociava in uno stile condiviso a volte no, ma che ha portato una sostanziale "omogeneità" di linguaggio. Ed erano tutti attivi nello stesso periodo.

La scuola fiamminga, detta da alcuni franco-fiamminga e da altri "degli oltremontani", non è mai stata una scuola. Non ci sono centri didattici di nessun tipo, nessun compositore capofila vero e proprio, nessuno stile riconoscibile. Ci sono relazioni geografiche, alcuni rapporti allievo-maestro, e, per quello che ne so, gran parte del repertorio è stato tutto tramandato dagli stessi codici. Da cui la nostra abitudine a parlare di questo gruppo di compositori come di una scuola.

Dufay era di Cambrai, ora in Francia ma ai tempi in Borgogna, ma ha viaggiato molto, soprattutto in gioventù. Binchois non sappiamo di dov'era e non sembra sia mai stato allievo di Dufay. E scrive soprattutto robe profane, mentre Dufay soprattutto robe sacre. Di certo la corta di Borgogna era piena di professionisti letterati e musicisti, ma io non la definirei una scuola quanto una corte. Semplicemente.

Ockeghem non nasce in Borgogna, non opera per la corte di Borgogna e non sappiamo di chi fu allievo. Il suo stile è diversissimo da quello di tutti i compositori prima di lui e di molti compositori dopo di lui. E per quanto mezzo mondo gli abbia scritto dei lamenti per la morte, non sappiamo davvero se fu maestro di qualcuno, dove e come.

Dall'arrivo di Josquin le cose diventano assolutamente più semplici. A prescindere dal luogo di nascita, praticamente TUTTI i compositori detti tradizionalmente fiamminghi lavorano in Italia. Hanno, come al solito, stili tutti diversi, scrivono forme diverse, sono attivi in un numero incredibile di posti (Ferrara, Mantova, Bologna, Napoli, Milano, Firenze, alla corte di Borgogna, alla corte di Francia etc etc...).

Capisco la riduzione didattica, ma solo fino a un certo punto. E se non si mettono affianco Josquin e Lasso...

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Provo a dire la mia sui fiamminghi cercando di argomentare il più possibile. Mi piacerebbe che chi fosse contrario argomentasse, magari dando riferimenti reperibili per approfondire la questione.

 

Partendo dal contesto storico geografico e parto dicendo che per scuola fiamminga si intende la cultura musicale che nasce nel XV secolo e domina tutto il ‘400 europeo determinando un’influenza decisiva sulla formazione e lo sviluppo della musica rinascimentale.

 

Riferimento storico: la guerra del 100 anni fra Francia e Inghilterra (1337-1475) favorisce indirettamente il consolidamento politico ed economico del Ducato di Borgogna sotto la guida di Filippo di Borgogna e Carlo il Temerario (ciò che geograficamente oggi sono Francia meridionale, Belgio e Olanda).

Questa regione conosce un periodo di grande fioritura artistica (musica e arti figurative), anche se successivamente avverrà la divisione del ducato di Borgogna fra Francia e Asburgo lo sviluppo creativo della musica non ebbe tregua in particolare nelle province dei Paesi Bassi (fiamminghi); i centri di produzione furono: Bruges, Gande, Cambrai, Anversa, Utrect, Liegi, Tournee, Bruxelles, etc.

 

La premessa a questa evoluzione musicale è data dalla formazione scolastica-musicale dei Pueri-Cantores (Bambini-Cantori); studio del latino, del canto gregoriano, della polifonia sacra e profana, studio della composizione.

Dopo la muta della voce il percorso formativo prosegue con lo studio universitario orientato verso discipline culturali/umanistiche

 

Da non dimenticare il professionismo: in seguito a questa solida preparazione, i musicisti sono pronti per l’esercizio della professione come cantori, compositori e maestri di cappella.

Ecco che una serie di musicisti si espanderanno in nazioni come la Spagna, l’Italia e le regioni Austro-Tedesche dell’impero.

 

E poi il mecenatismo: l’esempio dei duchi di Borgogna (che avevano favorito lo sviluppo delle arti) ben presto fu seguito dalla nobiltà e dall’altro clero di tutto il continente.

La cultura diventa strumento di raffinato piacere estetico e il riflesso di stili di vita.

La musica, emancipata da vincoli teologici liturgici, deve confrontarsi con le esigenze di una nuova committenza che esige opere funzionali a propri desideri di consumo e di esibizione di potere.

 

Anche se non mi piace la divisione per generazioni, almeno le prime tre vorrei citarle:

  • I) 1400-1460:
    • Gilles Binchois
    • Guillaume Du Fay (Centro musicale di Cambrai)

-->John Dunstable

  • II) 1460-1490:

- Guillaume Du Fay

- Johannes Ockenghem (Centro musicale di Parigi)

- Antoine Busnois

  • III) 1490-1520:

- Josquin Desprez

- Jacob Obrecht

- Heinrich Isaac

- Ludwig Senfl

- Mouton (Centro musicale di Parigi)

 

A me sembra che si siano proprio i presupposti per parlare di scuola, se non ci fossero vorrei che il mio scritto sia dignitosamente “smontato” :)

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Definisci scuola, allora, Frank.

Dimmi cosa avevano a che fare Dunstable e Josquin con Francia e Belgio...

Trova differenze tra la formazione didattica di cui hai parlato e quella di, non so, Franchino Gaffurio tuo conterraneo :-)

 

Accetto una definizione di corte burgunda o borgognona e di corte francese, ma da Josquin in poi davvero non capisco a cosa serve e dove porti parlare di scuola fiamminga.

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Dimmi cosa avevano a che fare Dunstable e Josquin con Francia e Belgio...

Forse in modo poco chiaro Dunstable l'ho incluso nei miei cenni storici, Io ragionerei in modo stratificato e per "generazioni", trovata didattica, ma efficace.

Cioè, la domanda giusta è: cosa centra Dunstable con Du Fay, che come puoi notare fa da collante con la seconda generazione (Dunstable era solo un “link” che ho notato che mi è stato segato nel post).

 

E infatti il primo periodo è dominato dalla figura di GUILLAUME DU FAY che inizialmente risente della tradizione dell’ Ars nova francese e dalla polifonia inglese che si espande nel continente durante la guerra dei 100 anni anche grazie alla diffusione della musica di JOHN DUNSTABE che oltre ad utilizzare la struttura contrappuntistica usa anche la tecnica del “FALSO BORDONE” che consisteva nell’aggiunta improvvisata di due voci inferiori che si muovono per moto parallelo, sfruttando le relazioni intervallari di terza e sesta , rispetto alla melodia gregoriana preesistente presentata nella voce più acuta.

 

Nel secondo periodo, diciamo che a livello contrappuntistico la tecnica contrappuntistica raggiunge traguardi rilevanti; a volte (in strutture di ampio respiro) sino a ridursi ad uno sterile esercizio accademico e se guardi la Condotta delle parti sostanzialmente si sviluppano molte delle tecniche canoniche ben note oggi ;)

 

Questa è scuola con la "S" maiuscola. Ancora oggi si usa quel tipo di speculazione …di “discrezionalita” della musica

 

Praticamente JOSQUIN DESPREZ consolida e tende sotto l’aspetto stilistico, a una maggiore chiarezza, semplicità e trasparenza della struttura formale, e , nello stesso tempo, a una consapevole morbidezza sonora, ad una ricercata dimensione espressiva. Per cui usa numerose cadenze suggerite dal significato delle parole e dall’andamento delle frasi, usa il moto parallelo delle voci, usa le melodie più semplici e ritmo più lineare.

 

Questo è un piccolissimo excursus, che ha portato a consolidare un certo e significativo risultato.

 

Qualcuno ha parlato della seconda scuola di vienna…Schoenberg, Berg e Webern non avranno mica scritto la stessa musica? Eppure Il lavoro dei 3 è stato etichettato come seconda Scuola di Vienna e c’è da dire che fra i 3 Webern solo è stato radicalizzato dai successori … lui era molto più avanti del suo maestro e di Berg che era un uomo del passato.

Per cui il parallelismo ci sta tutto, e in un modo diverso rispetto ai fiamminghi, anche la scuola di Vienna si è fatta scuola…come Webern, Josquin ha fatto scuola che, complici tutte gli elementi che ho messo nella premessa, è stata diffusa negli altri centri.

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