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Piano Concerto - Forum pianoforte

Perche' Esiste La Morte?


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Un credente potrebbe dire un sacco di cose mentre un non credente non direbbe niente (come dire perché esiste la musica?!?. Esiste e basta!)

 

Nonostante tutto le risposte che si possono o non possono dare, il distacco da persone care è sempre doloroso.

Queste persone ci hanno fatto ridere, sognare, ci hanno insegnato tante cose e arricchito la vita. Quindi dovremmo piangere se queste persone non l'avessimo mai conosciute, anche se mettere in pratica è tutta un' altra cosa...

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Un credente potrebbe dire un sacco di cose mentre un non credente non direbbe niente (come dire perché esiste la musica?!?. Esiste e basta!)

 

Scusa, non per polemizzare, ma chi te lo ha detto che un non credente non direbbe niente? Io non lo sono, ma di riflessioni sulla vita e sulla morte penso di farne più di tanti credenti che conosco, francamente.

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La musica esiste per allietare il nostro animo (o come diceva Beethoven "per far sprizzare il fuoco dal nostro spirito"), la morte, in particolare quella delle persone care, serve a frantumarcelo l'animo, serve a bruciare lo spirito.

 

Io non penso che la musica serva ad allietare l'animo ma, possibilmente, a sublimarlo o, comunque, a sviluppare una percezione diversa dall'ordinario e a rendere consapevoli della propria dimensione vitale. Nel dispiacere per la scomparsa di una persona cara, siamo passati tutti, credo; ed è logico che, con il dolore, la musica possa sembrare un piacere puerile.

 

Ma il dato di fatto, a prescindere da come ci si senta, è che la musica e l'arte in genere colmano la vita di... "vitalità", appunto; e che la morte è non solo un risvolto della vita, ma anche la condizione che permette alla vita di definirsi tale. Ma la morte è un'altra cosa.

 

La musica è composta di elementi vitali: il ritmo, il tempo, il suono... Non ha nulla a che vedere con la morte (condizione nella quale anche la parola "silenzio", intesa come assenza di rumore, perde qualsiasi significato, poiché anche l'assenza si percepisce con gli organi di senso: per dire "buio", per esempio, ci vogliono gli occhi vivi contro l'oscurità, non quelli di un cieco... Non so se mi spiego).

 

Bisogna accettare la morte come un'altra dimensione, rispetto alla quale chiedersi il valore della musica non può avere alcun senso.

 

Chiudo con un fatto personale. Stranamente, quando in casa ho vissuto gli ultimi giorni di agonia d'una persona cara (in casa, ripeto, con tutto ciò comporta e che lascio immaginare), mi sono ritrovato a reagire scrivendo musica come un ossesso, giorno e notte.

E' stato il mio modo di lottare contro la morte.

Quando questa persona si è spenta, ho lasciato quelle pagine com'erano e non ho più ripreso da dove avevo interrotto. Sono passati sei anni; è un'esperienza chiusa lì. La persona cara riposa in un cimitero di campagna vicino casa e concima la più bella pianta di rose che abbia mai visto, delle Pat Austin di David Austin grosse il doppio del normale. Quando vado a trovarla, ne sorrido perché penso che i suoi fiori siano più beli, freschi e profumati di quelli che io, da vivo, abbia mai saputo mettere in musica. .

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Scusa, non per polemizzare, ma chi te lo ha detto che un non credente non direbbe niente? Io non lo sono, ma di riflessioni sulla vita e sulla morte penso di farne più di tanti credenti che conosco, francamente.

 

Eh si CromaDiBrera, condivido la tua correzione. Ho scritto una cosa che è fraintendibile.

 

Non volevo dire che i non credenti non dicono niente davanti alla morte (anzi). Non dicono niente di quelle frasi che piacciono tanto del tipo: Non preoccuparti che il tuo caro è passata a nuova vita, una vita migliore della nostre...(che a me fanno incavolare)

 

Se non si crede nella vita dopo la morte l'immagine di essere un buon concime per da vigore a dei bellissimi fiori che possono regalare gioia a chi li vede è per me una visione più dignitoso della morte rispetto a credere "nelle favole". Poi ognuno la vede come vuole.

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Io non penso che la musica serva ad allietare l'animo ma, possibilmente, a sublimarlo o, comunque, a sviluppare una percezione diversa dall'ordinario e a rendere consapevoli della propria dimensione vitale. Nel dispiacere per la scomparsa di una persona cara, siamo passati tutti, credo; ed è logico che, con il dolore, la musica possa sembrare un piacere puerile.

 

Ma il dato di fatto, a prescindere da come ci si senta, è che la musica e l'arte in genere colmano la vita di... "vitalità", appunto; e che la morte è non solo un risvolto della vita, ma anche la condizione che permette alla vita di definirsi tale. Ma la morte è un'altra cosa.

 

La musica è composta di elementi vitali: il ritmo, il tempo, il suono... Non ha nulla a che vedere con la morte (condizione nella quale anche la parola "silenzio", intesa come assenza di rumore, perde qualsiasi significato, poiché anche l'assenza si percepisce con gli organi di senso: per dire "buio", per esempio, ci vogliono gli occhi vivi contro l'oscurità, non quelli di un cieco... Non so se mi spiego).

 

Bisogna accettare la morte come un'altra dimensione, rispetto alla quale chiedersi il valore della musica non può avere alcun senso.

 

Chiudo con un fatto personale. Stranamente, quando in casa ho vissuto gli ultimi giorni di agonia d'una persona cara (in casa, ripeto, con tutto ciò comporta e che lascio immaginare), mi sono ritrovato a reagire scrivendo musica come un ossesso, giorno e notte.

E' stato il mio modo di lottare contro la morte.

Quando questa persona si è spenta, ho lasciato quelle pagine com'erano e non ho più ripreso da dove avevo interrotto. Sono passati sei anni; è un'esperienza chiusa lì. La persona cara riposa in un cimitero di campagna vicino casa e concima la più bella pianta di rose che abbia mai visto, delle Pat Austin di David Austin grosse il doppio del normale. Quando vado a trovarla, ne sorrido perché penso che i suoi fiori siano più beli, freschi e profumati di quelli che io, da vivo, abbia mai saputo mettere in musica. .

 

In queste poche righe hai toccato il surrogato della riflessione sull'esistenza... Sublime e struggente allo stesso tempo...

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Chiudo con un fatto personale. Stranamente, quando in casa ho vissuto gli ultimi giorni di agonia d'una persona cara (in casa, ripeto, con tutto ciò comporta e che lascio immaginare), mi sono ritrovato a reagire scrivendo musica come un ossesso, giorno e notte.

E' stato il mio modo di lottare contro la morte.

Quando questa persona si è spenta, ho lasciato quelle pagine com'erano e non ho più ripreso da dove avevo interrotto. Sono passati sei anni; è un'esperienza chiusa lì. La persona cara riposa in un cimitero di campagna vicino casa e concima la più bella pianta di rose che abbia mai visto, delle Pat Austin di David Austin grosse il doppio del normale. Quando vado a trovarla, ne sorrido perché penso che i suoi fiori siano più beli, freschi e profumati di quelli che io, da vivo, abbia mai saputo mettere in musica. .

 

Grazie per averlo condiviso.

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Avete mai avuto il privilegio di suonare al funerale di una persona cara?

 

E' stata una delle emozioni più devastanti della mia vita, per un paio di giorni ero pervaso da un dolore incredibile...la musica ha amplificato in modo inimaginabile certe emozioni...mamma mia, mi viene da piangere ancora a pensarci.

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Se non si crede nella vita dopo la morte l'immagine di essere un buon concime per da vigore a dei bellissimi fiori che possono regalare gioia a chi li vede è per me una visione più dignitoso della morte rispetto a credere "nelle favole". Poi ognuno la vede come vuole.

 

Forse anch'io mi sono espresso male, perché non intendevo negare ciò in cui altri credono come fossero "favole"; in realtà, sono semplicemente agnostico e, anzi, per esperienze personali, devo supporre che della nostra morte sappiamo veramente poco. Lavoisier scrisse che nulla si distrugge, quindi sono semplicemente portato a immaginare che quella che chiamiamo morte sia solo un'altra condizione della vita. E' un po' questo, il senso che cercavo di narrare con quello che ho scritto.

 

A proposito, ringrazio tutti dell'apprezzamento: non pensavo di aver scritto qualcosa di particolarmente significativo... Anche se è pur vero che siamo in un forum di Musicisti...! ;)

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Avete mai avuto il privilegio di suonare al funerale di una persona cara?

 

E' stata una delle emozioni più devastanti della mia vita, per un paio di giorni ero pervaso da un dolore incredibile...la musica ha amplificato in modo inimaginabile certe emozioni...mamma mia, mi viene da piangere ancora a pensarci.

 

Ti invidio davvero, perché, moltissimi anni fa, mi sono rifiutato di farlo (era il padre della mia prima ragazza, avevo 16 anni) e me ne pento ancora adesso.

Non mi sentii in grado, anche perché, effettivamente, avrei dovuto improvvisare all'organo (elettrico, sapete, quelli delle parrocchie...). Il sacrestano che suonò al mio posto fece molto peggio di quanto avrei fatto io, ma il punto non è questo. E' che chi fa musica deve saper accogliere su di sé sia le gioie che i dolori, per saperli poi restituire nel modo che gli è congeniale. Questo è un musicista. Certe cose vanno fatte, punto e basta, sennò uno fa un'altra cosa.

Perciò sei stato bravissimo, secondo me, ad assumerti quell'incarico.

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Forse anch'io mi sono espresso male, perché non intendevo negare ciò in cui altri credono come fossero "favole"; in realtà, sono semplicemente agnostico e, anzi, per esperienze personali, devo supporre che della nostra morte sappiamo veramente poco. Lavoisier scrisse che nulla si distrugge, quindi sono semplicemente portato a immaginare che quella che chiamiamo morte sia solo un'altra condizione della vita. E' un po' questo, il senso che cercavo di narrare con quello che ho scritto.

 

Non ti sei espresso male, anzi...

Io ho citato l'altro modo di vedere la morte (le"favole") mostrando il mio disappunto. Sarò ostile forse perché vedo troppe persone che credono senza credere veramente (scusa il gioco di parole). Il credere perché si nasce in quella cultura o per alleviare le paure dell'esistenza.

Ognuno può vivere come vuole ma osservando sono contento che non sono così.

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Forse anch'io mi sono espresso male, perché non intendevo negare ciò in cui altri credono come fossero "favole"; in realtà, sono semplicemente agnostico e, anzi, per esperienze personali, devo supporre che della nostra morte sappiamo veramente poco. Lavoisier scrisse che nulla si distrugge, quindi sono semplicemente portato a immaginare che quella che chiamiamo morte sia solo un'altra condizione della vita. E' un po' questo, il senso che cercavo di narrare con quello che ho scritto.

 

A proposito, ringrazio tutti dell'apprezzamento: non pensavo di aver scritto qualcosa di particolarmente significativo... Anche se è pur vero che siamo in un forum di Musicisti...! ;)

http://www.youtube.com/watch?v=oMD57DmJ1E0&list=PL34801B7E246F857D&index=3&feature=plpp_video
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  • 1 month later...

Avete mai avuto il privilegio di suonare al funerale di una persona cara?

Purtroppo si, un paio di volte e posso dire che alla prima volta non sapevo cosa mi aspettasse, nella seconda ero più consapevole e mi successe una cosa strana, mentre una parte di me piangeva (anche visibilmente, vi lascio immaginare suonare con gli occhi appannati, pieni di lacrime e uno stato d'animo scosso) sentivo comunque una specie di serenità interiore, non so, come se fosse (appunto) viva quella parte di me che omaggiava la persona amata scomparsa.

 

A dirla tutta essendo organista in gioventù mi capitava "spesso" di suonare ai funerali di persone che non conoscevo, effettivamente è proprio tutta un' altra cosa (un po' come quando suoni al matrimonio di uno sconosciuto o a quello di tuo fratello, tutto un altro coinvolgimento emotivo)...me lo sono sempre chiesto, i soliti brani, la stessa musica eppure 2 estreme reazioni.

 

Al primo funerale ricordo ancora che quando misi giù il basso "passeggiato" dell'introduzione dell'adagio di Giazotto-Albinoni (a volte lo usavo come marcia funebre, struggente ma non truce) sentiti sotto le grida di dolore, il pianto dei familiari del defunto (e pensa se avessi scelto un altro brano)...mamma mia, sai quando uno non si aspetta una cosa ... rimasi per un po' scosso, ed evitai nel breve di risuonare a funerali.

 

E' stata una delle emozioni più devastanti della mia vita, per un paio di giorni ero pervaso da un dolore incredibile...la musica ha amplificato in modo inimaginabile certe emozioni...mamma mia, mi viene da piangere ancora a pensarci.

... a chi lo dici, lo rifarei ma onestamente non so se me la sentirei per tutti (vedi il caso di un genitore), anche se so che sarebbe estremamente apprezzato ma ho le lacrime solo a provare a pensarci un secondo ... mamma mia, chiudo altrimenti non so come finisce stasera...ci voleva una botta di allegria pre-ferragosto.

 

Scusate le chiacchiere

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La Musica è per tutti noi un grande "scudo". L'Arte è un grande scudo e una grande Amica. Ci porta proprio in un'altra dimensione, addirittura al di sopra di tutto, quel tutto che forse non finisce mai, ma si ricongiunge all'Energia universale. L'Arte ci aiuta ad avere, su questa Terra, in questa Dimensione, "gli occh"i per poter guardare e cogliere ciò che molti cercano e non riescono a trovare. Siamo fortunati. E' una sorta di meditazione e di avvicinamento all'Assoluto, contornati da meravigliosi profumi dell'Anima. Un Giardino Segreto che possiamo ammirare e far ammirare con la gioia nel cuore.

La Morte non ne sa niente di tutto ciò. Adesso che ci siamo, Lei non c'è e quando Lei arriverà, noi non ci saremo più ( non è una mia frase).

Il nostro Spirito, di piccoli o grandi uomini che siamo stati,invece, ci sarà sempre....da qualche parte. Come si può pensare che lo Spirito dei Grandi, e non solo, finisca per sempre. Alla morte di Benedetti Michelangeli qualcuno disse: "I geni non muoiono...svaniscono" e la cornetta di Louis Armstrong...suonerà il giorno del Giudizio Universale!

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L'altro giorno un mio amico ha subito un lutto per lui molto pesante. Gli ho dedicato questo pezzo, il finale de La piccola volpe astuta di Janacek. E' il pezzo che lo stesso Janacek volle fosse suonato al suo funerale, un pezzo che parla di resurrezione, dell'eterno cerchio della natura in cui la morte non esiste. E' un pezzo che mi commuove moltissimo....

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Secondo voi un cantante, quando perde una persona cara, ce la può fare a cantare? Cioè, la voce da implicazioni maggiori rispetto al suonare, oppure secondo voi lo sforzo emotivo è lo stesso?

 

Diciamo che quello che cambia (forse) è che per il cantante il proprio corpo è anche lo strumento, per cui viene richiesto uno sforzo maggiore...C'è pure da dire che l'immagine di uno che canta durante un periodo di lutto non è uno stereotipo facilmente accettabile, intendo psicologicamente.

 

Difficilissimo da definire ...

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Una musica che sentite in modo particolare, l' avete percepita in modo profondamente diverso quando una persona per voi cara è venuta a mancare?

Vi è capitato di avere repulsione soprattutto per qualcosa che in altri momenti era fonte di intense emozioni ( non di negazione appunto )?

Riguardo la morte spesso penso, con una certa ansia, per non dire angoscia, alla possibilità che si possa nascere ( avendo ora la percezione che possa accadere e

magari dopo nel prosieguo di un' altra vita )successivamente dopo la morte avendo le sembianze di un' altra persona, o nel corpo di un animale ad esempio, ma appunto

( e qui è per me il punto più complesso ) avendo percezione ( come la coscienza attuale )di aver già vissuto qualcosa, qualcosa che fa pensare di aver avuto

una precedente vita.

La paura, per quello che mi riguarda, è legata al fatto di non voler rivivere esperienze che creano dolore, nelle sue molteplici sfumature, e può essere legata anche

al non voler rivivere il tempo trascorso di un determinato arco di tempo della propria vita, paura a parte, ho spesso provato questa sensazione fino ad una certa età, ora

nonostante ho passato momenti veramente pesanti e ancora ne vivo di simili, non sembro avere la stessa percezione che avevo diciamo fino all' adolescenza e poco oltre

per quel che ricordo, ma non posso negare che quando pensavo queste cose provavo un' angoscia particolare.

Sembrano passati decenni, e invece sto parlando di pochi anni fa, in questo penso che in parte si possa ipotizzare e intuire il grado di felicità o meno di una persona,

come ha vissuto fino ad un determinato momento, come si sente attualmente, fermo restando che ognuno ha una propria percezione di ogni sensazione ed emozione.

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...

Riguardo la morte spesso penso, con una certa ansia, per non dire angoscia, alla possibilità che si possa nascere ( avendo ora la percezione che possa accadere e

magari dopo nel prosieguo di un' altra vita )successivamente dopo la morte avendo le sembianze di un' altra persona, o nel corpo di un animale ad esempio, ma appunto

( e qui è per me il punto più complesso ) avendo percezione ( come la coscienza attuale )di aver già vissuto qualcosa, qualcosa che fa pensare di aver avuto

una precedente vita.

...

 

Personalmente ho la sensazione che questo ripetersi della vita non abbia senso di esistere quindi non mi preoccupa.

C'è diversa letteratura su questo argomento e mi sono fatto però l'idea che tali percezioni siano possibili pur non essendo riferibili a qualcosa di reale (vedi paramnesi, mi pare) o forse che la vita degli esseri umani sia più complessa di quello che pensiamo, in particolare più "distribuita e condivisa", tali da permettere un certa "conservazione della storia".

D'altra parte, almeno per un essere comune come me e tanti altri, la vita e l'esistenza dell'universo restano fatti "meravigliosi" quanto inspiegabili.

Il cercare a tutti i costi una spiegazione razionale, o comunque confezionare il tutto in una costruzione di fede o di credenza, non lo vedo un buon obiettivo, meglio invece, a parer mio, la contemplazione.

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affascinante e complesso il discorso di PIccinesco... che dire, a me ha sempre angosciato la filosofia della morte "occidentale", soprattutto quella cristiano-cattolica. L'idea di un lungo ciclo di resurrezioni di una coscienza comune a cui tutti ritorniamo mi spaventa meno

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Personalmente ho la sensazione che questo ripetersi della vita non abbia senso di esistere quindi non mi preoccupa.

C'è diversa letteratura su questo argomento e mi sono fatto però l'idea che tali percezioni siano possibili pur non essendo riferibili a qualcosa di reale (vedi paramnesi, mi pare) o forse che la vita degli esseri umani sia più complessa di quello che pensiamo, in particolare più "distribuita e condivisa", tali da permettere un certa "conservazione della storia".

D'altra parte, almeno per un essere comune come me e tanti altri, la vita e l'esistenza dell'universo restano fatti "meravigliosi" quanto inspiegabili.

Il cercare a tutti i costi una spiegazione razionale, o comunque confezionare il tutto in una costruzione di fede o di credenza, non lo vedo un buon obiettivo, meglio invece, a parer mio, la contemplazione.

 

Guarda, anche io ovviamente mi ritengo "normale", ma lo metto trà virgolette perchè vivo molto male la mia vita, sia per problemi che ho avuto che per problemi che la mia testa crea, e lo ammetto senza alcun problema, per cui parte di essi costituisce il fondamento su e con cui sono cresciuto, e ora mi trovo con tutti i nodi al pettine, cosa che già avvertivo da tempo.

Per questo motivo ho parlato di sensazioni di paura nel pensare ad un ipotetico "ritorno" sotto altre vesti, però con l' attuale coscienza, non vorrei fare un paragone trà le due cose ma

diciamo il "modus operandi" che intendo è lo stesso: quando pongo l' esempio della persona che potrebbe e dovrebbe porsi il problema a livello di coscienza nei confronti di un animale,

cercando di comprendere in quale stato di abbandono ( soprattutto psicologico ) vive quest' ultimo, immaginando anche solo per pochi attimi se lui stesso fosse nel corpo e nella mente

dell' animale, facendo questa trasposizione pur rimanendo con la propria coscienza ( che tuttavia è senz' altro differente da persona a persona, per cui uno dovrebbe basarsi sulla propria,

sul proprio livello di propensione alla paura di vivere, all' altruismo, al raziocinio, alla paura di non essere compresi, ecc... ), penso che nella maggior parte dei casi la persona messa di fronte a uno scenario del genere tenderebbe anche minimamente, a modificare il proprio approccio nei confronti dell' animale, se non altro, ad un livello che ritengo ( primario, molto istintivo ) basso se posso permettermi di stabilire per un momento una "gerarchia" dei sentimenti d' altruismo, come per sentimenti di indifferenza e di violenza, provando un certo senso di colpa e non più fredda indifferenza, ma c'è anche chi come me prova 2 sensazioni contemporaneamente, mi sento da una parte distaccato e dall' altra comprensivo, nessuna delle due prevale,

e questo mi crea un certo disagio, che non è estinguibile con la solita frase fatta"non pensarci", è impossibile non pensare, ma si possono avere pensieri di diversa qualità, e per qualità in questo caso intendo profondità ed empatia ( che non sfoggio certamente, è un lato di me estremamente debole, e questo non mi piace molto ).

Ecco, detto questo,( anche se è forse impossibile sapere cosa pensi un animale, se non è certo che provi determinate emozioni, non si può dare per certo neanche che non en provi alcuna, io sono aperto da questo punto di vista, nell' animale l' istinto prevale, ma non scommetterei tutto sulla certezza che non vi siano indizi di pensiero razionale ed altre sfumature, e certamente parto dal presupposto che in pratica è come se stessi in un altro corpo ma avessi la stessa coscienza, per cui posso quasi al 100% sbagliare, però ipotizzo una coscienza simile, magari in un' altra persona, qui potremmo avere dei riscontri maggiori e definibili )come potrebbe sentirsi qualcuno con un tale pensiero in una condizione totalmente diversa e alienante?

Qui non mi sto riferendo ne ad una religione ( ho una mia "idea" di dio, che metto sempre in dubbio a livello di esistenza, non do per certo che ci sia un dio, ma neanche per certo che non ci sia ) ne ad una credenza, ma una sensazione che mi ha fatto spesso pensare a questo.

Sono senza ombra di dubbio uno che in alcuni contesti cerca di capire il perchè, di razionalizzare, non sempre riesco e non sempre è possibile, questo lo comprendo, e sulla mia pelle vivo non dico ogni giorno ma ciclicamente ( e direi purtroppo perchè è pesante, ma non posso fare uno switch al cervello, posso solo aumentare il livello di coscienza di quello che sono e comprendere qualcosa in più del legame con quello che mi circonda, e non solo )situazioni per le quali tendo a ragionare a livello infinitesimale, e questa propensione spesso mi comporta molto disagio, molta paura, e un continuo giudicarsi.

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L'idea di un lungo ciclo di resurrezioni di una coscienza comune a cui tutti ritorniamo mi spaventa meno

 

A me si, però è anche vero che dipende dal "momento", dietro di me vedo difficoltà, fatica, che mi hanno portato fino a dove sono, per questo avrei

dei timori nel rinascere, i momenti migliori sono meno, e quelli che ricordo meno, la mia mente avrà soppesato le cose e come "premio" avrà fatto si che

io ricordi maggiormente cose che non vorrei, e probabilmente ( forse ) questo avviene affinchè io possa trarre qualche indizio sul cosa potrei ancora fare

per migliorare la mia percezione del presente e del futuro, ma non voglio certo ridurre il tutto a queste possibilità, le sfumature sono molteplici.

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