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Piano Concerto - Forum pianoforte

Intervalli In Musica


Lopez
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come vi hanno spiegato gli intervalli musicali?

 

Prendi come riferimento la scala maggiore, quelli maggiori sono la seconda, la terza, la sesta e la settima. Quelli giusti quarta, quinta e ottava.

Poi:

- abbassando di un semitono gli intervalli maggiori si ottengono i rispettivi intervalli minori

- abbassando di due semitoni gli intervalli maggiori si ottengono i rispettivi intervalli diminuiti

- abbassando di un semitono gli intervalli giusti si ottengono i rispettivi intervalli diminuiti

 

La parte difficile capire che il primo dei due suoni presi in esame è da considerarsi tonica, quindi si ragiona a partire dalla sua scala maggiore.

Esempio, se l’intervallo è do lab.

Do è la tonica di do+, per cui il la in questa scala e bequadro (do la, sesta maggiore).; dato che l’intervallo è do lab, appunto il la è abbassato di un semitono, si parlerà di intervallo minore.

 

Se uno conosce le scale, forse è il metodo più facile ed intuitivo

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Contare il numero di toni e semitoni personalmente lo trovo utile solo nel caso delle terze, quando analizzi degli accordi.

Per tutti gli altri intervalli, e per le denominazioni complesse (intervalli diminuiti, più che diminuiti, eccedenti e più che eccedenti) il miglior metro di confronto è la scala relativa.

Ovvero,

gli intervalli che una tonica istituisce con i gradi della sua scala possono essere

maggiori

minori

giusti.

L'intervallo di quarte e di quinta è sempre giusto, sia nella scala minore che in quella maggiore.

Tutti gli altri intervalli nella scala MAGGIORE sono maggiori (seconda, terza, sesta e settima).

Nella scala minore solo l'intervallo di terza è sempre minore, gli altri (escludendo sempre quarta e quinta) possono essere maggiori o minori, a seconda del tipo di scala in cui ci troviamo. Il problema sta solo in questi, diciamo... e ci sono molti modi pratici per risolverlo. La seconda maggiore è un tono, la seconda minore è un semitono (e si trova nella scala minore napoletana); la sesta maggiore è un tono dopo la quinta, la sesta minore è un semitono dopo la quinta; la settima maggiore è a un semitono dalla tonica, la settima minore è a un tono dalla tonica.

Da questo, derivano le altre diciture complesse.

Un intervallo diminuito è un intervallo, minore o giusto, alterato di un semitono discendente.

Un intervallo eccedente è un intervallo, maggiore o giusto, alterato di un semitono ascendente.

Quindi... la seconda diminuita è oomofona della prima (ovvero sarebbe do-rebb)

la terza diminuita è una terza minore con un altro bemolle (do-mibb)

la quarta diminuita è una quarta GIUSTA col bemolle (do-fab)

la quinta diminuita è una quinta GIUSTA col bemolle (do-solb)

etc...

 

per le eccedenti,

una seconda eccedente è una seconda MAGGIORE col diesis (do-re#)

terza eccedente è una seconda maggiore col diesis (do-mi#)

quarta eccedente è una quarta giusta col diesis (do-fa#)

e così via.

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Però facendo così si diventa dipendenti dal sistema tonale, fingete di spiegarlo ad uno che non sa cos'è una scala maggiore...

 

Io inizierei a meditare sul perchè un intervallo si definisce maggiore/minore e non una distanza di un tono e mezzo. Oppure in modo equivalente ma in base a quali fattori/parametri?

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Secondo me tutta la nomenclatura si riferisce al mondo delle scale. Un intervallo diminuito è qualcosa in meno rispetto a qualcosa di ben definito, idem quello eccedente...eccedente a cosa? Ad un intervallo modello appunto ricavato da una scala.

 

Le stesse classificazioni: consonante, dissonante e mista dipendono da un sistema ben definito.

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Le denominazioni classiche degli intervalli hanno senso SOLO nel sistema tonale.

Detto questo, ci sono "altre" denominazioni che sono assolute, in senso fisico. Se valuti l'intonazione di un intervallo allora lo puoi fare chiamando l'intervallo genericamente col suo nome (tipo "quinta") e aggiungendo aggettivi di altro tipo o ratio di intonazione (tipo "quinta 3:2" o "quinta pitagorica" o "quinta perfetta"). Aggettivi come maggiore, minore, giusto, eccedente, diminuito hanno senso solo in un sistema tonale "classico". Detto questo, a maggior ragione se ti trovi in un altro sistema dovrai riferirti SEMPRE ad una tonica di riferimento o ad una scala.

Il concetto stesso di intervallo non può prescindere da un punto di partenza, una tonica nel nostro caso, e in praticamente tutte le scale modali la tonica crea gerarchie intervallari.

Le eccezioni ci sono solo nei sistemi seriali... lì, in teoria, non esistono toniche...

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non capisco cosa vuoi dire, Tiger

 

Hai ragione, sono stato estremamente sintetico.

 

Volevo dire che quando Forte calcola i vettori intervallari, porta l'accordo alla sua forma primaria...operazione che compie stabilendo una sorta di tonica, per capirci, stabilendo il suono più grave.

 

Premesso ciò, cosa della quale sono certo, ho notato che capitano due possibili scenari. Nel primo si trova al grave il Fa#, nel secondo il si...quel poco che ho letto cita, ma non so in che accezione, la sensibile... :wacko:

 

Per questo chiedevo ;)

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La questione è complessa... e val bene mettere una premessa, premessa fondamentale per OGNI tecnica di analisi: Forte dà sue opinioni, storicizzate, e il suo sistema di analisi va calibrato per ogni repertorio.

Da qui, alcune considerazioni.

1) l'accordo, per molti, ha una tonica. E la tonica è in genere il basso, espresso o non espresso. Questa è una teoria degli accordi che risale a Rameau e che dà preminenza al suono grave come suono principe.

2) in teoria, Forte dovrebbe negare questa cosa visto che il concetto di "set" prescinde dalla distribuzione degli intervalli. Ovvero, in qualsiasi posizione sia, un set è sempre se stesso (in varie permutazioni).

3) però se vuoi analizzare le permutazioni di un set, e dare UN SENSO alle permutazioni, allora devi anche valutare il basso e il ruolo sonoro, storico, "armonico" di un basso rispetto ad un altro. Se una permutazione accordale di un set si struttura come una quinta con dentro altre note, ha senso che tu dica "la cornice di questa permutazione è una quinta ed è credibile pensare che anche il compositore lo sappia". Come è credibile pensare che ascoltando il brano tu percepisca la quinta... e allora che facciamo, ignoriamo che c'è quella quinta solo perchè la composizione è dodecafonica? Così buttiamo tutto Berg ;)

4) tutto si risolve dando peso a cose che hanno peso e togliendo peso a cose che non hanno peso. Ovvero: ci sono compositori che anche nella musica seriale individuano gradi più importanti e compositori che anche in una musica non seriale diminuiscono drasticamente li ruolo della tonica (e degli intervalli a lei relativi).

 

Aggiungo un'esperienza personale. Ne parlo ormai spesso, ma avendoci fatto la tesi sopra, è un argomento su cui mi trovo molto ferrato...

La Monte Young scrive in intonazione naturale. Ci sono dei "set" che lui utilizza, set molto semplici fatti essenzialmente di quarte, quinte e settime minori. Questi set, però, sforano sempre l'ottava e si configurano in posizioni precise. Semplicemente, seguono molto spesso la configurazione degli armonici naturali. Non solo, essi non possono essere ridotti ad una forma primaria, perchè Young suona su strumenti accordati in modo particolare da lui stesso, quindi quella settima minori lì (7/4, settima settimale minore) c'è solo in relazione ad alcune "toniche". In questo caso ho rinunciato a utilizzare la set theory (anche se sarebbe stata comoda perchè avrebbe messo in luce questi intervalli ricorrenti in modo molto immediato) perchè avrebbe stravolto la concezione del compositore.

 

Aggiungo ancora una riflessione. Le serie sono diverse dalle scale anche perchè non riconoscono a prescindere un'organizzazione lineare delle gerarchie. Ovvero... in teoria, la dodecafonia elimina le gerarchie. In realtà, le riformula. Stessa cosa con la serialità. Il punto è che queste gerarchie spesso sono imposte in modo "non giustificato". Cioè, tu decidi che nella tua serie la nota più importante è la sesta nota della serie, non la prima. Come succede alla finalis dei modi plagali gregoriani, per esempio. O ancora, puoi decidere che la "tonica" sia, in realtà, un agglomerato polifonico, tipo una terza maggiore, e trovare il modo di comunicare quest'idea. Ipoteticamente potresti decidere di dare un ruolo "attrattivo" ad un effetto, ad un rumore, o ad una dinamica o ad una cellula ritmica. Serializzazione è questo, è riformulare ANCHE le gerarchie. In questo senso dico che il ruolo della tonica e degli intervalli non è ovvio nelle composizioni seriali.

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Per scrivere una melodia quali sono gli "intervalli" piu' usati, meno dissonanti? Mi piacerebbe avere una breve descrizione di tutti gli intervalli a livello acustico.

Spero non sia complicato :wacko:

 

Non è complicato, intendi melodia tonale?

Per il discorso "acustico" ... ti riferisci agli intervalli in senso armonico, giusto?

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Mi era sfuggita la controreplica.

Allora, cito Schoenberg, che divide il mondo degli intervalli in tre parti: le successioni FORTI, con intervalli di quarta ascendente (che indicano spesso cadenza) e di terza discendente (che indicano spesso passaggio dal modo maggiore al modo minore); le successioni DEBOLI, con intervalli di quarta discendente (cadenza plagale o sospesa) e intervalli di terza ascendente; successioni FORTISSIME, con intervalli congiunti ascendente e discendenti.

In realtà, Schoenberg si riferisce soprattutto alle successioni di fondamentali degli accordi... questo perchè, che io sappia, lui non si è mai esplicitamente occupato di melodia. In realtà gli studi sui profili melodici sono relativamente recenti in musicologia :huh: ma visto che tutt'ora lo studio della composizione è in larga parte dedicato all'armonia, ha senso riflettere sulle relazioni ARMONICHE insite negli intervalli. Da Rameau soprattutto, infatti, il ruolo delle fondamentali è ... fondamentale :D la relazione tra un accordo e un altro è veicolata non tanto dalla struttura complessiva dell'accordo quanto dalla relazione tra una fondamentale e l'altra, ovvero dall'intervallo delle due fondamentali. Anche tra fondamentali "presunte", come negli accordi sul VII o nei rivolti. Alcune funzioni accordali, almeno alle "origini" delle teorie e pratiche armoniche, sono ricavate solo da movimenti melodici-contrappuntistici. Metti i famosi accordi di sesta eccedente, la loro funzione di dominante della dominante è "rivelata" dai movimenti delle due note che formano la sesta eccedente, che dovrebbero risolvere in un'ottava. Contrappuntisticamente, qualsiasi sesta eccedente dovrebbe risolvere su un'ottava, tipo do-la#, risolve sull'ottava si-si, perchè si dà per scontato che ci sia una tensione di sensibile, che è una tensione MELODICA.

Moltissime melodie risultano "sensate" se seguono logiche contrappuntistiche, ovvero se assecondano le "spinte" dei movimenti melodici. Canticchiare aiuta per capire:

Cosa segue a do-re ...? O un mi o un do. E se aggiungo un fa? Do-re-fa... arriva il mi. E se aggiungo un sol? Do-re-sol... e chiaramente do. E' un esempio stupidissimo, ma comprendere le relazioni tra intervalli spesso fa capire il senso profondo di una melodia, soprattutto nelle melodie scritte bene. Cantare Bach è IMPOSSIBILE se non si capisce il profilo contrappuntistico delle sue melodie, perchè alcune relazioni sono non immediate (e non sostenute da accordi!)

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Non darmi del lei :)

la mia conoscenza di Bach non è paragonabile a quella di un pianista, io sono un cantante e, ahimè, Bach si canta ancora poco, nella didattica solistica, corale e tanto più nella professionalità solistica e corale.

Ma voglio provare un esperimento. Invece di provare con arie di Bach che conosco, ne scarico una nuova e provo subito a farti capire cosa intendo.

La prima cantata sacra che ho trovato nell'elenco delle opere di Bach su imslp Ach Gott, von Himmel sieh darein http://conquest.imslp.info/files/imglnks/usimg/b/b3/IMSLP24170-PMLP03250-bwv002.pdf

L'aria è a pagina 12, "Tilg, o Gott, die Lehren".

Nella prima frase abbiamo praticamente subito un salto discendente di sesta minore (sib-re). Questo salto non ha senso contrappuntistico in sè, ha un senso più grande dovuto al fatto che la frase, armonicamente, fa I-IV-I. Melodicamente questo individua tre gradi importanti, il primo (sib), il quarto (mib) ed il quinto (fa). Il fa finale poteva essere parte di un accordo di dominante, chissà, melodicamente quello che dovrebbe importarci è che l'intervallo sib-re è parte di un percorso melodico che fa sib-re-mib-fa, ovvero un'ornamentazione di un intervallo discendente di quarta, sib-fa. Per chi canta interpretare questi profili melodici è fondamentale, a volte, soprattutto quando ci sono intervalli "strani". A fine pagina, per esempio, inizia una lunga e "faticosa" modulazione a Fa. Questa lunga modulazione passa attraverso profili melodici strani, tipo Re3-sol2-mi2-fa2-sol2-do2. Il mi bequadro DEVE essere pensato come sensibile di fa, e tutto quanto è un abbellimento del sol, a sua volta parte dell'accordo di do. "Dietro" a questa linea melodica è come se ci fossero due blocchi, uno che "sib-do-re-SIb" e uno che fa "mi-fa-sol-fa-mi-re-do". Letto così, la sua intonazione è immediata, facilissima, perchè rivela le tensioni armonico-melodiche. Andando avanti è anche peggio, c'è una bella settima minore discendente, seguita da una sesta ascendente (Do3-re2-sib2). Il punto finale di questa sequenza è il la2 (non per nulla fa parte dell'accordo della tonalità non ancora affermata ma già "tonicizzata", il fa, su cui si cadenza sul terzo tempo). Senza questo faro, tutti gli intervalli non hanno senso, sono difficili da intonare, e lo stesso testo aiuta in questo (il la è sulla fine di "lehren", sulla fine della cosiddetta unità testuale).

L'aria continua, magari non ve la analizzo tutta, ma la lettura della sua linea melodica non può prescindere dall'individuazione di funzioni (tonica, dominante, sensibile...).

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