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Piano Concerto - Forum pianoforte

Perche' Vogliamo Scrivere Musica


Dante
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Io ho cominciato per necessità meramente pratiche: al primo anno delle superiori avevo un complessino rock, ma non eravamo bravi a suonare le cover; quindi, cominciai a metter su dei pezzi adeguati e mirati alle risorse (limitate) di ciascuno.

Questo è un vizio che mi è rimasto, perché ancora oggi non so scrivere qualcosa che si discosti dalle risorse timbriche o tecniche di cui dispongo.

Per il resto, ho bisogno di essere creativo, ma potrei tranquillamente dedicarmi ad altro, anziché alla musica. Tanto è vero che, per molto tempo, ho coltivato maggiormente altre passioni di tipo artistico.

Ho ripreso la musica solo per una questione di semplici coincidenze, anche logistiche, solo sette, otto anni fa.

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Come sapete, non sono un compositore, ma faccio il direttore d'orchestra, quindi sono la personificazione dell'OT in questo momento :unsure:, non vogliatemene. Ma vi voglio dire cosa rispondo io quando mi chiedono «perché fai il musicista?» e magari qualcuno aggiunge anche «... con tutte le difficoltà di oggi ecc ecc...». Bene, io a quella domanda rispondo, molto semplicemente «mah, non so: credo che non potrei fare nient'altro». Per quanto mi riguarda è la pura verità. Bernstein diceva «se ti chiedi se per te è giusto fare il musicista, allora la tua risposta è "no"!».

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Carlos, mi sembra che nessuno qui si chieda se sia giusto o meno fare il musicista. Ci si chiede, invece, cosa spinga una persona a "inventare" musica nuova (la propria).

Secondo me, l'argomento è affascinante e non è né facile né banale discuterne: sappiamo entrambi di come alcuni si "gonfino" a dismisura al solo potersi dichiarare "compositori" (magari solo perché iscritti alla Siae), ai quali immagino sempre di rivolgere l'aneddoto dei due pappagalli cinesi (ti lascio il piacere di illustrarlo tu stesso, ché è meraviglioso...!).

 

Dal canto mio, devo confessare di essermi lasciato andare un pochino nell'ostentare una certa "oggettività stravinskiana" nel riferire la mia esperienza e atteggiamento al riguardo, proprio perché detesto visceralmente e istintivamente chiunque riesca a dire di sé "sono un compositore", a meno ché non viva realmente di codesta professione (mestiere, missione, ecc.).

In un Paese devastato dall'analfabetismo di ritorno, ove ci sono più scrittori che lettori, pure i signori compositori sono senz'altro troppi.

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Carlos, mi sembra che nessuno qui si chieda se sia giusto o meno fare il musicista. Ci si chiede, invece, cosa spinga una persona a "inventare" musica nuova (la propria).

 

Hai ragione... :wacko: la frase di Bernstein non c'entrava molto. Il resto era un modo per dire che ho sempre pensato che certe domande è bello se restano senza risposta, compresa quella sul perché scrivere. Mi piace pensare che un compositore non possa farne a meno, come io non posso fare a meno di dirigere ecc... ma vi avevo avvisato ;) ero OT dichiarato! Quindi, pardon... -_-

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Hai ragione... :wacko: la frase di Bernstein non c'entrava molto. Il resto era un modo per dire che ho sempre pensato che certe domande è bello se restano senza risposta, compresa quella sul perché scrivere. Mi piace pensare che un compositore non possa farne a meno, come io non posso fare a meno di dirigere ecc... ma vi avevo avvisato ;) ero OT dichiarato! Quindi, pardon... -_-

 

Eh già, ma tu composizione l'hai studiata davvero (e per completezza di formazione, come ormai sapranno tutti, a prescindere dal praticarla).

Anche a me piace molto l'idea che una cosa si faccia semplicemente perché non se ne possa fare a meno. Però, a volte, si sente che la risposta non è esaustiva e che sarebbe interessante confrontarsi onestamente su cosa ci sia "dietro".

Chiunque si dedichi a qualsivoglia attività, egualmente interrogato sulle motivazioni, potrebbe dirti che la svolge perché non può farne a meno; però non è proprio una risposta... ;) Quasi tutti e quasi sempre facciamo una cosa perché, per un verso o per l'altro, non possiamo fare a meno di farla. No...?

 

Insomma, io penso che ci sia da indagare sull'argomento, magari con l'aiuto di uno psicologo... O_o. :)

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Eh già, ma tu composizione l'hai studiata davvero (e per completezza di formazione, come ormai sapranno tutti, a prescindere dal praticarla).

 

Sì, infatti non scrivo perché non l'ho mai avvertita come una necessità... intendevo proprio quello. :)

 

Quasi tutti e quasi sempre facciamo una cosa perché, per un verso o per l'altro, non possiamo fare a meno di farla. No...?

 

Eh sarebbe bello, ma credo che ci siano persone meno fortunate che esercitano professioni delle quali farebbero a meno. Ma parlando di arte o creatività, credo che la necessità di esprimere se stessi, anche attraverso l'interpretazione musicale, sia una ragione valida e sufficiente. Per un compositore forse dovrebbe essere la ragione primaria: dire qualcosa di urgente (urgente nel senso dell'urgenza di dirlo, intendo), che sembra l'ultima delle banalità (e probabilmente la è), ma ho sempre pensato che sia proprio quel bisogno a tenere legato anche me quelle cinque righe da sempre... ;)

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Ma parlando di arte o creatività, credo che la necessità di esprimere se stessi, anche attraverso l'interpretazione musicale, sia una ragione valida e sufficiente. Per un compositore forse dovrebbe essere la ragione primaria: dire qualcosa di urgente (urgente nel senso dell'urgenza di dirlo, intendo), che sembra l'ultima delle banalità (e probabilmente la è), ma ho sempre pensato che sia proprio quel bisogno a tenere legato anche me quelle cinque righe da sempre... ;)

 

"Esprimere sé stessi"...? "Dire qualcosa"...?

 

Possiamo davvero dire che un compositore esprima sé stesso attraverso la propria musica? E che la sua opera sia una chiave di lettura dell' "essenza" umana, spirituale, ecc....? Ho qualche dubbio che una personalità possa essere rappresentata dal pensiero musicale che è in grado di esprimere; in pratica, secondo me, si può tranquillamente saper scrivere una fuga bachiana ed essere dei serial killer, tanto per dire.

 

Poi: affinché la musica "dica qualcosa", occorre che sia un "linguaggio"; cioè che sia composta di segni o suoni significanti che, giustamente combinati, esprimano un significato; proprio come l'alfabeto, i geroglifici o gli ideogrammi. Ma non mi pare che un accordo, una progressione o un determinato intervallo possano comporre e articolare significati al pari di quelli. In pratica, con la sola musica, non potrò mai esprimere alcun concetto, ma solo suggerire impressioni e interazioni emotive (del tutto variabili e soggettive) tra chi produce musica e chi la recepisce.

 

Tutto ciò per dire che, secondo me, esprimere o comunicare contenuti e significati con la creazione artistica è solo una pia illusione; anzi: se l'arte si volgesse ad esprimere quelli, non servirebbe a nulla (basti pensare alle arti nei regimi autoritari). Invece, mi sembra affascinante che sappia materializzare quelle dimensioni dello spirito che non potrebbero essere razionalmente descritte da alcun linguaggio, ma solo percepite dai sensi sul piano puramente istintivo ed emotivo.

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Tutto ciò per dire che, secondo me, esprimere o comunicare contenuti e significati con la creazione artistica è solo una pia illusione; anzi: se l'arte si volgesse ad esprimere quelli, non servirebbe a nulla (basti pensare alle arti nei regimi autoritari). Invece, mi sembra affascinante che sappia materializzare quelle dimensioni dello spirito che non potrebbero essere razionalmente descritte da alcun linguaggio, ma solo percepite dai sensi sul piano puramente istintivo ed emotivo.

 

Bingo! ;) Infatti, come avrai notato, né di contenuti né di significati avevo parlato io (sono termini che hai usato tu) ed ero rimasto molto sul vago, rischiando che il mio discorso paresse banale. L'hai detto tu, e molto bene: mi sembra affascinante che sappia materializzare quelle dimensioni dello spirito che non potrebbero essere razionalmente descritte da alcun linguaggio, ma solo percepite dai sensi sul piano puramente istintivo ed emotivo. Non c'è bisogno di altro, secondo me.

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Scusate, ma che domanda è? Perché un artista vuol fare arte?

Per l'artista l'arte è un modo di essere. Non è un "fare", è un "essere".

Non c'è utilità pratica, non c'è un "mestiere", non c'é una professione (anche se fare arte potrebbe in certi rari casi portare utilità economiche), c'è solo il bisogno di realizzare se stessi.

Insomma lo vogliamo capire che l'arte non "serve" a nulla. Come la bellezza, come l'amore, non serve a nulla (certo qualcuno potrebbe spiegare che senza l'innamoramento tra due persone di sesso diverso probabilmente la spece si estinguerebbe, ma io sono di quelli che preferiscono darsi una spiegazione diversa). Tutte le cose belle della vita non servono a nulla. Ci sono e basta.

Chiunque scriva musica (ma lo stesso vale per qualsiasi altra attività artistica) non dovrebbe farsi domande tipo "perché lo faccio"? "il mondo ha bisogno di quello che sto per fare"? E' solo l'artista che dovrebbe sentirne il bisogno e questo basta. Chi non ne sente il bisogno e scrive lo stesso o è un professionista ma non un vero artista o dovrebbe smettere.

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Potrebbe essere vero tutto, Pestatasti. Però mi domando e dico (e tu stesso parli di Bellezza). Sarà mai una mia opera pariteticamente Bella ad una di Chopin? (e similari)

 

Dato che la risposta probabilmente e no, la domanda potrebbe sorgere spontanea: "(allora) perchè vogliamo scrivere musica?".

 

Ma vale anche per l'interprete, dopo che senti le goldberg suonate da Gould, chi suona il pf con che animo può avvicinarsi a quell'opera e provare a dire la sua?

 

E poi, a chi la direbbe? A se stesso? Per chiudersi nella propria torre d'avorio?

 

Semplici domande che si pone chi sta capendo come funziona il giro e, riconoscendo l'ampio lavoro e risultato artistico di certi musicisti, richia di sentirsi costantemente una merd...

 

Io la presunzione di fare meglio di Scriabin, Schoenberg, Berio, Bach, etc. non ce l'ho.

 

Spero di essermi spiegato

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Potrebbe essere vero tutto, Pestatasti. Però mi domando e dico (e tu stesso parli di Bellezza). Sarà mai una mia opera pariteticamente Bella ad una di Chopin? (e similari)

Dato che la risposta probabilmente e no, la domanda potrebbe sorgere spontanea: "(allora) perchè vogliamo scrivere musica?".

 

Ma vale anche per l'interprete, dopo che senti le goldberg suonate da Gould, chi suona il pf con che animo può avvicinarsi a quell'opera e provare a dire la sua?

E poi, a chi la direbbe? A se stesso? Per chiudersi nella propria torre d'avorio?

 

Semplici domande che si pone chi sta capendo come funziona il giro e, riconoscendo l'ampio lavoro e risultato artistico di certi musicisti, richia di sentirsi costantemente una merd...

 

Io la presunzione di fare meglio di Scriabin, Schoenberg, Berio, Bach, etc. non ce l'ho.

 

Questo discorso capita di farlo a tutti, ma attenzione: è un discorso castrante. Tu dici «sarà mai una mia opera pariteticamente bella a una di Chopin?» e dici anche che «la presunzione di fare meglio di Scriabin, Schoenberg, Berio, Bach, etc. non ce l'hai», ma pensa se Chopin avesse pensato quello che pensi tu (e che spesso molti pensano)... se Chopin avesse detto «sarà mai una mia opera pariteticamente bella a una di Beethoven?», se avesse detto «io la presunzione di fare meglio di Mozart, Haydn, Beethoven... non ce l'ho!». Non avrebbe scritto, o avrebbe scritto molto meno. Tutti i grandi compositori (attenzione: grandi oggi e per noi, ma non considerati così dai loro contemporanei, tranne forse proprio Beethoven) hanno avuto questo problema. Pensa solo ai mille omaggi e citazioni che la Nona Sinfonia di Beethoven ha avuto da parte di altri (ad esempio Brahms nella sua Prima Sinfonia e Schubert nella «Grande»); ma se Schubert avesse pensato «non posso fare meglio di Beethoven, quindi...», non avrebbe scritto la «Grande». Sono solo esempi, per dire che l'aver qualcosa da dire non significa automaticamente pensare di dirlo meglio di qualcun altro: semplicemente significa avere la necessità di esprimersi.

 

E questo vale anche per gli interpreti. Tu citi le Variazioni Goldberg di Gould e allo stesso modo si potrebbero citare tutti (tutti!) i pezzi del repertorio e dire «cosa posso fare io?». Se io pensassi in quel modo non potrei dirigere una sola nota. Davvero. Non potrei dirigere una sola nota di Beethoven, non potrei dirigere una sola nota del mio adorato Brahms, non potrei fare nulla... perché c'è sempre qualche grande interprete che prima di me ha detto e detto (nella peggiore delle ipotesi) molto bene. Ma, per quanto mi riguarda, il mio rapporto con gli autori è esclusivo, e quando mi metto di fronte ad una partitura, anche se ne conosco numerose versioni (e spesso davvero impressionanti per bellezza, profondità ecc.), mi preoccupo solo di quello che leggo in quella partitura, di quello che "mi dice" il compositore e cerco un'identificazione con quel messaggio, ignorando per quanto possibile il peso del confronto con chi prima di me ha fatto lo stesso. Inseguo quell'ideale e mi reputo fortunato se penso di essere riuscito a sviscerare un dubbio, magari su due battute in un'intera sinfonia, perché questo mi avvicina all'autore e il desiderio di far lo stesso con il resto della partitura mi convince che sia giusto farlo. Sempre.

 

Ti racconto una cosa davvero buffa (per modo di dire). La prima sinfonia di Beethoven che io ho studiato è stata la Quinta, moltissimi anni fa. Ero agli inizi e facevo addirittura fatica a studiare una partitura, ma mi ci buttai completamente. Studiavo e studiavo, leggevo testi su Beethoven, ascoltavo incisioni... e studiavo, studiavo... Arrivai a conoscerne ogni singolo particolare, tanto che mi ero convinto di saperla meglio di chiunque altro; va da sé che non era così, ma è per dire il grado di identificazione con quella musica e con Beethoven che io pensavo di aver raggiunto. Tanto che un giorno andai dal mio insegnante di composizione e gli dissi «Maestro, secondo me Beethoven avrebbe dovuto prevedere il ritornello per lo Scherzo: senza ritornello è sbilenco e quando compare la versione "pizzicata", se lo Scherzo non è stato ripetuto due volte nella sua forma originaria, si perde molto dell'effetto sorpresa!». Il mio insegnante mi guardò un po' perplesso e, dopo un'attenta analisi di ciò che gli avevo detto, mi rispose che l'idea non era del tutto campata per aria ma che non è infrequente che Beethoven "cambi le carte in tavola" (verissimo, peraltro) e che quindi probabilmente bisognava rassegnarsi all'idea che lo Scherzo della Quinta fosse senza ritornello. Tu non puoi immaginare la mia gioia quando saltò fuori, uno o due anni dopo, la lettera di Beethoven in cui lui si lamentava del fatto che l'editore della prima edizione della Quinta Sinfonia avesse, per errore, omesso i segni di ritornello: «così sembra zoppo! E non ha senso alcuno la riproposizione pizzicata del motivo iniziale ai celli e contrabbassi!» (ho citato a memoria, non prendete per oro colato le esatte parole, ma era più o meno così). Bene, da quel momento, le successive edizioni critiche hanno stampato lo Scherzo della Quinta col ritornello, come doveva essere. Perché ti ho detto tutto questo? Perché se avessi dovuto pensare che prima di me tanti altri direttori avevano studiato quella sinfonia avrei probabilmente rinunciato e, in quella fase, quando sapevo a mala pena districarmi di fronte a una partitura, mi sarebbe stato davvero facile farlo. Non ho rinunciato e, addirittura, sono arrivato a capire che l'edizione corrente era non conforme al pensiero di Beethoven. Credo che sia un buon motivo per non smettere di provarci.

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Capisco, Dante, il tuo "scoramento" ma davvero se dovessimo superare le bellezze del passato il mondo si fermerebbe. L'arte, oggi, è molto decaduta rispetto a qualche secolo fa. A parte poi che l'approccio all'arte non dovrebbe avere nulla a che fare con la competizione, con l'esclusione, con "io sono meglio di..." (e qui sono ben consapevole di quanto il c.d. "ambiente", a partire dai conservatori, sia invece escludente e ferocemente competitivo).

Condivido quanto osserva Carlos.

A parte questo però, io credo che l'artista debba avere le stesse motivazioni del mistico. Nel fare arte infatti c'è qualcosa di senzazionale, di trascendentale, che ti coinvolge a prescindere dal fatto che ci sia qualcuno ad applaudire.

Chi fa arte prova piacere, trasporto, appagamento esistenziale. Chi crede in Dio potrebbe affermare che fare arte è un mezzo eccellente per entrare in contatto con l'Assoluto. Hai mai provato il classico brivido tra le scapole quando hai sentito la musica di uno degli autori che hai citato? Sono sicuro di si. Ecco, quella senzazione basta a giustificare l'esistenza dell'arte ed il gesto dell'artista. Non c'è bisogno della fama, del riconoscimento dei critici, dei soldi e di tutte le cose più o meno squallide legate al mondo dello spettacolo.

Ovvio poi che la gratificazione è massima quando gli altri ti apprezzano. Ma non è questo che dovrebbe motivare l'artista. Non si fa arte per pavoneggiarsi o per arricchirsi. Glen Gould, che tu stesso hai citato, si era ritirato per un lungo periodo solo con il suo cane ed il suo pianoforte in un bosco sperduto del Canada e poi ha lasciato molto presto le scene. Certo, le sue incisioni venivano ascoltate ma il pubblico lo infastidiva ed amava suonare solo con il suo pianoforte. Quindi se mi chiedi che senso ha suonare se nessuno ti ascolta, che senso ha scrivere se nessuno ti pubblica, io ti rispondo che un senso ce l'ha eccome.

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Scusate, ma che domanda è? [...]

Per l'artista l'arte è un modo di essere. Non è un "fare", è un "essere".

Non c'è utilità pratica, non c'è un "mestiere", non c'é una professione [...], c'è solo il bisogno di realizzare se stessi.

Insomma lo vogliamo capire che l'arte non "serve" a nulla. [...]

Chiunque scriva musica (ma lo stesso vale per qualsiasi altra attività artistica) non dovrebbe farsi domande tipo "perché lo faccio"? [...] E' solo l'artista che dovrebbe sentirne il bisogno e questo basta. Chi non ne sente il bisogno e scrive lo stesso o è un professionista ma non un vero artista o dovrebbe smettere.

 

Bisogna proprio essere stracolmi d'autostima, per dire a chi non si conosce e la pensa diversamente che dovrebbe smettere...! Sarà che io sono abituato a lasciar dire agli altri se le mie cose abbiano o meno uno spessore artistico, anziché suonarmela da solo. Quindi, temo che non smetterò affatto e che certi Savonarola visitati dal sacro fuoco dell'Arte, pronti ad irritarsi e a giudicare chiunque abbai una sensibilità diversa dalla propria, dovranno ben farsene una ragione.

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Glen Gould, che tu stesso hai citato, si era ritirato per un lungo periodo solo con il suo cane ed il suo pianoforte in un bosco sperduto del Canada e poi ha lasciato molto presto le scene.

 

Non è esattamente così, in verità. Ma è vero che GG ha lasciato presto (a 32 anni) l'attività concertistica e che amava più la compagnia degli animali che delle persone, che teneva a distanza grazie a bollette telefoniche da capogiro... ^_^

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Da parte mia non sono d' accordo con l' uso del termine "arte" e "artista", sia chiaro, quando si intende descrivere anche prendendola largamente la propria inclinazione a comporre, interpretare, dirigere, anche costruire strumenti.

E' un termine che ( e non è la prima volta che lo dico, magari non su questo forum ) ritengo inflazionato, fin troppo usato per identificare la propria indole, il proprio lavoro, ecc., questo per iniziare ad esprimere quello che penso.

Ricordo un' intervista ad un cantante ( mi sembra ) di un gruppo di musicisti italiani, penso che fossero un gruppo che faceva e pensa faccia ancora musica pop ( ma non ricordo bene, quello che non dimentico è quello che ha detto però ), disse, rispondendo ad un giornalista"ma sai, noi artisti....", quindi una delle domande è questa, un pò come quando ci si chiede cosa significhi genio in alcuni ambiti anzichè in altri: cosa significa realmente il termine arte e artista di conseguenza, e cosa pensano le persone di questo termine quando ne parlano come se fosse un loro lato contraddistintivo?

Sarà che sono polemico e penso sempre a male ( magari non sempre vabbè, però spesso si ), ma mi fa pensare ad un' autorefenzialità, un' autostima spropositata.

 

Ora entro nel merito della discussione invece, l' esempio di Carlos mi è piaciuto, posso immaginare la soddisfazione nel veere confermata una propria ipotesi, che al momento

avrà senz' altro creato una certa emozione in lui, soprattutto lo sguardo del maestro ( che fa sempre un certo effetto, perchè appunto"si pensa sempre...... a male ), e quell' episodio

penso che abbia contribuito certamente ad aumentare in modo equilibrato comunque, la stima in se stesso, aumentando anche e soprattutto lo stimolo a proseguire, quindi

di conseguenza la fiducia in se stesso ( le ultime due frasi possono essere anche invertite ).

Per quanto riguarda me, lo faccio ( scrivo ) perchè mi sento bene ( cosa per me rara, chi mi conosce un poco sa che è raro ) non appena penso di avere in mente qualcosa che può piacermi e probabilmente funzionare ( a livello teorico, poi la mia testa crea sempre impicci, ragnatele che compromettono un migliore lavoro ), negli ultimi anni ho avvertito un profondo cambiamento nel modo di scrivere e soprattutto la "funzione" che hanno acquisito le composizioni, in passato ero incline alla velocità, ad una massa di strumenti, anche troppi, che significava esuberanza, voglia di esprimere un' energia che era è un pò assopita; ora da qualche anno tendo a scrivere pezzi brevissimi, non mi interessa la loro lunghezza, ma quello che riesco a esprimere ( seppur impossibile da far comprendere con la "sola musica" come dice CromaDiBrera ), e soprattutto la lentezza, sono carichissimo di persona, ma ho bisogno di sentire una musica che si svolge nella più assoluta tranquillità, deve si essere emozionante, anche un solo accordo, un breve passaggio deve farmi percepire certe sensazioni, ma deve essere più che altro introspettiva.

Ad esempio ( CromaDiBrera mi spacchera in 4 ora ) quando esco per lunghe "passeggiate" ( di fatica ) ascolto anche 2 volte di fila tutto il clavicembalo ben temperato, e non mi stanco, e tra i pezzi che preferisco ci sono quelli eseguiti con lentezza, e spesso è solamente un breve passaggio quello che attendo, e nonostante sia una sonorità che fa in un certo senso male, ne ho bisogno.

Questo è quello che sento di fare questo periodo, pezzi brevi, semplici, 2 voci, massimo 3, ma devono esprimere un minimo, per quello che possono quello che provo, è spesso è disagio, anche per questo non li sento definiti ( non solo per una mia mancanza ), l' indefinitezza è quello che sto vivendo da anni.

Spesso mi sento ( ed è la verità, che non mi dispiace neanche più di tanto, visto che sono sempre stato incline a "costruire" ) un operaio a cui piace fare musica, ma che al tempo stesso non pensa ovviamente che stia farendo delle opere d' arte, questo è chiaro, altrimenti non mi sentirei così indietro e così incredibilmente ignorante sotto questo punto di vista, e non solo, per questo ( anche ) non mi piace molto l' uso del termine artista.

Certo, le cose sono andate in un certo modo, non ho logicamente 90 anni, tutto ( o quasi ) si può recuperare, ma ancora non ho vissuto con entusiasmo gli ultimi anni, questo per me incide molto in quello che si fa, è complicato esprimere emozioni che non si vivono immaginandole, e al tempo stesso far comprendere quelle che purtroppo abitualmente si vivono, le incertezze, i dubbi perenni.

Una cosa che sento comunque, e forse per certi versi è sbagliato, è la sensazione di plasmare anche minimi aspetti del proprio essere proprio con la composizione, intendo dire che

migliorando alcuni aspetti percepisco che contemporaneamente io stesso sto modificando qualcosa in me, e non parlo di cambiamenti di carattere, di personalità, queste cose sono

immutate, parlo di maggiore consapevolezza, e appunto in base a questo ci sono state delle volte in cui ho pensato che mi stessi aspettando dalla musica dei "segnali" indiretti

affinchè io stesso, come persona potessi raggiungere una maggiore consapevolezza, in pratica un percorso al contrario.

Un' altra cosa, da anni ( anche se è piacevole e non poco a volte ) non sento più la necessità ( forse comprendendo sempre di più l' essenza delle cose ) di avere a disposizione

tanti suoni, sono arrivato quasi alla concezione di vendere quello che ho, tenermi al massimo il pianoforte ( che non è poco ), perchè l' importante ( piaceri a parte per la varietà )

è che si riesca ad esprimere anche minimamente quello che si vuole dire, il tutto sempre essendo consapevole che se non lo faccio non ci sarà qualcuno a piangere per la mancanza,

questa è una consapevolezza che avevo già in passato, ma ora è maggiore.

Una cosa che penso spesso è questa, nonostante abbia piena consapevolezza di questo stato, non nego che è bello sapere che qualcuno ascolta con piacere quello che hai scritto,

ma rimane la forte autocritica, proprio perchè in parte si è consapevoli dei proprio attuali limiti, ma quel poco che può soddisfare ( per me ) è presente proprio perchè

c'è molto altro scritto da altri, e scritto meglio, quindi una sorta di compensazione al proprio limite, la fortuna di poter ascoltare certe cose, almeno per me è così, colma

le lacune del mio processo compositivo.

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Ad esempio ( CromaDiBrera mi spacchera in 4 ora ) quando esco per lunghe "passeggiate" ( di fatica ) ascolto anche 2 volte di fila tutto il clavicembalo ben temperato, e non mi stanco, [...]

Questa è bella...! :) Perché mai dovrei "spaccarti in 4"? So che ti riferisci ad una nostra conversazione su Fb (sul fatto che il Barocco non è solo Bach), ma guarda che io ho ascoltato il CBT (di Bob Van Asperen) non per 2 volte, ma anche per dozzine di volte di fila, da mane a sera...! Scusa, ma giusto per precisare... ;)

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Comunque l'altra sera ho "scoperto" una cosa assurda, poi ne parlo, e questo nonostante ho ascoltato (o pensavo di aver ascoltato) tutto il clvicembalo ben temperato.

 

Adesso mi hai incuriosito! :rolleyes: E mi ha anche incuriosito la tua resistenza fisica: va bene che le hai chiamate "lunghe passeggiate di fatica", ma per ascoltare due volte di fila il CBT ci vogliono nella migliore delle ipotesi 7 ore (l'incisione di GG dura esattamente tre ore e mezza). Alla faccia della resistenza! ;)

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Io ci sono rimsto ( in bene ) quando l' altra sera ( sto parlando di una clavicembalista a cui ho scritto per chiedere se potevo inviarle degli spartiti ) ho ascoltato un pò di preludi e fughe di Bach, proprio dal clavicembalo ben temperato, ti anticipo che non è qualcosa di particolare, ma per me è risultato un pò assurdo perchè pensavo appunto di averlo ascoltato tutto, ho proprio la raccolta di una esecuzione di Gould ( che all' inizio mi stava quasi antipatico visto che tutti ne parlavano, poi ascoltandolo bene e famigliarizzando con il suo modo di suonare mi sono affezionato ).

Allora ho ascoltato il preludio e la fuga dal 2° libro, la Bwv 887, e sono sicuro di non averla mai ascoltata prima di quel momento, mi è piaciuta anche perchè scrivo spesso in 9/8 e 12/8, la fuga è scritta in 6/8, quindi sempre con suddivisioni "ternarie", di tre crome insomma, anche se qui il movimento è binario.

Comunque non l' avevo mai sentita, allora cosa mi sono perso?

Ho 48 pezzi in totale, sono 48 giusto, intesi come preludio e fuga assieme, per cui 96 in totale.

Mi sembra strano che non "me ne sia accorto" mentre li ascoltavo, basti pensare che alcuni li ricordo quasi a memoria, ma a questo punto forse sono proprio io che dimentico involontariamente qualcosa perchè appunto è strano, vuoi vedere che ho scaricato ( legalmente ) solo la metà di ogni volume, complimenti a me stesso, devo controllare.

La resistenza fisica c'è anche se non so fino a quando reggerò certi ritmi, per fortuna non sempre devo fare certe "passaggiate", che sono di fatica perchè quando cammino vado a passo spedito, una volta mi sono divertito a verificre la velocità massimo a passo spedito 7,5 km all' ora, ma per strada ti prendono per scemo, vero che dico sempre di stare un pò fuori di testa ma se non andassi veloce dovrei stare in giro più di 10 ore.

Distriuisco volantini da solo, e spesso ho girato un intero paese in una mattinata, e dato che sono stufo di sentire i soliti commenti della gente tipo ( testuali eh )"ma non me porti i soldi?", "che me porti oggi?", "me rompete le cassette?", e anche "minacce" a volte, la diplomazia non è nella mia indole e ho faticato nel tempo a "costruirne" un pò, allora visto che tra commenti e "domande" del genere, traffico, rumori senza fine uno è più stanco per l' inquinamento acustico che per i km che deve fare, da qualche mese ascolto musica, e la sensazione che provo molto spesso è di un divario micidiale tra le solite cose che mi sento dire ( ma anche altri si sentono dire le stesse cose, mai un argomento diverso, sempre di soldi si parla, sempre le stesse battute, e il latte dalle ginocchia scende senza soluzione di continuità ), il contesto in cui vivo ( che è fatto di solo cemento, asfalto, palazzi, auto e zero odori naturali, che solo in caso di alluvione "ritornano in vigore", tipo l' odore della terra e dell' erba bagnate, sono esempi di odori che non si sentono più, talmente siamo assuefatti dall' inquinamento ) e la profondità di questi lavori, certi pezzi mi spezzano in due, perchè poi li ascolti da solo, mentre fatichi, ma al tempo stesso sono comunque fonte di forza e resistenza, quando penso ai ragazzetti che dicono"devo rimanere in piedi 3/4 ore a ballare, come faccio se non prendo qualcosa?", da una parte mi fanno ridere, dall' altra mi fanno incazzare, d quando sono piccolo dico che la miglior droga è il cervello, abbiamo già tutto quello di cui abbiamo bisogno per pensare e fare, quindi quella è una scusa per non sentirsi isolati dagli altri.

Comunque l' orario migliore è nel primo pomeriggio, verso le 14/15, con quel sole che non da fastidio, il periodo l' autunno, un capolavoro, un vero piacere ( nella fatica e nel gesto ripetitivo che devo compiere ), ecco perchè ieri parlavo di operaio che fa musica, vivo questa "doppia" sensazione, che in realtà è un tutt' uno, si possono fare benissimo tutte e due le cose.

Per la cronaca ( ma in quel caso ancora non ascoltavo musica mentre ero in giro ) un giorno stetti in giro per 13/14 ore, un massacro.

In certi casi non ascolto musica perchè se il giro che devo fare è veramente pesante evito, è uno "stress" in più anche se piacevole.

Queto è il link in cui ho ascoltato il preludio e la fuga di cui parlavo:

 

http://www.youtube.com/watch?v=in3xjoguhI8

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(...) ho ascoltato il preludio e la fuga dal 2° libro, la BWV 887, e sono sicuro di non averla mai ascoltata prima di quel momento, mi è piaciuta anche perchè scrivo spesso in 9/8 e 12/8, la fuga è scritta in 6/8, quindi sempre con suddivisioni "ternarie", di tre crome insomma, anche se qui il movimento è binario.

Comunque non l'avevo mai sentita, allora cosa mi sono perso?

Ho 48 pezzi in totale, sono 48 giusto, intesi come preludio e fuga assieme, per cui 96 in totale.

 

Non so cosa dirti... ;) GG ha inciso il CBT completo e, quindi, il Preludio e Fuga in sol diesis minore (n. 18 del 2. libro) BWV 887, ovviamente, c'è. Sono, effettivamente 48 Preludi e Fughe, quindi un totale di 96 pezzi, come giustamente calcolavi... di più non so aiutarti. Forse, effettivamente, non sei mai arrivato a quel punto e quindi non l'avevi davvero mai ascoltato?

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