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Piano Concerto - Forum pianoforte

Meglio Mirato O Globale?


LaSingolarita
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Perdono a priori per il titolo poco chiarificatore..

 

Supponiamo abbiate una serie di studi da preparare o una sonata, fate voi, a vostro parere ed esperienza risulta più produttivo dedicare ad esempio una giornata intera a ciascun studio o movimento, oppure frazionale il tempo a disposizione in ogni singola giornata per tutti i pezzi?

 

Consapevole che sia molto soggettiva la cosa mi interessava una condivisione delle vostre abitudini e capire se può riuscire vincente spaccarsi la testa per ore sullo stesso pezzo con lo svantaggio dell'alienazione da ripetitività o lasciare più spazio alla eterogenia con il rischio di diventare magari più dispersivi..

 

W la musica

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Ci hanno già pensato all'ottavo, c'era una clausura di 3 ore per preparare un pezzo (a sorpresa). Certo, non ne sono 8...ma...il principio alla base è lo stesso.

 

A parte questo, uno si forma un repertorio, e quando al volo accetta di suonare ad un concerto, capita che si debba solo "rispoverare"

 

Tu chiedevi se ne vale la pena? E' lavoro, per cui cosa racconteresti ad un operario della FIAT che tutti i giorni fa lo stesso bullone, della stessa misura, etc. ...la risposta è: "ne vale in base al compenso".

 

Gratis no ;)

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Si impara più con il riposo che con lo studio... Non fraintendere. Bisogna studiare ma ripetere continuamente una pagina di partitura può risultare sterile. Si arriva ad un certo punto dove non si notano grossi miglioramenti. Il nostro livello di apprendimento a quel punto è saturo... Stanchezza ? Limite di apprendimento raggiunto ? A volte si risolve con una passeggiata all'aria aperta, altre volte abbiamo solo bisogno di staccare riposarci e riprendere il giorno successivo. Durante la notte il nostro cervello riorganizza tutti i dati, collocandoli, come un computer, nelle varie celle di memoria (deframmenta). Il giorno successivo tutto ci risulta più chiaro nella mente. Passaggi particolari dove il doppio passaggio 3-1 e subito 3-1 ci sembrava difficile da prendere a quella velocità viene naturale. Il mio metodo e leggere quanto più riesco e ripetere, specialmente i passaggi più ostici. Quando arrivo a saturazione mi fermo e riprendo il giorno successivo. Con questo sistema spesso riesco a leggere e realizzare quasi a velocità d'esecuzione un tempo di una sonata di Mozart in un paio di giorni.

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Io sono per il globale...ogni pezzo, ogni battuta, affrontata bene, migliora la tua tecnica (e anche le idee). Io studio i pezzi un tot di minuti al giorno, dopo di chè qualsiasi battuta abbia raggiunto passo all'altro brano...

Comunque condivido appieno l'imparare anche riposando, oggi proprio sono tornato a casa dopo una settimana e ho notato che l'invenzioni a due voci n 1 era migliorata pur non avendo toccato il piano in questi giorni. il nostro cervello è decisamente l'organo più affascinante...

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Ognuno di noi ha i suoi tempi. Ogni esperienza serve all'altra cosicché anche lasciando un pezzo, questo maturerà un poco, se lo studio di un altro ci farà scoprire nuove soluzioni. In quanto all'apprendimento non c'è una regola precisa. La rapidità di acquisizione della lettura di un brano aumenta con l'aumentare delle abilità tecniche e della naturalezza a diteggiare. Il pianista esperto, quasi non si preoccupa molto delle difficoltà tecniche....non fa altro che imparare le note. Disse Richter durante un'intervista che lui studiava una pagina e poi...una volta acquisita passava alla successiva. Che bisogna intendere per acquisita? Beh, all'inizio c'è la dedizione totale all'apprendimento delle note con un abbozzo dell'idea musicale interpretativa che DEVE nascere subito nell'intenzione del pianista. Via via si metteranno a posto le cose più urgenti e ci si dedicherà di più a passaggi che non ci sono congeniali. Cioè è opportuno portare le frasi della composizione tutte allo stesso livello esecutivo cosicché il passaggio più difficile non "soffra" rispetto a quello facile. Successivamente bisogna lavorare sul pedale, che sarà opportuno stabilire per iscritto. Si cerchérà quindi di raggiungere la giusta velocità dei tempi.

Insomma questo si può fare contemporaneamente su più pezzi. Io personalmente preferisco rimanere qualche giorno sulla stessa composizione per non distrarre la mia "assimilazione" con altri pezzi. Ma successivamente sento la necessità di non annioarmi a lavorare su di uno stesso passaggio o brano e basta...o almeno, dopo la fatica del lavoro su un pezzo "ostico" ...mi premio ripetendo parti del brano da me ben assimilati e vicini all'esecuzione

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Pianoexpert hai toccato diversi punti caldi della questione per quanto mi riguarda..io sono della parrocchia repetita iuvant.. è difficile per me arrivare a saturazione nello studio dello stesso pezzo soprattutto nei passaggi più ostici non arrivo quasi mai ad un punto di stallo per cui ritengo tecnicamente di non poterli implementare..al massimo si tratta di un intossicazione mentale ma in tal caso cambio velocità di esecuzione introduco varianti ritmiche separo o unisco le mani insomma credo possa rivelarsi produttivo..almeno per me insistere per superare eventuali scogli rispetto al alternare l'oggetto dello studio..avevo letto in libro di Neuhaus che ripartire il lavoro abbandonando la difficoltà quando si presenta a volte sia come cercare di fare bollire l'acqua della pasta spegnendo il fuoco ogni qualvolta si scaldi per riaccenderlo una volta fredda..e la metafora,ribadendo la soggettività dell'esperienza, la ritengo molto calzante..

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Letto velocemente i vari post, può darsi ripeta cose già dette, per cui ti chiedo scusa in anticipo. Ti dico come ho sempre fatto io e come faccio oggi quando studio le partiture. Al pianoforte mi ero abituato a dividere piuttosto razionalmente (leggi: prima di iniziare a studiare) il mio tempo stabilendo quanto dovevo dedicare ai pezzi che quel giorno/pomeriggio volevo affrontare. Questo perché, come molti di noi immagino, avevo la tendenza, diversamente, a «stare addosso» a un pezzo particolarmente difficile finché non ne vedevo il miglioramento, ma è anche vero che, almeno per quanto mi riguarda, dopo un po' che lo lavoravo la testa iniziava a pensare con meno lucidità. Io, quindi, innanzitutto non stavo mai al pianoforte per più di un'ora/un'ora e un quarto senza fermarmi almeno tre o quattro minuti per rilassarmi (due passi per casa, un bicchier d'acqua, una rinfrescata con acqua fresca al viso, cose così...); inoltre, prima di iniziare, come ti dicevo, dividevo il mio tempo in maniera anche abbastanza schematica (che so: preludio e fuga, 30 minuti - sonata di Beethoven (magari due movimenti «tosti»), 1 ora - 3 notturni, 25 minuti ciascuno etc etc). Per me ha sempre funzionato piuttosto bene, però naturalmente è una cosa soggettiva. Lo faccio ancora oggi con le partiture, benché sia un tipo di studio diverso (per certi versi più complicato perché è totalmente mentale), in ogni modo non sto mai un intero pomeriggio su una sola partitura, perché alla lunga la mia mente si addormenta...

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Rispetto la "repetita iuvant"...ma concordo perfettamente con l'opinione di Carlos. Certo è che si può dedicare anche molto tempo ad un solo passaggio. Nehaus acconta nel libro che Richter arrivò a lezione ed eseguì una sonata di Prokofieff dove il Maestro aspettava un "punto dolens", dove tutti suoi allievi cadevano. Richter lo superò brillantemente. Bravo- disse- il Maestro- sei riuscito ad eseguire bene questo passaggio. Richter rispose: -"...lo credo bene, l'ho studiato per due ore!!" -_-

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E un libro meraviglioso...e contestato da molti. Scoprirai che la tecnica pianistica è fatta di gesti e...della "comprensione" degli stessi. Si può ripetere all'infinito un passaggio...e non essere riusciti a comprendere cosa dobbiamo realmente fare in esecuzione....Dimmi le tue impressioni una volta letto.

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..se la frase da legare è piuttosto lunga ed è ascendente e discendente devo comunque partire basso e finire gradualmente in alto o nei cambi di direzione e nei passaggi del pollice devo risistemare il polso?

 

... il gesto dovrebbe assecondare il discorso fraseologico, chiaro che ci sono costanti e frequenti "aggiustamenti"

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Grazie ttw.Quoto anche io il tuo post . Sandor è molto attento, fin troppo, al "gesto". E' chiaro che tutto deve essere preso con un grano di sale e utilizzato per applicare i principi sulla propria mano. Comunque genera "rabbia" tra "coloro" che sono sostenitori delle "maratone tecniche" fatte di ritmi in contrasto e di estenuanti ripetizioni.

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