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Piano Concerto - Forum pianoforte

pianoexpert

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Tutto postato da pianoexpert

  1. Vedo un sacco di Diplomi futuri!!!!!!!!! Coraggio e buono studio!!!!!!!!
  2. mi correggo: alla fine della prima pagina. P.S. Nancy, tu sei brava, ne farai una grande esecuzione!!!!!
  3. Io credo che questo notturno sia veramente diverso da tutti gli altri. Come se la melodia, il canto, avesse così rispetto dell'armonia complessiva, da venir appena "fuori" con la massima "riservatezza". Sottovoce. Non immagino niente di pienamente cantato. Una melodia "lontana", sommessa, evanescente e misteriosa. Solo nella ripresa, alla fine della penultima pagina, il tema viene fuori con una certa "convinzione". Ciò "autorizzato" e sottolineato dalla diversa armonizzazione del basso. Il "corale" è suonato molto piano, con la calma e la tranquillità assoluta dello scandire di tutte le note degli accordi lati ed ...arpeggiati(cantati nelle note esterne della destra). Nel doppio movimento, niente di "agitato", iniziando abbastanza piano. l'ultimo gruppo di semicrome che precede gli accordi finali è un recitativo
  4. Sono d'accordo, Fabio, ......parole giuste ...e poetiche!
  5. Giusto Fabio. Ti incoraggio anche io a "postare", Campanella!!!!! Un saluto e un grazie anche all'amica Nancy!Secondo me quello che lei suggerisce è molto giusto! Ciao a tutti e W la Musica!
  6. E tutti noi siamo felici di interagire e scambiarci opinioni con te e con tutti. Soprattutto siamo felici se riusciamo, in questa sede, a tenere viva l'attenzione e l'interesse per l'Arte e per la Musica. I tuoi dubbi sono più che "tecnici" perchè vengono dal vissuto di studio e da un profondo specifico! Buono studio
  7. Innanzitutto invece,direi "Grande Fabio" e non perché ti trovi d'accordo con me. Hai fatto un bellissimo intervento. Direi ancora all'amico Campanella, che forse una ora di lezione a settimana è un po' poco. Un'ora vola, e si dovrebbe parlare di tante cose, oltre che suonare. Qualche volta ricordo di non aver suonato a lezione. I miei Maestri parlavano e io pensavo: " ma quando è che mi fa suonare?" . Eppure oggi mi risuonano le parole, le frasi, le interruzioni, le affermazioni piene di convinzione. Le sento dentro di me. Mi permetto di dire che l'intervallo di una settimana tra due lezioni è un po' troppo. Si rischia , appunto, di smarrirsi già al secondo giorno. Fino ad un certo periodo, variabile da soggetto a soggetto, il Maestro deve essere abbastanza presente. Dovrebbe insegnare a studiare e non a fare. In un mio modello di insegnamento, e credo non solo mio, si dovrebbe apprendere un modo di leggere ed esaminare il pezzo, metterlo su musicalmente, capirne il carattere e comprendere il più possibile l'intenzione dell'Autore. Quasi sempre l'aspetto musicale suggerisce le soluzioni, anche quelle tecniche ovvero del "gesto pianistico". Niente di "meccanico", come ha ben sintetizzato fabio. Non condivido Hanon e l'uso dei libri di "tecnica" per studiare le formule " a ripetizione". Secondo me il "libro di tecnica" dovrebbe essere un formulario .Condivido invece la prospettiva di Sandor che tenta una buona classificazione dei "gesti pianistici"e cerca di suggerire una strada per comprenderli, una volta per tutte. Se ci troviamo a ripetere un passaggio numerose volte, avendo l'impressione di averlo conquistato e il giorno dopo ci troviamo a ricominciare da capo, vuol dire che qualcosa non va. E' pur vero che se ci costringiamo per ore a ripetere, acquistando al momento un certo riscaldamento muscolare, certi passaggi per noi difficili miglioreranno...ma non è detto che siano risolti. Anzi, l'acquisizione di una certa "abilità cinetica" ci farà credere che siano necessarie ore e ore quotidiane per poter suonare decentemente. Ma non è così. Queste e molte altre cose mi frullano in testa, ma non voglio annoiarvi. Studio cosciente e consapevole.....e, forse, qualche lezione in più. P.S. Lancio una provocazione: tutti i libri di tecnica contengono le scale. Ma come dovrebbero essere studiate?
  8. Certamente. Volevo solo precisare, ma in generale. Mi fa piacere che tu abbia un ottimo Maestro. E ti ringraziamo , come ringraziamo tutti per lo scambio di opinioni. RIpeto solo che è difficile dare una progressività step by step. Credo che da ogni pezzo si possa trarre una esperienza. Se prendiamo ad esempio il Gradus di Clementi...è vero che esiste una difficoltà progressiva, ma ogni studio porta a conoscere una specifica difficoltà, che, non è detto, sia di natura progressiva. Inoltre, ad esempio, ad un pianista può rimanere facile suonare progressioni di ottave e molto difficile un passaggio di note ribattute. Osservando dall'esterno (Il Maestro) , si può valutare e decidere quali studi ed esercizi o pezzi proporre per poter sviluppare questa o quella abilità. Quindi, secondo me, non stabilire a priori una progressività rigida nel programma di studio, favorisce un migliore sviluppo tecnico e un minore dispendio di tempo.
  9. Suddividere, aiuta anche mentalmente. Non affatica troppo e permette di concentrarsi meglio sulla metà del programma. In bocca al lupo
  10. Un mio suggerimento è suddividere l'ottavo tra le sessioni di giugno e settembre. Magari togliersi la sonata e i pezzi e tentare l'estrazione delle24 ore. Non si sa mai uscisse uno studio facie e una fuga facile
  11. Caro Campanella, io credo che al di là della progressività dei programmi di studio, cosa che , anche secondo me, deve intendersi di massima, conta il modo come si studia e per questo essere seguiti da un bravo Maestro è essenziale. Approfitto per ribadire che la nascita e la vita di questo Forum non deve far credere di poter sostituire il "fai da te" con l'insegnamento. Questo valga e per l'aspetto tecnologico, che per lo studio del pianoforte. Guardare i nostri video tutorial o seguire i nostri suggerimenti non può essere sufficiente a formare un Tecnico o un Pianista. Anzi, mi sento di consigliare di non ritardare troppo, nel corso di studi, la scelta di un bravo Maestro, come suggerisco di scegliere un Tecnico di esperienza e con buone conoscenze per mantenere in efficienza il proprio strumento. Credo inoltre che, nel periodo della discienza, l'allievo debba affidarsi completamente al Maestro, senza creare troppo contraddittorio; Lui saprà, a seconda dei casi e da persona a persona, scegliere gli studi e i pezzi più adatti per la crescita musicale. Ricordo anche io di aver avuto, nel corso dei miei studi, alcuni momenti in cui un pezzo o uno studio o un esercizio mi ha fatto salire di un gradino e quei brani erano stati scelti appositamente per sviluppare ciò che serviva a me in quel momento. Ricordo, inoltre , di aver "sofferto" questi piccoli o grandi urti, come quello di studiare e suonare alcuni studi di Chopin, appena dopo il quinto anno opp. come l'avvicinamenti a Brahms o a Debussy. Successivamente, una volta lasciata la preziosa Guida, sarà opportuno conoscere meglio il mondo degli autori che ci interessano. Se per esempio vogliamo portare ad esecuzione una sonata di Beethoven, sarà opportuno "guardarne", "leggerne" altre ed entrare nello stile dell'Autore.Osservare quali formule tecniche usa, come tratta il pedale ecc. ( certamente nel caso di Beethoven, osservare la diversità dei tre periodi ecc..) Quindi ...il mio suggerimento? Affidarsi ai Maestri!!!!! P.S....Ma magari un buon Maestro tu già ce l'hai?!
  12. "pasticciarli" e' il termine giusto!!!!!
  13. Leggo solo ora. E' difficile rispondere a queste domande. L'indicazione dell'andamento è relativo come pure quello metronometrico. Partiamo da qui. Bisogna imparare, credo, a comprendere l'atmosfera del pezzo e il giusto tempo in relazione a molti fattori. Un cantabile è sempre difficile. il tempo " lento" delle sonate Beethoveniane mette paura a tutti. Ricordo che in Conservatorio molti studenti sceglievano l'op. 31 n.3 e io mi chiedevo perchè? Risposta: è l'unica sonata che non ha tempo lento. Trovare la giusta relazione tra intensità sonora e durata produce un buon cantabile, la cosa più difficile da realizzare sul nostro strumento! Riguardo al pezzo in questione, realizzare un adagio cantabile è difficile. Tenere il suono è difficile, come pure legare le prime battute ( sarebbe meglio studiarlo senza pedale, cercando di trovare la giusta divisione delle parti tra destra e sinistra). Il canto si deve "stagliare" al di sopra di tutto. Il pezzo, che ripete il tema con sostegno di semicrome e persino con terzine, "sfida" proprio il canto!!!! Ricordiamo che lo stesso Casella dice nel suo meraviglioso libro "il pianoforte", che per suonare legato, non c'è niente da fare, bisogna suonare abbastanza forte. Naturalmente non tutte le parti. Questo pezzo, cavallo di battaglia dei principianti, in realtà è assai difficile proprio perchè insegna a "dualizzare" il peso della mano destra e a ben bilanciare le note del basso. Tre voci ben distinte; a questo si dovrebbe mirare. La tacca di metronomo più o meno, credo sia irrilevante. In ultimo penso che il metronomo ,come strumento di lavoro, debba essere solo usato per un riferimento e invece bisogna sviluppare all'interno di noi il "Nostro "metronomo, che è fatto anche di molta flessibilità e buon gusto. Così, inoltre si impara a dominare le alterazione del tempo base nelle diverse situazioni. Per esempio nell'esecuzione in concerto si tende ad accelerare i tempi. Niente di più naturale dovuto alla leggera accelerazione del battito cardiaco e quindi alla alterazione del minuto secondo psicologico. Provare per credere, registrandosi. Insomma molte cose.
  14. Certamente. Frank, da compositore, insisterebbe per una analisi armonica.....e avrebbe ragione. Una memoria consapevole, credo sia fatta di una buona sensazione si come ci si muove, "fluttuando", tra le modulazioni, fino ad arrivare a scendere nei particolari. Nei passaggi molto veloci, come dice Sandor ci si affida anche ad una certa cineticità , cercando di stabilire dei punti, dei cardini, dei "blocchi" mnemonici. La ricetta, credo, sia una cosa molto personale. Penso però che un'opera viene approfondita proprio mettendola a memoria. Questa è opinione di molti musicisti. Non dimentichiamo la bellissima espressione francese: a memoria="par coeur"....nel cuore!!!!!E anche la famosa frase di Mozart: "3 cose sono indispensabili al pianista musicista: la mente, il cuore,le dita" ( notare l'ordine!!!)
  15. Certamente Giovanni! Si,' il teflon fu un fallimento. Anche io credo che il legno rimanga valido. Con i materiali leggeri cambia anche l'inerzia ma, secondo me ,non è detto che sia meglio. Da giovane sciavo e giocavo a tennis. Proprio in un villaggio estivo, giorni fa ho preso in mano una racchetta costosa di nuova generazione(solo per vederla, naturalmente) ho avuto l'impressione che fosse facilissimo giocarci! Molti amici mi dicono pero' di soffrire sempre più di dolori e di epicondilite. Sicuramente il carbonio offre la stessa resistenza con maggior leggerezza...ma anche con maggior vibrazione e minore inerzia. Ne consegue, secondo me, che l'apparato muscolare del braccio viene maggiormente stressato ed impegnato. Naturalmente non è così per la meccanica di un pianoforte, ma laddove Steinway ha sagomato addirittura le forcole avvitate con un sottopanno su di una barra sagomata anch'essa per azzerare quasi le vibrazioni nel momento dell'impatto martello-corda, con carbonio montato su altre meccaniche , alla vibrazione del non perfetto serraggio delle forcole si addiziona la vibrazione del materiale che, pur essendo più leggero, non assorbe le sollecitazioni (piegamento, torsione ecc..) come il legno. cio' influisce sulla prontezza della meccanica a regimi di "forte" sostenuto e continuo.Questo credo. Vedremo se il tempo mi darà ragione. Può darsi che sia solo una mia fissazione.
  16. Arrivo tardi, ma sono d'accordo. Inoltre, Giovanni, le forcole in plastica si lavorano molto male per rifare i perni ci centro, che spesso, nel caso della plastica, divengono stretti ad una minima variazione di umidità. L'assorbimento dell'umidità relative dell'aria dell'ambiente è a carico del solo panno di Cachemir intorno al perno che, rigonfiandosi, si stringe intorno ad esso. Nel caso di una forcola tradizionale, l'assorbimento viene in parte compensato dal legno. Sei d'accordo?
  17. credo dipenda dalla regolazione di livello del montante rispetto alla leva di ripetizione, in relazione anche alla forza della molla. Dipende, ma meno, anche dal feltrino del bottoncino limita-montante di scappamento, cioè quello che regola l'allineamento del montante stesso con l'anima del rullino. Se tutto è ben regolato, a meccanica ferma , si fa scappare con il dito lentamente il montante e si deve avvertire un leggerissimo attrito, quello che gli americani chiamano "rocking the fly"
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