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Piano Concerto - Forum pianoforte

Come si costruisce un culmine!


RedScharlach
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Provenendo da

http://www.pianoconcerto.it/forum/index.php?/topic/2504-elaborazione-narrativita-e-conseguenzialita-nella-musica

 

Apri un topic su Bach e su Wagner e vediamo le differenze.

 

Già, si potrebbe aprire un topic intitolato Come ti costruisco un culmine! :)

Nel caso specifico, e ovviamente semplificando molto, in Bach abbiamo l'ultima esposizione, con il Fa, culmine acuto del soggetto, che diventa una lacerante dissonanza non preparata, e con l'Alto che riprende il medesimo Fa nella medesima battuta, come se la dissonanza appena sentita non fosse stata ancora abbastanza (il tutto dopo l'ultimo esteso divertimento, che segue una delle sezioni di stretti più mozzafiato che la storia della musica ci abbia tramandato!).

In Wagner, come non di rado in Beethoven, il culmine è il protrarsi - più o meno a lungo - dell'acme melodico, dopo una sequenza di progressioni ascendenti.

 

Poi si sa che lo stesso Donatoni era un burlone, amava parlare in modo forbito, con termini complessi, giri di parole, concetti semplici espressi in modo intricato... ma alla fine faceva parte del suo modo di porsi, anche molto ironico per certi versi... In realtà per capire il suo pensiero basta analizzare e ascoltare la sua musica.

 

Già, gli piaceva senz'altro giocare con le parole... anche se credo che rimanga più bravo a giocare con le note!

Comunque i casi di Spiri (e di Flag) continuano a sembrarmi più significativi dell'idea di "mettere in scena" un personaggio - ovviamente la figura - con connotazioni senz'altro teatrali, ma non necessariamente narrative.

 

Dipende a quale Morton ti riferisci! Anni '60, '70 o '80? :D

 

Mah... non sono un esperto della cronologia feldmaniana... diciamo... il secondo Quartetto?

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Assolutamente si, il primo gesto è assolutamente un elemento tematico: armonici più pizzicato. Successivamente, focalizza sugli armonici (1.28) e a 1.56 i pizzicati tramite accelerazione ritmica ripropongono lo stesso profilo del gesto iniziale con funzione di ostinato, contemporaneamente si crea una sovrapposizione tra questo nuovo gesto e gli armonici... se non è tematismo questo! (provocazione scherzosa con sconto del 10% :) )

Comunque parliamo di un pezzo degli anni '80!

 

 

http://www.youtube.com/watch?v=K95RtulCuOc

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Assolutamente si, il primo gesto è assolutamente un elemento tematico: armonici più pizzicato. [...]

 

ok, è tematico :)

 

... però: è narrativo? ... Se non sbaglio, questo Quartetto dura sei ore, o giù di lì (non lo ho mai ascoltato!): il tematismo che mi descrivi serve a creare un tempo narrativo, oppure tale tematismo viene annullato da un tempo che, più che narrativo, definirei... geologico?

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Si, è un brano lunghissimo e per digerirlo è necessario fare un po' di yoga, prima... :D

 

Ma il tempo geologico non è anche narrativo? Non mi pare sia regolare, anzi. L'evoluzione della terra è stata abbastanza avventurosa, ricca di eventi imprevedibili, quindi perché non parlare di narratività? Per come la vedo io narratività non deve corrispondere necessariamente alla teatralità (mi fai venire in mente una distinzione fatta da Charles Rosen riguardo la differenza tra la narratività di Haydn, basata appunto sulla sorpresa, l'imprevedibile e l'irregolare e quella di Mozart definita come una drammaturgia inserita in un contesto formale simmetrico e caratterizzata da "enfatizzazioni di pathos" di derivazione operistica). Ecco perché ti dicevo che sono d'accordo sul fatto che esistono varie tipologie di narratività e non una sola.

 

ps. l'idea che hai avuto secondo me è buonissima! Perché non aprire un nuovo argomento sulla costruzione dei climax, le diverse tipologie, le tecniche di accumulo tensivo e di liquidazione.... Frank, io sono d'accordo al 100%

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Ma il tempo geologico non è anche narrativo? Non mi pare sia regolare, anzi. L'evoluzione della terra è stata abbastanza avventurosa, ricca di eventi imprevedibili, quindi perché non parlare di narratività? Per come la vedo io narratività non deve corrispondere necessariamente alla teatralità (mi fai venire in mente una distinzione fatta da Charles Rosen riguardo la differenza tra la narratività di Haydn, basata appunto sulla sorpresa, l'imprevedibile e l'irregolare e quella di Mozart definita come una drammaturgia inserita in un contesto formale simmetrico e caratterizzata da "enfatizzazioni di pathos" di derivazione operistica). Ecco perché ti dicevo che sono d'accordo sul fatto che esistono varie tipologie di narratività e non una sola.

 

non ho citato la frase sullo yoga, ma riprendo lo spunto. Hai detto che per ascoltare sei ore di quartetto si deve fare yoga. E io rilancio dicendo che allo stesso modo in cui ti richiamo per l'ascolto ad una pratica lontana dal mondo occidentale, quando il brano lo richiede, ha senso richiamarsi a teorie diverse quando l'analisi lo richiede. Chiamare tutto "narrazione" o "narratività" non serve a nessuno. Ci sono tipi diversi di narratività, è vero, ma RICORDIAMOCI che narratività è il nome che noi "occidentali" abbiamo dato a una teoria occidentale, nata per spiegare in massimo modo un certo tipo di musica strumentale romantica. Spostando la questione dal piano "occidente" "oriente", e riportandola alle questioni musicologiche, se si usa un termine che ha una storia lo si usa anche per la sua storia; quando si vuole allargare il suo significato, lo si dovrebbe fare rimanendo coscienti del fatto che C'E' un limite, perché tutti i significati, le sfere semantiche hanno un limite. La narratività NON E' un universale, Clapping Music di Reich NON E' narrativo, e non tanto perché non racconta una storia, ma perché, come dicevo, il concetto di narratività e la branca analitica della narratologia nascono con un forte legame con un repertorio troppo lontano.

Io non conosco abbastanza Feldman per poterne parlare con profitto, ma sono certo che si possa coniare qualche termine nuovo per descrivere quello che avviene nella sua musica.

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non ho citato la frase sullo yoga, ma riprendo lo spunto. Hai detto che per ascoltare sei ore di quartetto si deve fare yoga. E io rilancio dicendo che allo stesso modo in cui ti richiamo per l'ascolto ad una pratica lontana dal mondo occidentale, quando il brano lo richiede, ha senso richiamarsi a teorie diverse quando l'analisi lo richiede. Chiamare tutto "narrazione" o "narratività" non serve a nessuno.

 

Su questo non posso certo dissentire dato che sono d'accordo con te per ovvie differenze tra musica occidentale e orientale. Pur essendo un compositore "occidentale", Feldman (come del resto anche Cage) si è rifatto a concezioni temporali orientali, per cui anche la concezione "narrativa" o "drammaturgica" è diversa da quello di Berio, ad esempio.

 

Ci sono tipi diversi di narratività, è vero, ma RICORDIAMOCI che narratività è il nome che noi "occidentali" abbiamo dato a una teoria occidentale, nata per spiegare in massimo modo un certo tipo di musica strumentale romantica. Spostando la questione dal piano "occidente" "oriente", e riportandola alle questioni musicologiche, se si usa un termine che ha una storia lo si usa anche per la sua storia; quando si vuole allargare il suo significato, lo si dovrebbe fare rimanendo coscienti del fatto che C'E' un limite, perché tutti i significati, le sfere semantiche hanno un limite. La narratività NON E' un universale, Clapping Music di Reich NON E' narrativo, e non tanto perché non racconta una storia, ma perché, come dicevo, il concetto di narratività e la branca analitica della narratologia nascono con un forte legame con un repertorio troppo lontano.

 

Ognuno ha un suo modo di esprimere dei concetti, l'importante è che il contenuto sia logico. Spesso preferisco badare alla forma in campo musicale (dato che il senso della forma è tutt'altro che facile da acquisire) e quando parlo di qualcosa cerco di badare più ai contenuti anziché soffermarmi troppo sull'origine di un termine, il suo significato originario, etc. Preferisco sintetizzare con un termine e poi vedere le differenze come casi legati al quel termine. Detto ciò, Clapping Music (del 1972 badiamo bene) non ha una narratività perché fa parte di quelle eccezioni che dicevo, ovvero le avanguardie (in quel caso estetica minimalista). Sarebbe come parlare di narratività in 4.33 di Cage o Structures di Boulez.

 

Se oggi possiamo ritenerci liberi dai dettami delle avanguardie è proprio grazie al recupero di quella "narratologia" che come dici ha un forte legame con un repertorio troppo lontano. Allo stesso tempo non dimentichiamo le avanguardie e partiamo da quel cambiamento per ricostruire qualcosa.

 

Io non conosco abbastanza Feldman per poterne parlare con profitto, ma sono certo che si possa coniare qualche termine nuovo per descrivere quello che avviene nella sua musica.

 

Premetto che non è mia intenzione coniare termini nuovi, chi sono io per farlo? Semplicemente è il mio modo di vedere una cosa che Tizio spiegherebbe in un modo e Caio in un modo altrettanto diverso.

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...RICORDIAMOCI che narratività è il nome che noi "occidentali" abbiamo dato a una teoria occidentale, nata per spiegare in massimo modo un certo tipo di musica strumentale romantica.

 

A me non risulta proprio così. Come ho già più volte detto il termine non nasce nella musicologia. Se mi sbaglio correggetemi e datemi gli opportuni riferimenti. Da cosa ricordo, il termine è passato alla musicologia grazie ad autori come Nattiez che a loro volta lo hanno attinto da autori come Greimas (al pensiero de qual si adatta meglio il contesto di questo nuovo topic) i quali, utilizzando il concetto di narratività nella semiotica lo hanno per così dire estratto dal suo campo originario che è quello della letteratura appunto ed esteso ad altre forme espressive. Negli anni 80 o 90, se non sbaglio, ci fu poi un nutrito diabattito sulla possibilità o meno di applicarlo alla musica.

Se questo è vero, credo che non sia un argomento da sottovautare. Per esempio, un aspetto rilevante della narratività in letteratura è la creazione di significati. In musica non mi pare ci sia una così grande condivisione su cosa voglia dire creare un significato....

 

Sarebbe come parlare di narratività in 4.33 di Cage

 

e perché no? il campo interpretativo di 4'33'' è notevole e i "significati" generabili sono potenzialmente illimitati. Certo siamo al limite, ma il contesto (a partire dal titolo) lo rende possibile. Col che non voglio certo dire che qualunque opera sia narrativa...

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E pensare che ero convinto che il concetto di punto massimo fosse una concezione romantica...ad esempio nella musica rinascimentale non mi risulta che la si ricerchi un punto di massima tensione o "culminante" esso sia....

 

Un direttore d'orchestra che si prodigò molto in questo tipo di concezione fu Celibidache, appunto specializzato in repertorio romantico e comunque fa coppia con quei compositori (sempre romantici) dove questo approccio può funzionare.

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A me non risulta proprio così. Come ho già più volte detto il termine non nasce nella musicologia. Se mi sbaglio correggetemi e datemi gli opportuni riferimenti. Da cosa ricordo, il termine è passato alla musicologia grazie ad autori come Nattiez che a loro volta lo hanno attinto da autori come Greimas (al pensiero de qual si adatta meglio il contesto di questo nuovo topic) i quali, utilizzando il concetto di narratività nella semiotica lo hanno per così dire estratto dal suo campo originario che è quello della letteratura appunto ed esteso ad altre forme espressive. Negli anni 80 o 90, se non sbaglio, ci fu poi un nutrito diabattito sulla possibilità o meno di applicarlo alla musica.

 

Bianca, spesso non capisco i tuoi interventi. E di base non li capisco perché continui a spostare l'attenzione su "altro" rispetto alla musica. Teorie narrative sono ben precedenti a Nattiez, in realtà la fraseologia musicale è la base dell'analisi musicale, storicamente parlando le grandi forme strumentali (e in origine quelle vocali come il madrigale) sono sempre state analizzate come se fossero orazioni. L'evoluzione della forma dal '500 in poi può essere in un certo senso vista come un allargamento della prospettiva "linguistica", da una retorica della figura (madrigali prima pratica), ad una retorica e sintassi della forma. Questa forma musicale è diventata forma di una narrazione nelle forme strumentali classiche e romantiche. Come tutti i discorsi generali, il mio discorso ha delle pecche, delle eccezioni, ma ANCHE per questo sono convinto che un unico termine (narratività, narrazione) non possa descrivere bene l'intera storia della musica, che è poi il senso del mio intervento precedente.

Però, se dobbiamo parlare di musica, parliamo di musica...

 

Se questo è vero, credo che non sia un argomento da sottovautare. Per esempio, un aspetto rilevante della narratività in letteratura è la creazione di significati. In musica non mi pare ci sia una così grande condivisione su cosa voglia dire creare un significato....

 

vogliamo aprire un'altra discussione sul significato? Ne abbiamo parlato in altre discussioni tempo fa, mi pare, e non siamo arrivati a conclusioni degne di nota... e per quanto ne so ci sono decine e decine di trattati di estetica musicale sul significato in musica.

 

e perché no? il campo interpretativo di 4'33'' è notevole e i "significati" generabili sono potenzialmente illimitati. Certo siamo al limite, ma il contesto (a partire dal titolo) lo rende possibile. Col che non voglio certo dire che qualunque opera sia narrativa...

 

ora mi devi collegare "significato" a "narratività". E IN MUSICA.

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E pensare che ero convinto che il concetto di punto massimo fosse una concezione romantica...ad esempio nella musica rinascimentale non mi risulta che la si ricerchi un punto di massima tensione o "culminante" esso sia....

 

Beh certo, nel Rinascimento non c'è il culmine col rullo di timpani e il colpo di piatti alla fine! :) Però ci sono alcune situazioni che possono richiamare l'idea di culmine, o di accumulo di tensione: ad esempio quando abbiamo un accentuato movimento ascendente (anabasi, o climax, se ci rifacciamo alle teorie delle figure retoriche in musica). Certo, come ho segnalato in precedenti post, il fatto di denominare tutto indistintamente culmine rischia di generare un po' di confusione...

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Bianca, spesso non capisco i tuoi interventi. E di base non li capisco perché continui a spostare l'attenzione su "altro" rispetto alla musica. Teorie narrative sono ben precedenti a Nattiez,

 

Appunto. Cerco di farmi capire… e di capire. Il fatto è che per me il termine narratologia ha un certo riferimento, che si applica specificamente alla letteratura, analizzato dai tempi di Aristotele, e non conosco la sua applicazione in musica prima di tempi abbastanza recenti (ripeto, non la conosco, non ho detto che non ci sia, anzi ho domandato lumi in merito). Certo non voglio dire che la musica non sia mai stata oggetto di studi filosofici, tutt’altro, anche se è bene ricordare che per moltissimo tempo la musica fu vista come l’ultima delle belle arti e di conseguenza considerata. Anche il fatto che per alcuni (Spencer, per esempio) la musica derivi dal linguaggio naturale, non giustifica l’impiego degli stessi metodi di analisi. Il termine “narratività” poi, ha un riferimento più ristretto rispetto al termine narrativa e si riferisce a una caratteristica particolare dei testi narrativi, ossia alla loro capacità di creare significati in modo diverso da come avviene in un testo non narrativo. Non sono riuscita a trovare questa distinzione nella storia della musicologia mentre esiste chiaramente in letteratura dai tempi di Aristotele. Questo avrebbe poca importanza di per se, ma il fatto è che a me è parso che si siano utilizzati relativamente alla musica i risultati di tali analisi senza la consapevolezza di questa distinzione. L’ho scritta meglio qualche post fa:

“Dopo tutto il concetto di narratività in qualche modo indica proprio la possibilità di creare significati in modo complementare (o semplicemente differente) a quello che si realizza con un’esposizione consequenziale. Per dirla in altro modo, un testo per esempio di carattere scientifico, oppure giurisprudenziale, è vincolato a rispettare alcune norme in modo da non violare la consequenzialità; un libro di avventure no, o meglio, non allo stesso modo. Nel primo caso il successo nella creazione del significato, dipende principalmente dal rispetto della consequenzialità e i significati “secondari” che si producono nel discorso sono irrilevanti; nel secondo caso sono proprio i significati “secondari” che si creano nella narrazione, ossia quelli che non rientrano o sfuggono al filo consequenziale del discorso, ad essere interessanti e fondamentali ai fini narratologici.”

Questo è il motivo per cui è iniziato il topic sulla narratività e consequenzialità. I discorsi che sono stati fatti, vanno tutti benissimo, ma io non ho potuto a trovarci una risposta al quesito di partenza (magari c’è, ma semplicemente non l’ho capita) e dunque ho cercato ripetutamente di riportare l’attenzione su questo fatto. Ora, in letteratura, quello che non è narrativa, è sottoposto ad altri specifici vincoli, possiede altre peculiari caratteristiche, per esempio il rigore consequenziale, tanto che se un documento, ancora per esempio, scientifico non ha questa caratteristica, si dice che tale documento non è valido. Nel nostri discorsi musicologici, questa distinzione sembra totalmente persa, oppure sono io che non la trovo. Non si può neanche dire che non esista musica non narrativa, per cui questa non mi sembra un’omissione da sottovalutare. Vorrei a margine far notare che mentre si potrebbe facilmente concordare sul fatto che esistono culture la cui musica non è narrativa, è più difficile credo pensare che esistano letterature che non hanno la caratteristica della narratività.

Spero che detta in questo modo i miei interventi risultino un po’ più chiari e certamente privi di secondi fini.

 

ma ANCHE per questo sono convinto che un unico termine (narratività, narrazione) non possa descrivere bene l'intera storia della musica, che è poi il senso del mio intervento precedente.

 

Come vedi la penso anche io così.

 

 

ora mi devi collegare "significato" a "narratività". E IN MUSICA.

 

In fondo è proprio quello che ho chiesto io :)

Per questo motivo ho citato 4’3’’, non era una boutade. 4’33’’ è musica solo in senso limite e come tale è in grado di esprimere significati e in numero illimitato in quanto paragonabile a un insieme vuoto di proposizioni (una tautologia è sempre vera qualunque sia il significato che le attribuisci).

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Cerco di quotare lo stretto necessario.

 

Il termine “narratività” poi, ha un riferimento più ristretto rispetto al termine narrativa e si riferisce a una caratteristica particolare dei testi narrativi, ossia alla loro capacità di creare significati in modo diverso da come avviene in un testo non narrativo. Non sono riuscita a trovare questa distinzione nella storia della musicologia mentre esiste chiaramente in letteratura dai tempi di Aristotele.

 

regola generale: molta terminologia musicologica è presa in prestito da altre discipline (filologia testuale, linguistica, estetica, fisica etc...), MA nel suo uso musicologico assume connotazioni e sfumature tecniche precipuamente musicologiche. Se continui a rapportare il termine narratività alla letteratura non ne uscirai mai fuori. Nella discussione precedente ti dissi che, purtroppo, non governare fino in fondo alcune questioni musicali ti avrebbe potuto portare a dover accettare come dogma alcune mie e altrui osservazioni. Una di queste è che non può esistere in musicologia un discorso normativo sui significati. Contrapporre musica "narrativa" a musica "non narrativa" è comunque un atto interpretativo e perfino metaforico perché la categoria del "narrativo" non è una distinzione di genere, come in letteratura, ma è una proposta ermeneutica, analitica, critica. In quanto proposta analitica va accoppiata proprio alla scoperta di quei significati narrativi di cui sopra, cioè, se dico "la sesta di Cajkovskij può essere interpretata come la narrazione della sofferenza di Cajkovskij per la sua recondita omosessualità", poi devo sforzarmi di trovare gli elementi musicali che me lo fanno supporre e, possibilmente, legarli ad una volontà autoriale (questo, però, potrebbe anche essere secondario). Come già detto nella discussione precedente, c'è una tradizione rispetto a questo tipo di analisi che vede in alcune tecniche tematiche (termine musicologico) il modo "classico" per una composizione di raccontare storie. Entrando nel campo di quello che non so abbastanza bene per poter approfondire, so che la narratologia "figa" oggi ha allargato di molto l'insieme delle tecniche musicali interpretabili come narative.

 

Questo avrebbe poca importanza di per se, ma il fatto è che a me è parso che si siano utilizzati relativamente alla musica i risultati di tali analisi senza la consapevolezza di questa distinzione.

 

questa distinzione in musica non è fondante e non ha a che fare con la consequenzialità, termine su cui abbiamo già discusso moltissimo.

 

io non ho potuto a trovarci una risposta al quesito di partenza

 

esponi ex abrupto il quesito di partenza. No perché la discussione sulla consequenzialità non è neppure partita da te, ed il primo messaggio non era tuo... non c'era un quesito di partenza (e l'ho anche detto in risposta ad un tuo messaggio).

 

Non si può neanche dire che non esista musica non narrativa, per cui questa non mi sembra un’omissione da sottovalutare.

 

come ho già detto (e ho perfino già detto di averlo già detto) la narratività non è caratteristica intrinseca di un pezzo musicale, i pezzi diventano narrativi nel momento in cui tu ne dai una lettura narrativa (credibile) ma possono essere goduti, ascoltati, analizzati anche senza mettere in campo questa loro caratteristica.

 

In fondo è proprio quello che ho chiesto io :)

Per questo motivo ho citato 4’3’’, non era una boutade. 4’33’’ è musica solo in senso limite e come tale è in grado di esprimere significati e in numero illimitato in quanto paragonabile a un insieme vuoto di proposizioni (una tautologia è sempre vera qualunque sia il significato che le attribuisci).

 

preparati ad una bomba: la musica non esprime significati. La musica è, in primo luogo, ostensione sonora, stimolo uditivo, come la pittura è in primo luogo stimolo visivo. Il valore principe della musica è quello ESTETICO, non quello EPISTEMOLOGICO

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Cerco di quotare lo stretto necessario.

 

questa distinzione in musica non è fondante e non ha a che fare con la consequenzialità, termine su cui abbiamo già discusso moltissimo.

 

 

io non la penso così, o meglio, non penso che sia fondante per la musica in sé, ma che sia fondamentale per la comprensione di come la musica funziona nel nostro cervello.

 

esponi ex abrupto il quesito di partenza. No perché la discussione sulla consequenzialità non è neppure partita da te, ed il primo messaggio non era tuo... non c'era un quesito di partenza (e l'ho anche detto in risposta ad un tuo messaggio).

 

 

In realtà è proprio partita da me e il quesito di partenza è stato trasportato da un altro topic. Forse proprio il fraintendimento iniziale sul senso quesito ha portato ad alcune incomprensioni successive.

 

come ho già detto (e ho perfino già detto di averlo già detto) la narratività non è caratteristica intrinseca di un pezzo musicale, i pezzi diventano narrativi nel momento in cui tu ne dai una lettura narrativa (credibile) ma possono essere goduti, ascoltati, analizzati anche senza mettere in campo questa loro caratteristica.

 

 

su questo non ci piove ed è anche a mio parere uno dei nodi fondamentali della questione. Ma, solo per capire fino in fondo, quando tu dai una lettura narrativa credibile ad un brano, questo diventa "irreversibilmente" narrativo, o è ammesso che per qualcun altro possa non essere narrativo?

 

preparati ad una bomba: la musica non esprime significati.

In musica non mi pare ci sia una così grande condivisione su cosa voglia dire creare un significato....

 

La musica è, in primo luogo, ostensione sonora, stimolo uditivo, come la pittura è in primo luogo stimolo visivo. Il valore principe della musica è quello ESTETICO, non quello EPISTEMOLOGICO

 

Se leggi bene ho appunto scritto che 4'33'' è, per me, musica in senso limite (nel senso matematico). D'altra parte si legge da tutte le parti che quel brano ha addirttura una forza "dimostrativa" il cui contenuto è per forza un "significato". L'espressione di un significato inoltre non è necessariamente una caratteristica epistemologica: la narrativa ne è un vasto esempio.

 

Scusa la brevità, ma oggi sono pressata.

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preparati ad una bomba: la musica non esprime significati.

 

dimenticavo solo una postilla o più che altro un'opinione:

se la musica non avesse nessun significato, non sarebbe in nessun modo interpretabile.

(poi si può anche disquisire sui termini o sulla differenza tra avere ed esprimere...)

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Visto che questa discussione è incentrata sui culmini, e visto che nell’altro thread avevo parlato di Mauro Lanza, mi sembra giusto precisare un pochino quanto avevo detto (ironia, paradosso…).

 

La conclusione di Aschenblume, dunque. Credo si possa parlare di culmine per l’ultimo minuto di musica. Un culmine raggiunto dopo un climax (o “una climax”, come diceva la mia prof di greco) costruito con grande cura a partire dall’inizio del brano, con tre o quattro idee che gradualmente si legano l’una all’altra in un dialogo sempre più serrato, per poi esplodere a partire più o meno da 12:40 in avanti. Giunti a 15:52, superiamo abbondantemente la soglia dei “culmini” che si ascoltano abitualmente nei brani di musica contemporanea. A 16:22, il disastro. Perché questa conclusione mi sembra paradossale, ironica, travolgente e allo stesso tempo un po’ inquietante? Forse perché Lanza si era quasi portato a casa il pezzo di musica contemporanea scritto davvero bene, inappuntabile, con tutti i crismi, buono per accontentare perfino l’Accademia (forse po’ troppo aggressivo e bizzarro, ma va bene lo stesso!), ce l’aveva quasi fatta, e invece a pochi secondi dalla fine decide di fare a pezzi il giocattolo, con un crescendo finale che non è all’insegna del “culmine tensivo” (locuzione inascoltabile, da Accademia appunto) ma piuttosto del “facciamo casino”.

 

Ovviamente, si tratta di una mia interpretazione: magari sono del tutto fuori strada!

 

https://soundcloud.com/maurolanza/mauro-lanza-aschenblume-2001

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Red, sarò pazzo, ma il "culmine" finale mi rende interessante quella composizione. E' un po' caciaroso, sembra quasi un modo sbrigativo e semplice di concludere tutto, ma al primo ascolto lo sviluppo del brano non mi fa impazzire, i primi 5 minuti mi sono piaciuti di più dei secondi 10...

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Capisco benissimo, perché è stata più o meno la mia reazione quando ho ascoltato il pezzo per la prima volta! Del resto non mi sembra strano, perché i primi minuti sono chiarissimi, essendo basati sull'accostamento di un paio di idee nettamente stagliate, dal profilo molto semplice (immediatamente "comprensibili", se mi permetti di utilizzare questo termine altamente problematico!): le cascatelle di impulsi brevi e percussivi da una parte, i suoni tenuti in crescendo dall'altra. La conclusione l'ho descritta sopra, ed è probabilmente la parte che marchia il brano nella memoria, proprio a causa della sua evidente eccentricità.

 

La sezione centrale è forse meno lineare, ma non meno limpida: ci sono almeno un altro paio di idee (i violenti impulsi percussivi con pizzicati-Bartók, e le ondate di suoni che si dilatano progressivamente), ma ogni tanto ricompaiono anche le idee iniziali, a scompaginare le carte. Tali idee nel frattempo sono però talmente "mutate" da non essere immediatamente riconoscibili: ad esempio, a 7:00 c'è di nuovo l'incipit, solo meno aggressivo e più cristallino; esso riappare anche con altre sembianze (vedi 11:24). Insomma, riascoltando il brano mi appassiono proprio a questi dettagli, che magari ad un primo ascolto non si riescono a cogliere.

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  • 2 weeks later...

era dovuto a piccoli impegni :-) mi hanno chiesto un articolo su Cajkovskij e la sua omosessualità, e settimana scorsa ho cantato col mio coro una messa di Cherubini al Festival Mito :-) i prossimi impegni saranno barocchi, e poi inizio la produzione di Elisir d'amore (una palla epocale).

Tra l'altro, sul tema "costruire culmini", Cherubini mi ha dato da pensare. Siamo stati diretti da un direttore non particolarmente bravo e non particolarmente cattivo. Ha ignorato la scrittura contrappuntistica di molti pezzi, con scandalo del nostro direttore di coro, ma è riuscito a tirare fuori un senso da alcune cose che per come erano scritte sembravano assolutamente insensate. C'è un pezzo (il Credo) in questa messa solenne in Mi maggiore di Cherubini in cui le sezioni del coro cantano una alla volta dei pezzi monodici abbastanza noiosi. Nelle situazioni di monodia tradizionalmente si cerca il senso musicale nel testo. Ma nel caso di Cherubini la frase melodica, oltre ad essere banale, era anche abbastanza slegata dal testo, ed era molto lunga. Nell'interpretazione del direttore, il culmine non esisteva, semplicemente, ma sforzandoci di mantenere tutto ad un costante mezzo-forte, si arrivava ad una specie di accumulo di tensione complessivo. Era tutto così innaturale, così anti-fraseologico, che a un certo punto anche noi sentivamo una sorta di rilassamento durante la cadenza. Non so effettivamente quanto questo fosse voluto dal direttore, ma l'effetto è stato carino.

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