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Piano Concerto - Forum pianoforte

Lo Diceva Anche Mozart...


Carlos
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Leggendo in questi giorni il secondo libro di Alex Ross, Senti questo (Bompiani 2011), mi sono imbattutto nella citazione di un passo di una delle lettere di Mozart, contenuta nel volume «W. A. Mozart, The letters of Mozart and his family», a cura di Emily Anderson, NY, Norton 1985, per chi fosse interessato. Ve la propongo.

 

Questi concerti [n. 11, 12 e 13] sono una via di mezzo tra il troppo facile e il troppo difficile; sono brillanti, piacevoli all'orecchio e naturali senza essere insipidi. Qua e là ci sono passaggi da cui solo gli intenditori possono ricavare diletto; ma questi passaggi sono scritti in modo tale che i meno eruditi non possano non esserne contenti, pur senza sapere perché... Il giusto mezzo della verità in tutte le cose non è più conosciuto o apprezzato: per ottenere il plauso bisogna scrivere cose tanto vacue che un vetturino le possa ricantare, o tanto indecifrabili che piacciano proprio perché nessun uomo assennato le può comprendere.

 

Sono rimasto abbastanza colpito sia dalla lucidità di Mozart, che non avevo mai pensato a calcolare l'effetto sul pubblico della sua musica (l'idea del Mozart geniale che «scriveva quello che aveva in testa» punt'e basta è dura a morire...), sia dall'attualità di un'affermazione del genere, che potrebbe uscire dalla bocca di un compositore o di uno studioso dei nostri giorni. Cosa ne pensate?

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Che appunto, se da come sembra che testimonino queste lettere, fosse anche un calcolatore, ben consapevole delle sue capacità e della molteplicità delle persone che avrebbero potuto ascoltare la sua musica, almeno a me non sorprende troppo questo modo di pensare, ho certamente l' immagine di Mozart giocherellone e casinaro, ma comunque passionale in quello che fa ( quest' immagine più che altro ce l' ho perchè ho visto Amadeus, ma ho letto anche una biografia in cui Mozart, da quello che ricordo viene descritto da piccolo come un bambino affettuoso ma anche stanco dei moltissimi viaggi e concerti cui il padre aveva condotto lui e la sorella, da adulto in preda ai debiti e con una costante preoccupazione, quasi velata, per il futuro, un pò per la sua incapacità di tenere a freno le spese ), se osservo invece i ritratti che sono arrivati a noi tutti, la sensazione è quella di un uomo poco decifrabile, e questo almeno per quanto mi riguarda, mi sembra abbastanza comprensibile visto che non abbiamo la possibilità di osservare altre sfumature della sua immagine, però appunto le lettere e le testimonianze dell' epoca aiutano a capire quale persona fosse.

Per finire, se penso a lui che gioca con la futura moglie mentre stanno per iniziare un suo concerto, ( parlo del film ) e appena sente che hanno iniziato senza di lui, partendo in 4a e cambiando totalmente espressione, passando da un comportamento da ragazzino al più esperto musicista di corte ( e ne era consapevole ), ripeto, non mi rimane difficile crederlo, forse perchè non mi sorprendono i cambi di umore, l' essere alo stesso tempo passionali ma anche "calcolatori" in certi frangenti, il tutto sempre rapportato ad una consapevolezza riguardo quello di cui ci si occupa e il mondo che ci circonda.

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Bach dove lo lasciamo?

D' accordo che Bach fu soprattutto un "lavoratore", un artigiano, ma sta appunto li la sua grandezza, Mozart fa pensare a qualcosa di più immediato e istintivo, penso che

non ci sia il più grande di tutti ( anche se ci sono sempre le preferenze ), ma il compositore che ha avuto il maggior peso ( a posteriori spesso ) per la sua epoca e ha intrapreso

strade che hanno poi ripreso i suoi successori.

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Ok, devo dire che pensavo onestamente che questa frase: «per ottenere il plauso bisogna scrivere cose tanto vacue che un vetturino le possa ricantare, o tanto indecifrabili che piacciano proprio perché nessun uomo assennato le può comprendere», avrebbe attirato maggiormente la vostra attenzione, ma evidentemente mi sbgaliavo. Ci troviamo, oggi, di fronte allo stesso fenomeno, che io credevo tipicamente novecentesco, e vederlo espresso in maniera così lucida da Mozart, più di due secoli fa, mi ha fatto un certo effetto.

 

PS nota editoriale: non so chi abbia corretto il titolo mettendo tutte le iniziali maiuscole ma:

1) è sbagliato: in italiano NON SI FA. Lo fanno gli inglesi.

2) io ho scritto in un altro modo, quindi potreste ripristinare la mia (corretta) grafia? Grazie.

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non so chi abbia corretto il titolo mettendo tutte le iniziali maiuscole

 

Penso lo facci un correttore automatico, è sistematico. Probabilmente per evitare il tutto maiuscolo :(

 

Ok, devo dire che pensavo onestamente che questa frase: «per ottenere il plauso bisogna scrivere cose tanto vacue che un vetturino le possa ricantare, o tanto indecifrabili che piacciano proprio perché nessun uomo assennato le può comprendere», avrebbe attirato maggiormente la vostra attenzione, ma evidentemente mi sbgaliavo. Ci troviamo, oggi, di fronte allo stesso fenomeno, che io credevo tipicamente novecentesco, e vederlo espresso in maniera così lucida da Mozart, più di due secoli fa, mi ha fatto un certo effetto.

 

Secondo me sono i problemi di sempre, a parte i fiamminghi (che appunto si sollazzavano "intellettualmente" più o meno nell'ottica novecentesca...quel Novecento)...tutti facevano i conti con il pubblico e in tutti i libri si storia della musica che ho letto si parla del rapporto dei compositori con l'editoria (quando è arrivata), con il pubblico, etc.

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Sono rimasto abbastanza colpito sia dalla lucidità di Mozart, che non avevo mai pensato a calcolare l'effetto sul pubblico della sua musica (l'idea del Mozart geniale che «scriveva quello che aveva in testa» punt'e basta è dura a morire...), sia dall'attualità di un'affermazione del genere, che potrebbe uscire dalla bocca di un compositore o di uno studioso dei nostri giorni. Cosa ne pensate?

Ci sono tante forme di genialità, in Beethoven (che poteva sembrare il suo "contrario" ...rispetto a M.) è il suo modo di usare lo scalpello e fare, rifare ... per raggiungere quel disegno.

 

Chi sa se esisteno dichiarazioni di Liszt all'occorrenza, che mi sembra più vicino a Mozart per tipologia di genialità :D

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Carlos, anch'io mi sono stupito di quello che gli altri "dopo di te" hanno commentato :)

io ho sempre timore nel parlare dei "grandissimi" come Mozart, Bach, Beethoven... da cantante, ho una visione limitata del loro repertorio, e da musicologo non ho mai avuto "il tempo" di approfondire tutto il resto.

Detto questo, sono sempre rimasto basito davanti ad alcune trovate mozartiane. Trovate di stile, mai scontate, certi effetti timbrici e testurali, non so, una voce che canta quella notina lì in acuto e, non sai perchè, ma questa cosa cambia del tutto il suono del pezzo; l'elaborazione tematica, poi, è sempre magistrale, ci sono legami invisibili che danno coerenza. E non ho mai pensato che questo fosse frutto del caso, o del "genio". E' sicuramente studio consapevole, se non tecnica almeno "musicalità", quella serie di capacità difficili da apprendere che ti permettono, appunto, di trasformare la tecnica in bellezza

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[...] sono sempre rimasto basito davanti ad alcune trovate mozartiane. Trovate di stile, mai scontate, [...] quella serie di capacità difficili da apprendere che ti permettono, appunto, di trasformare la tecnica in bellezza

 

Questo è un passo avanti ancora, rispetto a quello che ho letto io nell'affermazione di WAM, ed è sacrosanto. Ciò che mi ha spiazzato è rendermi conto che persino uno come Mozart, non solo di fronte ai committenti, ma anche nel suo privato, pensava alla fruibilità della musica e a quel «giusto mezzo» tra complessità (dove complessità vuol dire tutto e niente, ma spero che ci capiamo) e possibilità di essere ascoltato da tutti a diversi livelli. Questo passaggio è illuminante: «[...] passaggi da cui solo gli intenditori possono ricavare diletto; ma [...] scritti in modo tale che i meno eruditi non possano non esserne contenti, pur senza sapere perché...». Beethoven non si è preoccupato altrettanto di questo, soprattutto nella sua produzione tarda, e questo certo richiama a diverse esigenze etiche (e forse anche "di cassetta", per dir così). A lui (forse?) si deve l'inizio della spaccatura? La 111 non fu certo scritta per il pubblico e non fu certo scritta pensando a qualcuno che potesse esserne contento, pur senza sapere perché... Cionondimeno, i compositori dell'Ottocento (magari non tutti, ma alcuni di certo) hanno, detta brutalmente, tenuto i piedi in due scarpe, se consideriamo ad esempio la produzione di Chopin, di Liszt, di Schumann. Detto per inciso: la mia è tutto fuorché una critica, sia ben inteso! Il problema, a mio parere, è il secolo appena trascorso, perché ha decretato, almeno per una larga fetta di compositori, soprattutto nati entro la prima metà, la fine del «giusto mezzo». La fine del giusto mezzo, che adesso, detta con le parole di Mozart, suona quanto mai "detta bene", è un problema del quale si è dibattuto e si dibatterà ancora per un po' (almeno finché non termineranno l'attività i compositori "figli" e "nipoti" di una certa generazione di sperimentatori); ma trovarlo espresso così compiutamente nelle sue parole, ripeto, mi ha lasciato un po' così...

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Soggetti come Beethoven sono da trattare a parte, il fatto che per un fatto fisico (la perdita dell'udito) si sia trovato isolato dal mondo ha contribuito a seguire più quello he sentiva che quello che serviva.

 

Anche Schumann ha avuto i suoi problemi.

 

Chopin era un eccellente parac...lo

 

Su Liszt non saprei cosa dire, la sonata in si- (capolavoro, eh!) dubito che arrivi ai più, parlo dei profani...

 

... argomento interessante Carlos, molto itneressante!

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Premetto che il mio punto di vista sulla questione è quello di un compositore, non so se assimilabile al punto di vista di altre figure del panorama musicale (interprete, musicologo, pubblico, critico, etc.) a prescindere dalle competenze tecniche in ambito compositivo. Per capirci, musicalmente ho esigenze diverse rispetto a Carlos, anche se abbiamo condiviso buona parte del percorso di studi.

 

Proprio in merito a questo io non posso che evidenziare due elementi molto forti che si danno per scontati ma che esistono e ”condizionano” l’operato di un compositore:

- Le opere che vengono create vengono eseguite ad un pubblico; oggi può essere di solo profani, di soli addetti ai lavori, di soli intellettuali, misto, etc.

- Esiste una commissione, una promessa da onorare. Promessa che ha dei contenuti diversi da “quello che ho nella testa”. Un opera seria è una cosa, un opera buffa ne è un'altra. Insomma, genio o non genio, il lavoro è lavoro…anche per Mozart.

A tal proposito (lo scrivevo in un altro topic) in alcune lettere lo stesso descrive al padre la sua giornata tipo ebbene, non passava tutto il giorno a scrivere, come si può immaginare. Di giorno si annoiava a casa dei vari nobili a procacciarsi lavoro e scriveva in tarda nottata o in prima mattinata. Dico, molti professionisti di oggi si vantano di fare musica nelle “40 ore” lavorative e il resto, appunto perché professionisti, si possono sollazzare senza doversi, a differenza di chi ha un secondo lavoro, sbattere di notte, in periodi di ferie, etc.

Bene, Mozart era un professionista e genio, e faceva lo stesso per campare…

Premesso ciò, il compositore è abbastanza consapevole di ste cosucce e difficilmente scrive per se (certo, deve esserci la sua intima approvazione), al massimo plasma la sua musica al suo se, ma finalizzando il tutto all’esecuzione e al suo pubblico, o quello che si è scelto, o quello che si merita :)

 

Ora, in base al pubblico che posso avere, posso tagliare la mia opera; chiaro che il contesto storico classico non è quello moderno. Oggi come oggi posso spaziare in un infinità di possibilità che all’epoca neanche esistevano. Io oggi posso creare un opera concettuale perché ho un pubblico per quell’opera, ma posso scrivere musica di puro intrattenimento, posso scrivere musica per qualsiasi tipo di scopo.

 

Anche Mozart, in un contesto diverso, poteva fare lo stesso e sappiamo tutti che non sempre era approvato (vedi la messa in do-), probabilmente quando prevaleva il “faccio come dice la mia testa”.

 

Per me non è troppo una sorpresa, sono sicuro che ognuno a proprio modo ha scritto musica per il pubblico, sempre con quel chiodo fisso, diciamocelo, chi non cerca un minimo di riscontro del proprio lavoro? Io lo trovo molto umano, vediamo sta cosa come la parte umana di Mozart, nonostante potesse permettersi di scrivere tutto, il tutto aveva un occhio di attenzione verso chi doveva applaudirlo alla fine del concerto ;)

 

Io vorrei parallelamente aprire una parentesi, si era toccato questo argomento ai tempi dell’uscita del film “Il silenzio prima di Bach (film 2007)”, che poi non ho mai trovato e visto :(

 

Da qualche parte ricorreva la frase "Bach non è un genio che crea ex nihilo per pura ispirazione divina. è piuttosto un lavoratore inesauribile che vende la sua dedizione e il prodotto della sua intelligenza in cambio di (poco) denaro."

 

Condivisibile o meno, dopo alcuni passaggi , in quell’occasione (Carlos) hai espresso il tuo punto di vista anche su Mozart e la parte che mi colpì maggiormente fu (riporto):

 

“La "genialità" non si può affibbiare così facilmente. Il genio e l'opera di un genio presentano

caratteristiche difficili da inquadrare, ma proprio per questo non possiamo spendere il "genio"

ogni volta che siamo di fronte a un grande artista, sommo musicista o che lo si chiami come

si vuole. Altrimenti sarebbero tutti geni, Bach, Beethoven, Chopin, Brahms... tutti, a mio parere,

grandissimi musicisti, nessuno definibile genio.

Su un solo autore mi sento di poter spendere questa parola, ed è Mozart, perché unisce a

esiti straordinari - che lo accomunerebbero a tanti altri "colleghi" - un aspetto che altri non

hanno che è l'impossibilità di venir a capo di tutto quello che fa.

Resta sempre qualche particolare che sfugge e con questo non voglio dire che gli altri autori

siano delle schiappe, per carità! Io adoro Beethoven, che è forse il compositore col quale

vado più d'accordo, insieme a Brahms e in tutti i casi sono autori che richiedono uno studio

severissimo e una dedizione totale; ma se con loro si riesce a volte ad avere l'illusione di

aver fatto qualcosa di buono, con Mozart l'impressione è comunque di aver sbagliato strada,

o di non essere arrivati in fondo, comunque meno in fondo che con gli altri. Perché c'è sempre

qualcosa che sfugge, ma se con altri autori si riesce a circoscrivere ciò che sfugge e si può

provare a lavorarci su, quando si ha a che fare con Mozart si ha l'impressione che sfugga qualcosa

di "immanente", non so se mi spiego...

Tornando a Bach, la sua musica è sublime, e problematica, e sconvolgente, e affascinante,

e sempre attuale. Ma non è l'opera di un genio. è l'opera di un musicista impressionante, e

comunque non è poco.”

 

Vorrei che tu rincastrassi il discorso dopo questa tua ultima scoperta, per i musicisti che hai citato me restano tutti dei geni. Genialità che hanno messo al servizio di qualcosa, e come tutti (Mozart compreso) anche del pubblico.

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«La "genialità" non si può affibbiare così facilmente [...]»

 

Vorrei che tu rincastrassi il discorso dopo questa tua ultima scoperta, per i musicisti che hai citato me restano tutti dei geni. Genialità che hanno messo al servizio di qualcosa, e come tutti (Mozart compreso) anche del pubblico.

 

Le tue considerazioni sull'attività del compositore sono sacrosante. Le condivido tutte, anche se, ribadisco, vedere espresso quel concetto, soprattutto da Mozart, mi ha fatto un certo effetto, nonostante la bibliografia a lui dedicata punti spesso il dito sul fatto che, lui più di altri, doveva fare i conti con una committenza e con il problema dell'«essere gradito» (le numerose Contraddanze scritte una dietro l'altra - e i suoi commenti in proposito, all'insegna del «guarda un po' tu cosa mi tocca fare!» - ne sono la conferma). Cionondimeno confermo ogni singola parola del mio post che tu hai voluto così gentilmente citare. Lo ritengo un onore, si citano le parole di tre tipi di persone: coloro che dicono assurdità inaudite, coloro che dicono cose interessanti, i morti... :P e siccome non sono morto, spero che il motivo fosse il secondo e non il primo! :D Vuoi che «rincari la dose»? Non so, ma ti dirò che, nonostante la genialità non fosse in partenza l'argomento cui pensavo aprendo questo topic, mi ci hai fatto riflettere. Continuo a ritenere difficilissimo definire il «genio» (e ci sarebbero tanti risvolti filosofici da considerare, cosa della quale non sono assolutamente in grado, per mancanza di strumenti). Diciamo che, considerando soprattutto la faccenda alla luce degli aspetti che tu sottolinei, ovvero la necessità di mediare le proprie aspirazioni con una saggia dose di attenzione verso il fruitore ultimo di tali aspirazioni, trovo che nella produzione di Mozart sia meno evidente il distacco tra le opere dichiaratamente pensate per un pubblico non erudito (per dirla con lui) e quelle pensate per gli intenditori. Ovvero: a me personalmente non vien mai fatto di pensare «eh va bene: questo è chiaro che l'ha scritto per fare il piacione» o, se proprio proprio vogliamo, anche quando lo penso, il pensiero immediatamente successivo è «però, che piacione di lusso!». :) Riesco a spiegarmi? Forse no, anche perché nemmeno io sono del tutto sicuro di quello che dico (e, dopo questa, fate di me polpette!). Discorso aperto, per me in primo luogo.

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Visto che non mi ritengo una persona erudita per quel che concerne la composizione sposterei dunque la mia attenzione sul considerare il genio più che da un punto di vista musicale da un punto di vista filosofico. Effettivamente le affermazioni nella lettera di Mozart, mostrano un Mozart diverso da quello disegnato dagli storici della musica tuttavia credo sia solamente un impressione iniziale. La sua musica era senz'altro lo specchio della sua personalità. Possiamo presupporre che, come un bambino che nasce da padre italiano e mamma inglese, molto probabilmente riuscirà ad imparare molto bene due linguaggi, allo stesso modo, Mozart ha imparato ad utilizzare il linguaggio musicale fin da bambino e non è difficile supporre dunque che le sue opere rappresentino la verità sulla società, ciò che avrebbe voluto dire a parole senza poterlo fare, visti i particolari usi del tempo e la società in cui viveva nella quale non c'era davvero la democrazia...

 

Anche nelle sue opere è abbastanza chiaro vedere come Mozart cambi molto spesso sfera emozionale, come passi dallo scherzo e dalla beffa, ad una lucidissima serietà. Questi cambiamenti ci sono in gran parte delle sue opere, nei concerti per pianoforte e orchestra come in tutta la sua produzione di sonate per pianoforte.

 

Facendo un parallelo con la sua vita sociale, come già scritto, spesso era costretto a frequentare case di nobili per lavoro e se la vita sociale gli imponeva i canoni del bon ton, del sapersi comportare, spesso utilizzava la musica per beffarsi di questa società. Mi trovo molto d'accordo sia con Carlos che con Frank quando sostengono che genio o non aveva comunque a che fare con un committente che avrebbe dovuto pagare un lavoro il quale avrebbe dovuto essere soddisfacente.

 

C'è una cosa che, secondo il mio punto di vista, è tutt'altro che scontata e che forse lo identifica come genio al top della piramide: il fatto che Mozart non debba rinunciare a nessuna idea musicale per far sì che la sua musica piaccia al committente. La sua musica fluisce sempre in modo limpido e naturale come se tutto fosse già scritto per essere perfetto, e, se vogliamo osservare le cose dal punto di vista della critica, come se la sua musica non fosse scritta per un committente ma per se stesso.

 

Questo non lo ritroviamo in Bach che ad esempio scriveva musica solo ed esclusivamente per celebrare la magnificenza di Dio e quindi andava molto a braccio con quelle che erano le sue richieste lavorative da parte del ceto ecclesiastico appunto... Con questo non voglio dire che Bach non sia un genio, non voglio scatenare un putiferio ;) Diciamo che stiamo cercando un testa a testa tra geni indiscussi...

 

Filosoficamente parlando il Genio dovrebbe dunque essere colui che produce qualcosa di grande importanza ( artistica in questo caso) senza dover rinunciare a nulla nonostante ci siano dei limiti entro i quali tenersi.

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Questo non lo ritroviamo in Bach che ad esempio scriveva musica solo ed esclusivamente per celebrare la magnificenza di Dio e quindi andava molto a braccio con quelle che erano le sue richieste lavorative da parte del ceto ecclesiastico appunto... Con questo non voglio dire che Bach non sia un genio, non voglio scatenare un putiferio ;) Diciamo che stiamo cercando un testa a testa tra geni indiscussi...

 

 

Cito questa parte per due ragioni: criticare un'imprecisione e prendere spunto per un discorso più grande sul "genio", la composizione, la vita etc.

 

1) imprecisione... ci scordiamo spesso che una parte considerevolissima delle composizioni di Bach NON è sacra. I pianisti dovrebbero saperlo, considerato che tutt'ora le composizioni più suonate e conosciute di Bach sono composizioni DIDATTICHE, per tastiera, che sono in tutto e per tutto profane. La grandissima mole di cantate e musica "sacra", che, andrebbe sempre ricordato, è molto meno sacra di quello che si pensa, visto che parliamo in gran parte di musica di ambiente luterano (una qualsiasi messa di Vivaldi è, in teoria, più sacra, perchè musica la liturgia, non le riflessioni sulla liturgia), ha avuto meno successo dei pezzi italiani e francesi. I concerti brandeburghesi, per esempio, o le suites per violoncello e per tastiera, che sono, effettivamente, le cose più conosciute dal grande pubblico. Io sono strenuamente convinto che l'aura di sacralità di cui avvolgiamo le composizioni bachiane sia dovuta in massima parte allo stile "antico" in sè... dovremmo ricordarci che, escludendo preludi e fughe, praticamente TUTTE le forme usate da Bach sono danze :) e pure i preludi dovrebbero essere rapsodici, veloci e quasi improvvisati...

 

2) dopo aver riletto per la quindicesima volta "Harry Potter e i doni della morte", che è il mio comfort book per eccellenza, ho deciso di infliggermi una lenta tortura prendendo i tomi dell'Enciclopedia della Musica curata da J.J. Nattiez e leggendoli... è un'enciclopedia tematica e serba grandi sorprese. Proprio ieri, ho letto il capitolo scritto d John Butt "Bach e Haendel: differenze entro una comune cultura dell'invenzione musicale". Il saggio è interessantissimo e cerca di vagliare soprattutto la FORMAZIONE dei due compositori, cercando di comprendere in questo modo il loro approccio alla composizione in relazione al panorama sei-settecentesco. Ci sono varie cose interessantissime (tra cui una discussione magnifica sui "loci communes" di cui non sapevo nulla), ma una cosa fa riflettere: Haendel ebbe la migliore educazione musicale possibile, Bach no; ovvero, Haendel ha iniziato a studiare e scrivere musica studiando CONTRAPPUNTO... Bach no! Riassumendo, Haendel studiò il contrappunto severo con un maestro di composizione, Bach, invece, si trovò prima a imparare la pratica della tastiera, che nella teoria significava basso numerato, quindi una visione proto-armonica della dimensione musicale, e solo dopo approcciò in modo teorico il contrappunto severo. Le differenze fatte da Butt sono a volte capziose, quando parla di contrappunto severo, infatti, si riferisce a quell'astrazione tipica di alcuni trattati, tipo Fux, non alla composizione contrappuntistica "generica". Quindi, non vuole dire che Bach era ignorante e Haendel no, semplicemente vuole riformulare l'idea per cui Bach fosse il difensore dell'antico e Haendel il progressista.

Ma queste riflessioni sono utili a comprendere come anche personalità musicali così profonde come quella bachiana abbiano avuto un rapporto costante con la pratica. Questa pratica, in pratica (...), era costituita dall'assiduo studio delle composizioni ALTRUI, dalla loro rielaborazione, dal rapporto costante con la contemporaneità. Che, riguardo Bach, significava Couperin, Vivaldi, Kuhnau, Telemann, tutti compositori di successo. Si parla spesso dello scarso successo di pubblico di Bach ai tempi, ma ricordiamoci che Bach apprezzava i musicisti di successo ... e ne prendeva in prestito le composizioni. Nella famosa corte di Koethen, Bach era un compositore "alla moda", anche perchè, nell'ottica di Butt, il suo metodo didattico era basato sulla trascrizione di composizioni altrui, non sull'invenzione contrappuntistica nuda e cruda.

 

Come si ricollega tutto ciò alla discussione? Con la semplice idea che i processi compositivi non sempre sono uguali ai processi "fruizionali". Le qualità che attribuiamo a Mozart e Bach sono, spesso, qualità sensate nel nostro tempo, ma non sempre nel loro. Bach è complesso ma non più complesso di Gesualdo; ma, per varie ragioni che solo la storia della fruizione potrebbe spiegarci, noi crediamo che la complessità di Bach abbia qualcosa di più elevato di quella dei madrigalisti, o dei fiamminghi 250 anni prima. Questo, inspiegabilmente, ha influenzato anche l'ascolto delle cose semplici di Bach!

Allo stesso modo, un giorno abbiamo deciso che Mozart era semplice e piacevole; poi, man mano, ci siamo dovuti rassegnare all'esistenza del Requiem, della serie dodecafonica nel Don Giovanni, alle mille forme arcaiche sparse qui e là, e abbiamo aggiustato il tiro dicendo che Mozart era un genio, che per incredibili e invagliabili qualità rendeva semplici cose altrimenti complicate. Ma basterebbe guardare indietro e tornare a Monteverdi per trovare qualcuno che faceva lo stesso, e con dichiarata consapevolezza, per arrivare alla conclusione di questa discussione: Mozart aveva gusto ed era bravo. Come Liszt, come Busoni, come Domenico Scarlatti, ha avuto la "fortuna" di sviluppare un rapporto profondissimo e precoce con uno strumento e una tecnica esecutiva ed in questo modo, probabilmente, ha sviluppato quella serie di caratteristiche che noi definiamo "musicalità". Questo non smorza nulla del fenomeno Mozart, anzi, rende più utile la discussione, secondo me. La musicalità è un insieme di caratteristiche di cui sappiamo ancora poco, difficili da sviluppare, pressocchè impossibili da insegnare ma che, ovviamente, diventano fondamentali nei percorsi professionali di un musicista o di un compositore.

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Cito questa parte per due ragioni: criticare un'imprecisione e prendere spunto per un discorso più grande sul "genio", la composizione, la vita etc.

 

1) imprecisione... ci scordiamo spesso che una parte considerevolissima delle composizioni di Bach NON è sacra. I pianisti dovrebbero saperlo, considerato che tutt'ora le composizioni più suonate e conosciute di Bach sono composizioni DIDATTICHE, per tastiera, che sono in tutto e per tutto profane. La grandissima mole di cantate e musica "sacra", che, andrebbe sempre ricordato, è molto meno sacra di quello che si pensa, visto che parliamo in gran parte di musica di ambiente luterano (una qualsiasi messa di Vivaldi è, in teoria, più sacra, perchè musica la liturgia, non le riflessioni sulla liturgia), ha avuto meno successo dei pezzi italiani e francesi. I concerti brandeburghesi, per esempio, o le suites per violoncello e per tastiera, che sono, effettivamente, le cose più conosciute dal grande pubblico. Io sono strenuamente convinto che l'aura di sacralità di cui avvolgiamo le composizioni bachiane sia dovuta in massima parte allo stile "antico" in sè... dovremmo ricordarci che, escludendo preludi e fughe, praticamente TUTTE le forme usate da Bach sono danze :) e pure i preludi dovrebbero essere rapsodici, veloci e quasi improvvisati...

 

Non ho affatto detto che l'operato di Bach è destinato interamente alla chiesa. Tutt'altro... Ho detto, usando altri termini, che la musica di Bach è essenza viva o pura potenza. In termini di fede la vitalità e la potenza possiamo considerarle provenienti da Dio e questo è parte costituente della spiritualità Bachiana, ecco perché dicevo che questo contesto ben si adatta con la società ecclesiastica (non ho affatto detto che Bach ha solo composto per la chiesa). Penso che parlando di musica di Bach in quanto concetto assoluto e vitale, non sia possibile applicare una distinzione tra Sacro e Profano ma credo che dipenda più da come si presenta l'opera in quel determinato momento.

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Per Thallo.

 

A me risulta che la cantata, rispetto a quelle di Bach, si era già sviluppata nel 1600 nei paesi luterani e si collocava fra i due tipi di composizioni sacre:

  • Geistliches Konzert per una o poche voci
  • il Mottetto concertato per coro.

All’interno di queste composizioni si inseriscono melodie di corali dando forma alla Choralkantate. Le frasi del corale venivano presentate dal cantus firmus affidate ad una parte vocale o al basso. Queste melodie venivano elaborate contrappuntisticamente. Le cantate-corali erano articolate in più sezioni e, in genere, raccordate fra di loro con la melodia del corale.

Segnalo la raccolta in 4 volumi “Nuovi concerti sacri” per 2, 6 voci e basso continuo di Samuel Scheidt (1587-1654) organista e Kappelmeister alla corte di Halle. I testi in tedesco e alcuni in latino tratti dalla Bibbia, i Vangeli e i Salmi. Dopo il 1650 vengono introdotti testi poetici sempre più importanti per le cantate e la struttura viene articolata in brani per coro, per una o più voci solistiche e per strumenti (vedi le cantate di Dietrich Buxtheude, 1637-1707).

Nel 1700 la cantata luterana subisce l’influsso dell’opera seria e della cantata da camera italiana con l’introduzione del recitativo e dell’aria col da capo. Con l’inserimento del recitativo/arioso/aria ai brani per coro si sente l’esigenza di utilizzare testi nuovi con una nuova versificazione, a questi testi provvedono Pastori luterani interessati a fornire una interpretazione individualizzata e personalizzata dei fatti biblici. Ai testi evangelici vengono affiancati testi di carattere meditativo/sentimentale basati su riflessioni relative alle letture del giorno. Questo fenomeno è favorito dal movimento denominato “pietismo” che aveva lo scopo di superare il dogmatismo della Chiesa luterana e di rendere il messaggio evangelico più vicino ai fedeli e ai loro sentimenti interiori.

I pietisti sviluppano l’elemento emotivo e mistico. A questa nuova concezione, la cantata italiana e il Melodramma offrono un modello straordinario. I primi nuovi testi vengono proposti dal pastore/teologo Erdmann Neumeister (1671-1756) il quale, dietro suggerimento del musicista di corte W. J. P. Krieger (1649-1725), trasferisce le strutture poetiche dell’opera e della cantata da camera italiana alla cantata sacra evangelica con l’uso del recitativo dell’aria che devono esprimere un “affetto” meditativo. Nella raccolta di testi di cantate Neumeister si riferisce esplicitamente al modello italiano e utilizza il termine cantata. A questa raccolta ne seguono altre 9 fino al 1752 e questi testi verranno musicati da Kruger e Telemann.

 

Premesso questo :)

 

Le prime cantate di Bach, fino al 1712, si richiamano stilisticamente a quelle di Buxtheude senza recitativi e arie col da capo ma, a partire dal 1714, inizia a musicare i testi “riformati” di Neumeister e di altri autori. Bach per le sue cantate utilizza diverse combinazioni testuali (passi biblici, corali, libere invenzioni poetiche) con una diversa distribuzione dei pezzi solistici e corali nelle cantate e, di regola, la composizione termina con un corale. Molte cantate presentano un’affinità con la tradizione della ChoralKantate nel brano iniziale che consiste in un grandioso coro sviluppato con ritornelli strumentali concertati. Il cantus firmus del corale viene affidato al soprano e le altre voci si sviluppano contrappuntisticamente. Il testo del brano iniziale è desunto dalla Bibbia; la tecnica compositiva utilizza lo stile imitativo del mottetto (fughe per coro e parti strumentali trattate polifonicamente).

Bach scrive n. 5 Passioni, ma solo la Passione secondo Giovanni (1724) e secondo Matteo (1727) ci sono pervenute in forma completa e sono concepiti come forma della Passione/Oratorio elaborato su testo poetico legato al tema della Passione di Cristo.

 

Detto ciò, sono d'accordo sul discorso Monteverdi, Gesualdo, etc.

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Frank, tu ne sai di certo più di me dell'argomento. Ma ho letto il tuo intervento come se fosse un'integrazione. Volevi smentire o precisare alcune delle cose che ho detto?

Comunque, le precisazioni sul pietismo sono fondamentali, secondo me, per capire cosa volevo dire sulla differenza tra fruizione e composizione. L'idea che una cantata sacra fosse una riflessione dei fedeli sul messaggio biblico era innovativa (nei limiti della cronologia data da Frank), allo stesso modo in cui era innovativa la sacralità devozionale degli oratori italiani, in modo embrionale con i primi ed in modo teatrale con le messe, i requiem, e gli stabat mater che seguiranno. La sacralità tra '600 e '700 cambia progressivamente. Se la riforma luterana e la controriforma tridentina avevano portato inizialmente ad una depurazione della liturgia, quello che era uscito fuori dalla porta rientra dalla finestra, ovvero dalla devozione (che, se vogliamo essere schematici, è diversa dalla liturgia). Ora, se vogliamo capire cosa significa "sacro" nell'epoca di Bach, dovremmo anche capire questo. Non parliamo dei numeri della Cappella Sistina che canta Palestrina, non parliamo dei cori battenti di San Marco, di cattedrali e teologi. Ma perfino gli oratori di Haendel, probabilmente, venivano cantati e suonati con maggiore sfarzo. Stiamo attenti a non infilare nella musica di Bach il NOSTRO concetto di sacro, che è, come diceva Hegel, la notte in cui tutte le vacche sono nere, ovvero un calderone in cui siamo abituati a buttar dentro tutto... Una messa di Vivaldi, una cantata di Bach e un Grand Motet di De Lalande sono tutti e tre sacri ma hanno differenze sconcertanti tra di loro.

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Frank, tu ne sai di certo più di me dell'argomento. Ma ho letto il tuo intervento come se fosse un'integrazione. Volevi smentire o precisare alcune delle cose che ho detto?

... diciamo integrare e precisare? :)

 

le precisazioni sul pietismo sono fondamentali, secondo me, per capire cosa volevo dire sulla differenza tra fruizione e composizione.

Dal mio punto di vista sentivo la mancanza proprio di questa fondamentale premessa e un filo di cronologia. Comunque siamo un po' OT, non vorrei che Carlos ci faccia correre :D

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