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Piano Concerto - Forum pianoforte

L'arte di suonare il pianoforte (domandona!)


arcatoto
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Buongiorno

ho dei quesiti riguardo il percorso tecnico che penso ogni pianista debba prima o poi affrontare.

Io pratico jazz da diversi anni Senza esser passato dalla letteratura classica pianistica (tranne qualcosa di bach ed affini).

Sono consapevole del fatto che in questo modo la mia conoscenza tecnica è e sará sempre limitata (o peggio ancora alla lunga rischio ingiurie) rispetto anche ai grandi jazzisti contemporanei, il 90% dei quali arrivano tutti dal percorso classico completo; hanno approfondito quindi tutte le sfumature che il piano e il corpo permettono per poi dedicarsi completamente al linguaggio jazzistico.

 

Dato che non sono piu un ragazzino, non me la sento di abbandonare tutto per dedicare anima e corpo ed anni ad un percorso puramente classico, ma vorrei lavorare sugli aspetti cardine della tecnica, sull'ottimizzazioni dei movimenti, sulla consapevolezza dei gesti... Perché adesso, anche se raggiungo determinate velocitá, riesco ad eseguire salti di ottava ecc con relativa rilassatezza, non ho a pieno la consapevolezza tecnica; infatti poi si arriva un punto di blocco che non puoi superare senza i dovuti dettagli.

 

Sulla rete Due personaggi hanno attratto grande attenzione, i quali sembrano venire dalla stessa "scuola", che è quella che vorrei approfondire io.

I nomi in causa sono: Alan Fraser & Edna Golandsky (ce ne sono altri ma questi 2 sia per concetti che spiegazioni mi han colpito maggiormente)

 

Cosa ne pensate a riguardo? dicono cose che possono sembrare scontate ma vi assicuro che è difficile trovare insegnanti che approfondiscono determinati argomenti in questo modo.

 

Molti insegnanti diventano virtuosi ma in fase di insegnamento non sanno spiegare a fondo i "segreti" che ci son dietro ad ogni singolo movimento (forse perche a loro volta hanno trovato un insegnante simile, che secondo me sono piu diffusi rispetto ad quelli a cui mi riferisco).

Detto in altre parole, tutti i diplomati in cons hanno pressoché affrontato la stessa letteratura e tecnica strumentale, ma non tutti allo stesso modo e non tutti son voluti andare "in fondo alla tana del bian coniglio" (correggetemi se sbaglio)

 

Per i pochi che sono arrivati in fondo al post volevo chiedere quindi se questo approccio alla tecnica appartiene ad una particolare "scuola" e se in italia ci sono dei docenti di riferimento ad essa legata (dato che i concetti non si possono imparare a pieno da youtube)

 

Grazie mille e perdonate questa mia crisi mistica :)

e spero che questo post possa aiutare anche altre persone e ragazzi che prima o poi devono affrontare lo stesso problema.

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La scelta di un Maestro, di un Mentor, è strettamente personale. Se da questi insegnanti ti arrivano delle sensazioni positive, prova a lavorare con loro. Riguardo al percorso Classico, non posso essere che d'accordo su quello che dici. La formazione classica arricchisce qualsiasi musicista. Per un Jazzista può essere preziosa, anche se non indispensabile. Poi abbiamo grandi esempi estremi come Jaques Loussier o Keith Jarrett.. o il grande Federich Gulda che hanno avuto addirittura "vite musicali parallele".

Il fatto che metti a fuoco: i concetti non si possono imparare su Youtube..lo condivido. Io credo, a mio avviso, che il "visivo" sia addirittura nocivo. Ciò che vediamo quasi mai corrisponde a quello che dobbiamo fare. La Musica deve essere ascoltata con più attenzione.Solo un bravo Maestro che affianca l'allievo costantemente può suggerire ciò che va bene per lui, al di là, si capisce, dei concetti base che possono essere uguali o simili per molti o per tutti. 

Poi...naturalmente...il talento...non è cosa da poco! ( ci sarebbe da dibattere molto di più sull'argomento...)

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Intanto grazie per la risposta e condivido quello che hai detto, però per entrare un po piu nel dettaglio io mi riferisco ad un approccio alla tecnica in stile Dorothy Taubman (che a sua volta sembra venire da Ortmann); e se lo ritenete utile si può aprire un dibattito sull'argomento per sentire anche il parere di vari studenti e professionisti.

"È vero che non esiste solo una "via" tecnica e per raggiungere un risultato" ed ognuno trova il suo modo e la sua strada":
Si son d'accordo anche se per me non è totalmente vero. Mi spiego meglio.

Siamo tutti umani e quindi abbiamo tutti la stessa anatomia, questo comporta che i movimenti naturali e ottimali (da fare con o senza uno strumento), per il 95% delle persone sono uguali, e da qui non si scappa.
Quindi dal mio modestissimo punto di vista il fatto che venga insegnata (e peggio ancora esasperata) l'articolazione, le dita alte, la torsione laterale del polso (e non rotazione), la mano larga, i movimenti delle dita che non suonano e tutti i difetti/cattive abitudini che anche grandi professionisti hanno, credo che portano prima o poi a dei problemi tecnici, di affaticamento e peggio ancora fisici.

La cosa che più non mi piace (specialmente nel mondo jazzistico) che molti grandi professionisti e didatti italiani che conosco, non dedicano tempo a sufficienza all'insegnamento della vera tecnica pianistica che secondo me è la base, il che non vuol dire come suonare o improvvisare a 300 bpm, ma invece quali sono i movimenti corretti e ottimali che il corpo (e non la mano) può o non può fare sullo strumento.....  anche se tutto è possibile ma, come dicevo prima, anatomicamente la via corretta penso che sia una sola e una sola che poi ognuno può leggermente riadattare al proprio corpo.

Per l'insegnate (mi riferisco ai metodi standard) basta che non fai eclatanti errori tecnici, che usi peso del braccio, e che il brano suoni bene, che vuol dire che tu non hai problemi tecnici, se non riesci ad eseguire determinati trilli o passaggi vuol dire che ancora non hai sufficientemente allenato l'articolazione, quando invece di articolazione ormai non dovrebbe esserci più traccia, visto che non è un movimenti naturale del corpo specialmente ad alte velocita di lunga durata.

Concludo questa nota (anche un po polemica dovuta alle mie esperienze musicali) dicendo che secondo me, l'approccio di Taubman è quello che attualmente si avvicina il più possibile a usare il pianoforte in maniera più anatomica (quindi naturale) possibile... Ma chiedo anche il vostro esperto parere e opinione anche sulla didattica (soprattutto italiana)...... perche se quello che ho detto è in parte vero, perche molto insegnanti di un certo calibro non rompono le "balle" all'allievo nel suonare lo strumento nella maniera giusta curando i dettagli? Penso che questa riflessione dovrebbe farsi su ogni linguaggio musicale che si approccia, classica, jazz, ,latin, ecc perche lo strumento è sempre lo stesso: corpo e pianoforte.

Grazie e perdonate la mia non capacità riassuntiva :) (sotto un piccolo esempio)
https://m.youtube.com/watch?v=47w_6IKHA1M

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Caro Arcatoio, Il discorso sarebbe lungo e il percorso è lungo. L'approccio più naturale possibile è quello giusto! ..Ognuno però apre il proprio negozio. Capisci a me. Io nella mia vita, quando ero più giovane pensavo che le cose si dovessero insegnare come dicevo io...proprio perché, come dici tu, ero convinto ...che siamo ...quasi..tutti uguali. Ho dovuto cambiare idea e addirittura ho dovuto guadagnarmi la "pazienza" di correggere soltanto quello che non va bene!. Se tu dici all'allievo ciò che non va bene e solo quello, riesci a lasciare la parte di lui che appartiene alla sua personalità musicale....anche se non corrisponda necessariamente alla tua. Ognuno suonerà secondo la propria personalità, naturalmente entro certi canoni di comportamento. Quelli che io chiamo i "gesti fondamentali di base" sono appunto i gesti principale che si compiono e dei quali ci si serve per realizzare la tecnica, che altro non è che "il modo di fare". Amplieremo il discorso; anzi lascio il dibattito aperto.

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Intanto grazie per la risposta e condivido quello che hai detto, però per entrare un po piu nel dettaglio io mi riferisco ad un approccio alla tecnica in stile Dorothy Taubman (che a sua volta sembra venire da Ortmann); e se lo ritenete utile si può aprire un dibattito sull'argomento per sentire anche il parere di vari studenti e professionisti.

"È vero che non esiste solo una "via" tecnica e per raggiungere un risultato" ed ognuno trova il suo modo e la sua strada":

Si son d'accordo anche se per me non è totalmente vero. Mi spiego meglio.

 

Siamo tutti umani e quindi abbiamo tutti la stessa anatomia, questo comporta che i movimenti naturali e ottimali (da fare con o senza uno strumento), per il 95% delle persone sono uguali, e da qui non si scappa.

Quindi dal mio modestissimo punto di vista il fatto che venga insegnata (e peggio ancora esasperata) l'articolazione, le dita alte, la torsione laterale del polso (e non rotazione), la mano larga, i movimenti delle dita che non suonano e tutti i difetti/cattive abitudini che anche grandi professionisti hanno, credo che portano prima o poi a dei problemi tecnici, di affaticamento e peggio ancora fisici.

 

La cosa che più non mi piace (specialmente nel mondo jazzistico) che molti grandi professionisti e didatti italiani che conosco, non dedicano tempo a sufficienza all'insegnamento della vera tecnica pianistica che secondo me è la base, il che non vuol dire come suonare o improvvisare a 300 bpm, ma invece quali sono i movimenti corretti e ottimali che il corpo (e non la mano) può o non può fare sullo strumento.....  anche se tutto è possibile ma, come dicevo prima, anatomicamente la via corretta penso che sia una sola e una sola che poi ognuno può leggermente riadattare al proprio corpo.

 

Per l'insegnate (mi riferisco ai metodi standard) basta che non fai eclatanti errori tecnici, che usi peso del braccio, e che il brano suoni bene, che vuol dire che tu non hai problemi tecnici, se non riesci ad eseguire determinati trilli o passaggi vuol dire che ancora non hai sufficientemente allenato l'articolazione, quando invece di articolazione ormai non dovrebbe esserci più traccia, visto che non è un movimenti naturale del corpo specialmente ad alte velocita di lunga durata.

 

Concludo questa nota (anche un po polemica dovuta alle mie esperienze musicali) dicendo che secondo me, l'approccio di Taubman è quello che attualmente si avvicina il più possibile a usare il pianoforte in maniera più anatomica (quindi naturale) possibile... Ma chiedo anche il vostro esperto parere e opinione anche sulla didattica (soprattutto italiana)...... perche se quello che ho detto è in parte vero, perche molto insegnanti di un certo calibro non rompono le "balle" all'allievo nel suonare lo strumento nella maniera giusta curando i dettagli? Penso che questa riflessione dovrebbe farsi su ogni linguaggio musicale che si approccia, classica, jazz, ,latin, ecc perche lo strumento è sempre lo stesso: corpo e pianoforte.

 

Grazie e perdonate la mia non capacità riassuntiva :) (sotto un piccolo esempio)

https://m.youtube.com/watch?v=47w_6IKHA1M

 

Ciao Arcatoto, essere umani ed avere tutti la stessa anatomia non è proprio corretto al 100%. Certamente tutti abbiamo gli stessi muscoli, le stesse articolazioni, lo stesso apparato osseo pertanto è chiaro che la mano di tutti è composta da 5 dita, però non possiamo guardare le cose in modo così macroscopico quando si parla di tecnica pianistica. Sarebbe come dire che siccome tutti abbiamo due gambe allora tutti noi potremmo andare a fare le olimpiadi. Ovviamente non è così. Ci sono innanzitutto delle "doti" genetiche. C'è chi ha una mano veloce per natura perché evidentemente la sua fibra bianca della muscolatura è più sviluppata, questo comporta che la reazione del muscolo sia più veloce rispetto a chi non è così geneticamente dotato. Chi ha una mano grande e chi una mano piccola. Chi ha maggior coordinazione e chi meno, chi ottima uguaglianza nelle mani, ecc... Insomma le sensazioni, nonostante l'anatomia, nel senso letterario del termine, cambiano di individuo in individuo. 

Come dice Paolo ci sono diverse scuole di tecnica pianistica che sono nate da pianisti più o meno affermati. Non esiste la scuola tecnica per eccellenza, esiste un mix tecnico delle varie scuole che si addice all'individuo. Ciò che va bene per qualcuno potrebbe non andar bene "anatomicamente parlando" per qualcun altro. Allora dove si trova il giusto punto di equilibrio ? Si trova quando il pianista riesce ad esprimere il giusto senso della frase musicale nel fuori tensione e dunque con la massima naturalezza, senza affaticarsi e senza inutili meccanicismi. Spesso il gesto pianistico scorretto lo si riscontra nel suono. Una frase musicale suonata nella tensione muscolare assume un suono aspro e pungente. 

Non mi stancherò mai di ricordare una celebre frase di Horowitz quando in un'intervista alla RAI gli venne chiesto qual'è la cosa più difficile da fare col pianoforte. Lui disse che la cosa più difficile è farlo "Cantare". Non posso che trovarmi d'accordo. Far cantare uno strumento che possiamo definire a percussione, come lo è il pianoforte, nasconde dentro di sé molti altri concetti. La parola "Cantare" in questo contesto implica il raggiungimento di una tecnica tale da non pensare più ai gesti tecnici ma al suono. Si assume quindi che tutti i gesti (o rudimenti tecnici) siano stati talmente tanto assimilati da risultare automatici nel contesto musicale e questo si riallaccia all'idea che più volte abbiamo cercato di premere in questo forum, ovvera che la tecnica è nella musica e non viceversa. 

 

Riguardo i metodi di insegnamento... Ci sono molte persone che non sanno guardare oltre il proprio naso e queste persone NON DOVREBBERO INSEGNARE perché creano all'allievo più danni che benefici. 

 

Buona musica. 

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  • 2 months later...

Breve commento a proposito di Alan Fraser... tempo fa ho acquistato Il suo libro "the craft of piano playing", trovandolo pieno di idee e osservazioni interessanti, comprese tecniche che non conoscevo, come il "tapping". Allora sono andato in rete a cercare sue esecuzioni, e con mia sorpresa ho trovato pochissime cose, che rivelano un interprete a mio parere assolutamente mediocre... persino incerto, ritmicamente traballante. Ora la domanda è... possibile che un pianista sappia trasmettere informazioni giuste, ricche di contenuti, agli studenti anche se lui non è un gran che come esecutore? O forse ci sono registrazioni di Fraser che dimostrano il suo valore?

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Breve commento a proposito di Alan Fraser... tempo fa ho acquistato Il suo libro "the craft of piano playing", trovandolo pieno di idee e osservazioni interessanti, comprese tecniche che non conoscevo, come il "tapping". Allora sono andato in rete a cercare sue esecuzioni, e con mia sorpresa ho trovato pochissime cose, che rivelano un interprete a mio parere assolutamente mediocre... persino incerto, ritmicamente traballante. Ora la domanda è... possibile che un pianista sappia trasmettere informazioni giuste, ricche di contenuti, agli studenti anche se lui non è un gran che come esecutore? O forse ci sono registrazioni di Fraser che dimostrano il suo valore?

 

Non è detto che il compositore sia il miglior esecutore di ciò che ha scritto, e con questa similitudine penso si possa dire che non è detto che chi ha le osservazioni migliori sia il migliore a metterle in pratica. C'è chi è bravo ad insegnare, chi a praticare e chi a fare ambo le cose :) Ora io non conosco questo pianista quindi mi mantengo generale nel discorso!

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