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Piano Concerto - Forum pianoforte

Fabio Vacchi


Feldman
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Sarebbe carino infilare nel discorso anche

 

Fabio Vacchi, Dai Calanchi di Sabbiuno (1995)

 

Praticamente è una semplice forma ternaria ABA', con una parte centrale appena più mossa contrappuntisticamente di quelle estreme, una linea appena accennata di canto che in forma continuamente variata nel timbro e nei registri attraversa tutta la partitura, un'armonia fissa articolata su cinque suoni cardine (anch'essi reiterati in forma propria e in forma trasposta), infine, l'incedere lento di un semplice ritmo binario, scandito dai rintocchi regolari e incessanti di una campana: entro questi parametri linguistici, solo apparentemente semplici e tenuti sul filo di una magistrale tensione emotiva, si tende l'arco formale di Dai calanchi di Sabbiuno, una commossa, angosciante trenodia o, se si preferisce, una sorta di marcia funebre laicamente partecipe.

 

Chiaramente c'è un riferimento storico, ma confermano quanto dice Feldman sull'autore :)

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Lo conosco poco, ho avuto la possibilità di sentire una sua Opera...purtroppo non amo la voce impostata, o meglio, oggi non so che senso ha usarla..e lui la usa. Cosa ne pensi a tal proposito?

 

personalmente, credo che scrivere un'opera oggi (con voce impostata intendo) sia inutile, dato che l'eredità di questo genere è stata ormai raccolta da decenni dalla musica per film. Quindi, non posso esprimermi ne sull'Opera di Vacchi, ne tantomeno su quelle di altri contemporanei come Solbiati, dato che reputo totalmente anacronistica la sola idea di riproporre un genere morto e sepolto come quello.

 

Se vogliamo opere, abbiamo una scelta imbarazzante, direi: Berg, Verdi, Puccini, Wagner, Rossini, Mozart, Haendel, Monteverdi. Non capisco perchè continuare a cimentarsi su qualcosa che ha fatto il suo corso.

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Se vogliamo opere, abbiamo una scelta imbarazzante, direi: Berg, Verdi, Puccini, Wagner, Rossini, Mozart, Haendel, Monteverdi. Non capisco perchè continuare a cimentarsi su qualcosa che ha fatto il suo corso.

 

Forse perchè quando una cosa è bella non è mai sazio, un po' come fare l'amore...perchè cimentarsi? Ormai nell'era digitale e della realtà virtuale ... si va di simulazioni e basta :)

 

Purtroppo questi sono i pensieri delle nuove leve, una cosa bella non è mai sepolta...per cui uno si può cimentare a creare altre opere, se ritiene che quel mondo sia bello. ok?

 

Diciamo che ci sono quelli scontenti e quelli contenti di sto fatto...chi avrà ragione?

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Forse perchè quando una cosa è bella non è mai sazio, un po' come fare l'amore...perchè cimentarsi? Ormai nell'era digitale e della realtà virtuale ... si va di simulazioni e basta :)

 

Purtroppo questi sono i pensieri delle nuove leve, una cosa bella non è mai sepolta...per cui uno si può cimentare a creare altre opere, se ritiene che quel mondo sia bello. ok?

 

Diciamo che ci sono quelli scontenti e quelli contenti di sto fatto...chi avrà ragione?

 

senza dubbio, se una cosa è bella riproporla è sicuramente giusto e non posso criticare assolutamente una libera scelta. Personalmente non apprezzo ne la riproposizione di generi anacronistici, se la figura del compositore di opere oggi è rappresentata dal compositore di musica per film, non vedo l'utilità di produzioni così dispendiose e francamente poco attinenti all'evoluzione storica della musica.

 

Di Vacchi apprezzo la musica strumentale, da camera e sinfonica.

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All'estero molti compositori, anche giovani, si fanno senz'altro meno remore di noi italiani a scrivere per il teatro. Forse perché avvertono meno di noi il peso della tradizione del melodramma. Un paio di esempi recenti: Aliados di Sebastian Rivas (che è un'opera vera e propria, con tanto di trama e di personaggi) e Happy deaf people di Jagoda Szmytka (che non è un'opera ma piuttosto un brano per ensemble, non impiega "cantanti lirici", e non necessita gli spazi teatrali classici... però a modo suo è teatro).

 

http://www.youtube.com/watch?v=xSIYhGchr4o

 

 

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Anche se collaterali a Fabio Vacchi, trovo interessante analizzare le considerazioni spese in termini di utilizzo della voce impostata.

 

Se io dovessi rispondere a questa domanda, direi: non mi interessa la voce impostata perchè non mi piace e in effetti non la uso nei brani che scrivo.

 

Ma veniamo agli interventi

 

reputo totalmente anacronistica la sola idea di riproporre un genere morto e sepolto come quello.

 

In realtà io ne faccio una questione di gusto, nel senso che se mi piacesse non avrei remore ad impiegarla. E non ci sarebbe nulla da biasimare...per cui a nessuno, neanche a Vacchi. E' morta solo una cosa che non può più avere veramente vita.

 

Ad un certo punto Red scrive

 

 

All'estero molti compositori, anche giovani, si fanno senz'altro meno remore di noi italiani a scrivere per il teatro. Forse perché avvertono meno di noi il peso della tradizione del melodramma.

 

In realtà la tradizione non è mai stato un peso e gente come Mozart ha scritto opere tipo il Jupiter perché ha avuto la possibilità anche di studiare il contrappunto bachiano, idem per Brahms con Beethoven per il sinfonismo, idem per Mahler con Brahms, etc.

Il punto è che la tradizione è un punto di forza e non di debolezza, per cui in che modo un potenziale può diventare un peso? Sarebbe da "sfruttare", per cui la questione mi sembra più psicologica che meramente musicale e a questo contribuiscono tanti fattori, non di meno quelli sociologici...e legati agli ambienti che frequentiamo.

 

Questo mi lascia relativamente perplesso

Se vogliamo opere, abbiamo una scelta imbarazzante, direi: Berg, Verdi, Puccini, Wagner, Rossini, Mozart, Haendel, Monteverdi. Non capisco perchè continuare a cimentarsi su qualcosa che ha fatto il suo corso.

Dopo aver letto mi sono chiesto parafrasando: non capisco perché continuiamo a scrivere nuovi brani se ce ne sono già altri. Riducendo il campo all'oggetto del contendere, anche la voce "non impostata" ha fatto il suo corso… in realtà anche il testo, la prosa, gli anagrammi, la parte più concreta di questo magnifico strumento...per cui se fosse così mi resterebbe solo la questione gusto...

 

Ma allora perchè tirare in ballo altri tipi di giustificazione che sembrano voler dare una connotazione diversa alla natura del problema?

 

Sicuramente è un limite mio, ma qual'è il problema?

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In effetti Frank per me è solo una tecnica, per cui allora non usiamo più l'arco, oppure i glissandi, oppure le corde...tanto tutto ha già fatto il suo corso e dopo Paganini chi ha voglia di sentire altro col violino. Certo, lo si può buttare dal primo piano, registrare le sonorità, elaborarle elettronicamente, etc.

 

Che dire, a me sta storia dell'anacronismo mi sta un po' scendendo di corda...voglio dire, se ragioniamo così chiudiamo bottega. Che vuol dire che una tecnica è anacronistica? Allora non usiamo più niente, tutto ha fatto il suo corso. Anche il suono, ma anche la frammentazione della musica a favore del silenzio (anche il viceversa), ma anche il silenzio...forse bisognerebbe riscoprire il piacere di avere un paio di orecchie e agire solo in nome di quelle.

 

Poi se a uno una cosa non piace, basta dirlo..che male c'è? C'è a chi non piace la musica di Mozart...figuriamoci chi se ne importa se a uno non piace la voce impostata :)

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Che vuol dire che una tecnica è anacronistica? Allora non usiamo più niente, tutto ha fatto il suo corso.

Questo mi sembra un luogo comune: in realtà c'è ancora margine, e ci sarà sempre. E non penso tanto a Sciarrino, che si inventa un mondo sonoro tutto suo (sul flauto, sul violino...), quanto piuttosto alla possibilità di prendere ciò che abbiamo finora, ciò che è di "comune dominio", e portarlo leggermente più avanti, ma scavando nel dettaglio, lavorando di precisione. Da questo punto di vista, un maestro è ad esempio Stefano Gervasoni. Le tecniche che impiega di solito non sono nemmeno così "estese", o comunque non è interessato alla "stranezza" di una tecnica, come se fosse un valore in sé: ma riesce comunque a dare il dettaglio che può gettare nuova luce sulla tecnica. Fosse anche "semplicemente" un particolare tipo di glissando... Un altro esempio, lontanissimo eppure per certi versi analogo, è György Kurtág.

Quindi sono convinto che rimanga sempre un margine: ma è molto difficile individuarlo.

 

...forse bisognerebbe riscoprire il piacere di avere un paio di orecchie e agire solo in nome di quelle.

Questo mi piace!

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L'Opera ha perso anche la sua funzionalità e le caratteristiche che aveva in origine. Non dimentichiamoci che oggi è un genere del passato che rivive nel presente grazie a pochi compositori e un modesto pubblico di nicchia, mentre i grandi melodrammi del passato erano popolari e avevano un gran seguito, quindi se l'opera da genere popolare che era si è trasformata in "Cinema" (e musicalmente parlando in musica per film; se dovessi trovare eredi di Verdi, Puccini o Wagner non avrei problemi a nominare John Williams, Bernard Herrmann, Max Steiner ed Ennio Morricone) non capisco il senso di questa sua "sorellastra" che sembra più che altro il vecchio melodramma tenuto forzatamente in vita in un letto di ospedale, con tutte le buone sperimentazioni di Sciarrino, Lohengrin o Quaderno di Strada.; spesso alcune forme espressive fanno il loro corso.

 

Poi è ovvio che il teatro non è morto e continua a vivere, ma credo ci sia una bella differenza tra "musiche di scena" e "Opera", sono due generi diversi dato che il primo è ancora storicamente vivo e vegeto e il secondo no (diciamo che vive ancora con le macchine...).

 

Per quanto riguarda la tradizione, penso che sia fondamentale tenerla stretta e partire da questa per costruire un presente. Non è un caso se le fondamenta (non tanto le origini) del Cinema hanno origine nel pensiero Wagneriano.

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L'Opera ha perso anche la sua funzionalità e le caratteristiche che aveva in origine. Non dimentichiamoci che oggi è un genere del passato che rivive nel presente grazie a pochi compositori e un modesto pubblico di nicchia, mentre i grandi melodrammi del passato erano popolari e avevano un gran seguito, quindi se l'opera da genere popolare che era si è trasformata in "Cinema" (e musicalmente parlando in musica per film; se dovessi trovare eredi di Verdi, Puccini o Wagner non avrei problemi a nominare John Williams, Bernard Herrmann, Max Steiner ed Ennio Morricone) non capisco il senso di questa sua "sorellastra" che sembra più che altro il vecchio melodramma tenuto forzatamente in vita in un letto di ospedale, con tutte le buone sperimentazioni di Sciarrino, Lohengrin o Quaderno di Strada.; spesso alcune forme espressive fanno il loro corso.

 

dire che non sono d'accordo è dire poco. E la tua argomentazione è debolissima. Ci sono decine e decine di opere che non sono mai state popolari. E la "funzionalità e le caratteristiche in origine" l'opera le ha perse, più o meno, 30 anni dopo essere nata. E poi ancora una quarantina dopo. E poi ancora una cinquantina dopo. E così via, fino ad oggi. Pensare che "L'OPERA" sia una cosa unica, statica, sempre uguale nella sua storia è semplicemente sbagliato, si basa su dati storici falsi. Credere che l'opera sia morta è un'opinione, che non condivido, affermare che l'opera abbia perso la sua funzione è un'opinione povera e difficilmente argomentabile.

Sul pubblico di nicchia dell'opera, anche qui, non credo che le cose stiano così. A prescindere dal fatto che ormai ogni pubblico è di nicchia, e che nessuno (spero) si sognerebbe di denigrare il canto bizantino antico solo perché ha un pubblico di nicchia. Vi ricordo che nel mondo ci sono un bel po' di teatri stabili d'opera che mettono in scena ogni anno nuove commissioni operistiche, e repertorio contemporaneo più o meno recente. Se il nostro discorso diventa un po' più serio, poi, e prende in esame, non so, le opere contemporanee scritte negli ultimi 30 anni, si è creato un vero e proprio repertorio, apprezzato e conosciuto nel mondo.

 

Poi è ovvio che il teatro non è morto e continua a vivere, ma credo ci sia una bella differenza tra "musiche di scena" e "Opera", sono due generi diversi dato che il primo è ancora storicamente vivo e vegeto e il secondo no (diciamo che vive ancora con le macchine...).

 

:-) su, definisci la differenza :-) facciamo una bella discussione su quanto fondamentale sia la differenza tra un sestetto e un settimino, su quanto il quartetto sia un genere vivo e vegeto e il trio no :-)

 

Per quanto riguarda la tradizione, penso che sia fondamentale tenerla stretta e partire da questa per costruire un presente. Non è un caso se le fondamenta (non tanto le origini) del Cinema hanno origine nel pensiero Wagneriano.

 

questa me la devi spiegare davvero

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Allora, premetto che si sta parlando di Vacchi, non di Opera (meglio non uscire fuori dal Topic). Comunque rispondo alla tua "confutatio":

 

 

1) la mia argomentazione è tutt'altro che debole, caro Thallo. Hai ragione quando dici che non tutte le opere erano popolari, ma ho ragione quando dico che l'opera era un genere popolare (quelle di cui parli sono pure eccezioni, e lo sai quanto me).

Io mi baso sull'evoluzione dei generi, e l'opera ha avuto la sua evoluzione nella musica per film e nel Cinema, se poi sei poco informato su questo ti invito a dedicarti a quel ramo della musicologia, molto interessante. Conosci Sergio Miceli? Mai sentito parlare di questo signore? Credo di si, giusto? O mi sbaglio? Thallo, anzichè parlare sempre di trattati polverosi basiamoci sul lato concreto di ogni epoca storica: la gente andava a teatro come oggi va al cinema, no? (con tutte le differenze che puoi trovare, la situazione era comunque molto simile). La fama che un Morricone o un Williams (sto parlando delle innumerevoli melodie cinemetografiche che tutti conoscono e ricordano) nella seconda metà dell' 800 l'aveva un Verdi (poi ok, il coro del Nabucco era una melodia di nicchia, suvvia. Per pochi eletti, i colleghi di Peppino).

Allora, se vuoi parlare seriamente non cercare di trasformare la storia a tuo favore (lo so, è una deformazione professione per voi musicologi... che ci vogliamo fare?)

 

2) tu parli di organici, Thallo. Il sestetto e il settimino, a livello formale, hanno oggi una struttura sempre diversa da quella che potevano avere decenni fa, no? Anche l'opera ha subito nel corso del tempo delle "mutazioni genetiche" a livello formale (mi riferisco al '900), il problema è che l'impianto di base è sempre quello, altrimenti non si chiamerebbe opera.... ecco perchè dico che è il tentativo abbastanza maldestro di tenere in vita un genere (fatto non solo di strumenti come voce e orchestra ma di struttura e relazioni di base carratteristiche) che si è già evoluto in altro modo. Non so se mi sono spiegato bene, se non l'ho fatto cercherò di spiegarmi meglio ma credo di esser stato abbastanza chiaro :-)

 

3) Thallo, dai non provocare. Mai sentito parlare di "opera totale"? Wagner ne sapeva qualcosa... lo credo, faceva parte del suo pensiero. L'unione di più forme artistiche in un genere "popolare" dove lo vedi oggi? Io credo nel Cinema. Wagner non era solo "melodia continua" ma anche "narrazione continua", lo sai quanto se non meglio di me. Le interruzioni dove stavano? Fine primo atto! Ebbene, descrivimi la narrazione di un qualsiasi film e dimmi dove stanno le interruzioni. Poi magari, a casa tua, i film sono suddivisi in "arie", "duetti", "cavatine" e magari "recitativi". Hai capito il senso di questa simpatica provocazione... teatralizzata! :-)

 

E hai capito anche il senso di ciò che ti ho detto, Thallo. Non ti ho parlato di date e cronache di Narnia, come vedi non c'è un 19... dopo Cristo, ma solo relazioni tra forme e generi, che naturalmente fanno emergere delle differenze.

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Guarda un po', è appena uscita un call for project organizzato da Darmstadt per un workshop sull'opera contemporanea http://www.h-sechs.de/imd/media/com_form2content/documents/c3/a392/f121/Call_Opera_Workshop_en.pdf

 

E non è nemmeno l'unica iniziativa di questo genere: fra poco si conclude il workshop operistico organizzato dalla fondazione di Peter Eötvös http://www.eotvosmusicfoundation.org/?node=events&id=26

 

Sul fatto che il melodramma fosse "popolare": vale per Verdi, certo, ma non per Monteverdi. Monteverdi era per l'elite. Rossini era senz'altro pop, e magari anche Puccini, ma in un senso assai diverso... Ma Wagner è mai stato "popolare"? Voglio dire, eccettuata la Cavalcata delle Valchirie!

 

Per quanto riguarda la grammatica cinematografica, come non esistono le interruzioni? Per favore ripassiamo il concetto di sequenza!

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Certo, non caso ho anche parlato di eccezioni. Alla fine se Verdi, Bellini, Puccini, Rossini e Donizetti erano popolari... vuol dire che in sostanza l'Opera è un genere popolare, no? Scusami... era un genere popolare. Oggi c'è la musica da film.

 

il meccanismo della sequenza (come cambio di evento narrativo, intendo) è presente anche nella concezione teatrale di Wagner. Il fatto è che in un film cambiano le scene (ovviamente) ma ciò avviene in modo continuo, tramite dissolvenza (salvo casi particolari in cui una scena si può chiudere con dissolvenza su sfondo nero e poco dopo si apre l'altra). In un film le scene non sono staccate, il loro susseguirsi è sempre scorrevole.

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Detta così, è un altro paio di maniche! :)

In ogni caso, al cinema le sequenze sono la norma (e Nodo alla gola è l'eccezione!).

Quanto alla dissolvenza, dal momento che in Coppola funziona in un certo modo, in Kubrick in tutt'altro modo, in Dennis Dugan un'altro modo ancora, eviterei proprio di generalizzare.

D'accordo, Wagner ha influenzato il cinema (se non altro, ha sicuramente influenzato Coppola!) però non fonderei su questo argomento un discorso sull'analogia fra operisti e compositori per il cinema... Anche semplicemente per il fatto che si va al teatro per ascoltare un'opera di Verdi o di Puccini, ma non ho mai sentito nessuno che va al cinema per vedere un film di Hermann o Morricone! :)

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1) la mia argomentazione è tutt'altro che debole, caro Thallo. Hai ragione quando dici che non tutte le opere erano popolari, ma ho ragione quando dico che l'opera era un genere popolare (quelle di cui parli sono pure eccezioni, e lo sai quanto me).

 

no, tu non hai capito molte cose della mia confutazione.

1) non è MAI esistito un genere denominato "Opera".

2) tra i vari generi di teatro musicale, molti non sono mai stati popolari (e il molti è riferito ai generi, quindi si parla di decine e decine di titoli presi tra favole musicali, melologhi, azioni sceniche sacre, cantate sceniche etc), altri erano popolari ma non nel senso che puoi pensare tu. Wagner, di cui si accennava, è stato influente come pochi sulla storia della cultura, ma di certo la gente non cantava Parsifal per le strade. Tanto per fare un esempio di autori di opere liriche non popolari: Monteverdi, Cesti, Cavalli, gli svariati compositori di opere romane, Hasse, entrambi gli Scarlatti, Handel, Lully, Rameau e praticamente tutti gli operisti francesi fino tipo almeno a Gounod, tutti gli operisti di opere serie italiane, napoletane e non, perfino Mozart, se prendiamo i titoli seri. Vabbé, ce ne sarebbero molti altri...

 

 

Io mi baso sull'evoluzione dei generi, e l'opera ha avuto la sua evoluzione nella musica per film e nel Cinema, se poi sei poco informato su questo ti invito a dedicarti a quel ramo della musicologia, molto interessante.

 

c'è un momento in cui la musicologia si scorda della storia della musica e si bea delle proprie pseudo-teorie. Questo è quel momento. La musica per cinema è un genere a parte, con legami con la musica, tanto quanto la stessa opera aveva legami con i madrigali e la musica vocale rinascimentale. Ma allo stesso modo in cui la musica vocale non è morta alla nascita dell'opera, l'opera non è morta alla nascita del cinema.

Tu puoi dirlo quanto vuoi, ma ripetere una falsità non serve a renderla vera.

 

Thallo, anzichè parlare sempre di trattati polverosi

 

trattati polverosi un corno, io in teatro ci lavoro e due anni fa Il cappello di paglia di Firenze che ho cantato in coro riempiva i teatri. Il circuito lirico lombardo in cui canto, che è una piccolissima realtà rispetto a quello che c'è in Italia, ha perfino commissionato un'opera lirica per bambini che ha mandato in tournée per una marea di piccoli teatri italiani. E' questa la differenza tra chi si rassegna alla realtà musicale, e ne parla, e chi ipotizza una realtà parallela che segue i propri gusti. La realtà parallela in cui l'opera lirica è morta l'hai ipotizzata tu ma non è reale.

 

basiamoci sul lato concreto di ogni epoca storica:

 

metodologia storica come se piovesse :-)

 

la gente andava a teatro come oggi va al cinema, no? (con tutte le differenze che puoi trovare, la situazione era comunque molto simile).

 

No! Ma proprio no! Vai a studiare la storia dei teatri veneziani e vai a vedere il complesso meccanismo di affitto dei palchi... vai a vedere la struttura gerarchica dei teatri francesi, come alcune opere circolassero SOLO in alcuni teatri dove era praticamente impossibile entrare per "la gente".

Ah, la "gente" non è un criterio sociologico corretto. Il "pubblico" non è "la gente".

 

La fama che un Morricone o un Williams (sto parlando delle innumerevoli melodie cinemetografiche che tutti conoscono e ricordano) nella seconda metà dell' 800 l'aveva un Verdi (poi ok, il coro del Nabucco era una melodia di nicchia, suvvia. Per pochi eletti, i colleghi di Peppino).

 

... ci sono momenti in cui veramente mi viene da picchiarti... tu sei cosciente delle ragioni storiche per cui il coro del Nabucco era famoso? E presso chi era famoso? I musicologi che disprezzi di norma si interrogano in modo un po' più approfondito su queste cose. E quei musicologi semplicemente si sono accorti che negli anni in cui Verdi ha scritto le sue prime opere, in Lombardia si accendevano i moti risorgimentali. In Italia DEL NORD anche a quei tempi c'era una tradizione più o meno consolidata di cori. Sarà secondario notarlo, ma di Verdi erano famosi I CORI, non le arie. Alcuni cori di quelle opere divennero gli inni underground dei movimenti risorgimentali lombardi, e la cosa era notissima a tutti, allo stesso Verdi, che scrisse "La battaglia di Legnano" praticamente durante le 5 giornate di Milano.

Ecco, il coro del Nabucco non era famoso tra i colleghi di Peppino, era uno dei cori risorgimentali esplicitamente inseriti da Verdi nelle sue opere. Altri sono "Oh signore dal tetto natio", "Si ridesti il Leon di Castiglia", "Patria oppressa".

 

Allora, se vuoi parlare seriamente non cercare di trasformare la storia a tuo favore (lo so, è una deformazione professione per voi musicologi... che ci vogliamo fare?)

 

tu potresti evitare di esprimere opinioni su cose che non conosci. Tipo anche su di me e le mie deformazioni professionali.

 

2) tu parli di organici, Thallo. Il sestetto e il settimino, a livello formale, hanno oggi una struttura sempre diversa da quella che potevano avere decenni fa, no? Anche l'opera ha subito nel corso del tempo delle "mutazioni genetiche" a livello formale (mi riferisco al '900), il problema è che l'impianto di base è sempre quello, altrimenti non si chiamerebbe opera.... ecco perchè dico che è il tentativo abbastanza maldestro di tenere in vita un genere (fatto non solo di strumenti come voce e orchestra ma di struttura e relazioni di base carratteristiche) che si è già evoluto in altro modo. Non so se mi sono spiegato bene, se non l'ho fatto cercherò di spiegarmi meglio ma credo di esser stato abbastanza chiaro :-)

 

sei stato chiaro nell'esprimere un'ignoranza di base nei confronti del teatro musicale. Che, infatti, non si chiama tutto "Opera". La struttura di, non so, l'Ifigenia in Tauride di Gluck è diversissima da quella del Ratto dal serraglio di Mozart, nonostante 3 anni di differenza. Ma la mia ironia sulle differenze tra trio e quartetto riguardavano un TUO intervento in cui dicevi che non tutto il teatro musicale è opera. Che è un po' scoprire l'acqua calda, ma se questa argomentazione viene usata per decretare la morte dell'opera allora arrivo io e PRETENDO che sia decretata la morte del trio, che ha una tradizione PRECEDENTE il quartetto.

Riassumendo: il teatro musicale ha SEMPRE avuto molte forme diverse. Quella di cui TU stai parlando è solo una delle tantissime. E per altro manco quella è morta, visto che di compositori che si ispirano a Verdi ce ne sono ancora molti.

 

3) Thallo, dai non provocare. Mai sentito parlare di "opera totale"? Wagner ne sapeva qualcosa... lo credo, faceva parte del suo pensiero. L'unione di più forme artistiche in un genere "popolare" dove lo vedi oggi? Io credo nel Cinema. Wagner non era solo "melodia continua" ma anche "narrazione continua", lo sai quanto se non meglio di me. Le interruzioni dove stavano? Fine primo atto! Ebbene, descrivimi la narrazione di un qualsiasi film e dimmi dove stanno le interruzioni. Poi magari, a casa tua, i film sono suddivisi in "arie", "duetti", "cavatine" e magari "recitativi". Hai capito il senso di questa simpatica provocazione... teatralizzata! :-)

 

Wagner non ha mai fatto opere popolari. Magari non lo sai, ma vedo che il dubbio di non sapere le cose non ti tange, ma "Parsifal", l'opera di Wagner che oggi trovi su itunes e alla Ricordi, è stata rappresentata per la prima volta a Bayreuth nel 1882 e PER LA PRIMA VOLTA IN UN ALTRO TEATRO nel 1914. Wagner ne aveva vietato la rappresentazione in teatri diversi dal suo sacro Festspielhaus ... ma immagino che "la gente" sia andata TUTTA a Bayreuth in quegli anni

 

E hai capito anche il senso di ciò che ti ho detto, Thallo. Non ti ho parlato di date e cronache di Narnia, come vedi non c'è un 19... dopo Cristo, ma solo relazioni tra forme e generi, che naturalmente fanno emergere delle differenze.

 

credere che esistano delle forme platoniche fuori dal tempo è tipico dei compositori :-) e poi mi parli di come i musicologi adattino la storia...

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Guarda, tutto quello che hai detto non lo posso contestare perchè è vero. Il problema è che continui a negare l'evidenza.

 

Thallo, io non sono contro l'opera o contro il teatro, semplicemente dico che è un genere "morto" nel senso che se vuoi puoi assistere all'allestimento di un'opera del passato, ma pretenderne una oggi non funziona perchè, ripeto, la sua eredità è stata raccolta dalla musica per film e dal cinema. Mentre in passato la paternità dell'opera era associata al compositore, oggi la paternità del film è del regista; allo stesso tempo, se la musica di commento si è affermata in un certo modo, è chiaro che il compositore sarà conosciuto per quella precisa colonna sonora, punto e basta. Su questo sono stati fatti studi, vai e leggiti Sergio Miceli. Vai e leggiti i saggi sulla musica per film, sulle sue origini. Inutile parlare di musica applicata del passato se non si conosce quella del presente.

 

Detto ciò, preciso che non ho nulla contro i musicologi, questa è una tua supposizione.

 

Ma poi dico (senza voler sorvolare su un discorso interessante sull'opera), che c'entra con Vacchi?? La mia opinione è questa, magari tra 20 anni cambierà (viva l'evoluzione del pensiero). Detto ciò, se voi la pensate diversamente da me... amen, vi rispetto, non condivido e basta :)

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l'evidenza.

 

semplicemente dico che è un genere "morto" nel senso che se vuoi puoi assistere all'allestimento di un'opera del passato, ma pretenderne una oggi non funziona perchè, ripeto, la sua eredità è stata raccolta dalla musica per film e dal cinema. Mentre in passato la paternità dell'opera era associata al compositore, oggi la paternità del film è del regista;

A parte che io ricordo Morricone e altri e non i regista dei film che hanno musicato, se è vero quanto sostieni, dal mio punto di vista è morta anche la musica colta, in quanto la musica, per mezzo della globalizzazione, si è spostata verso i grandi numeri…che sappiamo tutti hanno esigenze diverse rispetto ai palati fini del mondo accademico.

 

allo stesso tempo, se la musica di commento si è affermata in un certo modo, è chiaro che il compositore sarà conosciuto per quella precisa colonna sonora, punto e basta.

Morricone non si ricorda per "una colonna sonora, punto e basta". Ma ce ne sono tantissimi altri. :)

Ma poi dico (senza voler sorvolare su un discorso interessante sull'opera), che c'entra con Vacchi??

... se ha scritto opere? Si.

 

Comuqnue non sono sicuro che desti tutta questa attenzione, altrimenti sarebbero fioccati post :)

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ripeto che la discussione sull'opera l'hai iniziata TU. Non puoi sparare "vaccate" e pretendere che nessuno risponda...

sulle ipotetiche "funzioni" della musica da film e della musica operistica, vorrei ricordare che l'opera non commenta un bel fico secco. O meglio, l'evoluzione della scrittura operistica ha portato la musica a diversificare molto il proprio ruolo "narrativo". La possibilità di commentare o sostenere un'azione in scena è solo una delle possibili funzioni della musica operistica. La principale è sempre stata quella di integrare il canto, che nella musica da film non c'è quasi mai.

Quando è uscito il primo episodio della trilogia de "Lo Hobbit", l'anno scorso mi pare, mi sono arrabbiato tantissimo proprio per questa cosa. Nel film ci sono molti momenti in cui i nani cantano, momenti presenti nel libro, che fanno parte dell'azione reale (musica diegetica), ma le loro voci vengono assorbite dalla colonna sonora, proprio come se fosse un musical, rendendo l'effetto assolutamente "extra-diegetico". Io l'ho chiamato "effetto Glee", che è poi l'effetto Operetta, l'idea, cioè, che l'azione vada recitata e la riflessione lirica possa essere cantata. Questo trasforma automaticamente quel film in un film musicale, cosa che secondo me non ha senso, ma che dipende proprio da un fraintendimento del trattamento della colonna sonora. Nell'Opera musicata per intero la questione è ancora più radicale, perché non c'è distinzione tra una diegesi "non musicata" e una diegesi "musicata". Esiste musica diegetica nell'opera (la donna è mobile è una canzone cantata dal Duca di Mantova, per esempio) ma di fatto non esiste musica extra-diegetica, perché in scena si canta sempre.

Questa è una differenza fondamentale fra musica da film e teatro musicale.

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Quando è uscito il primo episodio della trilogia de "Lo Hobbit", l'anno scorso mi pare, mi sono arrabbiato tantissimo proprio per questa cosa. Nel film ci sono molti momenti in cui i nani cantano, momenti presenti nel libro, che fanno parte dell'azione reale (musica diegetica), ma le loro voci vengono assorbite dalla colonna sonora, proprio come se fosse un musical, rendendo l'effetto assolutamente "extra-diegetico". Io l'ho chiamato "effetto Glee", che è poi l'effetto Operetta, l'idea, cioè, che l'azione vada recitata e la riflessione lirica possa essere cantata. Questo trasforma automaticamente quel film in un film musicale, cosa che secondo me non ha senso, ma che dipende proprio da un fraintendimento del trattamento della colonna sonora.

Dico, dov'è il problema? Di classificazione?

Alla fine è stato realizzato e trasmesso, ha avuto pubblico...prendila come una forma di contaminazione :)

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sì, probabilmente è molto post-moderna come cosa. Quelli che si sono occupati dell'audio avranno pensato PROPRIO all'effetto Glee, che è subito riconoscibile all'orecchio, ed è molto probabile che il target di quel film abbia molta parte in comune col target di Glee. Dal mio punto di vista, però, come scelta artistica è incoerente, anche rispetto al resto del film e al libro da cui è tratto. Ma comunque è un'altra discussione...

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