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Piano Concerto - Forum pianoforte

Otello

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Tutto postato da Otello

  1. Gentile Thallo, mi pare di aver avuto il massimo rispetto e il miglior comportamento nei confronti di tutti. Ho espresso giudizi di valore (e come sarebbe possibile non esprimerne?) riguardo a materia artistica o di pensiero. Ma non mi sono mai sognato di pensare di esprimere giudizi di merito nei confronti delle persone. Luca Cavaliere mi definisce fanatico per estensione, visto che ho condiviso l'opinione di Savinio sulla musica di Bach; stabilisce che ho un'età mentale preadolescenziale; e conclude affermando che il "magnifico libro che Otello ha citato" gli ha fatto venire in mente il giudizio sintetico di Fantozzi. Chi offende chi, allora? Sarò libero di pensare come credo o devo renderne conto a qualcuno degli iscritti? Ho chiesto a qualcuno di condividere le mie opinioni? Ho controbattuto nei confronti di chicchessia asserendo che quegli argomenti mi facevano far fatica a trattenere il sangue freddo? Insomma, questa faccenda mi pare veramente una cosa fantozziana. Cordiali saluti.
  2. Hai assolutamente ragione, Luca Cavaliere. D'altro canto, la tua cautela di giudizio è assai evidente. E non fatico a spiegarmela, appresa la sintonia della tua mente con quella di Fantozzi.
  3. Mi piace molto discutere con te, Thallo: sei colto e dotato di logica. Hai tante ragioni, anche per quel che mi riguarda. Ma pure tu hai le tue belle mistiche, mi pare. Non voglio comunque tediare ulteriormente i nostri compagni di viaggio e non intendo essere invadente con gli squisiti padroni di casa. Concludo perciò affermando soltanto che le verità in cui mi sono imbattuto fino ad oggi, in ogni ambito, non mi sono poi apparse così vere, alla prova dei fatti. Ma nutro molta speranza. Un saluto a te e a tutti. E un ringraziamento a Barbara, che ha iniziato una discussione così interessante.
  4. Heisenberg, Russell e Goedel hanno demolito quasi del tutto i sistemi fisici e matematici precedenti a loro, senza sostituirli con complessi teorici stabili e definitivi. Anzi, hanno dimostrato che la conoscenza assoluta non è e non sarà mai accessibile alll'uomo. Gli sforzi che i migliori tra noi compiono consistono nel cercare modalità che consentano un'esistenza per quanto possibile meno drammatica per se stessi, e per estensione alla massima parte dell'umanità (dato che il malessere intorno a noi prima o dopo si ripercuoterà sulla nostra esistenza, per quanto si possa ritenere di stare bene). Eppure verifichiamo quotidianamente la pochezza dei risultati che riusciamo a conseguire. Abbiamo impiegato decine di migliaia di anni per passare dalla clava all'energia nucleare, ma il nostro impulso è ancora quello di distruggere i nostri simili. La qual cosa parrebbe dimostrare che il primo problema è trovare gli strumenti per modificare il nostro modo di sentire e i nostri sistemi di comportamento. Vogliamo agire dunque perpetrando gli stessi errori metodologici che hanno ampiamente mostrato la loro insufficienza? Crediamo ancora di poter risolvere i nostri problemi ripetendo i soliti comportamenti? Basta guardarsi intorno per scoraggiarsi. D'altro canto, il fatto stesso che siamo destinati a finire toglie qualsiasi senso alle nostre azioni. Allora cosa scegliere? Affastellare il massimo di beni materiali o rinunciare a tutto? Per quel che ne so, nessun sistema di pensiero ha ancora trovato la soluzione, per quanto ci si abbarbichi al razionalismo piuttosto che alle religioni, oppure alla filosofia in luogo della scienza. E viceversa. La vita è troppo breve per poter credere di trovare una qualche risposta. Gramsci (un razionalista, per molti versi) affermò che vivere volesse dire essere partigiani. Parteggiare, dunque, Propendere per una tesi, schierarsi per una scelta. E' possibile fare altrimenti? Penso di no. Perché, alla fine, tutto è opinabile.
  5. Oggi proseguo citando: Le proposizioni della scienza sono vere o false, perché sono giudizi di esistenza falsificabili; gli enunciati filosofici, invece, sono autentici o apocrifi, perché sono giudizi di significato. La verità di una proposizione è sempre ipotetica, e solo la sua falsità è sperimentale; l'autenticità di un enunciato, invece, è verificabile, e il suo carattere apocrifo è solo suppositizio. Il criterio scientifico è l'esperimento, che può falsificare ma non verifica; il criterio filosofico è l'esperienza, che può confermare ma non confuta. Non potremo mai garantire il perdurare di una proposizione scientifica, né certificare la morte di un enunciato filosofico. [Gómez Dávila, "In margine a un testo implicito"] Dunque, non si vede chi potrebbe mai avere ragione in una discussione, qualunque possa essere il piano di considerazione. Per parte mia, discuto per dare e ricevere un contributo di informazione.
  6. Ti rispondo volentieri, Daniele. Per farlo, però, preferisco citare ancora una volta Alberto Savinio: "[...] C'e' più profondità, nel senso preciso della parola, in un pensiero di Eraclito, che in tutta ‘L'evoluzione creatrice’ di Bergson. C'e' più profondità, nel senso preciso della parola, nel canto solitario dello scolio di Sicilo, che per tutta la colossale opera di Bach. Ed e' appunto questa mancanza di profondità di Bach, questa sua ingenua serietà, questo suo "non costituire pericolo", che fanno il suo fascino e giustificano l'attrazione ch'egli esercita ormai sulla borghesia. E soprattutto la sua organizzazione da uomo metodico, tranquillo e fedele alla moglie. Perché quanto a organizzazione, nelle grandi composizioni di Bach c'e' già il carro armato e la Panzerdivision." ("Bach e il contrappunto", 1941, da "Scatola sonora") Poiché comunque parliamo soprattutto di Beethoven, allora desidero riportare un altro passo del magnifico libro di Savinio: "[...] In maniera generale, tutti i musicisti pre-beethoveniani spaziano dentro un concetto tolemaico dell’universo, onde noi, per adeguarci a questa diversa e minore misura dell’universo, dobbiamo fare uno sforzo di riassorbimento e di retrogradazione mentale, simile a quello che dovremmo fare se volessimo tornare a credere che la terra è il centro dell’universo, e che al vertice della piramide stellare sovrastante il nostro pianeta, siede circondato di luce il Padreterno, la candida barba aperta sul petto e le mani levate a benedire i suoi figlioli. Nel particolare poi, Palestrina ci costringe dentro un sentiero prettamente liturgico, Vivaldi ci costringe a camminare svelti coi piedi e a tenere la testa in riposo, Bach ci costringe dentro una gabbia intrecciata di contrappunti e chiusa a ogni sguardo d'orizzonte, Rameau ci costringe a girare intorno vestiti di raso cremisi, Mozart ci costringe con nostro grave disappunto a farci piccoli piccoli e innocenti. Questo per i pre-beethoveniani. Quanto ai musicisti venuti dopo Beethoven fino a quelli dei nostri giorni, i romantici ci costringono a chinar la testa e a chiuder gli occhi sotto il soverchio di una malinconica dolcezza, Wagner ci costringe a certi sentimenti tra eroici e balordi, di cui a freddo ci pentiamo amaramente, Debussy ci costringe a trasformarci in creature disarticolate e molli che non riescono a star ritte in piedi, Stravinskij ci costringe a vivere da fantocci dinoccolati e traversati di tanto in tanto da una corrente elettrica. Lui solo, Beethoven, non ci costringe a mutarci, a deformarci, a diminuirci, a uscire dalla nostra condizione di uomini. Perché lui è uomo e la sua musica è musica di uomo. Perché la sua grandezza, che è grandissima, non è se non l'ingrandimento grandissimo dell'uomo. Perché la sua voce, che è altissima, non é se non l'elevazione elevatissima della voce umana." ("Beethoven solo uomo", da "Scatola sonora")
  7. E' una questione di scuola di pensiero, gentile Daniele Scarpetti. Per parte mio, condivido il pensiero di Alberto Savinio, secondo il quale, "Bach e Mozart (nonché Haydn, per forza di cose - nota di Otello) sono i maggiori rappresentanti della musica presocratica, della musica precedente alla scoperta della coscienza musicale, avvenuta nei primi del secolo XIX per opera di Beethoven" (Scatola sonora, pag. 51). Per Savinio, l'amore per le musiche dei pre-beethoveniani, per queste musiche che non accrescono le potenzialità dell'uomo, ma che non creano nemmeno ansie, è un effetto della paura. Sono musiche che suonano in modo conservatore, statico, rassicurante. Molto diversamente dall'arte di Beethoven, che è sconvolgente e fautrice del progresso. Non posso non sentire allo stesso modo.
  8. A ben riflettere, e anche dopo aver letto i vostri commenti, devo dire che l'affermazione di Haydn si presta ad interpretazioni anche opposte fra loro. Se valutiamo la frase inserendola nel contesto della vita e della visione esistenziale del maestro austriaco (che era un fervente cattolico), allora è anche plausibile ritenere che Haydn volesse intendere che il compositore avrebbe dovuto temperare i suoi ardori e indirizzarli a comporre inni di gloria in excelsis Deo. Com'era ovvio, comunque, Beethoven ha pensato bene di andare in ogni caso per la sua strada. E ha fatto benissimo.
  9. Riterrei che con "seguire la natura" si volesse intendere "affidarsi al proprio istinto", "dar voce alle proprie inclinazioni". Anche perché l'estro è impulso reattivo, più che spontaneo.
  10. La musica "rock" è nata come appannaggio peculiare (insieme al modo di vestire) dei cosiddetti "giovani". I quali costituiscono una categoria sociale nata alla fine della seconda guerra mondiale. Prima del conflitto, le classi sociali erano definite esclusivamente in termini economici. Ed anche i consumi erano specificamente rivolti a determinate categorie. Nell'ambito della musica, per esempio, il country era rivolto ai contadini bianchi, il blues e il rhythm & blues agli afromericani, la popular alla piccola borghesia bianca. I "giovani" rappresentano la prima categoria sociale trasversale a tutte le classi. E costituiscono anche il primo caso in cui l'industria rivolge la sua attenzione ad un soggetto senza alcun potere economico personale. Il rock & roll prende le mosse dagli stilemi propri della musica di derivazione afroamericana, ma si nutre anche di altri generi, compresa la musica orientale. E' una forma d'espressione che nasce in prima istanza per contenere e sterilizzare le cariche eversive che il malessere conseguente al dopoguerra avrebbe potuto scatenare soprattutto negli individui più giovani. I loro genitori infatti, coloro che erano adolescenti al tempo del conflitto, erano stati i primi nella storia dell'umanità a rifiutare di diventare adulti.
  11. Penso si tratti di una volgare banalizzazione, rivolta ad un pubblico affamato di evasione e intontimento.
  12. Buongiorno, Maestro Ferrarelli. Sono sempre interessato all'acquisto di dischi di musica classica, jazz e blues, che siano long playing o compact disc. Troverei molto utile poter esaminare una lista dei titoli con informazioni sull'edizione e sullo stato di conservazione di ciascun pezzo (supporto e copertina). Grazie. Cordiali saluti.
  13. Mi piace. Penso anche io che forse la chiusura avrebbe potuto essere meno improvvisa, più meditativa dopo l'incalzante percorso finale. Trovo qualche assonanza con il Surman di "Withholding Pattern" e lo Tsabropoulos di "Achirana". Insomma, mi pare di percepire qualche traccia di quella visione del mondo caratteristica delle produzioni della ECM, anche se meno "pensosamente inquieta". Complimenti, comunque.
  14. Detto con simpatia: pare che anche Brahms non fosse ancora fidanzato.
  15. Miles Davis concesse una lunga intervista ad un critico musicale. Al termine dell'incontro, il critico salutò Davis dicendogli: "Ho capito tutto quello che mi hai detto, Miles, e te ne ringrazio". Davis lo scrutò con fare sornione e gli chiese: "Hai capito tutto quello che ti ho detto? Stai scherzando?". "Niente affatto, Miles. Dico davvero". Davis scrollò la testa e concluse: "Non è possibile: non siamo la stessa persona".
  16. Stabilire il primato di qualcosa rispetto al resto presuppone l’esistenza di una consapevolezza compiuta. Il problema della “consapevolezza” ha assillato per millenni la massima parte dei filosofi e degli scienziati. Fatta qualche sparuta eccezione, come Pirrone o Montaigne, il desiderio di giungere all’araba fenice della consapevolezza ha agitato l’esistenza dell’umanità intera fin dalla notte dei tempi. Il teorema di Godel smantella ogni teoria della prevedibilità. La sua dimostrazione si fonda sulla peculiarità dei numeri primi: l’impossibilità di prevedere la loro successione. Quando si moltiplicano i numeri naturali positivi per ognuno degli altri non si ottiene una sequenza che colmi tutti i numeri. Prima o poi compare un numero che risulta essere il primo della sua serie, e non è possibile prevedere quando ciò si verificherà: se fosse prevedibile significherebbe che quel numero non è il primo della sua serie ma l’ennesimo di un’altra serie. Se ne deduce quindi che se si aggrega un enunciato vero ad ogni numero primo esisterà inevitabilmente un enunciato vero che non è desumibile da tutti gli enunciati veri già conosciuti. La formulazione di un sistema assiomatico universale è perciò impossibile. Cosa sarebbe dunque questa “consapevolezza” di cui si è sempre parlato così tanto? Parrebbe un sistema compiuto di conoscenza, giudicato possibile, anzi inevitabile, perfino da Einstein, secondo il quale “Dio non gioca a dadi”. Ma poiché pare indiscutibile l’impossibilità di proporre un sistema universale prevedibile e finito, se ne ricava che la “consapevolezza” in quanto tale dovrebbe nascere prima dell’analisi e della conseguente valutazione di qualsiasi evento. Questo è quello che accade infatti in qualunque religione o in ogni sistema fondato su dogmi e credenze aprioristiche. E’ accettabile? Secondo quali criteri? E per quale motivo un dogma dovrebbe essere più o meno vero di un qualsiasi altro, considerata l’ovvia indimostrabilità degli stessi dogmi? Il bisogno di rassicurazione pare nato insieme con l’uomo. Ne è sempre conseguita una prevalenza di suggestioni più che la ricerca e la diffusione di informazioni e conoscenze ben comprensibili ed esposizioni metodologiche adeguatamente chiare. Qualsiasi credenza si fonda sull’idea che da qualche parte provenga un’indicazione diversa e di qualità molto migliore di tutto il resto: un’ispirazione elevata per coltivare valori spirituali. D’altro canto, dotare di spiegazioni più o meno nobili le motivazioni vere è un meccanismo noto fin dai tempi di Esopo. Come è evidente che stare dalla parte degli angeli è molto più rassicurante che far parte delle scimmie. La frase di Disraeli in polemica con Darwin è paradigmatica in questo senso: “La domanda è la seguente: l’uomo è una scimmia o un angelo? Mio Dio, io sto dalla parte degli angeli”. Più chiaro di così… Il problema è dunque l’illusione che il conflitto tra fede e scienza, religione e laicismo, spiritualismo e materialismo sia questione falsa o di poca importanza. La contrapposizione è invece seria e profonda e non sembra facilmente risolvibile. Allo stesso modo, non sarà mai possibile poter stabilire l’effettivo primato della musica cosiddetta classica rispetto alle altre forme di espressione musicale o la superiorità di Beethoven rispetto a Mozart o a Bach.
  17. Hai ragione, Thallo. Il fatto è che Frank ha iniziato un argomento tanto interessante quanto vasto. E' facile perdersi in tale abbondanza.
  18. Il pulcino Pio e il premio Nobel a Morricone, annota Tiger. La musica, come le arti e lo spettacolo, è anch’essa soggetta di fatto alle cosiddette scelte di “mercato”. Dunque, sembrerebbe alle masse, per dirla con Frank. O ai molti incolti, se ho ben compreso il pensiero di Tiger. “Mercato” è un termine che evoca molte suggestioni, una parola che vorrebbe intendere un concetto assai ampio. In realtà, “mercato” è un termine che non ha alcun significato, ma è utile solo a nascondere l’esistenza di gerarchie sociali, economiche e politiche che detengono un potere assolutamente incontrollato sulla società mondiale intera. La mitologia del “mercato” copre una realtà economica e politica nella quale il potere delle oligarchie è garantito da una quantità sterminata di protezionismi d’ogni genere. Il “mercato” della musica, come qualsiasi altro, è nelle mani di affaristi privati. La musica professionistica si alimenta di operazioni commerciali senza alcuna concorrenza, perché i proprietari delle diverse società, che a vario titolo sono in questo business, si spartiscono gli enormi profitti che ne derivano. Tutti loro ne traggono vantaggio, perché i costi vengono pagati dal pubblico (che consuma spettacoli, dischi, edizioni librarie, gadget e abbigliamento connesso), dal lavoro di coloro che dipendono (in modo palese oppure occulto) da queste società, e molto spesso dai contribuenti tutti. L’istituzione politica è preposta al mantenimento di questi privilegi, e mai al loro smantellamento, semplicemente perché qualunque politico di professione dipende da gruppi affaristici. L’Italia, più ancora degli altri paesi europei, è soggetta al potere degli Stati Uniti e dell’Alleanza atlantica. Le gerarchie “artistiche” rispecchiano inevitabilmente quelle delle diverse nazioni. Le maggiori multinazionali mondiali sono anglo-americane, svizzere e francesi. I russi sono superproduttori di materie prime. I paesi sudamericani stanno sfuggendo al controllo statunitense, perché i loro soci in affari, Russia ma soprattutto Cina, hanno sapientemente creato intorno a loro una fitta rete di protezioni. Il vero continente scomparso oggi è dunque l’Europa, che paga un tributo enorme allo strapotere anglosassone in primo luogo, ma subisce anche le conseguenze della lotta infinita fra statunitensi da una parte e russi e cinesi dall’altra. Stabilito che la cultura, compresa quella musicale è sempre stata essenzialmente di matrice europea, non c’è dunque molto da stupirsi dello stato delle cose. In tutti gli ambiti.
  19. Hai ragione, Frank: le masse non sono mai state colte. Aggiungerei che le stesse masse sono sempre state propense (e spesso usate, in questo senso) alle generalizzazioni. Che discendono direttamente dalla pigrizia di ritenere che, per qualche misteriosa ragione, vivere debba costare fatica solo agli altri, non a noi (che sta per me, per te, per le masse). Hai correttamente affermato che i compositori desiderano comunicare molto di se stessi agli altri. Aggiungerei che essi hanno forse una fortuna (il talento, la voglia di affaticarsi nello studio) che tantissimi altri non hanno. Ma è poi una loro fortuna o piuttosto non più esatto ritenere che il giovamento sia soprattutto di chi fruisce del loro talento (questo detto en passant)? Certo, dunque, i compositori desiderano comunicare. Come tutti noi, d'altro canto. E tanto i compositori (quanto noi) desiderano che la loro comunicazione sia la più estesa possibile, non fosse altro che per appagare il proprio narcisismo. Allora è inutile girarci intorno: si comunica per cercare i propri simili. Se siano pochi o tanti è questione secondaria. Noi esseri umani dimentichiamo troppo spesso due semplicissime verità: la prima, è che siamo destinati a morire; la seconda, è che proveniamo evidentemente dall'infinito e che ritorneremo nell'infinito, la qual cosa ci collega inevitabilmente a tutto. Anche alle masse. Mi permetto di credere che Beethoven percepisse come pochi questo dato di fatto. Altrimenti non avrebbe potuto donarci così tanto.
  20. Tutti gli interventi che ho letto finora mi paiono interessanti. Nelle parole di Frank sento lo stesso convincimento shakesperiano (che peraltro condivido molto) secondo il quale bisognerebbe diffidare di coloro che non amano la musica (e quale musica, aggiungerei). Ma certo Thallo ha ragione: è piuttosto insensato ritenere che le migliori persone siano soltanto quelle a cui piace Beethoven. Infine, mi è impossibile non nutrire molti degli stessi convincimenti di Daniele Scarpetti, soprattutto quello secondo il quale l'eventuale miglioramento della condizione umana dipenda esclusivamente da una maggiore civilizzazione e dunque da una sempre più grande capacità di rispetto degli esseri umani fra di loro. Per tutte queste ragioni, mi è difficile allora comprendere il titolo della discussione: perché mai una certa scarsa diffusione dell'opera beethoveniana dovrebbe costituire una necessità? Non è piuttosto invece una povertà, della quale, in qualche misura e ciascuno nel proprio ambito, siamo un po' tutti responsabili? Grazie per la vostra attenzione.
  21. Un cordiale saluto a tutti, prima di ogni altra cosa. La musica è stata sempre la più importante passione della mia vita. E' ad essa che debbo la mia stessa capacità di accettare i fatti dell'esistenza. Non sarei passato nemmeno dalla culla al sediolone, senza musica. Mi ha insegnato a stare al mondo, a muovermi fisicamente e mentalmente in modo molto meno goffo. Per dirla con Savinio, la musica è stata il mio costante antidoto contro la balbuzie mentale. Sono nato in una famiglia con una certa vocazione musicale: mia madre aveva studiato canto e due suoi fratelli si erano diplomati in pianoforte e violino. Da ragazzino amavo molto Puccini. Crescendo, mi sono avvicinato al jazz, apprezzandolo tutto, da King Oliver fino ad Ornette Coleman. Non ero però particolarmente vocato per il free, che ho sempre mal digerito. Amavo tantissimo il blues rurale, quello di Charley Patton, di Son House e il primo urban, quello di Leroy Carr, tutti musicisti che tanta parte avevano avuto sullo stile di Robert Johnson, il bluesman che più mi ha impressionato. Non ho disdegnato nemmeno il rock e il pop: mi piacevano Tim Hardin, i Kinks, i Velvet Underground, Tim Buckley, i King Crimson, per arrivare ai Jesus Lizard, agli Slint, ai Bitch Magnet, ai Calexico. Ma non ho mai smesso di ascoltare innanzitutto la musica del sommo Beethoven, che mi riempie sempre di ogni possibile emozione; del commovente Schubert e del trepidante Brahms. Devo dire che Beethoven è il primo protagonista del mio mondo musicale: a lui dedico la massima parte del tempo che trascorro con la musica, anche perchè da qualche anno a questa parte mi sento ormai emotivamente e mentalmente vicino in primo luogo all'arte di Beethoven. Ho scoperto questo luogo proprio cercando sempre altre informazioni sul Maestro: sono giunto perciò al magnifico sito di Armando Orlandi e ritrovarmi qui è stata una logica conseguenza. Ecco, mi auguro di non avervi tediato eccessivamente. Mi fa piacere essere qui.
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