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Piano Concerto - Forum pianoforte

danielescarpetti

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Tutto postato da danielescarpetti

  1. No, non è una boiata, è solo che il nome non gliel'ha dato il compositore. Per quanto riguarda le due Sonate dell'Opus 27, Beethoven le definì: Sonata quasi una Fantasia e la cosa sarebbe terminata qui. Senonché il romantico titolo che la n. 2 "Chiaro di Luna" si porta appresso fu inventata dal poeta tedesco Ludwig Rellstab, amico dello stesso Beethoven e che scrisse molti testi di lieder di Schubert perché gli evocava "il chiarore" della Luna riflessa nel lago dei Quattro Cantoni. Quanto alla Sonata Opus 31 n. 3, il suo soprannome è in realtà molto meno usato e conosciuto rispetto alla precedente e sono in pochi a chiamarla tale. Esso deriva dal fatto che in essa c'è un tema che richiama il lied Der Wachtelschlag (Il canto della quaglia) WoO 129
  2. Ovviamente basandomi esclusivamente sul nuovo catalogo WoO che hai messo sul sito, e su quanto da te scritto, non poso che concordare con te Armando. Colpisce la mancanza di certi pezzi a cominciare dalla Biamonti 213. Ma vorrei aggiungere due altre osservazioni. Ben vengano le revisioni dei cataloghi, ma dovrebbero essere fatte nello spirito originario. Il catalogo Kinsky-Halm fu fatto suddividendolo peri generi: prima la musica orchestrale, poi le varie danze per pianoforte o altri organici, poi le marce militari ecc. Nell' aggiornarlo e compendiarlo sarebbe stato giusto rimanere su quella linea, riportando i vari brani nel lori alveoli musicali. Altro compito degli aggiornamenti dovrebbe essere quello di andare ad eliminare o aggiungere musiche che, nel corso degli anni, sono state eliminate come composizione di Beethoven o che, viceversa sono state riconosciute come tali. E - vedi le WoO 12 e 16 - questo non è avvenuto, inficiando il lavoro fatto.
  3. Io non ho detto che non bisogna fare nulla: ho detto che dobbiamo cercare di governarlo al meglio per far sì che un domani, la mala gestione del tutto porti a conseguenze ben più gravi di quelle attuali. Penso che ci sii una bella differenza! Se oggi noi non saremo capaci di governare "al meglio" questo inevitabile fenomeno epocale che, piaccia o non piaccia, ha una sua ragion d'essere e su cui, come Occidente, abbiamo delle gravissime responsabilità; se noi saremo capaci solo di dare risposte basate sull'odio e sul razzismo, noi creeremo solo i presupposti per altro odio e violenza che si ripercuoterà, inevitabilmente sulle future generazioni. Questo è! Non volerne prendere atto, nascondere la testa sotto la sabbia o, ancor peggio, attivare comportamenti di guerriglia e di caccia al negro, l'extracomunitario, l'altro da noi, non servirà, non solo a salvarci, ma ci porterà in un abisso senza fine. Questo è quello che dobbiamo comprendere, ci piaccia o no ed è questo quello che la Storia ci insegna e se noi commetteremo gli errori che furono commessi in altre terrificanti occasioni, perderemo tutti. Tutti! Chiaro! Con un aggravante terribile però rispetto al passato: la Terra su cui viviamo ha problemi gravissimi, causati sempre da Noi, e la sopravvivenza nostra è in serio pericolo e mentre qualcuno cerca di farci vedere la luna, noi continuiamo a guardare il dito. E il dito sono i nostri problemi egoistici; sono se è più giusto dare una casa ad un italiano o ad un negro, o rumeno che sia. Per favore, siete gente di intelligenza e cultura ... quell'intelligenza e quella cultura usatela non solo per suonare o comporre!
  4. No Simone, i mulini a vento a cui io alludo sono il mio essere sempre in direzione Ostinata e Contraria, è di quello che sono un po' stanco e sfiancato! Tu non c'entri nulla e dunque ti prego di non sentirti offeso, almeno per quello! Comunque sia: Sì Simone con amicizia!
  5. Simone, scusami ma sono un po' stanco di combattere con i mulini a vento e dunque mi limiterò nel dirti questo: aldilà delle ragioni o dei torti la Storia ci ha insegnato che ci sono fenomeni epocali a cui noi non possiamo fare nulla. Le nostre generazioni stanno vivendo uno di questi: come nel 476 i Barbari, stanno invadendo il nostro territorio e noi non possiamo fare nulla per contrastare questo fenomeno. Possiamo cercare di governarlo al meglio per far sì che un domani, la mala gestione del tutto porti a conseguenze ben più gravi di quelle attuali. Io penso che chi ragiona come te sbagli e crei i presupposti per creare odio che si riverserà nelle generazioni future. Spero di sbagliarmi, ma la Storia mi insegna anche questo. Mi capita spesso di ascoltare notizie che mi mettono una grande tristezza e malinconia e sempre mi viene in mente il Dies Irae Lacrimosa della Messa da Requiem di Verdi, non solo perché è meravigliosamente bello, ma perché riesce ad esprimere quel sentimento di compassione per l'umanità (tutta compresa) che ho in questo momento.
  6. Guerra fra poveri... sempre purtroppo guerra fra poveri! No! Non c'è salvezza! I secoli passano. la Storia insegna ma...non c'è salvezza!
  7. In attesa di Claudio, dico la mia su quest'opera che amo particolarmente, a parte il finale che non è di Puccini e che non sopporto. “Turandot” è la tredicesima e ultima opera di Giacomo Puccini. In essa convivono influssi di Debussy, di Stravinskij. Si tratta, dunque, di una ricerca musicale spesso inusuale a quella fino a quel punto elaborata dal compositore. La grandezza musicale della “Turandot” sta nel suo offrirsi come frutto dai molteplici sapori di una stagione operistica ormai esaurita. Il compositore riiuscì a fondere mirabilmente bellissime arie di stile ottocentesco quali “Non piangere Liù”, “Nessun dorma”, “Signore ascolta”, “Tu che di gel sei cinta”, “In questa reggia”, con un aggiornatissimo respiro corale e una squisita e moderna orchestrazione. Già fin dall’inizio, dopo che il Mandarino annuncia la legge di Turandot, la folla con accenti barbarici, è accompagnata da una musica che ricorda lo stile stravinskjano di quegli anni. Poco dopo il sublime “Inno alla luna” è impregnato di una sonorità tipicamente debussyana. Seguono poi passaggi politonali, melopee dal gusto sacrale, scale pentatoniche, orientaleggiamenti ed altro ancora, il tutto accompagnato da un’orchestra veramente possente mai prima usata dal compositore. Il motivo della grandezza musicale di “Turandot” sta, secondo me, proprio qui: nel sapersi offrire come un frutto dai molteplici sapori in una stagione operistica ormai esaurita, ormai inesorabilmente al tramonto e, come molti sostengono, la tomba di Liù fu anche la tomba del melodramma italiano. Purtroppo dove Puccini si impantanò fu nel libretto. L'opera, infatti, non fu terminata per causa della sua morte come solitamente si afferma o si pensa, ma proprio perché il compositore non sapeva come fare per terminarla. Già dal 1923, Puccini si era fermato alla tragica morte di Liù perché il dilemma, fu a quel punto, quale conclusione degna potesse avere l’opera dopo quell'evento tragico, di cui il responsabile, seppur indiretto, era Calaf? D'altra parte, in quel rebus, il compositore si gettò proprio lui stesso. Fu lui a volere vistose variazioni rispetto all’originale fiaba di Carlo Gozzi e fra queste, la più importante, fu l'introdurre la figura di Liù, - che nella fiaba originale non c’è – donna che riunisce in sé due funzioni: fido sostegno di Timur e d'innamorata segretamente di Calaf. (In Gozzi al posto di Liù c’è Adelma, principessa tartara, schiava favorita di Turandot). Questa situazione sconvolge completamente la situazione: Adelma è rivale in amore di Turandot ma è un personaggio completamente negativo, e le sue trame che ordisce per portare via Calaf a Turandot sortiscono l’effetto contrario di far si che questi se ne innamori. Ma è proprio nel finale che avviene, di conseguenza, uno sconvolgimento totale. In Gozzi l’aspirante suicida è Calaf che, vedendosi scoperto, minaccia di uccidersi e a salvarlo è Turandot. In Puccini invece, come si sa, chi veramente si suicida – o meglio, si fa uccidere - è Liù e questo come atto estremo di un amore che sa di non poter consumare. Puccini, molto comprensibilmente, si trovò in forte imbarazzo sul come fare a terminare l’opera e si bloccò. Quel che è certo che il finale poi fatto da Alfano è veramente inappropriato e assolutamente non convincente. Ci sono direttori che, come il grandissimo Toscanini alla sua prima avvenuta nel 1926, si ferma alla morte di Liù ma, molto più recentemente, nel 2001, il Maestro Luciano Berio, approntò un nuovo finale, eseguito per la prima volta il 24 gennaio 2002 alle Isole Canarie con la direzione di Riccardo Chailly. Dal mio punto di vista è un bellissimo finale e assolutamente appropriato e, a tal proposito, propongo alcuni passi di un’intervista che Berio rilasciò a Sandro Cappelletto sul giornale “La Stampa”: Cappelletto: Maestro Berio, è stata la malattia a fermare Puccini?» Berio: «No, è stato il libretto, che definirei vergognoso. Lui aveva capito che dopo la morte di Liù non poteva terminare in gloria con un duetto d´amore tra Calaf e Turandot. Ha lasciato delle precise indicazioni in questo senso: "Turandot finirà pianissimo". Questa nuova Turandot finirà esattamente così» Cappelletto: «Nel suo lavoro ha tenuto conto degli appunti, degli schizzi di Puccini?» Berio: «Naturalmente sì. Gli appunti sono numerosi e interessanti, spesso disordinati e qui e là addirittura sperimentali, con accenno di una serie dodecafonica. Sono anche ritornato a momenti precedenti, soprattutto al primo atto, che è un capolavoro». Cappelletto: «Ascolteremo - solo - Puccini o i suoi frammenti incontreranno spunti, cellule creative di altri compositori?» Berio: «Le prime due battute di Turandot propongono una vera e propria cellula generatrice dalla quale derivano riferimenti alla Settima Sinfonia di Gustav Mahler e ai Gurrielieder di Arnold Schönberg. E, a non finire, al Tristano di Wagner». Cappelletto: «Tra gli appunti relativi al finale, Puccini ha lasciato un´annotazione affascinante: «Qui Tristano». Perché questo riferimento a Wagner?» Berio: «Era ossessionato da Wagner, che aveva per lui un effetto liberatorio, e dagli sviluppi armonici della sua musica. L´ultima aria di Liù, "Tu che di gel sei cinta", è preceduta da alcune battute direttamente riconducibili al Tristano. Puccini è stato, tra gli italiani, il primo musicista europeo». Cappelletto: «Che cosa gli ha impedito di essere considerato un radicale innovatore del linguaggio musicale?» Berio: «Era un uomo intelligentissimo, che mirava al successo, essendo consapevole degli eventi musicali a lui contemporanei, ma era pur sempre condizionato dal fatto che qualunque cosa facesse doveva avere successo» Cappelletto: «Ha musicato tutte le parole del libretto, oppure ha operato dei tagli?» Berio: «Non tutte, ma questa non è una novità. Dei tagli li fa, ad esempio, anche Zubin Mehta nella sua registrazione discografica. Ci sono delle parole assurde nel libretto: "Ride e canta l´infinita nostra felicità", dice il coro nel´inno conclusivo e Calaf si esprime con frasi come "La bocca fremente". E´ sempre eccitato.» Cappelletto: «Come definirebbe il carattere del Principe Ignoto?» Berio: «Un principe priapico» Cappelletto: «Nel programma di sala scritto per l´occasione, Marco Uvietta mette in risalto l´importanza di alcune sue scelte ed esclusioni, soprattutto per quanto riguarda il lieto fine del´opera, che è sempre sembrato troppo rapido, poco motivato. Come si conclude la sua Turandot?» Berio: «In modo meno diretto, meno teleologico. Turandot finisce più sospesa, come accade nel teatro orientale, senza dare al racconto una finalità esplicita. Molto delicatamente, poco prima della fine, ritornerà il ricordo di Liù. Turandot termina con una meditazione».
  8. Simone 150 persone, su 250 posti a disposizione per un concerto con musica classica non è affatto male. Quello che mi preoccupa è quando i teatri sono praticamente vuoti, lì sì che mi preoccupa. Che la musica classica o colta che la si voglia chiamare sia un prodotto non di massa questo è, e probabilmente sempre sarà. Se mai accadesse il contrario vorrebbe dire che il mondo in cui stiamo è completamente cambiato ma questo non è pensabile. L'importante è invertire quel fenomeno che porta a fare sì che il pubblico della classica si assottiglia sempre di più. Fenomeno poi che in Italia è esponenziale. Io vorrei lasciare questa mia vita terrena sapendo che la gente che va ad ascoltare musica classica è in aumento e che i teatri o gli spazi musicali che la propongono sono in aumento. Se si riesce a fare questo si può già essere molto soddisfatti.
  9. Mi piacciono molto questi due ultimi interventi. Il primo, quello di Gilda, perché proprio in questi giorni, pensando anche a certi discorsi che leggo qui no pensato a cosa farei io se sapessi suonare uno strumento decentemente. Nella consapevolezza che con questo mio sapere non si mangia, ma proprio per la passione che mi anima, andrei nel mio Comune e mi proporrei: so suonare il... sono a vostra disposizione per suonare nel nostro piccolo teatro. Non chiedo nulla se non la sala a disposizione, offerta libera e l'incasso è il mio. Unico scopo: incuriosire, invogliare ed educare il pubblico alla musica.
  10. Bravissime! La pianista che stando sdraiata sul seggiolino suona con le mani all'indietro ricorda poi la scena del film Amadeus, quando Mozart esegue Bach, se non ricordo male.
  11. Penso - e lo dico con profondo rammarico - che il Maestro abbia ragione.
  12. Scusami Faria è probabile che io non me lo ricordi bene, ma io non riesco a inquadrare la Danza macabra nel film Fantasia. C'è l'Apprendista stregone di Dukas con un favoloso Topolino... oppure, sempre in tema di morti che ritornano c'è Una notte sul Monte Calvo di Musorgskij... Ricordo male?
  13. Maderna ovviamente non Madera, mi è scappata una n! Ascoltami pestatasti, se ti riferisci a me, sono io che mi scuso con te se ti ho dato quell'impressione che era tutto il contrario di quello che sono le mie intenzioni anche perchè, credimi bene, qui l'ignorante sono io. In realtà io ho cercato di evitare per l'ennesima volta la contrapposizione tonalità/atonalità partendo in primis da quello che diceva il maestro Celibidache e poi dalla domanda che tu ponevi, cercando di deviare il discorso ... oltre. Non ci sono riuscito? l'ho fatto male? E' probabile ma non volevo certo offendere la tua sensibilità e tanto meno la tua intelligenza e dunque... mi dispiace e ti prego di continuare ad intervenire.
  14. Probabilmente è vero che il mondo della musica colta ha bisogno di un cambiamento ma non credo che basti una mano di bianco sulla superficie. Se bisognerà fare una rivoluzione bisognerà farla in maniera molto più profonda, altro che “cambiare l’involucro per non cambiare la sostanza Ho letto tutto ma jon ho visto la trasmissione perché da qui non ci riesco. Penso di avere però compreso il problema che è anche non una novità! Allora io partirei da questa frase che però nell'articolo in questione è la fine e non ha risposta. Cosa fare per far sì che la musica colta non muoia? Penso che innanzi tutto dovremmo domandarci se il sempre più assotigliarsi di coloro che ascoltano musica colta è un fatto irreversibile o meno, legato ai cambiamenti culturali ecc ecc.. Una volta risposto a questa domanda, nella speranza che la risposta sia negativa, dobbiamo però cominciare ad individurare come arginare invertire quello che è, allo stato attuale, un dato di fatto. A me vengono in mente due cose per adesso: 1) l'educazione musicale, come dice Simone, è certamente esenziale e in questo, non può che farsene carico chi è preposto o dovrebbe essere preposto a farla: gli insegnanti musicali scolastici e non scolastici e questo, nella speranza ovviamente, che la musica diventi patrimonio di ogni ordine di scuola.- è inutile contare sui genitori su questo - Non è certo sufficiente insegnare l'educazione musicale facendo una piccola infarinatura di storia della musica - spesso male - e insegnando le più elementari regole pratiche per leggere e suonare la musica come si fa alle medie. Come è altrettanto insufficiente quello che spesso fanno gli insegnati di uno strumento verso i propri alunni. Sono loro che in prima persona devono saper trasmettere la passione per la grande musica, ammesso e non concesso che ce l'abbiano però. 2) PIù che all'abbigliamento e agli applausi fra un movimento e l'altro - che possono starci perchè no? Una volta a teatro si mangiava anche - perché non cominciare a pensare a spazi promiscui - che potrebbero essere anche gli stessi enti lirici - dove si può accedere e ascoltare qualsiasi tipo di musica, senza limiti e preclusioni? Chissà? Forse questo potrebbe cominciare a sbloccare qualcosa! Naturalmente con prezzi molto competitivi!
  15. Io invece sono completamente d'accordo con Bianca e mi piace tanto quel suo paragone con il biscotto e il cibo in particolare. Voglio dire, ritornando alla domanda di Pestatasti - a me non piace però chiamare la gente con questi nomi! - continuiamo in questa diatriba stanca fra tonalità e atonalità, generalizzando, facendo di tutto un'erba un fascio: da una parte la tonalità tanto bella e giusta e dall'altra l'atonalità solo rumore o non musica. Epperò c'è un però. C'è gente che ama molti dei compositore atonali. E questo amore è tanto più sincero se è, come nel caso del biscotto di Bianca, nato a prescindere da tutti i dati tecnici. A me piace da matti Luigi Nono - so che a molti di voi non piace - e non sopporto Madera. E questo a prescindere da qualsiasi dato tecnico! Per me non esiste più la tonalità e l'atonalità, esiste la musica senza confini con i suoi compositori: molti mi piaciono e molti altri no!
  16. A me sembra la riproposizione del caso Taboga di qualche anno fa relativo alle opere di Mozart che sarebbero di Luchesi fra le quali la Jupiter....e cioè una bufala pazzesca. Ragazzi, stiamo parlando, fra le altre cose, delle Variazioni Goldberg e cioè a dire uno dei massimi monumenti della musica. Voglio dire le Variazioni Goldberg non le poteva comporre chiunque ma ...solo Bach! Vogliamo fare una scommessa: di questa cosa fra un po' di tempo non se ne ricorderà più nessuno!
  17. Scusami ma mi è venuto uno scrupolo: il mio baaa è rivolto a tutto il contesto non a te FranK.
  18. In attesa di Frank che mi sembra abbia, in realtà, già detto esplicitamente quel che pensa: da più igorante di Pesta, continuo a pensare che è inutile da questa contrapposizione, tonalità/atonalità non se ne uscirà, almeno ancora per ... un PO' Il mio consiglio è dunque quello di ascoltare quella musica che uno crede meglio perché è inutile cercare risposte in altri se non in noi.
  19. Beethoven ti cambia la vita! Lo diceva il grandissimo Piero Farulli Ma ora lo dicono anche i componenti del Quartetto di Cremona. Io non posso dire se Beethoven cambia la vita visto che nella mia è presente fin da quando ero in fasce e non mi ha mai abbandonato. Certo però posso dire che in quei tanti momenti di sconforto - e sono stati tanti - ho pensato sempre: per fortuna che c'è Beethoven.
  20. En passant... Io penso che sia - o resti - estremamente difficile dare una definizione di questa estetica musicale. Penso che la risposta più sensata sia stata data da Réné Leibowitz: è soprattutto una scelta di soggetti. Si può definire Opera Verista in quanto creata su un libretto che tratta di avvenimenti "di tutti i giorni" (preferibilmente contemporanei), e cioè avvenimenti semplici e "veri" senza che vi intervenga la minima volontà di stilizzazione. E proprio per questa difficoltà nel definire un'opera verista trovo che questa tua affermazione, Claudio: sia condivisibile e non lo sia allo stesso tempo, anche se sono più per la condivisione. Provo a spiegarmi, non posso pensare che tante penne importantissime della critica e storiografia musicale - a cominciare da Rubens Tedeschi che fra l'altro non ama assolutamente l'opera verista, tutt'ora che ha compiuto i 100 anni: auguri mio amato critico musicale - abbiano detto e scritto stupidaggini, penso invece che ci sia stata, più probabilmente una mancata analisi più approfondita delle opere post-verdiane: Il che ha fatto sì che se ne sia fatto po' tutto un calderone, questo sì, da cui emerge, - e giustamente - solo la figura gigantesca di Puccini. Ecco su questo ci metterei tranquillamente le mani sul fuoco: Mascagni fu un compositore da un'opera e... qualche pezzo e aria in qua e là. Ma non di più!
  21. Non sarò a Roma fisicamente ma sarò vicino a tutti Voi spiritualmente. Mi interessa però sapere da dove è nata l'esigenza e il perché del comporre queste due brevi cadenze. Mio caro Simone tu abiti vicino a Roma e come si sa, il buon Romolo e il meno buono remolo furono adottati e allattati da una LUPA. Ora, il detto "In bocca al lupo " deriva proprio da lì, dagli antichi romani, come segno di bontà e protezzione e speranza. Noi, posteri, ad un certo punto quel povero Lupo - e cioè la LUPA - abbiamo deciso di farla crepare. So ormai bene che tu sei molto sensibile rispetto a problemi ecologici e i lupi - che fra l'altro sono magnifici animali - sono a rischio di estinzione per colpa, come sempre, nostra. Allora cari tutti, riabilitiamo il vecchio detto latino che è tanto bello e ...facciamo vivere il lupo che lo è ancora di più.
  22. Forza dunque Luigi, a te la parola che sono tanto curioso!
  23. Con una casa così, ... perché morire!!!
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