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Piano Concerto - Forum pianoforte

Raphaël Cendo - Scratch data (2002)


RedScharlach
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Raphaël Cendo (1975), assieme a Franck Bedrossian, è l'esponente principale della saturation (in italiano saturazionismo), corrente compositiva che negli ultimi anni ha conosciuto un certo successo, diventando ben presto un clichè, un marchio di fabbrica utilizzato in modo più o meno intelligente da chi vuol essere "alla moda".

Il brano che propongo lo ho ascoltato stasera per la prima volta. NON è un esempio di saturation: è del 2002, e di saturazione sento ancora poco o nulla. Mi ha colpito per la sua freschezza, per l'estrema chiarezza formale, per l'integrazione efficace di strumenti ed elettronica.

Ecco le note di presentazione.

 

Scratch Data
développe un matériau unique qui est exposé dès le début de la pièce et qui ne cessera de se transformer au cours du temps. Formalisées en partie avec OpenMusic, ces différentes couches de développement, issues du même matériau, sont sans cesse perturbées par des accidents électroniques qui viennent contraindre le discours musical.

Les répétitions qui en sont déduites ne sont que le fait de ces perturbations constantes qui semblent – malgré la vitesse - ralentir le discours. L’électronique, ici, n’est que l’ombre de la percussion, un faux-semblant étrange, un miroir déformant dans lequel l’instrumentiste semble se démultiplier.

 

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Dirò una cosa un po' forte riallacciandomi al brano di Bertrand e Billone di cui avevamo già parlato...e ancora in favore di Bertrand versus Billone e Raphaël Cendo.

 

Mi chiedevi cosa avesse Bertrand in più di questi ultimi 2...ebbene, di Bertrand ricordo molto di più e di questi nulla. Non so come spiegarlo ma è un po' come se incontri una donna...precisa, perfetta, con tutte le cosucce a posto ma dopo una notte insieme non ti ricordi neanche che faccia aveva...e invece quella donna che hai visto sono 10' in metropolitana, normalissima e neanche troppo perfetta, te la ricordi per tutta la vita.

...sarà captato a qualcuno, no? Ecco, stessa sensazione...

 

Se consideriamo anche il brano di Steen-Andersen, fra i citati questo mi è rimasto più impresso...ma devo dire la verità, più la "figurazione" che la musica...

 

Insomma, non riesco proprio a prendere veramente il giro con la musica (in quanto tale)... :(

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A voi non sembra eccessivamente ripetitivo?

 

Una quota di ripetitività è determinata dall'idea del brano, che mima alcune caratteristiche del digitale (in alcuni momenti sembra di sentire il cd che salta!). Questo per quanto riguarda la superficie, il dettaglio.

Per quanto riguarda la forma globale, l'idea è compatta, gli elementi sono pochi. Francamente preferisco un eccesso di ridondanza a un eccesso di dispersione. Ovviamente si tratta di gusti personali: per me il brano è sicuramente ripetitivo, ma non troppo ripetitivo!

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per me il brano è sicuramente ripetitivo, ma non troppo ripetitivo!

 

E' in effetti è soggettivo anche questo, ma chi ci dice che veramente non è troppo ripetitivo? A me sembra infinitivamente ripetitivo, durante il primo ascolto ce l'ho quasi fatta...al secondo ascolto mi aveva già detto tutto.

 

Secondo me ci sono cose fatte per essere risentite, per cui nonostante la ripetizione, anche massiccia, uno ha una certa gratificazione...altre meno. Adesso non dico che sia questo il caso, ma quando pochi minuti fa ho premuto su play... :wacko:

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Un po' come nel caso di Corghi, mi convince poco.

 

preferisco un eccesso di ridondanza a un eccesso di dispersione.

Forse questo è il punto, non sono certo che l'arte contempli la ridondanza. Semnmai il "giusto" ... ma anche il "bello", l'essenzialità, ed altro. Nessuna grande opera ha qualcosa di ridondante e fuori posto. In questa proprio ci vedo tutto fuorchè le caratteristiche sopra elencate.

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Forse questo è il punto, non sono certo che l'arte contempli la ridondanza. Semnmai il "giusto" ... ma anche il "bello", l'essenzialità, ed altro. Nessuna grande opera ha qualcosa di ridondante e fuori posto.

Mi sembra che ci sia un problema lessicale. La ridondanza, in sé, non ha alcuna connotazione negativa. Si tratta di un termine abbastanza corrente nell'ambito della musica contemporanea (ma anche ad es. nella teoria dell'informazione, dove ovviamente non è utilizzato in senso spregiativo!!). Indica, in parole molto povere, la quota di ripetizioni di un dato elemento all'interno del proprio contesto. La ridondanza - intesa in tal senso - è fondamentale in musica, ed è presente nella stragrande maggioranza dei casi. Arte o non arte, Bach è estremamente ridondante, e molto spesso anche Beethoven... Per contro, un caso di scarsa ridondanza è la musica di Webern, soprattutto per quanto riguarda i brani più brevi.

La ridondanza, in sé, non ha nulla contro l'essenzialità e lo "stare a posto"... Quanto al giusto e al bello, lascio giudicare a te.

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Tutto vero, ma la famosa regoletta (di fatto e possiamo dire "artistica") del 3 vale quasi sempre ... e del resto Webern....si è auto estinto nella sua aforisticità, sono rimaste solo le sue idee (non male, è)...ma in fin dei conti, mi capita sempre più spetto di incotrare persone che ascoltano solo la Passacaglia e le sue opere dove fa ricorso della voce...un motivo ci sarà? No?

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Carino il discoso sulla ridondanza

 

Lego da http://it.wikipedia....wiki/Ridondanza (so che non è il massimo, si accettano proposte)

 

La ridondanza è l'essere sovrabbondante, eccessivo o non necessario. Il termine ha varie accezioni:

1. Ridondanza in linguistica, l'uso di parole la cui omissione non costituisce una sostanziale perdita di significato.

2. Ridondanza in ambito tecnologico, aggiunta di parti duplicate per aumentare l'affidabilità.

3. Ridondanza in psicologia: secondo la teoria proposta da Watzlawick, in riferimento alla Pragmatica della comunicazione umana, questo termine sta ad indicare la ripetizione di schemi comportamentali che osserviamo durante un'interazione.

 

 

Ecco che, al contrario...tanto per cambiare:

3) Chi ha studiato sociologia mi correggerà, ma la ripetizione dei schemi comportamentali non è un vantaggio

2) sicuramente un accezione positiva (ma non sposta il valore dell'introduzione)

1) la prima mi sembra il caso al quale si fa appello nel parallelismo con la lingua...

... ma:

 

Io sostengo che la musica ha senso (e non uno solo) e non significato per cui la definizione 1 non è propriamente attinente perchè il senso di questo brano è dato dalla ripetizione...

 

Forse ci si riferisce ai casi all'introduzione proposta da wiki....ma un collegamento (fra le righe) al significato ce lo intravedo lo stesso...personalmente parlando a me non fa impazzire, però non essendo passato molto tempo da quando è stato scritto non sono in grado di dire se è solo un mio problema o del brano stesso...il tempo darà le sue ragioni. Certo che se non piacesse a nessuno degli addetti ai lavori (ovvio, non mi riferisco solo a questo forum) ... la cosa sarebbe patologica...

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O meglio (perché non si è mai troppo precisi :) ) in molti contesti il termine ridondanza ha senz'altro una connotazione negativa: in linguistica, ad esempio, dove l'elemento ridondante è l'elemento superfluo poiché non aggiunge nulla al contenuto informativo del messaggio; oppure in letteratura, dove la ridondanza si riduce in genere a mero vezzo estetico.

In musica - a mio parere - la ripetizione di un elemento non è in sé né positiva né negativa: la veicolazione di un possibile senso non è determinata dal significato di un elemento formale (quale sarebbe il significato della cascata di suoni che apre Scratch Data?) e il fatto di ripetere tale elemento è una scelta estetica. In determinati stili la ripetizione (ridondanza) è tollerata e magari ricercata (una Fuga di Bach è estremamente ridondante a livello tematico, una Sonata di Beethoven è estremamente ridondante a livello motivico ma magari è scarsamente ridondante a livello ritmico, ma il discorso cambia da brano a brano); in altri stili la ridondanza è aborrita (Webern, come dicevo); in altri casi, la ridondanza è la base della costruzione del senso (il minimalismo, ovviamente). Diciamo che in termini di ridondanza Scratch Data si pone in un qualche punto intermedio fra il minimalismo puro e Bach.

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Non voglio commentare il brano proposto, ma vorrei solo, ancora una volta (non demordo tanto facilmente :) ) far notare che se si va troppo dietro alle parole si finisce col fare dei sofismi, là dove forse basterebbe un piccolo sforzo per capirsi. A me pare che qui semplicemente Rotore abbia usato “ridondanza” in uno dei tanti sensi in cui qualunque termine può essere utilizzato per esprimere un certo significato. In sé i termini sono come gli strumenti, né buoni né cattivi, dipende dall’uso che se ne fa. Quindi investigare filologicamente su quale sia la connotazione di una parola è abbastanza superfluo. Rotore credo volesse semplicemente dire che qui la ripetitività o la sovrabbondanza di qualche elemento o aspetto non gli piace un granché (almeno io ho inteso questo) e cercare di convincerlo o addirittura dimostrargli che la ridondanza ha anche aspetti positivi, non gli dimostrerebbe comunque che in altri casi (come in questo) non ce li ha.

Più importante poi per me, è la vexata quaestio sul senso e sul significato in musica. Non mi permetto certo di discutere qui di questo argomento, ma, tanto per dare qualche spunto di riflessione, mi piacerebbe ancora ricordare (anche se l’ho già fatto altrove) che non vi può essere senso senza un significato, almeno se stiamo parlando del termine senso utilizzato in logica o in linguistica. Il senso è proprio il modo in cui può essere espresso un significato. Per cui dire che qualcosa ha un senso e non un significato è in qualche modo una contraddizione. So bene che questo è un fraintendimento che, come tanti altri, è sorto nel momento in cui termini specifici sono stati traslati da una materia a un’altra in modo poco accorto. Probabilmente in questo caso si è anche sovrapposta la confusione portata dalla distinzione tra connotazione e denotazione. Ma se si vuole dire che una data musica non ha un riferimento materiale esteriore (ammesso che sia possibile) si dovrebbe dire semplicemente proprio questo, cioè che una data musica non ha nessun riferimento preciso e inequivocabile. Non bisognerebbe poi neppure sottovalutare l’aspetto ermeneutico ossia che non ci può essere interpretazione se non di un significato. E molto altro… Il fatto che un’espressione non determini un significato univoco (cosa anzi assai rara, e nota causa di fraintendimenti), non significa che non determini alcun significato. Credo siano punti da considerare prima o poi, oppure si rischia di rimpicciolire enormemente il campo altrimenti sterminato della semantica e perdersi una grossa fetta di piacere (…intellettuale intendo :) ).

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A me pare che qui semplicemente Rotore abbia usato “ridondanza” in uno dei tanti sensi in cui qualunque termine può essere utilizzato per esprimere un certo significato. In sé i termini sono come gli strumenti, né buoni né cattivi, dipende dall’uso che se ne fa.

Senz'altro. Capita però che in certi lessici alcuni termini abbiano significati tecnici specifici: è il caso di ridondanza, un concetto abbastanza diffuso nell'ambito della musica contemporanea... e visto che di musica contemporanea stavamo parlando...

 

e cercare di convincerlo o addirittura dimostrargli che la ridondanza ha anche aspetti positivi, non gli dimostrerebbe comunque che in altri casi (come in questo) non ce li ha.

D'altra parte, io non intendo dimostrare che la ridondanza in musica abbia in sé aspetti positivi o negativi. Voglio semplicemente notare che è una parte costitutiva di moltissimi stili musicali (non tutti, ma la maggior parte). Ma ciò, Rotore già lo sapeva: ha ricordato infatti la "regoletta del tre", che mi sembra un esempio abbastanza calzante (fra parentesi, anche Cendo mostra di conoscerla).

 

Per cui dire che qualcosa ha un senso e non un significato è in qualche modo una contraddizione.

mmm ... forse in questa "contraddizione" risiede la specificità della musica (forse!) ...

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Dal mio punto di vista la musica non può avere significato ma può avere senso (e anche tanti sensi) ed essere connotata. Dato che Bianca non demorde ( :) ) mi piacerebbe partire dagli esempi per rendere più concreto il discorso...uno studio di Chopin potrebbe andare bene?

 

Ad esempio, se possibile, qualcuno mi illustrerebbe il suo significato?

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Senz'altro. Capita però che in certi lessici alcuni termini abbiano significati tecnici specifici

 

Esatto. proprio come per senso, quando lo si accompagna a significato, lo si colloca subito in un ambito specifico che è quello della logica, e come tale l'interlocutore che ha una competenza in materia lo riceve.

Per quanto riguarda la ridondanza in genere, personalmente, nella musica io non lo vedo a priori come un aspetto negativo, al contrario. E probabilmente nemmeno Rotore (per esempio se gli piacesse il barocco....). Notavo solo che qui lui gli dava una connotazione non positiva, che può benissimo avere. Ossia, se qualcuno trova che qui ridondante non porta positività, non è ricordando che da altre parti la ridondanza è positiva che si può confutare il suo giudizio (e non parlo solo di gusto...). Mah, non so se mi sono spiegata... :mellow:

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Dal mio punto di vista la musica non può avere significato ma può avere senso (e anche tanti sensi) ed essere connotata. Dato che Bianca non demorde ( :) ) mi piacerebbe partire dagli esempi per rendere più concreto il discorso...uno studio di Chopin potrebbe andare bene?

 

Ad esempio, se possibile, qualcuno mi illustrerebbe il suo significato?

 

Frank, io capisco cosa vuoi dire. Mi piacerebbe però che provassi a vedere la cosa anche sotto altri punti di vista. Quello che ho detto prima non riguarda solo la musica. Immagina che non stiamo parlando di musica. Senso e significato si usano in quel modo, non si può parlare di senso senza parlare di significato. In logica matematica (quindi non semplicemente in linguistica) che credo sia la materia più formale che l'uomo abbia inventato, non si fa certo a meno di concetti semantici, anzi non se ne può proprio fare a meno. Quelli che hanno inventato i linguaggi formali erano stati mossi proprio dall'intenzione di ridurre, ad esempio nelle dispute di carattere filosofico, le possibilità di fraintendimento dovute dalle possibili differenti interpretazioni di significato, non dall'intento di cancellare i significati.

Mi chiedi di illustrare il significato di un brano. Non c'è necessariamente il significato o un significato di un brano, ce ne sono innumerevoli. Ciascun interprete darà il suo proprio durante la sua performance. I significati non sono solo pezzi di materia, ma tutto quello che con un segno si indica, in qualche modo tutto quello che in quel momento non svolge la funzione di segno, poiché anche un segno può essere un significato.

Nella musica occidentale uno dei campi di significato più frequenti, ma non il solo, è la sfera delle emozioni. In altre culture vi sono campi semantici anche più definiti e determinati. In una ipotetico esperimento potrei assegnare a ciascun evento sonoro di una serie una specifica e inequivocabile corrispondenza di qualunque genere, e così via.

Se vogliamo lasciar perdere la logica matematica, campo che posso capire appaia ostico, si potrebbe per esempio partire dagli ottimi lavori di Piaget, per esempio sulla formazione nei bambini dei concetti logici e fisici.

Se invece spostiamo l'attenzione su quanto in musica si possano distinguere i concetti di denotazione e connotazione, il discorso è sicuramente più percorribile e i margini di opinione più larghi, forse.

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mi rintrometto...secondo me ti riferisci sempre al senso, anche se sei inconsapevole :)

 

Certo, può essere ovviamente. Ma potrebbe anche essere il contrario :) . Io non posso che esortare nuovamente a una rilettura dei "classici" dell'argomento. Poi anche loro possono essere contestati ovviamente, in genere sono la prima a farlo ;). Basta mettersi d'accordo sul vocabolario da usare. Se però attribuisci a Sinn l'uso che si fa di Bedeutung dovrai trovare un posto per quest'ultimo, oppure cancellarlo dal vocabolario, sapendo che però dovrai colmare la lacuna lasciata dal primo...

Ma, senza andare tanto lontano, hai mai provato a vedere su un'enciclopedia alla voce "senso"?

Oppure scomodandosi ancora meno, prova a darmi una tua definizione chiara di "senso". Io la "mia" (ché mia non è) l'ho ripetutamente data, e se non piace si può benissimo cambiare (non so quanti logici sarebbero però disposti a farlo però ;)).

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Bianca, non può essere il contrario perchè per ottenere un significato ci si deve "invischiare" con la semantica...che la musica non può avere.

 

Magari avessi coniato io l'assunto che la musica è un arte asemantica, sprovvista della quale (la semantica) per definizione non può avere significato...

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Bianca, non può essere il contrario perchè per ottenere un significato ci si deve "invischiare" con la semantica...che la musica non può avere.

 

Magari avessi coniato io l'assunto che la musica è un arte asemantica, sprovvista della quale (la semantica) per definizione non può avere significato...

 

che dire, di fronte ai dogmi ci si deve solo inchinare :P

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Un'ultima osservazione di "artigianato". Trovo molto efficace la coreografia del gesto iniziale, con il suo percorso sinistra-destra dal vibrafono fino ai piatti, e poi all'indietro dai piatti fino ai wood blocks. La sequenza vibrafono - boo bams - tom toms - piatti - vibrafono - boo bams - wood blocks è tenuta assieme dal ritmo incalzante e dal movimento che dall'acuto scende al grave e poi risale. L'aspetto interessante è che il gesto iniziale, ripetuto tre volte, crea una specie di superstrumento dato dalla somma dei suoi cinque componenti che vengono trasformati in un'unica fonte sonora, compatta e allo stesso tempo molto ricca a livello timbrico. Questo aspetto secondo me è molto efficace.

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