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Piano Concerto - Forum pianoforte

Il Valore Musicale Di Una Composizione


Pio
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Secondo voi quali sono i parametri per stabilire il valore musicale di una composizione?

Intendo, paragonando un brano da discoteca con uno di musica classica, come se ne dimostra il maggior valore di una sull'altra?

 

Il fine sarebbe quello di fornire maggiori elementi a chi non è addetto ai lavori e far rivalutare il repertorio classico?

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Argomento estremamente difficile da risolvere e motivare. Già in passato ne abbiamo parlato prendendo come esempio "la società dei magnaccioni", probabilmente potremmo stare qui a parlarne fino alla fine dei tempi ed una spiegazione di valore oggettivo non riusciremmo ad ottenerla.

Posso dirti come ho giustificato io alcune considerazioni... Il mio approccio è stato piuttosto relegato al "buon senso" come ha ben giudicato un mio post il caro Frank .

La mia spiegazione verteva su un confronto di attitudini in ambito compositivo più che sui risultati degli scritti. Ed ho posto un Beethoven con una macchina del tempo che venisse a trovarci ai giorni d'oggi con la tecnologia di oggi in ambito musicale messagli a disposizione da uno studio di registrazione. A questo punto si prende un DJ: Albertino, Tiesto, chi vuoi tu, comunque qualcuno che faccia musica da discoteca. A Beethoven gli facciamo ascoltare per un giorno la musica da discoteca e la stessa cosa facciamo con un DJ facendogli ascoltare una sinfonia. A questo punto chiediamo a Beethoven di scrivere una musica da discoteca (mettendogli ovviamente a disposizione qualcuno che utilizzi un pc e che non corregga nulla ma faccia solo quello che gli dice Beethoven, compresi riascolti), la stessa cosa facciamo con il DJ chiedendogli di scrivere una sinfonia utilizzando per aiuto solo un pianoforte e carta pentagrammata... Per fare un parallelo che si rispetti dobbiamo mettere in condizione di far lavorare Beethoven come lavorano i DJ oggi e, allo stesso modo, i DJ di oggi nelle condizioni in cui si trovava a comporre Beethoven (Gli risparmiamo la sordità che è già tanto).

Mi sembra chiaro che il ragionamento parli da solo...

Valutare la cosa in modo oggettivo come ti dicevo è un argomento che non porta da nessuna parte, spigoloso e senza possibili risvolti. Convincere della superiorità di un genere rispetto all'altro è impossibile. Quello è un genere e l'altro è un altro, come fai a comparare la torta di mele con gli spaghetti cacio e pepe ? C'è chi potrà dire la torta è più buona ci vuole più tempo per farla, richiede più ingredienti, più competenze ma alla fine c'è sempre chi non ama i dolci e preferisce 100 volte di più una buona gricia (ecco, a patto che comunque sia buona). :lol:

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Prima ti rispondo da "studioso":

se si vuole fare una "valutazione" di un brano bisogna decidere a priori limitatamente a cosa la stai valutando. Il concetto di valore è un concetto variabilissimo, ci sono valori economici, emotivi, culturali, storici, e sono tutti valori importanti. Ci sono pezzi innovativi e molto ben scritti che non hanno avuto valore storico, perché sono stati perduti per anni o perché sono stati scritti in un periodo già pieno di altri capolavori o in un periodo in cui quel genere non andava più, di contro ci sono pezzi "banali", semplici e non particolarmente intriganti che hanno cambiato la storia della musica e dell'arte (l'esempio che faccio sempre è L'homme armé, una delle canzoncine più importanti della storia della musica antica e medievale, ma potremmo citare anche Fra martino campanaro o Giro giro tondo). La mia formazione mi fa dire che considero "corretto" dare valutazioni all'interno dei generi di appartenenza di un pezzo. Soprattutto se il pezzo è scritto espressamente per seguire una logica dei generi. Cioè, OGGI un pezzo hip-hop è solo un pezzo hip-hop, e non ha senso valutarlo con criteri quali, non so, la ricchezza armonica o la varietà timbrica. Ci sono pezzi espressamente cross-over, ovvero a cavallo di più generi, ma la stragrande maggioranza della musica di oggi, quella detta "commerciale" ma che avrebbe più senso limitarsi a chiamare "pop", segue una stretta logica di genere. Quando il giudizio si limita al genere riesce, incredibilmente, ad essere più serio. Se dico che un pezzo è il miglior pezzo della storia, è praticamente impossibile dimostrare la mia affermazione. Ma se dico che il CD dei "Vattelappesca" è il più interessante CD death-metal uscito in Italia nel 2012, ovvero limitando molto l'ambito del mio giudizio, allora il mio giudizio acquista più valore, è più facilmente dimostrabile, basta conoscere tutti gli altri CD di quel genere usciti in quel posto in quell'anno.

 

Risposta molto personale.

Valutare la musica non serve quasi a nulla, soprattutto nelle lotte d'opinione. La mia esperienza personale mi dice che ci sono criminali cresciuti a pane e Mozart e bravissime persone che hanno ascoltato Laura Pausini per una vita. E allora, a ognuno la sua musica :) io non ascolto la classica perché è oggettivamente migliore ma perché mi piace di più :)

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Posso dirti come ho giustificato io alcune considerazioni... Il mio approccio è stato piuttosto relegato al "buon senso" come ha ben giudicato un mio post il caro Frank .

 

La presenza di questo aspetto

 

Il fine sarebbe quello di fornire maggiori elementi a chi non è addetto ai lavori e far rivalutare il repertorio classico?

 

mi porta ad approcciare al discorso in modo diverso.

 

In un contesto simile, diversi anni fa, avevo speso il seguente scritto, che sento ancora di condividere...diciamo al 90%, lo posto lo stesso nella speranza che diventi uno stimolo per la discussione

 

---------

“Se devo relazionarmi sull'argomento con un altra persona che non è un addetto ai lavori, ma "solo" un ascoltatore e fruitore del panorama musicale completo, si hanno poche alternative.

 

O meglio, intanto bisognerebbe capire se entrambi gli interlocutori sono disposti a costruire quel pezzo di ponte che permetterà ad entrambi di trovarsi e unirsi.

 

Una domanda preliminare potrebbero essere: quanti brani (in percentuale) ritieni validi sul panorama: "musica da discoteca"

E poi farei seguire un bel "cosa di questi brani ti colpisce/piace maggiormente"?

 

 

Per ogni evidenza mostrerei come nella musica d'arte questo aspetto è presente all'ennesima potenza, anche con esempini pratici.

 

Purtroppo il confronto costruttivo costa energie per entrambi, e se vuole costruire il suo pezzetto di ponte... deve investire un po' di tempo.

 

Alcune leve:

-se a lui piacesse l'elemento "melodia" prenderei un brano di Chopin, gli canticchierei i vari temi e durante l'ascolto guidato li evidenzierei

-se a lui piacesse l'elemento "ritmico" prenderei un brano di Bach, gli mostrerei cosa vuol dire varietà ritmica

-se gli piacesse la "forma" (strofa, ritornello, controcanti del coro, elaborazioni di ogni sorta, etc.), gli spiegherei cosa è "veramente" una forma

...e via dicendo per il testo, per gli aspetti tensivi, etc.

 

Il bello è che alla fine l’interlocutore continuerà ad ascoltare la musica da "discoteca"… ma almeno avrà capito quali sono gli strumenti per "valutare una composizione" ("esponente" e "maggiore presenza di tutti gli elementi (...che poi sono costrutti)").

 

A me è capitato e capita tutt'ora questo "ingrato" mestiere, e devo dire che per ora sono riuscito, chi più chi meno, a imboccare un percorso di ascolto...che si parta dal canone di Pachelbel, dal Requiem di Mozart, per Elisa di Beethoven, La marcia nuziale (anche le due che vanno per la maggiore, un bel confronto), aria sulla quarta corda, sogno d'amore di Listz, l'adagio di ”Albinoni” (che adesso :( fa molta presa) e chi più ne ha più ne metta, sicuramente qualche appiglio ci sarà ;)...la pubblicità fornisce veramente molti spunti (per fortuna, almeno questo).

 

Capita pure che l'interlocutore non gli freghi nulla di quello che dirai...il lavoro sarà molto lungo e difficilmente porterà a buoni frutti.

Però se uno volesse veramente capirlo, gli addetti ai lavori hanno veramente tutti gli strumenti senza "scadere" nel tecnico.

 

 

Frank

 

PS

Aggiungo un po' di carne al fuoco (volutamente provocatorio); stabilito che la musica deve essere fruibile a più livelli, e più livelli essa soddisfa e maggiore dovrebbe essere valevole...domando:

 

UNO

- meglio la musica delle avanguardie del '900 (che FORSE arriva all'addetto ai lavori e non al popolo): "un target in meno"

- meglio la musica di G. Allevi di turno (che arriva al popolo e non agli addetti ai lavori): "un target in meno"

 

... mi porto avanti...c'è un target che conta?

 

DUE

La musica, per essere bella, deve essere per forza geniale?”

 

---------

 

A parte le domande un po’ provocatorie finali, devo per forza quotare la risposta molto personale di Thallo

 

 

Risposta molto personale.

Valutare la musica non serve quasi a nulla, soprattutto nelle lotte d'opinione. La mia esperienza personale mi dice che ci sono criminali cresciuti a pane e Mozart e bravissime persone che hanno ascoltato Laura Pausini per una vita. E allora, a ognuno la sua musica :) io non ascolto la classica perché è oggettivamente migliore ma perché mi piace di più :)

 

 

Io, e penso voi altri, mi sono avvicinato alla musica d’arte in tenera età non perché sapessi cosa ci fosse scritto dentro, ma perché era la “mia” musica.

Questa al tempo stesso è una stoccata alla musica concettuale, che deve essere “capita” per essere apprezzata … ergo, chi all'età di 10 anni ci si avvicinerebbe, ignaro di tutto quello che può esserci dietro?

 

… butto li l’ultima cattiveria della giornata :Devil:

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  • 2 weeks later...

Io, e penso voi altri, mi sono avvicinato alla musica d’arte in tenera età non perché sapessi cosa ci fosse scritto dentro, ma perché era la “mia” musica.

Questa al tempo stesso è una stoccata alla musica concettuale, che deve essere “capita” per essere apprezzata … ergo, chi all'età di 10 anni ci si avvicinerebbe, ignaro di tutto quello che può esserci dietro?

 

… butto li l’ultima cattiveria della giornata :Devil:

 

mmhmm, sto accusando il colpo.

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Se si volesse trovare un unico termine per distinguere quella che a me piace chiamare “musica colta” - e non per un motivo di carattere meramente snobistico ma perché fra i vari aggettivi solitamente usati lo ritengo il più appropriato per i motivi che andrò adducendo – e, non tanto o non solo la musica da discoteca, ma la musica leggera o pop, penso che esso sia “complessità”. La complessità più o meno accentuata a seconda dei casi è quella che fa la differenza, fra una canzone che per quanto bella sia non potrà mai raggiungere quella di una sinfonia e ancor più di quartetti o pezzi di carattere polifonico-contrappuntistico, «ecco il vero motivo per cui il grosso della gente non ama la musica classica colta: impegnarsi nell'ascolto costa fatica.» come ha scritto il maestro Salvatore Sciarrino nel suo “Le figure della musica da Beethoven a oggi”.

Pare dunque assai improbabile poter convincere qualcuno che frequenta solo canzoni circa l'importanza di avvicinarsi a musiche che hanno come peculiarità principale rispetto a quella da loro abitualmente ascoltate, la complessità.

Fermo restando i gusti personali che devono restare sempre e comunque indiscutibili, la bellezza in musica è trasversale, nel senso può appartenere a tutti i generi musicali e non c'è nulla di strano se anche chi frequenta la musica colta, ascolti musiche di altro genere.

Tempo fa lessi – non ricordo ora dove – che “Immagine” di John Lennon era stata decretata come la più bella canzone al mondo. Non m'interessa qui discutere quanto sia lecito o giusto decidere cose simili – e altrettanto potrei dire di sinfonie o quartetti ecc. - e non conosco esattamente i termini per cui essa ha meritato questo primato, – immagino che la bellezza della melodia e il testo di grande valenza poetica e contenutistica abbiano fatto la parte del leone – quello che qui mi importa affermare è che indubbiamente è bellissima e che, questa come tante altre canzoni, la preferisco all'ascolto rispetto a sinfonie che proprio non mi piacciono.

Questo discorso lo faccio anche perché voglio sia ben chiaro che da parte mia non esiste alcuna pregiudiziale verso qualsiasi tipo di musica e che però, pavento e sono assolutamente contrario, ad una “nuova cultura” che oggi sembra sempre di più prendere piede e che tende ad omologare e a rendere conforme un po' tutto senza alcuna distinzione.

Di questa cosa ne ho avuto l'ennesima riprova leggendo sul quotidiano “La Repubblica” di venerdì 11 gennaio 2013, l'intervista ad Alessandro Baricco, musicologo, romanziere, scrittore di saggi e altro ancora. Baricco negli anni novanta scrisse un libro dal titolo “L'anima di Hegel e le mucche del Winsconsin” i cui contenuti furono da me in parte condivisi e in parte no. Se assolutamente incondivisibile mi apparse il suo finale contenente un'aperta critica a tutta la musica atonale da Schönberg in avanti, mi trovai invece in assoluta sintonia nel suo inizio, quando Baricco laureatosi sul filosofo Theodor Adorno, riporta una sua affermazione: «Le opere d'arte, e completamente quelle di suprema dignità, attendono la loro interpretazione. Se in esse non ci fosse niente da interpretare, se esse ci fossero e basta, la linea di demarcazione dell'arte sarebbe cancellata» così poi proseguiva di suo che la conseguenza è dunque che: «(...) si determina come musica colta, qualsiasi prodotto musicale a cui aderisca, nella realtà, la prassi dell'interpretazione.»

Ora è indubitabile - dal mio punto di vista almeno - che se le altre Arti richiedono il bisogno dell'interpretazione di chi le fruisce, la musica colta richieda invece innanzi tutto l'interpretazione di chi quella massa sonora la rende fruibile al pubblico che a sua volta può intenderla e interpretarla in modo soggettivo.

Oggi invece, Baricco non la pensa più così cancellando quella «linea di demarcazione» affermata da Adorno per distinguere l'Arte dal resto. Infatti lo scrittore così afferma: «(...) bisognerebbe capire che siamo andati oltre. Non c'è più nessuna linea di demarcazione tra l'arte colta e arte popolare. Esistono cose brutte e cose belle, vive e morte, semplici e più complesse. Tutto qui (...). Non ho rinnegato Adorno, ma conoscendolo bene ho potuto valutarne nel corso degli anni gli errori tragici ». Addirittura! - «C'è un errore di partenza. Noi scambiamo per arte colta un'arte che al tempo era popolare. Il teatro di Verdi era popolare. Era quello che facevano a quel tempo, senza domandarsi se fosse colto o popolare

Ecco dunque che il processo di omologazione e conformismo del nostro tempo arriva a compimento e quando, intellettuali, uomini di cultura come Baricco ad esso si assoggettano c'è veramente da temere il peggio.

Già fin dalla premessa quel «bisognerebbe capire che siamo andati oltre» mi fa rabbrividire. È la solita solfa che accade ogni volta che una “nuova cultura” vuole scalzare la “vecchia”: si cerca di annullare quanto precedentemente affermato. Così non accadde forse all'inizio del Novecento con la cultura romantica? Affermare poi che l'arte colta era popolare al suo tempo è dire una cosa non esattamente vera. In realtà come afferma invece il maestro Sciarrino questa: «(...) congiunzione ideale e originaria fra artisti e masse (...) si è verificata eccezionalmente nella storia, per esempio per la tragedia greca e il melodramma ottocentesco».

La grande musica prima di Beethoven fu appannaggio esclusivo della nobiltà e del clero, da Beethoven in avanti anche dell'emergente classe borghese che accedeva ai teatri o nei salotti dove veniva eseguita. Solo con l'invenzione della radio – e dunque verso la fine dell'Ottocento - e, via via, sempre di più con sofisticate tecnologie, la musica colta è potuta diventare patrimonio comune di tutte le masse e, in realtà, noi siamo le prime generazioni che possono ascoltare e, volendo, avvicinarsi a tutta la musica, dal canto gregoriano a quella a noi contemporanea. Se il ragionamento di Baricco fosse vero vorrebbe dire che le generazioni passate erano di gran lunga più acculturate di quelle attuali. Ma non è così!

Oggi noi siamo davanti al rischio che nel giro di poco tempo la musica colta passi nel dimenticatoio. Far cadere quella «linea di demarcazione» equivalerebbe a fare morire tutta la grande musica che ha reso grande e peculiare questa nostra società occidentale, quanto di meglio è uscito dalle mani e dai cervelli di uomini del nostro passato.

Ritorniamo dunque alla domanda iniziale: cosa fare perché tanti si avvicinino alla musica colta? Oggi quei pochi che ad essa si avvicinano sono perlopiù persone che vengono da famiglie dove già la si ascoltava, pochi altri lo fanno perché alle medie – unica scuola in Italia in cui si studi un po' di musica, a parte i Conservatori ovviamente – hanno trovato un professore che ha saputo loro instillare la voglia e la curiosità di affrontare questo repertorio o perché hanno un parente, un vicino, un amico che l'ascolta ma, il triste dato è che essa va sempre più esaurendo il suo fascino sulle nuove generazioni. I giovani che ascoltano musica colta vengono tacciati dai loro coetanei come vecchi babioni che frequentano musica abbondantemente superata dai tempi e, non sanno, che la stessa accusa fu fatta trenta-quarant'anni a quelli che oggi sono già attempati. Perché questa musica, questa grande musica, viene da lontano e deve andare lontano e se ciò non avverrà tutti – indistintamente tutti - saremo molto più poveri e vuoti.

Un Paese che fosse un po' più civile del nostro farebbe in modo che tutti possano conoscere e scegliere quale musica ascoltare e amare e lo farebbe attraverso la sua scuola che ha come compito principale quello di educare e rendere edotti su tutto. Ma noi siamo in un Paese dove alle scuole vengono tagliati i soldi, così come alla cultura, ai teatri e solo noi potremo, se vorremo, far si che il vento cambi direzione e non è certo omologando e conformizzando tutto, che questo avverrà.

Da parte nostra, di chi in una qualche maniera, vuoi perché addetto ai lavori, vuoi perché semplice amante, non deve mai venire meno la voglia e la caparbietà di continuare a parlare con chiunque abbia l'intenzione di avvicinarsi ad essa e la voglia di lottare perché possa continuare a vivere e non diventare un pezzo da museo.

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Non mi ero reso conto della complessità della domanda che ingenuamente ho posto, ci sono spunti per fare 10 conferenze. Avrei altre domande che mi stanno tormentando a seguito delle vostre sollecitaizoni...metabolzizerò un po' la cosa e vedremo.

 

Per ora grazie

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Rispondo ad alcune delle cose scritte da Danielescarpetti, che non condivido. Ma premetto come i miei commenti non vogliano essere un attacco.

 

Se si volesse trovare un unico termine per distinguere quella che a me piace chiamare “musica colta” e, non tanto o non solo la musica da discoteca, ma la musica leggera o pop, penso che esso sia “complessità”.

[/Quote]

 

Non condivido. Ci sono "delle" complessità, non c'è "la" complessità. E' lo stesso discorso che facevo sul valore e sui valori. La galassia del "pop" ha approfondito complessità diverse da quelle approfondite dalla musica che tu definisci "colta". Qui mi fermo subito dicendo che il mondo accademico, oggi, tende a parlare di musica colta in modo inclusivo, inserendo al suo interno parte del repertorio una volta considerato "pop". E le spinte del mondo anglosassone portano a liquidare sempre di più le differenze tra colto e non colto, sia da un punto di vista sociologico (la cultura è cultura, che sia accademica o popolare) sia da un punto di vista tecnico-musicale (come dicevo, le complessità del pop sono complesse tanto quanto quelle della "classica").

 

Pare dunque assai improbabile poter convincere qualcuno che frequenta solo canzoni circa l'importanza di avvicinarsi a musiche che hanno come peculiarità principale rispetto a quella da loro abitualmente ascoltate, la complessità.

 

argomenta questa importanza di avvicinarsi a musiche complesse. C'è stato un momento nella tua vita in cui hai deciso di ascoltare musica complessa per migliorarti, per attuare dei cambiamenti di qualche tipo, o semplicemente lo hai fatto e lo fai per ragioni di gusto?

 

Fermo restando i gusti personali che devono restare sempre e comunque indiscutibili, la bellezza in musica è trasversale, nel senso può appartenere a tutti i generi musicali e non c'è nulla di strano se anche chi frequenta la musica colta, ascolti musiche di altro genere.

Tempo fa lessi – non ricordo ora dove – che “Immagine” di John Lennon era stata decretata come la più bella canzone al mondo. Non m'interessa qui discutere quanto sia lecito o giusto decidere cose simili – e altrettanto potrei dire di sinfonie o quartetti ecc. - e non conosco esattamente i termini per cui essa ha meritato questo primato, – immagino che la bellezza della melodia e il testo di grande valenza poetica e contenutistica abbiano fatto la parte del leone – quello che qui mi importa affermare è che indubbiamente è bellissima e che, questa come tante altre canzoni, la preferisco all'ascolto rispetto a sinfonie che proprio non mi piacciono.

 

Ecco, lasciando da parte i discorsi sulle complessità, "Imagine" è una canzone dalla portata storica gigantesca. Nessuna composizione di Sciarrino ha un ruolo tanto pesante nella storia dell'uomo. Questo rende di per sé importante e "colto" conoscerla (fermo restando che l'apprezzamento è una questione di gusti, appunto)

 

Di questa cosa ne ho avuto l'ennesima riprova leggendo sul quotidiano “La Repubblica” di venerdì 11 gennaio 2013, l'intervista ad Alessandro Baricco, musicologo, romanziere, scrittore di saggi e altro ancora. Baricco negli anni novanta scrisse un libro dal titolo “L'anima di Hegel e le mucche del Winsconsin” i cui contenuti furono da me in parte condivisi e in parte no. Se assolutamente incondivisibile mi apparse il suo finale contenente un'aperta critica a tutta la musica atonale da Schönberg in avanti, mi trovai invece in assoluta sintonia nel suo inizio, quando Baricco laureatosi sul filosofo Theodor Adorno, riporta una sua affermazione: «Le opere d'arte, e completamente quelle di suprema dignità, attendono la loro interpretazione. Se in esse non ci fosse niente da interpretare, se esse ci fossero e basta, la linea di demarcazione dell'arte sarebbe cancellata» così poi proseguiva di suo che la conseguenza è dunque che: «(...) si determina come musica colta, qualsiasi prodotto musicale a cui aderisca, nella realtà, la prassi dell'interpretazione.»

Ora è indubitabile - dal mio punto di vista almeno - che se le altre Arti richiedono il bisogno dell'interpretazione di chi le fruisce, la musica colta richieda invece innanzi tutto l'interpretazione di chi quella massa sonora la rende fruibile al pubblico che a sua volta può intenderla e interpretarla in modo soggettivo.

Oggi invece, Baricco non la pensa più così cancellando quella «linea di demarcazione» affermata da Adorno per distinguere l'Arte dal resto. Infatti lo scrittore così afferma: «(...) bisognerebbe capire che siamo andati oltre. Non c'è più nessuna linea di demarcazione tra l'arte colta e arte popolare. Esistono cose brutte e cose belle, vive e morte, semplici e più complesse. Tutto qui (...). Non ho rinnegato Adorno, ma conoscendolo bene ho potuto valutarne nel corso degli anni gli errori tragici ». Addirittura! - «C'è un errore di partenza. Noi scambiamo per arte colta un'arte che al tempo era popolare. Il teatro di Verdi era popolare. Era quello che facevano a quel tempo, senza domandarsi se fosse colto o popolare

Ecco dunque che il processo di omologazione e conformismo del nostro tempo arriva a compimento e quando, intellettuali, uomini di cultura come Baricco ad esso si assoggettano c'è veramente da temere il peggio.

 

Argomenta questo peggio :-) cioè, a cosa può portare questa cosa? All'estinzione della razza umana ed alla tirannide di una razza aliena? Non amo Baricco, ma credo personalmente nelle differenze di merito (di valore, potremmo dire qui). Evitare di distinguere tra musica "colta" e musica "non colta" ci permette di trovare cose belle e cose brutte in entrambe. Ovvero di fare differenze a posteriori (dopo analisi) e non a priori. Adorno oggi viene criticato da moltissimi, io non lo sopporto, per esempio, ma immagino che la mia opinione accademica sia ancora poco forte in questo senso... ma oltre al fatto che non vedo come un mondo di accademici anti-adorniani possa cambiare un mondo su cui Adorno non ha avuto NESSUNA influenza, dovremmo rassegnarci un attimo alla storia che va avanti. Il nostro discorso non cambierà nulla, le invocazioni contro o a favore dei bei tempi andati non cambieranno nulla, la storia dell'arte la fanno gli artisti e non i musicologi ed i musicologi dovrebbero cercare al massimo di interpretarla, di capirla, non di osteggiarla. Dire "non c'è più niente da capire" o, un po' come faceva Adorno, "voi credete di capire ma in realtà non c'è niente da capire" ha il valore di un borbottio di fronte ad un bianchino seduti al tavolo di un bar bergamasco. Io almeno la vedo così.

 

Continuo il commento poi, scusate, devo scappare...

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Rieccomi, continuo il commento

 

Già fin dalla premessa quel «bisognerebbe capire che siamo andati oltre» mi fa rabbrividire. È la solita solfa che accade ogni volta che una “nuova cultura” vuole scalzare la “vecchia”: si cerca di annullare quanto precedentemente affermato.

 

Non condivido queste affermazioni a molti livelli. Come dicevo prima, penso che quando si parla di musica si dovrebbe ricordare che la musica è storicizzata, cambia col tempo e i suoi significati cambiano rispetto al tempo, alla storia, al momento in cui si ascolta, si compone, si suona. La "nuova" musica è nuova, la vecchia musica è vecchia. Bisogna rassegnarsi a questo, cercando di non estremizzarlo. Bach è vecchio, potete illudervi quanto volete ma Bach è vecchio :) non solo, chi ascolta oggi Bach (uno a caso dei tanti Bach) lo fa con orecchie diverse, con metodi diversi, con aspettative diverse. Ignorare tutto questo è da ingenui.

In tal senso, la "cultura" novecentesca non ha scalzato la cultura romantica,

 

Così non accadde forse all'inizio del Novecento con la cultura romantica? Affermare poi che l'arte colta era popolare al suo tempo è dire una cosa non esattamente vera.

 

metterla in questi termini significa antropomorfizzare in modo "pietoso" (accezione positiva). La cultura è fluida, e storicizzata, cambia coi giorni i mesi e gli anni, non dall'alto ma in modo omogeneo. Gusti, movimenti ed estetiche si avvicendano da sé e questo processo è inarrestabile.

 

In realtà come afferma invece il maestro Sciarrino questa: «(...) congiunzione ideale e originaria fra artisti e masse (...) si è verificata eccezionalmente nella storia, per esempio per la tragedia greca e il melodramma ottocentesco».

Seconda volta che chiami Sciarrino "maestro". C'è una relazione di qualche tipo tra te e Sciarrino? :) a me piace la musica di Sciarrino, ma ci sono persone che fanno i musicologi o gli storici della musica, e ci sono persone che fanno i compositori. L'analisi di Sciarrino è così sintetica da diventare fuorviante. Da quanto dice Sciarrino sembra che il successo del melodramma ottocentesco italiano sia qualcosa di più del successo della musica pop oggi. O almeno tu la metti così. Non conoscendo fino in fondo il testo di provenienza della citazione, non so cosa volesse davvero dire Sciarrino. Ma anche in questi termini, è tutto un discorso connotato. Non si possono paragonare con questa facilità le situazioni dell'Atene di Pericle, dell'ottocento milanese e di oggi (un oggi allargato, perché magicamente se parliamo di oggi parliamo del globo). Quindi, a meno che il discorso non si faccia più specifico, più preciso, preferisco non dare opinioni in merito.

 

La grande musica prima di Beethoven fu appannaggio esclusivo della nobiltà e del clero,

 

Oddio, non so, non sempre, vediamo cosa si intende per grande musica. Come al solito il medioevo e il rinascimento sfasano le cose, visto che molto probabilmente nelle città italiane molta musica profana era diffusa. Ma è anche vero che il concetto di nobiltà cambia attraverso i tempi. Anche qui, l'affermazione è così generica che forse è meglio non dare altre opinioni.

 

(continua...)

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(continua...)

 

 

Solo con l'invenzione della radio – e dunque verso la fine dell'Ottocento - e, via via, sempre di più con sofisticate tecnologie, la musica colta è potuta diventare patrimonio comune di tutte le masse e, in realtà, noi siamo le prime generazioni che possono ascoltare e, volendo, avvicinarsi a tutta la musica, dal canto gregoriano a quella a noi contemporanea. Se il ragionamento di Baricco fosse vero vorrebbe dire che le generazioni passate erano di gran lunga più acculturate di quelle attuali. Ma non è così!

 

sono livelli di fruizione diversi. Oggi abbiamo un concetto di massa plebiscitaria che non è mai esistito nella storia, è vero che oggi più gente ascolta musica classica e musica in generale. Ma questo non rende automaticamente "elitaria" la fruizione della musica nel passato. Ci sono mille sfumature tra i due estremi, e di certo il fenomeno del melodramma ottocentesco italiano, delle canzoni da ballo nel rinascimento italiano, dei grandi virtuosi strumentisti in tutta Europa nell'ottocento sono stati a loro modo fenomeni di massa. Se manteniamo il discorso sul vago, possiamo dirne tutto e il contrario di tutto, però. Dovremmo capire a dove porta questo discorso per centrarlo meglio.

 

Oggi noi siamo davanti al rischio che nel giro di poco tempo la musica colta passi nel dimenticatoio.

 

... davvero? Ma se hai appena finito di dire che siamo più acculturati e che c'è più pubblico che in passato? I conservatori in Italia pullulano di allievi, ci sono decine di scuole di musica che vivono più che bene, nuovi mercati come l'estremo e il medio oriente idolatrano la storia musicale occidentale...

 

Far cadere quella «linea di demarcazione» equivalerebbe a fare morire tutta la grande musica che ha reso grande e peculiare questa nostra società occidentale, quanto di meglio è uscito dalle mani e dai cervelli di uomini del nostro passato.

 

come quando a inizio novecento abbiano scalzato il romanticismo, e infatti oggi Chopin, Liszt e Schumann non li conosce nessuno e invece ascoltiamo tutti Korngold?

Qui sono perentorio, anche se sempre nel rispetto (della persona, non delle opinioni): questa che hai detto è una grande, grossa e grulla panzana. Da decenni a questa parte il repertorio non è mai diminuito, è sempre aumentato.

[

Ritorniamo dunque alla domanda iniziale: cosa fare perché tanti si avvicinino alla musica colta? Oggi quei pochi che ad essa si avvicinano sono perlopiù persone che vengono da famiglie dove già la si ascoltava, pochi altri lo fanno perché alle medie – unica scuola in Italia in cui si studi un po' di musica, a parte i Conservatori ovviamente – hanno trovato un professore che ha saputo loro instillare la voglia e la curiosità di affrontare questo repertorio o perché hanno un parente, un vicino, un amico che l'ascolta ma, il triste dato è che essa va sempre più esaurendo il suo fascino sulle nuove generazioni. I giovani che ascoltano musica colta vengono tacciati dai loro coetanei come vecchi babioni che frequentano musica abbondantemente superata dai tempi e, non sanno, che la stessa accusa fu fatta trenta-quarant'anni a quelli che oggi sono già attempati. Perché questa musica, questa grande musica, viene da lontano e deve andare lontano e se ciò non avverrà tutti – indistintamente tutti - saremo molto più poveri e vuoti.

né mia madre né mio padre hanno mai ascoltato o suonato musica, alle medie il mio docente di musica mi ha detto che NON dovevo fare il conservatorio perché ero troppo intelligente (...) ed in tutto il mio liceo classico ero l'unico, tra alunni e docenti, a sapere chi fosse Wagner. Sarò un'anomalia? Ho la presunzione di dire che fin tanto che ci saranno le anomalie come me, possiamo rimanere ottimisti. Io sono ottimista verso le nuove generazioni. Per altro, se usi l'aggettivo "babbione" mi sa che tu con le nuove generazioni non c'hai molto a che fare... ... ... ma magari mi sbaglio

 

Un Paese che fosse un po' più civile del nostro

 

quindi ammetti che ci sono paesi che fanno di più? Ottimo, allora il problema è solo per l'Italia, non per il mondo. La cosa mi consola. Basta rassegnarsi all'idea che saranno ucraini, giapponesi e canadesi a suonare e cantare nel futuro. Quindi non vedo perché preoccuparsi.

 

farebbe in modo che tutti possano conoscere e scegliere quale musica ascoltare e amare e lo farebbe attraverso la sua scuola che ha come compito principale quello di educare e rendere edotti su tutto.

 

rendere edotti su tutto? Mmm mi vuoi dire che tu ricordi ed apprezzi ogni cosa che ti hanno insegnato a scuola?

 

Ma noi siamo in un Paese dove alle scuole vengono tagliati i soldi, così come alla cultura, ai teatri e solo noi potremo, se vorremo, far si che il vento cambi direzione e non è certo omologando e conformizzando tutto, che questo avverrà.

Da parte nostra, di chi in una qualche maniera, vuoi perché addetto ai lavori, vuoi perché semplice amante, non deve mai venire meno la voglia e la caparbietà di continuare a parlare con chiunque abbia l'intenzione di avvicinarsi ad essa e la voglia di lottare perché possa continuare a vivere e non diventare un pezzo da museo.

 

si è passati davvero di palo in frasca...

vabbè, io ho detto la mia, tu hai detto la tua

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Da lettore esterno... Mi piace molto il buon senso di Thallo ma apprezzo anche le prese di posizione di Daniele che ha fatto molte citazioni per spiegare i suoi punti di vista. Sempre da lettore esterno mi sembra di capire che Daniele formula il suo pensiero sull'argomento partendo dalle fonti che ha citato mentre Thallo mi da l'idea che giudichi la questione in modo più personale. Citazioni e fonti a parte Daniele, tu come la vedi veramente la cosa ? Non è un modo di metterti pressione il mio, ti assicuro che è solo curiosità.

Io penso che ciò che distingue questi mondi diversi sia, più che la complessità intrinseca del brano che si va ad ascoltare, "l'intenzione" e la mancanza di "educazione". La prima è corollario della seconda. Per educazione intendo il termine in tutti i suoi significati: educazione all'ascolto, ed educazione in senso civile. Personalmente mi sono ritrovato spesso a parlare con persone (non sapevano che fossi un pianista classico) che esordivano con frasi del genere: "Tizio è andato a vedere Beethoven all'auditorium, pensa che rottura di cxxxxxxx !". Ecco, in questa frase si identificano ambo le vesti dell'educazione di cui parlavo poc'anzi. A tratti in questa società mi sembra di osservare che ascoltare musica classica faccia meno "figo". Quest'idea sarebbe cosa da eliminare all'istante. Questa mancanza di educazione scaturisce poi la mancanza di intenzioni. Così come non si può vincere una gara di nuoto se ci si tuffa pensando: "tanto perdo", allo stesso modo non è possibile avvicinarci ad una creatura così esteticamente bella e pura se ci si copre orecchie e cuore col letame.

La prima domanda che mi viene da porre quando sento affermazioni sulla musica classica sul tipo del classico "che palle Beethoven", è...

IO: "Ma hai mai ascoltato una sonata di Beethoven ? Un concerto per pianoforte ed orchestra ? Un quartetto per archi ? Una sinfonia ?".

Puntalmente rispondono: "Certo !" E quando mai avrebbero la faccia di riconoscere la loro ignoranza ?

Dunque scatta di routine la mia seconda domanda: "Che cosa avresti ascoltato di Beethoven ?".

Loro: "Quella che fa... Ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta taaa ta taaaaa..." e puntualmente tirano fuori l'Inno alla gioia che è l'unica cosa che hanno imparato alle scuole medie suonando il flauto dolce.

Dunque replico: "Ahh l'inno alla gioia dall'ultimo movimento della nona ! E poi ?".

Loro: Scena muta...

A questo punto incalzo chiedendo: "Ma come fai a dire che palle se non hai ascoltato praticamente nulla di un autore e l'unica cosa che hai ascoltato, si fa per dire, alle medie è l'inno alla gioia suonato su un flauto per giunta ?".

La scena prosegue con vari arrampicamenti sugli specchi fino al punto che dopo un po' mi viene naturale chiamarli Cliffhanger invece di usare il loro nome.

La prassi è sempre la stessa: prendono argomenti assurdi solo per dover tenere il loro punto da perfetti ignoranti e maleducati, perché non hanno la faccia di riconoscere che non sanno assolutamente nulla.

Io non giudico il fatto che le persone non amino la musica classica, voglio dire, ci sono persone masochiste ed autolesioniste, figuriamoci quelli a cui non piace la classica, ma almeno, dico io, ascoltatela e poi esprimete la vostra opinione ! Come a voler esprimere l'opinione su un libro senza averne mai letto neanche la presentazione nel retro copertina. E mi duole dirlo ma grande responsabilità di questo stile (che la classica non fa "figo") è assoggettabile proprio agli insegnanti di musica dell'età infantile, non dite di no e non nascondiamoci dietro falsità.... Ovvio non faccio di tutta un'erba un fascio, c'è chi ama il proprio mestiere e lo fa con grande dignità e capacità ma la maggior parte non fa bene il suo lavoro: o perché non è capace di insegnare nonostante magari sia un grandissimo musicista, oppure perché scalda il banco solo per arrivare alla fine del mese.

Torniamo però sull'argomento del topic e del perché sono andato a parare sull'educazione e l'intenzione all'ascolto. Come ho detto nel mio primo post, ritengo che sia IMPOSSIBILE paragonare generi di musica diversi perché appartengono ad epoche diverse, a stili diversi e sono indirizzati a persone con un'educazione, dei presupposti e degli stili di vita diversi. Questi elementi rendono il paragone impossibile. Il discorso dunque, si riduce secondo me ad un fatto di attitudini. Non riesco a trovare null'altro di cui possa servirmi per poter portare questo discorso su un piano di razionalità dal momento che il piacere o non piacere è un fattore soggettivo. E' dunque per questo motivo che spingevo il ragionamento sul buonsenso. Ma un brano di DJ Albertino è all'altezza (come attitudine) di una sinfonia di Beethoven e viceversa ? Io non posso credere ed anzi mi rifiuto di credere che ai giovani piaccia di più una musica ripetitiva ed assordante fatta di 2 groove di batteria che si ripetono all'infinito ed una linea melodica di 4 note, rispetto ad una sinfonia. La spiegazione è solo una, se ascolti la classica non sei fighetto, se ascolti la house sei fighetto. Io penso che si possa ascoltare tranquillamente la classica apprezzandone gli altissimi contenuti e continuare a fare il fighetto ascoltando anche la house music ma dando a Cesare ciò che è di Cesare.

 

Passo e chiudo

Buenas Noche, è tardino, domani per svegliarmi cannonate :)

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Chiedo scusa se solo ora mi appresto a rispondere ma purtroppo il tempo mi è tiranno.

Ringrazio innanzi tutto Simone Renzi per l'ospitalità che mi concede in questo forum e poi mi sembra prima doveroso dare una risposta a questa affermazione di Pio:

 

« Non mi ero reso conto della complessità della domanda che ingenuamente ho posto, ci sono spunti per fare 10 conferenze. Avrei altre domande che mi stanno tormentando a seguito delle vostre sollecitazioni...metabolizzerò un po' la cosa e vedremo »

 

La tua non è una domanda ingenua è al contrario una domanda che centra l'obiettivo nel senso che, dal mio punto di vista, è vitale perché la musica colta continui a vivere e, sarebbe importante, che questa domanda ce la ponessimo con più insistenza cercando di trovarne la sua giusta risposta.

 

Vengo ora a Thallo che ringrazio molto perché, pur nella sua estrema criticità nei confronti di quanto da me scritto, ha ritenuto valesse la pena analizzare il tutto con così estrema puntigliosità.

L'esperienza di anni nei forum mi insegna che quando ci si trova di fronte a opinioni così contrapposte non ha molto senso continuare una discussione che, comunque sia o sarebbe, porterebbe ad un nulla di fatto, in quanto le due parti in causa rimarranno sostanzialmente ferme nelle loro idee e dunque come hai concluso giustamente tu: « vabbè, io ho detto la mia, tu hai detto la tua ».

Non starò dunque qui a perorare le mie idee in quanto se qualcun altro vorrà – ma non mi sembra – potrà dire la sua in merito, però ci tengo a fare alcune puntualizzazioni tra il serio e il faceto.

 

Se si volesse trovare un unico termine per distinguere quella che a me piace chiamare “musica colta” e, non tanto o non solo la musica da discoteca, ma la musica leggera o pop, penso che esso sia “complessità”.

 

Non condivido. Ci sono "delle" complessità, non c'è "la" complessità. E' lo stesso discorso che facevo sul valore e sui valori. La galassia del "pop" ha approfondito complessità diverse da quelle approfondite dalla musica che tu definisci "colta". Qui mi fermo subito dicendo che il mondo accademico, oggi, tende a parlare di musica colta in modo inclusivo, inserendo al suo interno parte del repertorio una volta considerato "pop". E le spinte del mondo anglosassone portano a liquidare sempre di più le differenze tra colto e non colto, sia da un punto di vista sociologico (la cultura è cultura, che sia accademica o popolare) sia da un punto di vista tecnico-musicale (come dicevo, le complessità del pop sono complesse tanto quanto quelle della "classica").

 

Sì ci sono delle complessità ma soprattutto direi che c'è il “grado di complessità”. Dal mio punto di vista l'unico momento in cui la musica pop – o rock che si voglia chiamarla – ha raggiunto un certo grado di complessità fu la fra la fine degli anni 60 e gli anni 70, quando facendosi megafono della ribellione giovanile espresse delle potenzialità veramente eccezionali e notevoli che si avvicinarono e anche emularono quelle della musica colta. Mi riferisco a Hendrix, Zappa e a gruppi come gli Area, Il Banco del Mutuo Soccorso, la Premiata forneria Marconi in Italia e soprattutto nell'area inglese ai Deep Purple, Emerson, Lake and Palmer, i Genesis, i Jethro Tull, i Kim Crimson, i Led Zeppelin, i Pink Floyd. Ma ben presto anche questa grande corrente cadde in mano alla cultura dominante, quella industriale, e anche loro entrarono nei ranghi.

 

Pare dunque assai improbabile poter convincere qualcuno che frequenta solo canzoni circa l'importanza di avvicinarsi a musiche che hanno come peculiarità principale rispetto a quella da loro abitualmente ascoltate, la complessità.

 

argomenta questa importanza di avvicinarsi a musiche complesse. C'è stato un momento nella tua vita in cui hai deciso di ascoltare musica complessa per migliorarti, per attuare dei cambiamenti di qualche tipo, o semplicemente lo hai fatto e lo fai per ragioni di gusto?

 

Penso, almeno in questo, di essere stato fortunato. Nella famiglia mio padre ascoltava la musica classica e lirica, ho avuto amici che ascoltavano la musica di quei grandi gruppi di cui sopra e del nuovo ed emergente fenomeno dei cantautori, parenti che ascoltavano il jazz – a pensarci bene manca solo il vicino di casa :D – e ho così potuto farmi un'idea di tutti i generi musicali e di conseguenza ho scelto quello più conforme ai miei gusti.

L'importanza all'avvicinarsi a musiche complesse equivale a quella di avvicinarsi a testi letterari di grande complessità, alle arti più complesse: non rende la vita né meno bella né più bella ma ti fa sentire un po' meno ignorante e ...questo non guasta mai! B) Che ne dici?

 

Fermo restando i gusti personali che devono restare sempre e comunque indiscutibili, la bellezza in musica è trasversale, nel senso può appartenere a tutti i generi musicali e non c'è nulla di strano se anche chi frequenta la musica colta, ascolti musiche di altro genere.

Tempo fa lessi – non ricordo ora dove – che “Immagine” di John Lennon era stata decretata come la più bella canzone al mondo. Non m'interessa qui discutere quanto sia lecito o giusto decidere cose simili – e altrettanto potrei dire di sinfonie o quartetti ecc. - e non conosco esattamente i termini per cui essa ha meritato questo primato, – immagino che la bellezza della melodia e il testo di grande valenza poetica e contenutistica abbiano fatto la parte del leone – quello che qui mi importa affermare è che indubbiamente è bellissima e che, questa come tante altre canzoni, la preferisco all'ascolto rispetto a sinfonie che proprio non mi piacciono.

 

Ecco, lasciando da parte i discorsi sulle complessità, "Imagine" è una canzone dalla portata storica gigantesca. Nessuna composizione di Sciarrino ha un ruolo tanto pesante nella storia dell'uomo. Questo rende di per sé importante e "colto" conoscerla (fermo restando che l'apprezzamento è una questione di gusti, appunto)

 

In realtà come afferma invece il maestro Sciarrino questa: «(...) congiunzione ideale e originaria fra artisti e masse (...) si è verificata eccezionalmente nella storia, per esempio per la tragedia greca e il melodramma ottocentesco».

 

Seconda volta che chiami Sciarrino "maestro". C'è una relazione di qualche tipo tra te e Sciarrino? a me piace la musica di Sciarrino, ma ci sono persone che fanno i musicologi o gli storici della musica, e ci sono persone che fanno i compositori. L'analisi di Sciarrino è così sintetica da diventare fuorviante. Da quanto dice Sciarrino sembra che il successo del melodramma ottocentesco italiano sia qualcosa di più del successo della musica pop oggi. O almeno tu la metti così. Non conoscendo fino in fondo il testo di provenienza della citazione, non so cosa volesse davvero dire Sciarrino. Ma anche in questi termini, è tutto un discorso connotato. Non si possono paragonare con questa facilità le situazioni dell'Atene di Pericle, dell'ottocento milanese e di oggi (un oggi allargato, perché magicamente se parliamo di oggi parliamo del globo). Quindi, a meno che il discorso non si faccia più specifico, più preciso, preferisco non dare opinioni in merito.

 

Sai Thallo caro, son sicuro che in tutto il mio farneticare, non ho mai nominato un'opera del maestro Sciarrino da portare da esempio né tanto meno da paragonare ad alcunché, tanto meno la canzone “Immagine”. Se ho nominato due volte il compositore siciliano è solo perché, almeno in questo caso, mi trovo in sintonia con il suo pensiero. Questo non vuol dire che necessariamente io sia sempre in sintonia con lui né tanto meno penso che un pensiero coincida nel bene e nel male con il valore qualitativo del comporre in una persona. Se dunque vorremo parlare dell'importanza reale o presupposta del maestro Sciarrino sarà dunque opportuno aprire un altro topic.

Però ora che ci penso la tua provocazione mi fa venire alla mente una specie di gioco. :lol:

È vero Thallo, non posso darti almeno qui che ragione: la canzone “Immagine” ha una portata storica gigantesca. Ma prendiamo quello che tu consideri il più grande fra i compositori di musica colta del secolo scorso – per me è Stravinskij, ma ti lascio a te giustamente la scelta – e di questi, prendi un suo capolavoro assoluto. Ebbene secondo te ha più importanza storica “Immagine” o quel capolavoro assoluto di quel compositore? Ho il sospetto e il timore che la tua risposta sia sempre “Immagine” e, purtroppo, ancora una volta a giusta ragione. E dimmi da questo cosa dovremmo dedurre? :ph34r:

Quanto al “maestro” con cui chiamo Sciarrino, che anche tu dici piacerti, come dovrei chiamarlo essendo lui un compositore e per di più di una certa levatura: avvocato? Ingegnere? Architetto? Dottore?...Non certo Salvatore perché, posso assicurartelo, non è mio cugino. :lol:

 

Di questa cosa ne ho avuto l'ennesima riprova leggendo sul quotidiano “La Repubblica” di venerdì 11 gennaio 2013, l'intervista ad Alessandro Baricco, musicologo, romanziere, scrittore di saggi e altro ancora. Baricco negli anni novanta scrisse un libro dal titolo “L'anima di Hegel e le mucche del Winsconsin” i cui contenuti furono da me in parte condivisi e in parte no. Se assolutamente incondivisibile mi apparse il suo finale contenente un'aperta critica a tutta la musica atonale da Schönberg in avanti, mi trovai invece in assoluta sintonia nel suo inizio, quando Baricco laureatosi sul filosofo Theodor Adorno, riporta una sua affermazione: «Le opere d'arte, e completamente quelle di suprema dignità, attendono la loro interpretazione. Se in esse non ci fosse niente da interpretare, se esse ci fossero e basta, la linea di demarcazione dell'arte sarebbe cancellata» così poi proseguiva di suo che la conseguenza è dunque che: «(...) si determina come musica colta, qualsiasi prodotto musicale a cui aderisca, nella realtà, la prassi dell'interpretazione.»

Ora è indubitabile - dal mio punto di vista almeno - che se le altre Arti richiedono il bisogno dell'interpretazione di chi le fruisce, la musica colta richieda invece innanzi tutto l'interpretazione di chi quella massa sonora la rende fruibile al pubblico che a sua volta può intenderla e interpretarla in modo soggettivo.

Oggi invece, Baricco non la pensa più così cancellando quella «linea di demarcazione» affermata da Adorno per distinguere l'Arte dal resto. Infatti lo scrittore così afferma: «(...) bisognerebbe capire che siamo andati oltre. Non c'è più nessuna linea di demarcazione tra l'arte colta e arte popolare. Esistono cose brutte e cose belle, vive e morte, semplici e più complesse. Tutto qui (...). Non ho rinnegato Adorno, ma conoscendolo bene ho potuto valutarne nel corso degli anni gli errori tragici ». Addirittura! - «C'è un errore di partenza. Noi scambiamo per arte colta un'arte che al tempo era popolare. Il teatro di Verdi era popolare. Era quello che facevano a quel tempo, senza domandarsi se fosse colto o popolare.»

Ecco dunque che il processo di omologazione e conformismo del nostro tempo arriva a compimento e quando, intellettuali, uomini di cultura come Baricco ad esso si assoggettano c'è veramente da temere il peggio.

 

Argomenta questo peggio :-) cioè, a cosa può portare questa cosa? All'estinzione della razza umana ed alla tirannide di una razza aliena? Non amo Baricco, ma credo personalmente nelle differenze di merito (di valore, potremmo dire qui). Evitare di distinguere tra musica "colta" e musica "non colta" ci permette di trovare cose belle e cose brutte in entrambe. Ovvero di fare differenze a posteriori (dopo analisi) e non a priori. Adorno oggi viene criticato da moltissimi, io non lo sopporto, per esempio, ma immagino che la mia opinione accademica sia ancora poco forte in questo senso... ma oltre al fatto che non vedo come un mondo di accademici anti-adorniani possa cambiare un mondo su cui Adorno non ha avuto NESSUNA influenza, dovremmo rassegnarci un attimo alla storia che va avanti. Il nostro discorso non cambierà nulla, le invocazioni contro o a favore dei bei tempi andati non cambieranno nulla, la storia dell'arte la fanno gli artisti e non i musicologi ed i musicologi dovrebbero cercare al massimo di interpretarla, di capirla, non di osteggiarla. Dire "non c'è più niente da capire" o, un po' come faceva Adorno, "voi credete di capire ma in realtà non c'è niente da capire" ha il valore di un borbottio di fronte ad un bianchino seduti al tavolo di un bar bergamasco. Io almeno la vedo così.

 

Quanto detto prima sul maestro Sciarrino equivale anche per il filosofo Adorno: non ho espresso giudizi di merito sulla sua filosofia e qui non ha alcun senso farlo. Se l'ho nominato è perché Baricco ne parla e perché mi riconosco in questa sua frase. Il riconoscersi in un pensiero di una persona non vuol dire automaticamente condividerne tutto quello che lui dice. Se rimaniamo in tema di musica, ad esempio, non condivido per nulla quello che Adorno affermò circa la Messa Solemnis di Beethoven.

Il peggio Thallo è quando si perdono pezzi della nostra cultura soprattutto quella che viene da lontano e ha un immenso valore. Ma lo è per qualsiasi pezzo di cultura. Ad esempio noi in Italia stiamo perdendo i dialetti – e cioè un grande patrimonio culturale popolare in questo caso – è una grave perdita che anche in questo caso non ci porterà né all'estinzione né alla tirannide ma che ci farà più poveri dentro.

 

Già fin dalla premessa quel «bisognerebbe capire che siamo andati oltre» mi fa rabbrividire. È la solita solfa che accade ogni volta che una “nuova cultura” vuole scalzare la “vecchia”: si cerca di annullare quanto precedentemente affermato.

 

Non condivido queste affermazioni a molti livelli. Come dicevo prima, penso che quando si parla di musica si dovrebbe ricordare che la musica è storicizzata, cambia col tempo e i suoi significati cambiano rispetto al tempo, alla storia, al momento in cui si ascolta, si compone, si suona. La "nuova" musica è nuova, la vecchia musica è vecchia. Bisogna rassegnarsi a questo, cercando di non estremizzarlo. Bach è vecchio, potete illudervi quanto volete ma Bach è vecchio non solo, chi ascolta oggi Bach (uno a caso dei tanti Bach) lo fa con orecchie diverse, con metodi diversi, con aspettative diverse. Ignorare tutto questo è da ingenui.

 

Mi verrebbe da dirti che qui mi fai inorridire se i giovani musicologi la pensano tutti così siamo fritti. :unsure: Dal mio punto di vista qui sei tu che affermi « una grande, grossa e grulla panzana ». B) Definire la musica di Bach in questi termini – come definire così quella dei massimi compositori del passato – è uno sbaglio che dimostra, ancora una volta, all'ennesima potenza quanto anche persone di grande cultura e intelligenza – lo so che tu lo sei! ;) - si stiano omologando e conformizzando all'andazzo negativo dei tempi attuali. Quello che per altro mi meraviglia e mi rattristisce di più è constatare come in questo forum frequentato da tanti musicisti, nessuno – dico nessuno! – abbia avuto nulla da ridire almeno su questo. :angry:

 

come quando a inizio novecento abbiano scalzato il romanticismo, e infatti oggi Chopin, Liszt e Schumann non li conosce nessuno e invece ascoltiamo tutti Korngold?

In tal senso, la "cultura" novecentesca non ha scalzato la cultura romantica,.

 

Il fatto che ci sia stata questa volontà da parte dell'intellighenzia e di molti compositori di inizio Novecento non vuol dire che questo sia poi accaduto – e per fortuna – ma questo non toglie che ci sia stato questo durissimo attacco. Pensa a Debussy e pensa, soprattutto a Stravinskij e a Cocteau. Guarda Thallo ora ti propongo uno scritto di un altro filosofo a noi contemporaneo di nazionalità spagnola, Eugenio Trias – dopo però non dirmi che anche lui non ha alcuna influenza sul mondo moderno, te ne prego :P -: « Già il Neoclassicismo, in particolare Igor Stravinskij, intraprese un percorso in questo senso. Gli anni venti sembrano far presagire la crisi della modernità e delle avanguardie degli anni Ottanta del Novecento. Le invettive scagliate da Stravinskij contro Beethoven, responsabile a suo intendere della musica romantica e dell'enfasi sull'emozione e l'espressione (due parole proibite nella fase neoclassica dell'estetica e della poetica stravinskijana) sono ben note. » Poi Stravinskij si redimerà su questo componendo nel 1944 una Sinfonia in do+ in tre movimenti con una scoperta citazione della Quinta di Beethoven e, soprattutto, ascoltando ripetutamente negli anni di vecchiaia gli ultimi quartetti di Beethoven, ma l'attacco al romanticismo ci fu eccome.

 

farebbe in modo che tutti possano conoscere e scegliere quale musica ascoltare e amare e lo farebbe attraverso la sua scuola che ha come compito principale quello di educare e rendere edotti su tutto.

 

rendere edotti su tutto? Mmm mi vuoi dire che tu ricordi ed apprezzi ogni cosa che ti hanno insegnato a scuola?

 

Ok Thallo! "Dovrebbe avere come compito principale quello di educare e rendere edotti su tutto". Così va meglio? :huh:

 

Vengo ora a rispondere a Simone ma qui farò prima perché penso di averlo già fatto.

 

Da lettore esterno... Mi piace molto il buon senso di Thallo ma apprezzo anche le prese di posizione di Daniele che ha fatto molte citazioni per spiegare i suoi punti di vista. Sempre da lettore esterno mi sembra di capire che Daniele formula il suo pensiero sull'argomento partendo dalle fonti che ha citato mentre Thallo mi da l'idea che giudichi la questione in modo più personale. Citazioni e fonti a parte Daniele, tu come la vedi veramente la cosa ?

 

Etc.

 

Penso che quanto ora scritto a Thallo possa togliere ogni dubbio sul mio pensiero e, se così non fosse, sono pronto a cercare di renderlo ancora più chiaro. Per quanto riguarda il tuo intervento a parte “il buon senso di Thallo:unsure: che a me lascia per ora qualche dubbio sono sostanzialmente in sintonia con quanto da te scritto.

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Mi ha fatto piacere leggere la tua risposta punto per punto. Non per difendere Thallo, anche perché non è affatto il tipo che necessita di essere difeso :P, credo che la sua critica mossa nei riguardi di Bach abbia un senso diverso da quello che può emergere da una prima lettura.

 

Lo riposto per chiarezza:

...penso che quando si parla di musica si dovrebbe ricordare che la musica è storicizzata, cambia col tempo e i suoi significati cambiano rispetto al tempo, alla storia, al momento in cui si ascolta, si compone, si suona.

 

Non vedo come non dargli ragione in questo primo esordio, avrei forse qualcosa da obiettare sul fatto che i significati cambiano rispetto al tempo. Mi viene in mente tanto per citare un esempio l'op. 110 di Beethoven dove il significato di grande speranza per l'umanità, con la quale si conclude non dovrebbe essere determinata dal tempo in cui siamo e dalla storia in cui viviamo, o forse ho capito male lo spirito dell'idea di Claudio ed in caso mi correggerà. Certe opere, anzi molte opere, sono, per certi versi, dei simbolismi... Qualcosa che non lasci solamente un buon ricordo delle armonie nelle orecchie ma anche una "morale". Penso che alla fine ogni artista, nelle varie espressioni dell'arte, che sia la pittura, la poesia, la musica, la scultura; crei la sua opera ispirato e mosso da un motivo. A volte questi motivi possono essere di tipo politico e l'artista può plasmare la sua opera per beffarsi di un regime o più in generale dei potenti (vedi ad esempio Mozart), oppure può portare con sé un pensiero rivolto alle sorti dell'umanità (vedi ad esempio Beethoven); sono esempi così, prendeteli per quello che sono, non che Mozart o Beethoven abbiano fatto solo questo ! Dire che la musica cambia con il tempo mi sembra giusto, dire che i significati cambino con il tempo no. O forse sto capendo male io l'intervento di Thallo.

 

La "nuova" musica è nuova, la vecchia musica è vecchia. Bisogna rassegnarsi a questo, cercando di non estremizzarlo. Bach è vecchio, potete illudervi quanto volete ma Bach è vecchio :)non solo, chi ascolta oggi Bach (uno a caso dei tanti Bach) lo fa con orecchie diverse, con metodi diversi, con aspettative diverse. Ignorare tutto questo è da ingenui.

 

Bé su questo mi trovo d'accordo, se ho capito bene... Penso di aver capito che Thallo non stia affatto infangando e/o sminuendo la musica di Bach, ed anzi sminuisce gli ascoltatori di oggi che probabilmente non riescono ad estrarre il massimo dalla sua musica, senza colpevolizzarli ma giustificandoli per via dei tempi diversi. Mi trovo infatti particolarmente d'accordo quando dice che chi ascolta oggi Bach lo fa con orecchie, metodi e aspettative diverse dagli auditori dell'epoca. E ci mancherebbe... Di differenze ce ne sono un miliardo a dir poco, di entità: fisica, umana, psicologica, cognitiva, personale, caratteriale (che forse è lo stesso), ecc. ecc.

Già solo parlare dell'udito è argomento immediato. Gli uomini del '600/'700 avevano un udito molto più preciso e potente del nostro, che è abituato ai rumori del traffico, dei clacson, degli aerei, delle macchine da corsa.

Anche a livello cognitivo noi, con la nostra vita veloce e frenetica, non possiamo paragonarci agli uomini dei tempi di Bach. Il concetto di velocità (ne abbiamo parlato 1000 volte anche con Pianoexpert) è qualcosa che è accelerato nel tempo e continua ad accelerare... Guardate ad esempio l'esigenza di produrre computer sempre più veloci, oppure macchine sempre più performanti, o ancora mezzi di trasporto più veloci (vedi la TAV). Servirà poi veramente tutta questa velocità? Va be' non sconfiniamo questo è un altro argomento che richiederebbe un altro topic... Esistono poi altre motivazioni anche di tipo culturale, di tipo acustico. Basti pensare che la musica di Bach non nasce per pianoforte, nonostante sia Fur Klavier, ai tempi di Bach il pianoforte non esisteva o meglio Bach conobbe un abbozzo di pianoforte che lo deluse moltissimo ! Insomma di motivazioni ce ne sono un mare, ed elencarle tutte sarebbe veramente impossibile.

 

L'esperienza di anni nei forum mi insegna che quando ci si trova di fronte a opinioni così contrapposte non ha molto senso continuare una discussione che, comunque sia o sarebbe, porterebbe ad un nulla di fatto, in quanto le due parti in causa rimarranno sostanzialmente ferme nelle loro idee e dunque come hai concluso giustamente tu: « vabbè, io ho detto la mia, tu hai detto la tua ».

Non starò dunque qui a perorare le mie idee in quanto se qualcun altro vorrà – ma non mi sembra – potrà dire la sua in merito, però ci tengo a fare alcune puntualizzazioni tra il serio e il faceto.

 

Su questo non sono d'accordo... Ok, probabilmente ognuno resterà della propria idea ma argomentare il più possibile i propri credo è innanzitutto un modo di arricchirsi con punti di vista diversi ed è soprattutto molto utile per chi segue la discussione ma magari non ha argomenti per dire la sua. Insomma la cultura si trasmette anche in questi modi... Non dimentichiamoci che ogni volta che vogliamo rafforzare un ragionamento già esaustivamente argomentato tendiamo a semplificare e diamo modo anche a chi non aveva ben chiaro il nostro punto di vista di apprendere cose nuove e poterle riutilizzare nella vita.

Non volendo, o forse sì, citi anche tu nel tuo messaggio l'importanza di questo trasmettere cultura:

 

...quando si perdono pezzi della nostra cultura soprattutto quella che viene da lontano e ha un immenso valore.

 

 

In definitiva sono io che ringrazio te, per i bei spunti di riflessione...

 

A presto

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Bella discussione, davvero. Grazie :-)

citare di nuovo tutto quanto sarebbe tremendo e lunghissimo. Allora cerco di fare "a braccio" un discorso mio, sul mio modo di vedere le cose di cui abbiamo parlato.

Io sono ottimista. Magari non sembra ma lo sono. Ho 31 anni e mi sento in genere più vicino ai quindicenni che ai quarantenni, quindi di base quando qualcuno esprime dubbi sulle "nuove" generazioni, mi sento colpito nel vivo. Pur non facendo davvero parte di una nuova generazione. Penso che l'ottimismo e il pensiero positivo possano essere utili nella comunicazione della cultura, nella valorizzazione del bello, dell'arte, e piuttosto che lamentarmi di cosa gli altri non conoscono penso sia utile parlare delle cose belle per far "ingolosire" chi mi ascolta. Poi magari nella pratica non lo faccio mai, non so, questo dovrebbero dirlo quelli che vivono con me, ma almeno in teoria sono profondamente convinto che i valori della musica si tramandino in modo attivo e positivo.

Di contro, nella mia esperienza personale a un certo punto ho conosciuto una persona, il mio ragazzo, che non ha mai amato la classica. Ho fatto le mie guerre private con lui, cercando di fargli ascoltare cose che io consideravo stupende, per poi scoprire che, nonostante lui sia intelligente, colto e ben disposto, Beethoven non ha lo stesso effetto su tutti. Non solo, anche se non ascolti Beethoven non sei necessariamente una brutta persona. E in parallelo, lui mi ha fatto scoprire un mondo di musica pop-rock, di cui io non sapevo quasi nulla, approcciandola in modo "colto", tecnico, e ho scoperto di essere un ignorante caprino. E per giunta presuntuoso, perché come tutti (ahimè) anch'io pensavo che l'Arte fosse con la A maiuscola, che il pop fosse con la p minuscola, che senza spartito si facessero cretinate etc etc etc.

Che dirvi, ho cambiato opinione, e mi sono convinto che le complessità (come le ho chiamate negli altri messaggi) ci siano in qualsiasi pezzo. Ancora di più, la bellezza sta negli occhi di chi guarda e nelle orecchie di chi ascolta. E cerco di farvi capire cosa dico... Per me ci sono sentimenti, "stati emotivi", che non possono essere provati senza aver visto o ascoltato o letto una certa cosa :) cioè, non so, io quando avevo le cotte pensavo sempre a Saffo, all'immagine del fuoco sotto pelle, del malessere d'amore, tutte cretinate adolescenziali che io ho sempre vissuto in modo "culturale". Per me l'arte ha sempre avuto questo valore, un valore emotivo. Guernica ti insegna la morte, Petrarca ti insegna la solitudine, Beethoven ti insegna la gioia attiva, Wagner fa suonare la fantasia epica, tutto un immaginario mio che consideravo inesistente fuori da quel mondo. Ecco, per me uno che leggesse il Signore degli Anelli senza avere ascoltato la Tetralogia wagneriana era un idiota.

Il problema è che ho conosciuto persone che hanno letto il Signore degli Anelli, persone che parlavano di genocidi senza avere visto Guernica, persone molto romantiche che ignoravano tutta la poesia greca e latina e Petrarca. Anzi, riuscivano a trovare quegli stessi miei mondi emotivi in altro, in altre opere d'arte, che io non consideravo arte. Tipo i manga, tipo gli anime, tipo i graffiti, il free-jazz, il brit-pop, la canzone d'autore.

Dopo aver conosciuto queste persone, come faccio a considerare la mia cultura intrinsecamente superiore alla loro?? Io so che PER ME Gesualdo è importante. E sono certo che con i secoli non ci si scorderà mai di Gesualdo, perché non è mai successo nella storia umana che si perdessero davvero tracce di culture precedenti (sono rarissimi e isolati i casi, e spesso causati da eventi catastrofici tipo invasioni barbariche...). In genere avviene il processo inverso, la mitizzazione del passato e l'invenzione di una pseudo-storia, tipo con il vecchio testamento, che narra storie senza nessuna prova documentaria e che per secoli sono state scambiate per storie vere (non esiste nessuna prova archeologica dell'esistenza della Gerusalemme biblica, pensate... e nonostante questo, tutt'oggi ne parliamo).

Per questo, e per i miei studi, io credo che la cultura sia ... sommatoria, o sommativa, non so. Il novecento è nato SUL romanticismo, non lo ha scalzato, lo ha continuato. Anche per questo dico che Bach lo si ascolta in modo diverso, ed è vecchio. Siamo noi i giovani, e impariamo da Bach, ma impariamo per fare altro :) la cultura non è ripetizione, è interpretazione, FRAINTENDIMENTO, rinnovamento, perdita e ritorno. E' viva e fluida ma va solo avanti. Non stiamo parlando di valori, in questo momento. Bach ha un valore immenso, per chi sa ascoltarlo, o per chi sa suonarlo. Ma lo stupendo discorso teologico su, non so, il ruolo del pietismo nei suoi corali che posso fare io OGGI, e che fa anche capire quanto io possa avere appreso da Bach, è un discorso che NESSUN contemporaneo di Bach avrebbe potuto fare. Quindi, anche nel bene dobbiamo capire che noi siamo NUOVI rispetto a Bach, abbiamo mezzi diversi e "usiamo" Bach per i nostri scopi.

Questo, nel bene. Nel male, non dobbiamo mai scordare che ci sono milioni di cose che Bach non dice e che noi conosciamo, sentiamo e viviamo grazie ad altro che non sia Bach. A me il musical "Hair" mi ha insegnato cose che in Bach non avrei trovato. Lucio Battisti mi ha detto cose che Verdi non si sarebbe neppure sognato. Idem per Keith Haring, Banksy, Asimov e milioni di altri artisti che ORA fanno parte del mio immaginario emotivo tanto quanto Virgilio e Mozart. Per quale ragione devo discriminarli a priori?

Del resto sono le mie orecchie che fanno la differenza. Io sono convinto di questo. Più sei ricco, più cose belle trovi. A me piace Ivan Graziani non necessariamente per merito di Ivan Graziani ma anche per merito mio. E' un po' il pensiero alla base della musica di Cage, se vuoi trovare il bello, e ti impegni, lo trovi anche nel rumore di una sala da concerto durante 4'33''.

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Ok ma allora forse le differenze sono non tanto negli argomenti quanto nei metodi, nel come vengono espresse, ed in musica come nelle altre arti, relative all'altezza del linguaggio con cui questi argomenti vengono espressi. Certo, Verdi vuole dire qualcosa, come lo vogliono dire anche i Lunapop ma andrebbe forse analizzato lo spessore dell'idea che si cerca di comunicare e l'altezza del linguaggio che descrive questa idea. Per fare un parallelo anche io posso dire cose giuste ma bisognerebbe vedere cosa dico e come lo dico. Dante argomentava in versi un'idea di grande spessore e per questo si è guadagnato il posto di "sommo poeta" ed è , in aggiunta, per questo che Dante è Dante ed io non sono un cavolo di nessuno... :Cry: . Insomma quello che voglio dire è: va bene che è impossibile comparare stili diversi però cerchiamo anche di essere mentalmente malleabili... "Love Generation" : due pattern di batteria, un fischio, tre accordi, il testo che è quello che è; il tutto preso messo insieme per 4 battute e ripetuto per 4:30 non può essere all'altezza di una sinfonia di Beethoven ma neanche di un minuetto di Bach ma neanche della Toccata di Paradisi. E non ho preso neanche un esempio troppo screditante altrimenti, se avessi proprio voluto infierire, avrei preso quella vecchia canzone di Disco Commerciale (di circa 15 anni fa) di cui ricordo bene il testo perché era a dir poco allucinante:

"Domanda.. Sai quella cosa che si usa prima di far l'amore babe lo sai no ? Ma non lo sai cos'è ? Allora hai sbagliato persona per me amore !"

ed il ritornello esaltava le doti artistiche della canzone così... "if you wanna cum, put on a condom". :LMAO: Questo era tutto il testo del brano. La musica che lo accompagnava poi secondo me era ben più ridicola delle parole.

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Intanto vi ringrazio, non pensavo di aver aperto una discussione così stimolante.

 

Ci tengo a precisare che io non la voglio mettere su: "è meglio la classica della disco music" ma, nell'ottica forse citata da Frank, far capire che la classica non è così grama e che può avere molto da dare anche a un profano...spero di esermi spiegato.

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  • 2 weeks later...

Spiegare a un "profano" la differenza tra musica "classica" e "leggera", o potremmo dire tra musica "colta" e "di intrattenimento", o tra musica "d'arte" e musica "di spettacolo", con tutte le criticabili imprecisioni ed inevitabili insufficienze di simili definizioni, può essere difficilissimo a parole (e assai rischioso), ma diventa facile ricorrendo ad una semplice metafora: che differenza ci può essere tra un libro Harmony e, che so, I promessi sposi? Tra il "giallo per l'estate" e Il fu Mattia Pascal? E' la differenza che, piaccia o non piaccia, esiste tra arte e spettacolo.

Lo "spettacolo" è una gran cosa, richiede professionalità, doti e (a volte) talento... L'arte stessa è, e fa (o meglio può essere e fare e assai spesso fa) spettacolo. Diciamo che arte e spettacolo sono due cerchi concentrici dove quello più grande, quello dell'arte, non si accontenta e non vuole principalmente intrettenere, mirando molto più in alto, tendendo verso qualcosa che appartiene al mondo dello spirito... qualcosa di di alto, assoluto ed ineffabile che, appunto, può essere compreso in modo autentico soltanto con lo spirito e non con la pura ragione.

E' ovvio che, in chi ascolta, ci vuole la stessa volontà (direi la curiosità) ed il bisogno di cercare quel qualcosa... Se io voglio solo ballare è chiaro che non apprezzerò una fuga di Bach.

Bisognerebbe comunque respingre con forza qualsiasi categorizzazione, come se la musica c.d. "classica" fosse tutta un eccelso prodotto artistico e la musica c.d. "leggera" tutta puro intrattenimento. Un conto è la vespa dei Lunapop, un conto Via del Campo di De Andre'... Si potrebbero citare innumerevoli "opere" dell'epopea del Rock (Beatles, Doors, Jimi Hendrix, King Crimson, Pink Floyd...) che a mio avviso hanno profonda dignità artistica... La stessa c.d. "disco music" si intreccia con l'elettronica...

Non si tratta poi di affermare la superiorità antropologica di chi cerca e comprende l'arte su chi cerca solo intrattenimento. Le persone sono diverse ed ognuno fa le sue scelte.

Non diciamo però che la musica d'arte è grama o è roba da intellettuali "addetti ai lavori" solo perché non è compresa da chi non sente l'esigenza e non ha la voglia di capirla.

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