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Piano Concerto - Forum pianoforte

RedScharlach

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Tutto postato da RedScharlach

  1. Per una settimana è possibile ascoltare Almost Nowhere di Marco Momi sulla pagina soundcloud del magnifico Ensemble Nikel. Per quanto mi riguarda è uno dei brani più belli che ho sentito negli ultimi anni. https://soundcloud.com/ensemble-nikel/marco-momi-almost-nowhere-for-sax-egtr-perc-pno-electronics-2014 ALMOST NOWHERE (2014) [26.00] commission by Ensemble Nikel world premiere 15_11_2014 Zurich - Tage fur Neue Musik Instrumentation Saxophone, Piano, Percussion (1 player), Electric Guitar, Electronics (4ch. tape) Almost Nowhere is part of a series (Almost) started in 2010 in which I am questioning my identity through a research on the proxemics of composing. The relationship with sound (grown in the Iconica series) remains as fingerprint and become a familiar and elective haven from which to start afresh. Following a line on the horizon that is far from the habits, trying to reach what is pure, quiver, vanishing, or to the recollects before the dying (Almost Requiem). In Almost Nowhere there is the love for the storytelling, as organic emersion of essence with narrative properties, as the trajectory of a gaze throughout a landscape almost lacking of temporal definition, as a need of lines instead of rhymes. Almost Nowhere is a fairy tale, in which the whish of a placement is continuously tested trough solved/unsolved movements. The fence of the trip delimits a land that insist to be purely musical and the need of exactitude (of shaping the evolution of characters) claims his living in what remains from the disorientation. Almost Nowhere is dedicated to Yaron Deutsch and to the Ensemble Nikel.
  2. Senz’altro! Non è del resto compito mio convincere qualcuno di qualcosa. Mi colpisce però una parola che usi: rischio. Anche questa è una cosa che personalmente ammiro e invidio: il coraggio di correre il rischio di quattro minuti in cui succede “poco e niente”, come dici tu – certo, il giudizio su questo “poco e niente” è diametralmente opposto, nel nostro caso. Pazienza! Conosco tanta gente che si annoia ascoltando le Cantate di J.S. Bach! Ripensando però alla parte finale del brano, correggo il tiro. Il “si allontana con grande lentezza” viene infatti rovesciato: niente più attesa. Di nuovo un passaggio molto graduale, ma stavolta davvero risolutivo, definitivo.
  3. Non so quanto c’entra con il topic, ad ogni modo: ricordo una lunga discussione su forme, strutture, generi e tecniche a proposito di forma-Sonata, Rondò, Fuga, Concerto. Tutti concordavano nel classificare forma-Sonata e Rondò come forme, mentre il dibattito si accendeva su Fuga e Concerto: sono o non sono forme? Sicuramente non sono forme nel senso in cui lo sono la forma-Sonata e il Rondò; altrettanto sicuramente – almeno dal mio punto di vista – ogni Fuga e ogni Concerto ha una forma. Dovremmo quindi distinguere fra l’essere una forma e l’avere una forma? Probabilmente tutta la questione nasce dal fatto che la stessa parola forma si presta ad ambiguità, essendo anch’essa una metafora – l’ennesima – assieme utilissima e fuorviante, come tutti gli strumenti di cui ci serviamo per parlare di musica. Non chiederò quindi per l’ennesima volta “che cos’è la forma in musica?” bensì inviterò, di nuovo, a prendere in esame la prospettiva non dell’ascoltatore ma del compositore, e a considerare la forma non come una serie di scatole vuote da riempire, ma come strumenti per elaborare un discorso – e così passiamo dalla metafora architettonica alla metafora linguistica, giusto per complicarci la vita.
  4. Per quanto riguarda la corrispondenza fra ciò che si è e ciò che si fa, non so cosa dirti. Senz’altro è una questione complessa. Siamo portati a immaginare la personalità di Beethoven in base alla sua musica, che nel complesso presenta delle situazioni limite nell’intero spettro delle possibilità: ferocia e dolcezza, impulsività e riflessività. Può essere, ma non so se è corretto. Al contrario, trovo difficile riferire in modo altrettanto diretto Stravinskij (per l’idea che me ne sono fatto in base alle sue dichiarazioni, alle sue foto, alla sua opera presa nel complesso) alla Sagra della primavera. Non conosco di persona Murat Çolak: lo ho sentito parlare, una volta sola, e mi ha colpito per una notevole ironia – una combinazione di acume e sensibilità. Sull’impossibilità, o perlomeno sulle difficoltà che troverei nello scrivere una musica simile: forse quello che mi manca, e che ammiro, è il senso dell’attesa – una attesa costruita con elementi poveri, minimi. L’attesa mi sembra proprio il segno principale del brano. Tutto questo trova un senso perché dopo l’attesa c’è effettivamente qualcosa – qualcosa che mi suona come i resti di un antico imponente monumento mezzo coperto dalle sabbie del tempo (di nuovo una metafora!). Non riesco insomma ad isolare, come mi sembra stai proponendo, i momenti più tenui e pacati dai momenti più viscerali. Forse il tutto è fin troppo lineare, ma apprezzo questo modo diretto di esprimersi, soprattutto perché alla fine riesce a ricostruire l’attesa, senza più darle un esito, senza chiuderla, semplicemente allontanandosene con grande lentezza. Leggerò con interesse tue altre considerazioni su “pezzi di questo tipo”!
  5. È sempre un piacere confrontarsi con le idee e con le impressioni altrui, anche se diametralmente opposte alle proprie. Si impara sempre qualcosa. Ad esempio, non avrei mai pensato alla freddezza come attributo di questo brano. Non è comunque la mia impressione - per quel poco che conta. Mi sembra anzi che ci sia una grande aderenza al suono, un vero gusto per il suono: certo, un suono povero, fatto di poche cose, come un piatto semplice ma preparato con gusto, e assaporato con gusto sia da chi scrive sia da chi suona - se è così, non è una cosa da poco.
  6. Sì, sono d'accordo, il raggiungimento di una consonanza ha senza dubbio qualcosa di banale - forse banale non è la parola giusta - forse è meglio inevitabile - e in quanto inevitabile, questa consonanza sarebbe meglio evitarla. Eppure mi piace il coraggio o l'incoscienza di accogliere anche questo: la consonanza che è più consonante della consonanza stessa - come il vero che è più vero del vero. Mi piace perché - anche se non ha più il sapore della scoperta, come in Grisey - conserva un suo aspetto gioiosamente paradossale. E, ripetendomi, l'ambizione di integrare in questo modo il pianoforte, e gli stratagemmi in qualche modo utopici messi in campo a tal fine, tanto che un singolo pianoforte non è più sufficiente, ne servono ben sei, e tanto meglio, così il grandioso si autoalimenta: ecco, non mi vengono in mente altri esempi di questo tipo. Ma forse - semplicemente - ci sono e non li conosco.
  7. Avevo scritto "questa è una metafora, e come tale va intesa" proprio perché il gioco delle metafore è un gioco tanto simpatico quanto inconsistente. Cemento, mattoni, case, viali ... Ci manca solo qualcuno che paragoni la tonalità alle leggi della statica, e così chiudiamo il cerchio! Non chiediamo alle metafore più di quello che ci danno. Ho parlato di mattoni e di case, ma avrei potuto parlare di lievito e farina e di teglie per preparare le torte. Badiamo al significato: quello che voglio significare è che la tonalità e la forma sonata e tutte le altre cose sono strumenti per i compositori, e non ostacoli da superare o aggirare.
  8. Avevo già ascoltato qualcosa di Georg Friedrich Haas in passato, senz'altro apprezzandone la fattura. Gli ingredienti di base della sua musica erano subito chiari: radici nello spettralismo, con impiego dovizioso di intervalli inferiori al semitono, grandi spazi sonori, imponenti masse in lento movimento (inevitabile pensare al Ligeti degli anni Sessanta). In realtà non avevo approfondito più di tanto, ma una recente curiosità mi ha spinto a cercare di nuovo: la prima cosa che ho trovato è questo limited approximations (2010). Qui abbiamo sei pianoforti accordati al 12mo di tono, e l'orchestra. Sotto trovate le note di presentazione preparate dallo stesso Haas, dove si spiegano per bene le implicazioni di questo "maxistrumento". L'accordatura microtonale costituisce l'identità e la fisionomia del brano: il suo senso è immediato e insostituibile, e per quanto mi riguarda questa non è una cosa scontata (ad esempio, la "scordatura" del pianoforte mi sembra - al contrario - l'aspetto meno persuasivo di Vortex temporum). Ciò che davvero mi conquista è il non arretrare di fronte alla grandezza, e anzi il cercare la grandezza con sincero compiacimento, senza per questo rinunciare a una certa ironia. Altrettanto entusiasmanti trovo i momenti in cui si arriva a uno spettro consonante (ad esempio a 12 minuti, a 19, a 31 ...), e soprattutto il modo in cui questi momenti crollano o si sfilacciano (da questo punto di vista, il momento migliore è verso 14 minuti). limited approximations, for 6 micro-tonally tuned pianos and orchestra (2010) Akiko Okabe, Pi-Hsien Chen, Christoph Grund, Florian Hoelscher, Julia Vogelsänger & Sven Thomas Kiebler, piano SWR-Sinfonieorchester Baden-Baden und Freiburg Sylvain Cambreling The twelfth-tone interval is so small that it is no longer heard as an interval, but rather as the shading of a single note. A single tone played by a romantic orchestra has a wider frequency. The aural effect of a scale in twelfth-tone intervals is thus similar to a glissando. The effect of a cluster of twelfth-tones depends on the register: higher up, it is sharp, abrasive, biting, lower down it is soft, melting, rich. Of course it is also possible to build raw, dissonant chords with twelve-tone intervals -- much more differentiated (also in the degree of acuteness) than with the traditional 12 tones per octave. But it is also possible to build much more "consonant" chords than in the traditional twelve-note scale: a close approximation of the twelve-tone scale can be produced in the overtone scale, accurate up to a twelfth of a tone. The intonation of the pianos is precisely measurable at all times -- where it would be extremely time-consuming to construct overtone chords with the orchestra alone (including overtone chords based on tonics outside the traditional twelve-tone system), the six precisely tuned pianos can produce these chords in an instant -- admittedly, only in the limited approximation of the 72 twelfth-tones per octave. The score gives the following instruction on the intonation of the overtone scale: "The twelfth-tone tuning of the pianos provides a good approximation of the intervals of the overtone scale, but diverges from it markedly in some respects. Ideally, the instruments of the orchestra would take the example of the tuning of the piano only at the tonic and the octaves, and correct all other intervals by ear towards the "correct" tuning (particularly the fifths and augmented ninths, the major thirds and the minor sixths), with the twelfth-tone scale of the pianos merely serving as an orientation point." limited approximations does not tell a story. As with all my compositions, there is also no formal development or traditional formal structure. Contrasting elements alternate with one another -- moments of smoothness and friction. "Pseudo-glissandi" in the pianos arrive unexpectedly at overtone chords. Apparently stable constellations of intervals begin to falter as the twelfth-tones merge. The spectral, telescoping chords of the pianos are taken up by the orchestra, over and over again. In my early works I had to limit myself to a few basic tones, out of respect for what was practically realisable: in vain makes do with only the 12 tones of the traditionally tuned scale. Natures mortes uses only six different overtone chords, of which four are based on tones found in the traditionally tuned system. In limited approximations, thanks to the pianos, the whole world of sound is open to me. A microtonal countermovement is composed into the final third of the piece: from the fifth C'-G' to the neutral second between the E sharp raised by a twelfth-tone and the F lowered by a sixth-tone. Thus 10 different intervals arise, each of which becomes the centre of an overtone chord. This section last more than 100 bars. Or: an overtone chord, starting fortissimo, rings out, is picked up in the orchestra, swells again to a crescendo, which masks the start of a new overtone chord in the pianos, only the reverberation can be heard, it rings out, is taken up by the orchestra, swells... etc. --Georg Friedrich Haas
  9. Allora diciamo che ho capito, ma non sono d'accordo. I mattoni e il cemento sono degli ostacoli per chi vuole costruire una casa? No, non sono degli ostacoli, sono degli strumenti per costruire la casa (questa è una metafora, e come tale va intesa). Un rondò, una fuga o un allegro di sonata delimitano dei confini? Non credo. Sono anch'essi degli strumenti nelle mani del compositore, e solo un compositore da pochi soldi può sentirsi da essi vincolato.
  10. Solo un contributo, minuscolo, alla conversazione: usare estrema cautela quando si utilizza la parola regola in musica. Noto infatti che spesso quando si dice regola in musica si intende in realtà qualcosa di ben diverso: non si tratta di regole, si tratta piuttosto di strumenti per costruire, o qualcosa del genere. La tonalità, ad esempio, non è una regola nel senso comune del termine: è uno strumento per costruire la musica. Del resto non sono sicuro di capire cosa si intende con
  11. Murat Çolak è un ragazzo turco che studia all’Università di Boston. Spesso lo si vede in Europa, come del resto succede per molti compositori di formazione USA. NEFES.PAS.ÇIRA.IŞI è un brano per flauto e percussioni del 2015. È molto semplice: all’inizio un suono acuto tenuto a lungo, il tempo di apprezzare le trasformazioni della sua qualità; poi una serie di percussioni secche sopra un suono grave (una piccola apocalisse interrotta); quindi dei sospiri sopra una materia raschiata; infine “a song sung alone”, come scrive il compositore. I suoni sono belli, e ci viene concesso il tempo necessario per gustarceli. Mi piace perché so che non riuscirei a fare qualcosa del genere. Composed for and premiered by Christian Smith (crotales/prepared bass drum/prepared bass marimba/prepared singing bowl) and Rosa Soler (piccolo/bass flute/floor castanet/sine tones) in 2015 at impuls festival - Graz, Austria.
  12. No: come scrivevo nel post precedente, gli accordi di sesta eccedente si costruiscono sul VI della scala minore. In Do minore sul Lab (intervallo di 6E Lab-Fa#), in Re minore sul Sib (intervallo di 6E Sib-Sol#), e così via.
  13. Proprio per questo scrivevo I46, che corrisponde alla doppia appoggiatura.
  14. La sesta eccedente, in quanto intervallo, si trova sul 6°m. Ad esempio, in Do minore si trova sul Lab. L'intervallo è quindi Lab-Fa# (sesta eccedente). Su questo intervallo di sesta eccedente puoi costruire diversi accordi: sesta tedesca (Lab-Do-Mib-Fa#), sesta francese (Lab-Do-Re-Fa#), sesta italiana (Lab-Do-Fa#). Sono tutti accordi che precedono una dominante (V o I46).
  15. Puoi anche essere ammesso al Conservatorio più prestigioso con il Maestro migliore del mondo, ma tutto questo non è nulla senza la grinta e la determinazione. In un certo senso, queste qualità sono più importanti del talento. Il mondo è pieno di musicisti giovanissimi, bravissimi, motivatissimi. Lo spazio esiste anche per te, ma devi trovare (ritrovare) grinta e determinazione. Anche io, come altri prima di me, consiglio di andare lontano da casa. In ogni caso, in bocca al lupo!
  16. Ecco Schubert: una lettura di Erlkönig in chiave schizofrenica (geniale).
  17. Tutti i problemi che avevi diagnosticato nell’altro topic http://www.pianoconcerto.it/forum/index.php?/topic/5088-come-comporre-in-maniera-esatta/ sono chiarissimi: idee che non vanno da nessuna parte, appiccicate l’una all’altra senza nessuna logica. Si sente che ragioni con le mani, che le tue mani si ricordano Rachmaninov Liszt Beethoven (poi a 1:30 chi sbuca fuori?) e saltano gratuitamente dall’uno all’altro ... Eppure devo dire che questa cosa un po’ assurda e sconclusionata mi piace di più di tanta accademia. Unico consiglio (se posso): prova a scrivere musica lontano dal pianoforte, prova a lavorare di immaginazione.
  18. Questa versione è ancora più bella (meno ammiccamenti) ... Da vedere assolutamente anche la parodia di Erlkönig di Schubert. Ma mi chiedo: se oggi un comico proponesse qualcosa del genere, chi lo capirebbe?
  19. Premesso che non ne faccio un discorso generale, basandomi sul fatto che... ... è pianothor a voler studiare da solo, per sfizio personale; detto questo, devo riconoscere che nutro dei seri dubbi su una certa didattica della composizione che mi ha fatto perdere letteralmente degli anni, una didattica della composizione bella a parole ma incapace di creare una professionalità compositiva (non per niente, sono dovuto andare all’estero per fare una lezione con l’insegnante italiano di cui scrivevo sopra). Ma in fondo questo ha poco a che vedere con le richieste di pianothor! Per quanto riguarda i casi specifici, che io sappia Boulez non ha mai avuto fama di insegnante di composizione, semmai di direzione d’orchestra (attività che del resto non esercita più). Sulle capacità didattiche di Pärt, Gubajdulina e Penderecki non saprei pronunciarmi - ho però il sospetto che non si dedichino molto all’insegnamento.
  20. Dici nulla! Chi sono oggi insegnanti del calibro di Haydn, Schönberg, Messiaen? Io ho avuto diversi maestri, ma solo uno - con una singolo incontro di 2 ore - mi ha dato una vera lezione di composizione (fra l’altro, proprio spiegandomi come si lavora su un’idea).
  21. “Tutto ciò che scrivo è diverso da tutto ciò che ascolto quindi c’è sicuramente qualcosa che non va”. Cosa vuoi di più dalla vita? Non buttare via questa cosa preziosa andando a studiare da un maestro che - se va bene - ti farà scrivere cose “giuste”, uguali a cose che già esistono, inutili. Esempio perfetto quello del buon Geppino. “Quello che vorrei è dare un senso alle mie composizioni, non farle sembrare un sacco di idee ammucchiate a casaccio”. Prendi una sola idea. Non cercare di collegarla ad altre idee. Concentrati solo su quella, fino a capirla davvero. Come puoi far capire questa idea anche agli altri? Cerca di trovare una soluzione. Prendi i tuoi pezzi preferiti, e cerca di capire come fanno i veri compositori. “Le idee che ho mi piacciono molto”. L’unico consiglio che potrei darti è: impara a credere davvero in queste idee. Quando farai ascoltare la tua musica a un “esperto”, lui ti segnalerà tutti gli errori che hai fatto. Tu dovrai lottare per difendere le tue idee, e per trovare la forza di lottare ci dovrai credere davvero - altrimenti non servirà a nulla.
  22. La sigla di "Leonardo" del Tg3 è un'elaborazione di un suo brano (per violoncello e pianoforte, se non sbaglio). Molto bello!
  23. No. Casomai è Re minore che diventa momentaneamente "tonica", ovvero I.
  24. Sono d'accordo, la consegna si poteva scrivere meglio. Sarei invece curioso di leggere i commenti al basso: riesci a girarli? Grazie!
  25. Le Indicazioni nazionali per i Licei Musicali si possono leggere qui http://www.indire.it/lucabas/lkmw_file/licei2010///indicazioni_nuovo_impaginato/_Liceo%20musicale%20e%20coreutico%20sezione%20Musicale.pdf In particolare, per quanto riguarda l'insegnamento di Teoria, analisi e composizione: LINEE GENERALI E COMPETENZE Nel corso del quinquennio lo studente acquisisce familiarità con le strutture, i codici e le modalità organizzative ed espressive del linguaggio musicale, sia impadronendosi dei principali concetti legati ai sistemi di regole grammaticali e sintattiche maggiormente in uso (modalità, tonalità, sistemi popolari e contemporanei), sia maturando la capacità di produrre semplici composizioni che utilizzino tali sistemi di regole. Al termine del percorso liceale lo studente padroneggia i codici di notazione dimostrando di saperli utilizzare autonomamente e consapevolmente sia sul piano della lettura sia su quello della scrittura. E’ in grado di leggere con la voce e con lo strumento brani monodici e polifonici, anche in contrappunto imitato e in differenti chiavi, di rappresentarne aspetti morfologici e sintattico-formali attraverso il corretto movimento e utilizzo del corpo e di trascrivere, sotto dettatura, semplici brani nella loro interezza individuandone l’ambito ritmico-metrico, armonico e intervallare, nonché le dinamiche e l’agogica. Tale padronanza, fondata sul progressivo affinamento dell’orecchio musicale, conduce lo studente a saper analizzare, all’ascolto e in partitura, opere di vario genere, stile e epoca, cogliendone caratteristiche morfologiche (dal punto di vista ritmico, melodico, dinamico e timbrico) e relazioni sintattico-formali, rappresentandole anche attraverso schemi di sintesi pertinenti, utilizzando una terminologia appropriata e individuando i tratti che ne determinano l’appartenenza a un particolare stile e genere musicale. Sul piano compositivo lo studente padroneggia i diversi procedimenti armonici, anche contemporanei, rintracciandoli in brani significativi attraverso appropriate tecniche di analisi e servendosene per improvvisare, per armonizzare melodie e per produrre arrangiamenti e composizioni autonome o coordinate ad altri linguaggi (visivo, teatrale, coreutico), senza escludere il ricorso agli strumenti offerti dalla tecnologia attuale. La capacità di scrivere e arrangiare per singoli strumenti ed insiemi strumentali/vocali dovrà fondarsi sulla conoscenza degli strumenti e delle tecniche di strumentazione, dello sviluppo delle forme musicali e degli elementi della retorica musicale. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO PRIMO BIENNIO Nel corso del primo biennio lo studente consolida le competenze relative allo sviluppo dell’orecchio, alla padronanza dei codici di notazione, all’acquisizione dei principali concetti del linguaggio musicale, allo sviluppo di capacità di comprensione analitica e di produzione di semplici brani attraverso l’improvvisazione e la composizione. E’ opportuno che ciò avvenga in modo integrato attraverso percorsi organizzati intorno a temi concettuali (scale, modi, metri, timbri, forme, ecc.) e a temi multidisciplinari (musica/parola, musica/immagini), che offriranno lo spunto per attività di lettura, ascolto, analisi, improvvisazione e composizione. In questo segmento scolastico occorrerà condurre lo studente a leggere con la voce e con lo strumento e a trascrivere brani monodici di media difficoltà rispettandone le indicazioni agogiche e dinamiche, a trascrivere all’ascolto bicordi e triadi nonché semplici frammenti polifonici a due parti, a cogliere all’ascolto e in partitura gli elementi fondamentali e le principali relazioni sintattico-formali presenti in un semplice brano, a padroneggiare i fondamenti dell’armonia funzionale producendo semplici arrangiamenti e brani originali, a improvvisare e comporre individualmente, o in piccolo gruppo, partendo da spunti musicali o extra-musicali anche sulla base di linguaggi contemporanei. Lo studente riproduce e improvvisa sequenze ritmiche e frasi musicali, nonché semplici poliritmi e canoni, con l’uso della voce, del corpo e del movimento, curandone anche il fraseggio. SECONDO BIENNIO Nel corso del secondo biennio lo studente approfondisce i concetti e i temi affrontati in precedenza assumendo una prospettiva storico-culturale che evidenzi continuità e discontinuità nell’evoluzione dei sistemi di regole e delle modalità di trasmissione della musica, sia sul piano della notazione sia su quello della composizione. E’ opportuno che ciò si traduca in percorsi organizzati intorno a temi con implicazioni storiche (modalità, contrappunto, canone, evoluzione dell’armonia funzionale, storia delle forme musicali, ecc.) che consentano di affinare in modo integrato abilità di lettura e trascrizione polifonica e armonica applicata a partiture di crescente complessità, di analisi all’ascolto e in partitura di brani appartenenti a differenti repertori, stili, generi, epoche, di improvvisazione e composizione che impieghino tecniche contrappuntistiche e armoniche storicamente e stilisticamente caratterizzate. Sarà approfondita la conoscenza delle caratteristiche e delle possibilità dei diversi strumenti musicali, nonché delle più importanti tecniche informatiche; tali conoscenze saranno messe alla prova in attività di composizione e arrangiamento, con o senza un testo dato, anche a supporto di altri linguaggi espressivi. Lo studente riproduce sequenze ritmiche complesse, poliritmi e polimetrie con pertinente uso del corpo e del movimento e brevi brani musicali, sia individualmente sia in gruppo, evidenziando l’aspetto ritmico, il fraseggio e la forma anche attraverso l’uso del corpo e del movimento. Lo studente dà prova di saper armonizzare e comporre melodie mediamente complesse e articolate, con modulazione a toni vicini e lontani, progressioni, appoggiature e ritardi, utilizzando anche settime e none. QUINTO ANNO Lo studente affina ulteriormente sia le capacità di lettura e trascrizione all’ascolto di brani con diversi organici strumentali e vocali, sia gli strumenti analitici, che saranno prevalentemente esercitati su brani del XX secolo appartenenti a differenti generi e stili, ivi comprese le tradizioni musicali extraeuropee. Approfondisce la conoscenza dell’armonia tardo-ottocentesca e novecentesca, in modo di servirsene all’interno di improvvisazioni, arrangiamenti e composizioni. Consolida le tecniche compositive funzionali alla realizzazione di prodotti multimediali e di brani elettroacustici ed elettronici. A consolidamento del percorso precedente, lo studente dovrà essere in grado di armonizzare e di comporre melodie mediamente complesse e articolate con modulazione ai toni vicini e lontani, progressioni, appoggiature e ritardi e utilizzando anche settime e none. Alla fine del percorso lo studente dovrà essere in grado di elaborare e realizzare un progetto compositivo, con una forte vocazione multidisciplinare, atto ad essere eseguito a guisa di prova finale, presentandone per iscritto le istanze di partenza e gli scopi perseguiti.
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