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Piano Concerto - Forum pianoforte

RedScharlach

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Tutto postato da RedScharlach

  1. Assolutamente da segnalare Ludwig van di Mauricio Kagel, che fra l’altro vanta la migliore interpretazione dell’op. 53 che si possa immaginare. https://www.youtube.com/watch?v=7l8vPWFIgxI A proposito di Musikanten di Franco Battiato, al netto (o forse no) di alcune (anzi tante) cose davvero insostenibili, bisogna riconoscergli almeno due aspetti che lo innalzano oltre il rango di capolavoro: 1) la sordità, finalmente – il suo impatto fisico, disorientante – fa vivere l’esperienza della Nona Sinfonia vissuta da Beethoven, con mezzi cinematografici assieme brutali e poetici; 2) Jodorowsky, probabilmente in forza di metempsicotiche competenze, è il miglior Beethoven possibile (anche se non gli somiglia affatto, o forse proprio per quello).
  2. Ascoltando Schnabel, si capisce per quale motivo era il pianista preferito da Glenn Gould ... https://m.youtube.com/watch?v=x9GmR1Emh1s
  3. Piccola rettifica: a proposito degli Internationale Ferienkurse für Neue Musik Darmstadt 2014 ho detto che prevalevano gli “alla Lachenmann” e gli “alla Steen-Andersen”. Facendo mente locale, confermo senza dubbio che c’erano gli “alla Lachenmann” (peraltro lui era presente – per dire cose importanti, come al solito); invece è un po’ troppo dire che c’erano gli “alla Steen-Andersen” (peraltro pure lui era presente, con un laboratorio; ma non fa propriamente scuola, non ancora perlomeno, o non a livelli massicci). C’era invece, sicuramente, un tema che affiorava spesso: la musica concettuale (o il concettualismo in musica, non ricordo bene). A rappresentarla, fra gli altri, tale Johannes Kreidler (http://www.kreidler-net.de/english/index.html), egli stesso titolare del Kranichsteiner Musikpreis (il premio di Darmstadt), sostanzialmente sconosciuto in Italia – ma direi che non ci perdiamo un gran che (fra parentesi, stavo proprio riflettendo sul fatto che in Germania è necessario avere un concetto dietro la musica – talora anche a prescindere dalla musica – mentre in altri luoghi è possibile scrivere quella nota “perché mi suonava bene” – o meglio possiamo prendere il “perché mi suonava bene” come una buona giustificazione – sempre che ci sia bisogno di giustificare qualcosa). Dimenticavo: fra i festival/accademia importanti in Europa bisogna segnalare senz’altro il Gaudeamus Muziekweek di Utrecht, attivo dal 1957. http://muziekweek.nl/en/ La sua caratteristica principale è la giovane età dei partecipanti. Il fine dichiarato è scovare i talenti in erba (nel 1976 ha premiato Fabio Vacchi, e a tanti altri ha permesso di avere ottime interpretazioni). Se volete farvi un’idea degli attuali orientamenti estetici (o estetofobici?) potete vedere qui http://muziekweek.nl/en/2016/06/14/meet-the-2016-nominees/ Sempre a proposito di estetofobia mi rimarrebbe qualcosa da dire, ma magari un’altra volta.
  4. Non ho capito cosa intendi con esteto-fobia, e a dire il vero non lo avevo capito neanche nel precedente post...
  5. Giusto domani si chiudono i quarantottesimi Internationale Ferienkurse für Neue Musik Darmstadt. Sarà anche un luogo comune – in tutti i sensi – ma rimane un punto di riferimento. http://www.internationales-musikinstitut.de/en/program2016 Nella cittadina, poco sotto Francoforte, ogni due anni arrivano centinaia di compositori e di strumentisti da tutto il mondo. Non ci sono stato quest’anno (almeno non di persona), ma nel 2014 c’erano molti musicisti del sud-est asiatico, molti cinesi, molti sudamericani, oltre a europei e americani. Si è ascoltata tanta, troppa musica, di estrazione diversissima (forse più di altri prevalevano gli “alla Lachenmann” e gli “alla Steen-Andersen”). Ogni tanto si è sentito qualcosa di interessante. Molte lezioni, seminari, incontri. Mi aveva colpito l’enfasi sulla spettacolarità, il dispiegamento di forze produttive. Insomma, si conosce gente, si formano gruppi (italiani con italiani, o italiani con spagnoli, o italiani che hanno studiato in Francia con i francesi, ecc…), capita di uscire a bere con musicisti affermati dopo i concerti, o prima dei concerti, o invece dei concerti. Non tutti però: solo alcuni fra questi musicisti affermati (nell’ambito della contemporanea) escono a bere, altri si tengono più sulle loro. Se si hanno buone idee, o idee in cui si crede davvero, può essere un buon luogo per proporle – ma c’è il rischio concreto che queste idee vengano attaccate, quindi devono essere davvero buone, oppure ci si deve credere davvero. Altri festival: Manifeste a Parigi è ben curato, ma più selettivo, e quindi gli manca l’impatto di grande evento collettivo; Impuls a Graz ha una struttura che ricorda abbastanza Darmstadt ma è più piccolo e raccolto (e anche più accogliente).
  6. Sicuramente è esibizionismo, ma non esibizionismo puro come potrebbe essere, poniamo, con una Rapsodia ungherese di Liszt, o come forse sarà stato – in modo diverso, certo – nei Concerti di Ravel. Si tratta di un esibizionismo un po’ più complesso e, proprio per la sua complessità gratuita e inconcludente, in sé affascinante. Sceglie l’op. 106 perché è notoriamente problematica, perché in essa si trovano diversi punti davvero difficili da capire, e diversi momenti nei quali non direi che si cerca il brutto o lo stravagante (come in Ravel), ma senz’altro nei quali il bello è l’ultima cosa di cui ci si preoccupa, a fronte di cose ben più urgenti. Tutto questo è sorvolato: non c’è alcun problema né alcun mistero. Non affascina quindi la Sonata di Beethoven, né lei direttamente: ad affascinare – e intendo con affascinare il presentare come semplice e diretto qualcosa di difficile da decifrare, o magari, chi può dirlo, di impossibile da decifrare – è l’esibizionismo stesso esibito in quanto tale. Un po’ come potrebbero affascinare gli acrobati del circo (che a dire il vero non ho mai amato più di tanto).
  7. Confermo, assolutamente! Persona squisita, mente sconfinata, di prospettive singolarmente aperte – e al tempo stesso severa e altamente selettiva. Concedo anche volentieri che compositore vero è un nonsense. O si è compositori, o non si è compositori. Diciamo che coloro di cui parlo mostrano le tre caratteristiche cui facevo cenno qui http://www.pianoconcerto.it/forum/index.php?/topic/6035-a-cosa-serve-la-musica-oggi/?p=43184 ovvero – in ordine crescente – qualità del lavoro, forza dell’idea, volontà.
  8. Nessuno sano di mente può mettere in dubbio quanto scrive Schönberg. Non credo invece a questo. O meglio, non credo che Mahler sia solo questo. Un po’ per le ragioni storiche e psicologiche cui facevo cenno. Ma soprattutto perché la sua musica dice anche altro, oltre alla delicatezza, alla profondità, alla sofferenza, alla semplicità e all’onestà: che indubbiamente ci sono, ma che si confrontano e si scontrano anche con altre cose, forse meno gradevoli, ma altrettanto potenti e sconvolgenti. Impossibile non amare Mahler? Certo è impossibile non amare la sua musica. Dubito però che sarebbe stato altrettanto semplice amare la persona – e tale dubbio si rafforza quanti più compositori (compositori veri) mi capita di conoscere. Detto questo, confesso che l’anno scorso ho fatto il pellegrinaggio a Dobbiaco con il bimbo di due anni. In macchina si ascoltava a palla Nona Sinfonia e Canto della terra – il che probabilmente costituirebbe per Adorno il massimo grado di reificazione.
  9. Grazie per l’avvertimento! In ogni caso, fra tutte opinioni di Glenn Gould questa non è certo la più infondata. Per sopravvivere – e anzi avere successo, almeno per qualche anno – nella Vienna dell’epoca di Mahler (come anche nella Vienna di oggi) non bastava certo essere ingenui e spirituali, bisognava anche essere ambiziosi e spietati (almeno un po’). La cosa strana è che la stessa persona può essere ingenua e spirituale, e alternativamente ambiziosa e spietata – senza per questo diventare Jekyll & Hyde. È un curioso aspetto dell’animo umano (ma qui ovviamente sconfiniamo nel campo delle opinioni personali).
  10. Una musica che in sé ha – o potrebbe avere – qualcosa di ancora incomprensibile, e una interpretazione in cui non c’è alcuno spazio per il mistero. L’effetto è quasi dadaista. A modo suo geniale, e assieme snervante. Come geniale e assieme snervante è la tentazione di risolvere ogni dubbio sul residuo significato di questa musica con l’occhio anziché con l’orecchio, costringendoti anzi a separare ciò che dovrebbe essere unito (orecchio e occhio, appunto).
  11. Per fortuna, non è così. La famiglia ricca non è condizione necessaria né sufficiente. Può essere fondamentale, in alcuni casi, ma non è indispensabile. Mi vengono in mente almeno un paio di esempi recenti di compositori, o aspiranti tali, “partiti col botto” perché avevano alle loro spalle una famiglia facoltosa, o influente nel mondo della cultura. Ora non so che fine abbiano fatto, ma dubito continuino a scrivere. Una famiglia ricca conta molto, come conta molto la capacità di muoversi nei luoghi dove si fa musica, ma sulla lunga distanza ciò che conta davvero è la qualità del lavoro. Anzi, ancora più della qualità del lavoro, conta la forza dell’idea, cui la qualità del lavoro è subordinata. E anzi, ancora più della forza dell’idea, conta la volontà di fare. Volontà, forza dell’idea, qualità del lavoro … Se c’è questo, non c’è famiglia ricca che tenga.
  12. Curiosamente l’opinione di Glenn Gould sul rapporto vita-opera in Mahler (sulla scorta della biografia di de La Grange) è l’esatto opposto: un ambizioso e spietato carrierista la cui musica, strano miscuglio di ingenuo e spirituale, ha poco in comune con la personalità tipicamente viennese fin de siècle (vedi L’ala del turbine intelligente).
  13. Premetto che non ho ancora ascoltato come suona – e quindi sono “dalla parte del torto”. Ho però già letto alcuni commenti al video. Ma avrei anche potuto risparmiarmi la lettura, tanto erano prevedibili nel loro schierarsi pro o contro, e anche nelle argomentazioni. Noto solo che alcuni pro suggeriscono: “provate ad ascoltare senza guardare”. Mi sembra un suggerimento del tutto fuorviante: il significato estetico, culturale e morale (e in fondo anche politico) di questa interpretazione è dato anche o forse soprattutto dal “guardare e ascoltare” insieme – e dalla tremenda dissonanza fra ciò che si vede e ciò che si sente. O ciò che si dovrebbe sentire (dato che non ho ancora potuto ascoltare). https://www.youtube.com/watch?v=itLAlTJt8cs
  14. La risposta più banale che mi viene in mente: gli strumenti sono due, ma il suono è uno solo. Ma è più bella l'interpretazione di Viola ...
  15. Il bajan è la fisarmonica russa https://it.wikipedia.org/wiki/Bajan_(strumento_musicale)
  16. Un monumento assoluto. Molto bella questa versione con l'Ensemble InterContemporain e l'Orchestra del Conservatorio di Parigi diretti da Pascal Rophé.
  17. Perdonami ma continuo a non capire ... Mi riferivo proprio a questo Anamorfosi, che in definitiva è costruito sulla compatibilità armonica fra Jeux d'eau e Singing in the rain.
  18. Scusa ... non capisco! A Sciarrino interessa proprio il rigore armonico!! ???
  19. “Pomato”?? https://en.wikipedia.org/wiki/Pomato
  20. Francamente non so se il succo del discorso è che “bisogna avere sfiducia in quello che si legge”. Certo, tutti dovremmo tenere in allenamento il nostro spirito critico – ma non è cosa facile. Il fatto è che il mondo è complesso. Per quanto mi riguarda, posso tentare di esercitare spirito critico nelle cose musicali – si tratta del mondo che ho studiato e nel quale lavoro. Ma sicuramente non riuscirei a essere altrettanto attento e informato in campi dei quali non mi occupo direttamente – giusto per qualche esempio: l’economia, la chimica, l’ingegneria, la medicina… (eppure, anche se non me ne occupo direttamente, sono campi che hanno una ricaduta diretta nella mia vita quotidiana, e avrei quindi ragione ad essere più attento in proposito!). Non so francamente se esiste una soluzione. Eppure questo spirito critico è necessario – oggi soprattutto – perché, come giustamente scrive Giovanni, “l’ignoranza crea l’intolleranza”.
  21. Troppo buono! In realtà, stavolta mi sono limitato a riportare l’impeccabile commento all’articolo. In ogni caso, il problema è una bufala del genere si fa in fretta a montarla, e altrettanto rapidamente si diffonde (è già stata ripresa da Il Giornale) … Smentirla, invece, può essere molto molto laborioso!
  22. Si tratta di una bufala, come ben spiega un commento all'articolo del Fatto Quotidiano: L'autore dell'articolo dovrebbe sapere che spesso alcune opere vengano cantate non con il libretto originale (specialmente se si parla di opera in lingua italiana) ma con traduzioni in inglese, francese e tedesco. Questa pratica si è andata perdendo nel tempo ma è comunque comune in determinati teatri (per esempio all'English National Opera di Londra e, per l'appunto, alla Komische Oper di Berlino). Si faceva in passato anche in Italia per opere cantate in lingua straniera come Carmen, Il flauto magico e quelle di Wagner. Sono riuscito a trovare un libretto in tedesco per il Don Giovanni: http://gutenberg.spiegel.de/bu... La traduzione in tedesco, probabilmente per ragioni di metrica, è sempre stata Persia. Ecco la prima parte di quest'aria stupenda (in tedesco): Leporello: Schöne Donna, dies genaue Register, Es enthält seine Liebesaffären; Der Verfasser des Werks steht vor Ihnen, Wenn's gefällig, so gehn wir es durch. In Italien sechshundertundvierzig, Hier in Deutschland zweihundertunddreißig, Hundert in Frankreich und neunzig in Persien, Aber in Spanien, ja, in Spanien Schon tausend und drei.
  23. Il video è bello, ma di Beethoven non spiega niente: accordi consonanti e dissonanti li usano tutti i compositori, a prescindere dal fatto che conoscano o meno i fondamenti matematici dell’acustica.
  24. Non so se si può forzare l’analogia fino a questo punto ... Però ho verificato che a due anni o poco più un bimbo è in grado di comprendere semplici canzoncine (tipo Zecchino doro) accennando, a modo suo, ritmo e melodia. Il caso di qui sotto, 3 anni, è forse eccezionale, ma dimostra che già a quell’età è possibile capire Beethoven – almeno a livello motorio, dinamico, e (in sintesi) a livello espressivo (immagino che questo discorso valga solo per alcuni brani, caratterizzati magari da una certa regolarità ritmica, non certo per tutti).
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