Jump to content
Piano Concerto - Forum pianoforte

OrlandiArmando

Membro
  • Posts

    234
  • Joined

  • Last visited

  • Days Won

    49

Tutto postato da OrlandiArmando

  1. ecco....................... grazie Dan. sostituiamo "terzo" con "tardo" e siamo a posto.......(ti è scappato, ammettilo) ebbene si , Daniele, ho letto tutto...... che argomento stucchevole.....indigesto..... ozioso......mi alzo e vado di crema al limoncello (abbondante) e vi lascio soli soletti allo sviluppo di questo post, come mi ero Oracolarmente ripromesso. Amicizia,
  2. unisco due repliche di un post che appartengono più a questo che all' altro. Io dico che "Non entro nell' altro post " Unsterbliche Geliebte" (e me ne terrò lungi) ma vorrei ringraziare Oracolo per la citazione del libro di Benedetta. Essere nei ringraziamenti di una ricercatrice tanto attenta, sapiente e modesta è una di quelle piccole-grandi soddisfazioni di questa grama vita musicale!)" quindi Oracolo mi domanda legittimamente: Come mai? Che sono curioso e questa è la mia replica: Caro Oracolo, credimi, non è spocchia nell' evitare di affrontare un argomento che è stato analizzato nei minimi particolari.... sull' altro post il mio amico Daniele potrà illustrarvi degnamente le numerose veline che sono passate nel letto del grande compositore, per amor o per utero. (Ho grande stima di Daniele e, comunque vada,non farà certo peggio di Buscaroli, che nel suo libro-RiodelleAmazzoni pompa col compressore per 60 pagine e passa per poi concludere che si... bah.... in effetti....) L' argomento in sè non è interessante per chi si occupa di abbozzi e musica rara.... e pensare che qualche anno fa, spinto dal vecchio co-intestatario del sito francese, Dominique Prévot feci una bella (!) ricerca su Minona von Stackelberg (1813-1897), papabile figlia illegittima di Beethoven, la ricerca fu di per sè interessante, soprattutto perché Minona fu una discreta musicista, e riuscì pure a pubblicare qualche "musicciola", che misi sul vecchio sito... (chissà che non trovi un buco anche nel nuovo).... Direi che posso spostare questa risposta sull' altro post, così, se qualcuno sarà tanto incosciente da chiedermi l' articolo su Minona (Minona=Anonim, carino....) lo renderei di pubblico dominio.
  3. Caro Oracolo, credimi, non è spocchia nell' evitare di affrontare un argomento che è stato analizzato nei minimi particolari.... sull' altro post il mio amico Daniele potrà illustrarvi degnamente le numerose veline che sono passate nel letto del grande compositore, per amor o per utero. (Ho grande stima di Daniele e, comunque vada,non farà certo peggio di Buscaroli, che nel suo libro-RiodelleAmazzoni pompa col compressore per 60 pagine e passa per poi concludere che si... bah.... in effetti....) L' argomento in sè non è interessante per chi si occupa di abbozzi e musica rara.... e pensare che qualche anno fa, spinto dal vecchio co-intestatario del sito francese, Dominique Prévot feci una bella (!) ricerca su Minona von Stackelberg (1813-1897), papabile figlia illegittima di Beethoven, la ricerca fu di per sè interessante, soprattutto perché Minona fu una discreta musicista, e riuscì pure a pubblicare qualche "musicciola", che misi sul vecchio sito... (chissà che non trovi un buco anche nel nuovo).... Direi che posso spostare questa risposta sull' altro post, così, se qualcuno sarà tanto incosciente da chiedermi l' articolo su Minona (Minona=Anonim, carino....) lo renderei di pubblico dominio.
  4. Cari amici, Pongo la vostra attenzione su una serie di novità del sito, ovvero una serie di Klavierstücke pressoché inediti, ovvero Hess 60 - Abbozzo per pianoforte, in La maggiore - 1800 ca. Hess 66 - Seconda versione dell' Allegretto WoO 53. Hess 69 - Allegretto in do minore per pianoforte. Hess 70 - Adagio, per pianoforte, in sol maggiore. Hess 71 -Movimento per pianoforte in sol maggiore. Mentre per 66 e 69 abbiamo un paio di incisioni su LP e CD, ritengo Hess 60, 70 e 71 inediti. (Per Hess 70 e 71 si può trovare ancora una registrazione "Casalinga" del mio amico Jhonn Kersey: http://rdrecs.wordpress.com/2009/12/26/first-recordings-of-beethoven/ Hess probabilmente non ebbe accesso diretto a tutti gli abbozzi Beethoveniani, ma attinse alla "Beethoveniana" e alla "Zweite Beethoveniana" del Nottebohm, per alcune opere. Non si spiegherebbe l' inclusione in questo catalogo di piccoli frammenti del "Landsberg6", così come l'escusione di grandi opere come la Fantasia Biamonti 213 (che Biamonti riporta solo perché incluse le ricerche pubblicate nel 1892 dello Shedlock sulla raccolta Kafka, liquidandola in due parole!) Buon ascolto! PS: Non entro nell' altro post " Unsterbliche Geliebte" (e me ne terrò lungi) ma vorrei ringraziare Oracolo per la citazione del libro di Benedetta. Essere nei ringraziamenti di una ricercatrice tanto attenta, sapiente e modesta è una di quelle piccole-grandi soddisfazioni di questa grama vita musicale!) Un abbraccio
  5. No no Luca, scusa il fraintendimento; qui L' Arte della Fuga non c' entra niente. intendevo solo dire che il metodo compositivo Beethoveniano parte da un presupposto univoco: Il compositore ha l' idea; un' idea che procede per sottrazione piuttosto che per addizione. Ovvero l' ispirazione primigenia viene - per così dire "scarnificata" (vedi le quinte della nona si cui sopra). Mi si scusi la parentela linguistica con il "per augmentationem" di Bach: qua si intende semplicemente "augmentatio" = l' aumentare o per [abstractionem ("abstractio" il sottrarre) (in effetti, se noti, avevo già messo il virgolettato). Orbene, mi si dirà, perché non scriverlo in italiano; perché, in questo caso, l' accezione latina ha in sè una "nuce" (ovvero una particella) di moralità, che ben si addice al vissuto Beethoveniano. Infine, qui si innesta la severa moralità di San Tommaso d' Aquino (che sono certo che B. non conoscesse) E' proprio l' oggetto stesso del "corpus" di San Tommaso: si parte da un presupposto di fisicità per arrivare alla spiritualità per sottrazione della materia inutile . Quale esempio migliore degli abbozzi beethoveniani? Quale esempio migliore del valzer Diabelli che viene svuotato dalla sua essenza corporea - infima - per assurgere alla perfetta spiritualità della XX variazione? Riguardo alla morale compositiva, da S.T. viene rivendicato il valore di un'etica naturale, che non è annullata dalla costatazione che il fine della perfetta beatitudine a cui aspira l'uomo non può essere raggiunto con le sole forze naturali. Questo si applica perfettamente agli abbozzi della Missa... a presto proprio una sezione dedicata a questi abbozzi, Homines!!!
  6. Esatto. "Ricco", non sintetico. Il modo di procedere è proprio il contrario del famoso "per augmentationem" , se così si può dire, ma una sorta di abstractionem: ............ qui est coniunctus corpori, proprìum obiectum est ... quae faceret intelligibilia in actu, per abstrationem specierum a conditionibus ... come diceva San Tommaso d' Aquino nell' "autocoscienza come riflessione originaria del soggetto su di sé". Questo è ancora più palese in quest' abbozzo http://www.lvbeethoven-music.it/Beethoven-Mp3/Biamonti/Biamonti779a.mp3 (che ritengo uno dei pochi sicuri della decima, pur essendo finito nella nona) dove noterete immediatamente come Beethoven operò, nella versione definitiva, l' elisione della croma posta come terza nota di ogni battuta. Abstractionem, appunto. Ad un' analisi poco meno che superficiale, si nota come questo modo di procedere si ripeta in modo eguale in praticamente tutti gli abbozzi. (magari apriamo un post sugli abbozzi) L' ispirazione parte da un presupposto fondamentalmente settecentesco (di formazione) per poi arrivare al risultato definitivo (che non è mai definitivo, vista la continua limatura che operava B.). In questo modo, il soggetto ( applica appunto la riflessione su sé (riflessione instabile come il suo vissuto personale). Perbacco! Mi è venuta così, persino dopo un micidiale tiramisù di Fiorella!
  7. Eccellente esempio Carlos; queste triadi discendenti in re minore partono --- direi come sempre nello sviluppo mentale di Beeth. ---- da un' idea schiettamente settecentesca: http://www.lvbeethoven-music.it/Beethoven-Mp3/Biamonti/Biamonti686a.mp3 . Come diavolo faccia quest' uomo a partire da un abbozzo piuttosto generico (direi mediamente interessante) per arrivare alla sintesi di quinte vuote, che tu tanto bene descrivi, dove è più il silenzio, l' indeterminatezza, piuttosto che la musica, a colpire come un pugno, è da ascriversi al campo della pura genialità. Un piccolo post-scriptum: siamo tutti degli omotti (ragazze ce ne sono sempre troppo poche, ahimè) unitamente interessati ad argomenti musicali, e per questo - per così dire - affratellati, volenti o nolenti - dagli stessi argomenti. Vi prego, nei limiti della vostra sensibilità personale, di cercare di andare d' accordo. Non andiamo "in tigna" personale. Noto che avete caratteri spiccati, e questo è un bene, sia per fare i musicologi, sia per esercitare il nobile mestiere di musicista. (potrebbe essere vero anche l' asintoto avere carattere=avere un brutto carattere) Utilizziamo queste peculiarità per aiutare nella comprensione quelli che ne hanno bisogno. Mamma mia! Come parlo bene! Mi sembra di essere un vecchio di 90 anni.... il Napolitano del forum? Forse perché ne sono l' amministratore? Certo è che leggo esser tutti noi dei "membri avanzati" il che mi sà appunto che sul "membro" non ci sia dubbio, e che sull' "avanzato" mi sà come di pietanza rimasta sul piatto..... Laciatemi ben ridere, amici miei! Con amicizia per tutti,
  8. Carlos dove devo firmare per la dichiarazione congiunta? Pensa che l' ultima volta che ho ascoltato l' Ouverture è stato nel 2003 (la data esatta del mese e del giorno non ricordo) all' inaugurazione della Fenice di Venezia con Muti (scelta illuminata, però, e non comune). Altresì sono colpito dal tuo Mehresstille und glückliche fahrt; pezzo veramente prodigioso, i cui abbozzi si fondono con i primissimi della Nona.... Tu parlavi di Mehresstille und glückliche fahrt; sai Carlos un' opera praticamente mai eseguita nel suo organico originale? L' Opus 118 - Canto elegiaco: Sanft wie du lebtest, hast du vollendet. Un quartetto di voci e un quartetto d'archi; quintessenza sublime beethoveniana, lontano anni luce appunto da quello Stieleresco incaz....to di cui sopra. ( ma io ho visto la Schönheitengalerie e Stieler dà il meglio di sè con le fanciulle). Appunto il Canto Elegiaco diventa sempre per coro ed orchestra d' archi, dove l' intimismo diventa un' onda sonora..... Scelte editoriali su cui non riesco a pronunciarmi. Infine, per la Nona e mezza, tendente alla Decima, Barry Cooper, che è pure amico di Luigi, nel loro ultimo incontro qualche mese fa, ha confidato che il ri-pensamento del materiale è così a buon fine che potremo ascoltarne la nuova versione gìà a partire dal prossimo concerto,che speravo di organizzare qui a Genova già a giugno, ma che per i soliti motivi economico-amministrativi slitterà probabilmente a settembre. (forse presente lo stesso Cooper). E ora, caro Carlos, ti lascio anche con un like!
  9. Ciao a Tutti. Innanzitutto, una piccola informazione di servizio: la nostra sezione rimane libera dalla registrazione obbligatoria, e questo perché avendo la sezione il link diretto dalla mia prima pagina del sito, alcuni utenti trovavano la pagina "not found" sebbene fosse regolarmente on-line. (Grazie a Simone per avere escluso la parte beethoveniana). Bene. Parte due, giustamente mi sembra che ognuno possa e debba contribuire, secondo la propria inclinazione, alla buona riuscita del forum. Mi sembra che voi tutti lo facciate in modo acconcio, non certamente ultimo Daniele. Parte tre. Per tornare all' argomento, ovviamente sono d' accordo anche con Carlos e con Xenakis, sebbene la genuina e passione soggettiva di Daniele sia immediatamente gratificante (e corroborante). Daniele non cessare di vessarci con la tua precisione! Sei veramente utile. Nel mio piccolo, ecco un contributo assolutamente non soggettivo: gli abbozzi descritti da Nottebohm, con gli esempi musicali inerenti. Di questi abbozzi, lontani ancora dalla versione definitiva, si è occupato ampiamente appunto il Nottebohm, in Zweite Beethoveniana, capitolo XLIII, da pagina 395. Dagli abbozzi possiamo concludere che, fermo restando il maestoso introduttivo, ancora lontano dal definitivo, l' ouverture avrebbe avuto in origine una impostazione diversa. Ecco la descrizione del Nottebohm: …………….Ansätze zu einer Ouverture, welche Beethoven verworfen hat und von denen einer so (Overtura. Allegro.) http://www.lvbeethoven-music.it/Beethoven-Mp3/Biamonti/Biamonti742-1.mp3 lautet; ferner Andeutungen versehiedener Art, welche aufeine Besehäftigimg mit dem Text zur »Weihe des Hauses« schliessen lassen. Nach Beendigung des Chors kommen Arbeiten zu einer Ouverture in C-dur. Zwischen einer Anzahl von unzusammenhängenden Stellen, zu denen folgende nur auf den Einleitungssatz der Ouverture zu beziehende Entwtürfe gehören,http://www.lvbeethoven-music.it/Beethoven-Mp3/Biamonti/Biamonti742-2.mp3 erscheint ein längerer Entwurf, http://www.lvbeethoven-music.it/Beethoven-Mp3/Biamonti/Biamonti742-3.mp3 aus welchem zu ersehen ist, class der jetzige Einleitungssatz der Ouverture Op. 124 mit einem uns unbekannten Hauptsatz verbunden werden solite. Das war also die zuerst geplante Ouverture. Das dem Hauptsatz zu Grande liegende Thema liatte anfangs, in einer abgebrochenen Skizze eine etwas andere Fassung. http://www.lvbeethoven-music.it/Beethoven-Mp3/Biamonti/Biamonti742-4.mp3 Beethoven lässt nun die Arbeit zu diesem Hauptsatz liegen, nieht aber die zu jenem Einleitungssatz. Eine neue Arbeit maeht si eh bemerkbar. Es wird ein neues Thema aufgestellt, in dem wir alsbald das Thema des Allegro-Satzes der Ouverture Op. 124 erkennen. Einige von den ersten Versuehen, welche Beethoven mit diesem Thema angestellt hat, mögen hier stehen. http://www.lvbeethoven-music.it/Beethoven-Mp3/Biamonti/Biamonti742-5.mp3 Spater zeigen sich Andeutungen zur Durchführung des Themas. Der Einleitungssatz zur früheren Ouverture wurde mit hinüber genommen zur neuen Arbeit, und so hat die Ouverture Op. 124 einen Einleitungssatz bekommen, der ursprünglich für ein anders Werk bestimmt war. Trovo molto interessante il quinto abbozzo, dove B. prova ad intrecciare il tema fugato in modi differenti. (non ho letto con attenzione tutto, ma mi sembra stranamente solo Frank faccia cenno alla Missa Solemnis, quale esempio sinfonico del tardo Beethoven) (Sapete che non ho alcuna stima nel Lenz e la sua divisione arbitraria dell' opera di B: tardo e non terzo!) Posso dare una traduzione molto sommaria nei limiti delle mie scarse capacità intellettuali e linguistiche ............................................... una Ouverture che Beethoven abbozzò e così uno di questi suona così: Overtura. Allegro. Accenni lontani di tema che non lasciano presagire ancora i temi di "Die Wehie des Hauses". Dopo avere concluso la stesura del coro (WoO 98) , Beethoven incominciò a lavorare ad una Ouverture in Do maggiore. Tra un certo numero di abbozzi non pertinenti, ecco apparire una serie di appunti circa la frase dell' introduzione all' Ouverture, ecco un abbozzo più lungo. Dal quale è da apprendere che la frase di introduzione che conosciamo dell' Ouverture Op. 124 è collegata ad una sezione sconosciuta e non utilizzata. Questa dunque era la forma che Beethoven organizzò per l'Ouverture. Questa la proposizione principale dapprima a tema discendente, in uno schizzo staccato una altra stesura. Beethoven lasciò il lavoro su questa proposizione principale, lasciandolo ancora legato a quell' altra frase di introduzione. Una nuova idea si fece strada nel suo lavoro e diventò percettibile. Ecco apparire un nuovo tema, tema che immediatamente ognuno di noi riconosce come la frase dell' allegro dell' Ouverture Op. 124. Alcune delle prime idee, che Beethoven accosta con questo tema, stanno proprio in quest' abbozzo. Gli ultimi abbozzi mostrano agli accenni allo svolgimento del tema. La frase di introduzione all'Ouverture fu ripresa da appunti ancora precedenti, dando vita al lavoro definitivo, e così l'Ouverture Op. 124 ebbe una nuova frase introduttiva, che fu certamente pensata qualche tempo prima per un'opera diversa. Ora vi lascio la buona notte cari amici.
  10. Amici cari, 18 settembre 2012 è la data della trasmigrazione del nostro forum (defunto) www.lvbeethoven-forum.it che migrò a sua volta dal defunto http://www.forum-lvb...om/Forum//index . Ora, siccome non sono più disposto a subire altri decessi (poiché la vita mi impone obiti naturali, e voglio evitare quelli virtuali) la mia sintesi è questa: 1) Se il problema è relazionale, fra persone che non sono di mia conoscenza, non ci posso fare niente e mi metto il cuore in pace. 2) Se il problema è economico, si risolve facilmente mettendo mano al portafoglio (vivaddio, genovese sono, ma con una certa disponibilità). o mettendo pubblicità, o autotassandoci facendo un versamento su un CC o su una postepay ecc..... ogni idea è benvenuta. 3) IN NESSUN CASO, se questo forum chiude, riaprirò un nuovo forum, e questo lo annuncio in modo definitivo ed irreversibile. Toglierò il link dal sito e non parteciperò più a dei forum, dopo tre chiusure. 4) Ringrazio Simone per la considerazione: Simone è veramente un eccellente persona (ma anche Frank, che mi ha portato qua, e Thallo, e Luca e anche il logos Daniele e tutti quelli che non cito). Simone ha agito sempre con la massima disponibilità e squisita gentilezza. Però non sono assolutamente disposto IN NESSUN CASO a prendere in eredità nessun forum. Già la gestione del mio piccolo sito mi prende un paio di ore al giorno, da 11 anni. 5) Se il problema è di "fronda" Simone gestirà a suo piacimento la sua uscita o la sua permanenza in piena libertà. IN NESSUN CASO, se lui uscirà, io resterò nel forum, levando inoltre i miei interventi ed il link al mio sito. (decisione non trattabile) 6) In tutti i casi, io serberò affetto incondizionato per tutti voi, che mi avete accolto da amico in questa che spero diventi lunga esperienza. Due anni sono tanti, ma io dimostro come sopravvivere alla vendita di un sito importante come www.lvbeethoven.com e risorgere più forte di prima. Un abbraccio a Simone, il nostro "The Simon". Mi avrai sempre al tuo fianco, in qualsiasi caso! Il tuo - vostro - amico Armando Orlandi--------------------------------------------------------------------------------
  11. Cara Lory, Ha proprio ragione Frank! Si comincia a parlare di un argomento, e poi si trasla su piani diversi. In effetti, però, è come quando si conversa fra amici. La compagnia è ottima, gli argomenti interessanti.... Ci perdoneranno questa piccola digressione fra amici. Un tutorial per affrontare questo lavoro piuttosto complesso è qua: http://www.matsc.net/kontakt%202-i.html ed è valido per NKI e per i NKS. D' altro canto, si può ingannare il programma semplicemente andando nella cartella contenente i files in formato Wav di un' altra libreria e sostituire i files presenti con i propri, rispettando però il bitrate, il samplerate e - ovviamente - il formato. Sò che si può anche intervenire sui files GIG, che Kontakt riconverte, ma sinceramente non l' ho mai fatto e va al di là del mio limitato interesse per l' argomento. Se ti interessa però il suono del piano beethoveniano, non esitare a chiedermelo: te lo invierò senza indugio! Con Amicizia, A----------------------------------------------------
  12. Ciao Lory! Certo! Niente di impossibile: un registratorino DAT, un file Wav per ogni tasto del piano ( un paio di gb in tutto) poi si trasforma il tutto in una libreria .nki importabile nella kontakt 4 o 5. Infine si crea un midi con un sequencer (io mi trovo bene con Sonar x2) e come modulo esterno si usa la kontakt.... Col suono caricato. Infine, si esporta il tutto come file wav trasformabile in mp3 (o direttamente in mp3 a medio bitrate per internet) Inversamente, si puó suonare e registrare da una tastiera col suono precaricato. Naturalmente io preferisco il primo sistema,dal momento che il mio interesse (momentaneamente) è quello di fare cultura ed informazione e non Arte. Ho moltissime librerie di tastiere storiche, in formato nki.... Ah! Dimenticavo! Serve anche un Amico (maiuscola d' obbligo) come Luigi che ti introduca nel mondo del BH, ed io....beh, io ne ho uno!
  13. Ciao a tutti. Non entro naturalmente nella questione, già dibattuta prodigiosamente da Luca. (non credo che lo abbia detto, ma si cimentò tempo addietro con giustezza alla scrittura di un bel libro circa l' itinerario spirituale della Nona Sinfonia). Essendo però stata tratta l' Arietta della sonata in do minore,vi lascio qui il link con l' abbozzo del tema di detta sonata. http://www.lvbeethoven-music.it/Beethoven-Mp3/Biamonti/Biamonti741.mp3 , tema citato dal Nottebohm, Zweite Beethoveniana, pagina 471. http://www.lvbeethoven.it/Opere/Beethoven-Midi-Mp3-Biamonti.html Il pianoforte dell' Mp3 è stato da me campionato da quello conservato alla Beethoven Haus, Conrand Graf, Sala 8, secondo piano. Ciao!!!
  14. Ottima risposta - come sempre - Daniele, ed assolutamente condivisibile. (anche per la situazione - questa si "disturbata" nello stretto senso mentale - di chi governandoci cercherà in tutti i modi di distruggere scientemente ogni iniziativa economica e culturale del nostro paese).Due parole per gli amici precedenti: Se per rumore o rumoroso si intende strepito o "strepitoso" sinonimo di eccezionale, formidabile. Un attore strepitoso, una vittoria strepitosa. Il nesso logico è intuitivo: attorno al formidabile si crea rumore, confusione, e anche la stessa eccezionalità può essere rumorosa. Se per rumore si intende "andar fuori di suono" o "rigettare", allora è una locuzione prostetica e sei completamente fuori strada: in nessun caso un musicista come Beethoven ha fatto scientemente o inconsciamente del rumore, tanto meno nell' opus 13! Per passare al "disturbato" si dovrebbe analizzare la personalità di Beethoven. Daniele ha già risposto egregiamente. Io posso dire che, analizzando i taccuini di abbozzi, il metodo compositivo è perfettamente logico e consequenziale, ovvero rispetta perfettamente quella che i tedeschi chiamano (con una sintesi deliziosa e formidabile) in una sola parola "Schwärmerei", che un uomo mentalmente disturbato non potrebbe giammai applicare! Amicizia,
  15. Grazie Goffredo.... ma scherzi? Chissà cosa ne penserebbe Fiorella! Allora spinto dai numerosi likes di questo post ecco questi gli ultimi sviluppi: i CD (ed i filmati youtube) contengono un' unica registrazione, quella fatta da Weingartner con la Royal Philharmonic Orchestra e registrati i giorni 26/27/28 e 31 Marzo 1930 nella Central Hall a Westminster. La divisione esatta delle matrici è questa: I Allegro (WAX 5487/ 88; Columbia LX 43) II Scherzo - Assai vivace (WAX 5489; LX 44) III Adagio sostenuto (WAX 5490/92/98/99; LX 44/46) IV Largo; Allegro risoluto (WAX 5485/86/91; LX 46/47) Il mio raro LP invece fu registrato negli studi di Monaco di Baviera nell' agosto 1952 da Kurt Graunke con la Bavarian Symphony Orchestra e pubblicato nel 1953 negli USA. Ho messo i quattro files audio on-line proprio sul sito, così possiamo godere di questa novità rara: http://www.lvbeethov...te.html#Opus106 . ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Ecco che cosa ho trovato sull' orchestrazione Weingartner (Pearl) : In view of the fact that he was both a pupil and a protégé of Liszt, it would be easy to deduce that in Felix Weingartner we have an invaluable link between the golden age of Romanticism and the more dispassionate temper of our own times.« It would also be mistaken In reality, as evidenced in the present recording, Weingartner was among the first conductors to take aim at the Romantic movement and shoot to kill. When Debussy described him as “a new knife’’, he referred to something more than the maestro’s angular and incisive demeanour on the rostrum. In a lifelong artistic crusade of almost unnerving consistency, Weingartner sought to purify the memory of the masters by ruthlessly stripping away what he saw as the excrescences of Romantic self-indulgence (egregious rubatos, the irrelevant highlighting of inner voices, capricious fluctuations of tempo, orchestral retouchings etc.). In championing this then unfamiliar respect for the markings in the score, he brought to his interpretations the fellow-feeling of one who knew musical creation from the inside out. Unlike the famous Hans von Bulow, who represented most of what Weingartner despised in a conductor, he was himself an accomplished and prolific composer, whose failure with the public was the bitterest disappointment in his artistic life. And therein lies the greatest paradox in his eminently successful career as a conductor. While on the one hand espousing fidelity to the score, he was not averse to making liberal cuts, particularly in the works of Wagner, as though to demonstrate that even the greatest geniuses were prone to imperfect judgment. “I came to the conclusion,” he once wrote, “that many pages [of Wagner] are too long, not only in actual time but also in organic structure, dramatic necessities and unity of style. I therefore consider judicious cutting an artistic duty that greatly enhances the aesthetic pleasure to be obtained.” It was in a similar spirit, though from different motives, that he helped to complete Beethoven’s own (ostensibly) imperfect vision of the titanic Hammerklavier Sonata, Op. 106. This colossal work - with Liszt’s B minor Sonata, the greatest overall challenge in the 19th-century piano repertoire - was unique, in Weingartner’s view, for reasons far transcending its unprecedented length and difficulty. Alone among Beethoven’s sonatas, said Weingartner, the “Hammerklavier” exceeds the limits of the instrument for which it was written. And here too, he brought the authority of first-hand experience to his judgment: the great Liszt himself applauded Weingartner’s achieve-ments as a pianist. From his earlier contact with the piece, the “Hammerklavier” preyed on Weingartner’s creative imagination. Might it be possible, he asked, “to lift this gigantic work into the Symphonic sphere of the orchestra, and thus to invest it with that resplendent power which cannot clearly be manifested on a keyboard by two human hands?” Late in his career, after a lifetime’s study of Beethoven’s works, he felt ready to answer in the affirmative. Accordingly, in 1926, and convinced that he was fulfilling what must already have been in Beethoven’s mind, he published the score performed here. Restricting himself to the orchestral forces used by Beethoven in the Ninth Symphony (minus the percussion instruments of the finale), W'eingartner nevertheless availed himself of certain post-Beethovenian developments. For the abrupt and frequent key changes (a feature, incidentally,not characteristic of Beethoven’s own orchestral compositions), he felt obliged to introduce the use of valve-horns and trumpets, but apart from this he adhered strictly to musical devices sanctioned by the composer himself. There are moments, however, as in his Wagner emendations, when Weingartner the composer/ adapter might seem to be trying to have his cake and eat it too. “In a few rare cases, ” he notes, “it is so clear that Beethoven would have continued a part if he had had a third hand or the orchestra at his disposal, that continuations can be carried out without scruple, especially as they in no way represent a change of the original (!), but merely an adaptation to the scope of the orchestra.” Harmonic additions, too, became necessary in the translation of pedal effects. Otherwise, the arrangement is a model of the transcriber’s art, whose fidelity to its model may be easily checked by following the performance from the original piano score. In one important particular, however, it may be said that Weingartner’s painstaking act of interpretative recreation robs the music of one of its most fundamental properties, the element of struggle. In the hand of even the most finished virtuoso, the sonata is manifestly the work of one of music’s most exalted and indomitable. ------------------------------------------------------------ C' è tanto materiale da scrivere un capitolo di un libro... a proposito; ho memoria di un passaggio di un libro che riporta più o meno testualmente che l' incipit del primo movimento della sonata ha un che di grandioso nella redazione per piano che si perde nella trascrizione orchestrale.... se non mi aiutano Daniele o il buon Luigi comincerò a scartabellare una montagna di volumi....
  16. Ciao a tutti. Pur non essendo un esperto di incisioni beethoveniane strictu sensu, nel mio peregrinare fra la discografia di Ludwig, soprattutto alla ricerca di bizzarrie, stranezze parafrasi et similia, quasi a creare una WunderKammer stile Rodolfo II d’ Asburgo, mi era famigliare la trascrizione orchestrale che fece a suo tempo Felix Weingartner della sonata per pianoforte Opus 106. Se le mie notizie non sono incomplete, credo che esistano in CD solo due/tre etichette che ripropongono la vecchissima registrazione degli anni '30. La prima è della Pearl, B000027QHN che si può trovare qui: http://www.amazon.it...f/dp/B000027QHN La seconda è recente della Naxos: 0636943191323 e si può trovare qua: http://www.naxos.com...m_code=8.110913 . La terza è un EMI Japan sempre con la stessa registrazione. Tuttavia tutte queste performances, comprese quelle - numerose - che si trovano su Youtube http://www.youtube.com/watch?v=X4LqEnF1TiA (un esempio) risalgono alla famosa registrazione che l' autore fece fra il 1925 ed il 1930. So che questa trascrizione fu fatta per l' integrale delle sinfonie che Wein diresse con la vecchia London Philarmonic Orchestra (che fu riformata qualche tempo dopo) e che la partitura fu edita da B&H nel 1926. Qui ne hanno una copia http://www.worldcat....r=brief_results . Possibile che da allora nessuno la abbia più riproposta? I due cd provengono da un vinile 78 giri della Columbia, forse del 1928-1930, che la stessa Columbia ripropose nel 1953. Improvvisamente, ecco una registrazione che mi era sconosciuta: mi arriva un introvabile LP della Urania Records URLP 7089, con la sonata diretta da Kurt Graunke http://de.wikipedia....ki/Kurt_Graunke a capo della Bavarian Symphony Orchestra. (anno 1953 anch' esso). Vi allego qua in calce la copertina ed il retro. Certo, ho recuperato una ventina d' anni.... ma dopo? Chi ne sa di più? Infine, metterò la sonata incisa sull' LP sul sito, non appena mi sarò accertato che nessuno ne detiene più i diritti d' autore. Amicizia,
  17. Ma no, povero Azzurro! La questione posta non è poi così distopica; semmai non è bene formulata, anzi è talmente stringata che proprio non si capisce; l' errore è condensare in poche righe questioni fondamentali per ricevere risposte esaurienti. Ora riformuliamo la domanda e..... scateniamo il nostro Daniele! Amicizia,
  18. Caro Daniele, ma quali gaffes? In effetti le tue fonti sono le mie fonti. Purtroppo sono inoppugnabili ma inquinate; la lettera 350 dallo stesso Beethoven, che scrive una missiva piena di quella tipica boria - autocommiserazione - denigrazione ed autocelebrazione tipiche del giovane rampante; il suo valore è quindi non obiettivo. La seconda -- ovvero l' eccellente libro degli amici di Beethoven ---- è appunto stato scritto da amici di Beethoven (in particolare Wegeler). Scartabellando alla BH ho scovato questo bel documento che hanno messo pure on-line: http://www.beethoven-haus-bonn.de/sixcms/detail.php?id=15366&template=dokseite_digitales_archiv_en&_eid=1507&_ug=Musicians&_dokid=b1003&_mid=Written%20documents%20by%20Ludwig%20van%20Beethoven%20and%20other%20people&suchparameter=&_seite=1 Certo, gentilezza generica, rivolta a più persone, ma pur sempre inoppugnabile gentilezza.... Ciao e grazie Daniele!
  19. Dani gentilmente mi potresti dire la provenienza di queste affermazioni, per favore? Cioè la fonte, non il libro (o i libri) che le tramandano? Ho sotto gli occhi le WoO 99, nella copia conservata al Musikfreunde, ed anche il libro di Nottebohm, (Beethovens Unterricht bei Haydn, Albrechtsberger und Salieri.) ma grosse correzioni non ne vedo, se non in qualche accentazione, tipo "Salvò tu vuoi lo sposo" al luogo di "Salvo"... niente di trascendente.... In quanto alle due Cantate, chi l' avrebbe detto e dove? Il coro a Bonn non era malaccio, semmai lo erano i fiati (oboi e clarini) deficitari, e i flauti assenti (basta guardare l' organico della Cappella del Principe Elettore. Grazie mille Daniele per l' aiuto! A presto!
  20. Ciao a Tutti. Come sempre, mi tengo ben lontano da dettagliate descrizioni dell' opera, che altri fanno eccellentemente bene. Ho però un primo contributo: il testo che scrisse Bouilly (edito nel settimo anno della Rivoluzione) e che fu rappresentato il 1° ventoso del sesto anno della Rivoluzione. Potete trovare questo raro testo qua: http://www.lvbeethov...Online.html#009 il peso è di circa 35 Mega. Carino; si può vedere la diversa dinamica dell' azione e come viene modificata dal traduttore nel 1805, in ottemperanza alle disposizioni della censura Austriaca. Dovrei trovare anche questo testo del 05, così lo aggiungo al sito. Per vedere le varie modificazioni (spesso peggiorative) potete trovare i prospetti qui: http://www.lvbeethov...re-Fidelio.html Infine, i molto istruiti musicologi che seguono il post, potranno fare un parallelo fra la musica di Gaveaux, Beethoven e Ferdinando Päer. Per reperire le parti o i cd del Ludwig, non c' è problema, si trova tutto facilmente, anche le versioni intermedie ( una certa difficoltà in più per le arie modificate Hess 111 - 114, che non aggiungono un bel tubo a tutta la vicenda) Per Päer, è uscito un doppio cd (decente) della naxos; ma assolutamente consigliato questo della DECCA: http://www.amazon.co...a/dp/B00B2M7DHS Io lo avevo in tre LP che ho consumato.... Trovabile anche la partitura. Per Gaveaux il discorso è diverso: come tutti i grandi musici, tende ad essere dimenticato; ma ne esiste una versione in LP, degli anni 60.... Ora vi saluto e scartabello nei libri; il libretto del 1805 del Sonnleithner devo averlo da qualche parte......(senza utilizzare quelli orribili dentro i cd!) Questo testo è importante, anche perché è il testo pre-motosega del Treitschke, che avrebbe potuto fare per questo motivo il boscaiolo, anziché il poeta. A---------------------------------
  21. Cari Beethoveniani e non, Ho pubblicato sul sito un' opera di rarissimo ascolto, il quartetto per archi in Si minore detto "Pencarrow Quartet" composto dal Nostro a Vienna il 27 novembre 1817. Per chi desiderasse ascoltare questa breve composizione, in un MP3 casalingo ma non "sintetico" la può trovare a quest' indirizzo, assieme alla descrizione cronologica e critica. Cari e fraterni saluti, Il vostro A-----------------------------------------------------
  22. Va benissimo. Sebbene non credo di esser stato molto formale, non mi piace la forma, penso che con un profilo moderato e con un linguaggio franco ed amichevole si possa accorciare le distanze. In quanto alla pendolina, si si un' emozione! pensa che il retro era bloccato da un chiodino ad "elle" tutto arrugginito.... per aprirla era necessario ruotarlo..... avevo il cuore a mille per la paura di romperlo sotto gli occhi di tutti. . Inoltre, quando ho preso l' oggetto, il direttore Landemburger ha aperto la vetrina che contiene gli occhiali, i due fermalibri a forma di ussari, il calamaio e le penne... il rasoio ecc.... insomma tutte le cose che vedi sui libri. La vita è meravigliosa, cara Lory. Mai avrei pensato, nella mia vita, di arrivare a fare questo. Ma non è un vanto, credimi. Ho sempre la sensazione di essere stato, nelle molte situazioni musicali in cui mi sono trovato, (ma anche nella vita) semplicemente al posto giusto nel momento giusto. Tutto qua!
  23. Gentile Lory, Innanzitutto sono veramente felice che l' articolo possa esserti interessato; postero' al più' presto anche il pdf dell' articolo completo (in inglese) apparso sui NBS, con buona pace del copyright. Certo cara Lory, mancano le foto, che pero' puoi vedere qua: http://www.lvbeethoven.it/Avvenimenti/Beethoven-Avvenimenti-Orologi-Beethoven.html E' una pagina nascosta nel sito; non sono ancora sicuro di avere tutti i diritti per pubblicare le foto dell' orologio esposto (non esposto, in realtà) al Fitzwillam Museum. La sequenza fotografica della riparazione della pendolina da mensola di Beethoven qua: http://www.lvbeethoven.it/Avvenimenti/Beethoven-Avvenimenti-PendolaBeethoven.html Non hai idea dell' emozione di mettere mano ad un oggetto che fu nell' ultima dimora di Ludwig...... Un abbraccio, A---------------------------
  24. Articolo base del 2009 quale abbozzo dell' articolo pubblicato in inglese nei "Neue Beethoven Studien" volume nove. ( 2011) Nei NBS La parte dedicata a A. W. Thayer nonché le parti bibliografiche sono di Luigi Bellofatto. (in questa sede viene riportata solo la parte descrittiva inerente gli orologi di Beethoven, nonché l' orologio, in mio possesso, di Tobias Haslinger, e l' orologio a ripetizione di Thayer, che ho riparato, di proprietà dello stesso Luigi) La seconda parte, con l' accurata descrizione della riparazione che ho effettuato nel Beethoven-Archiv sulla pendola di Beethoven nel settembre 2011, e delle accurate ed inedite ricerche che Luigi ha fatto sui possessori degli orologi beethoveniani, sarà edita nel volume 10 dei NBS fra un mese circa, nella speranza che questa pubblicata e la futura siano la ricerca definitiva su quest' affascinante e inusuale argomento. BEETHOVEN E L’ ARTE DELL’ OROLOGERIA, UNA RICERCA TECNICO – ICONOGRAFICA GLI OROLOGI DI BEETHOVEN, DI TOBIAS HASLINGER E DI ALEXANDER WHEELOCK THAYER Parte prima: gli orologi da tasca L’ inventario finale dell’ incanto della “Successione Beethoven” recita così: “Inventario e stima giudiziaria della successione Signor Ludwig van Beethoven, compositore, deceduto a Vienna il 26 marzo 1827, dal testamento, presso il 200 Alservorstadt. Durata delle vacazioni: 8 giorni. “Paragrafo quattro, oggetti preziosi, oggetto numero tre: orologio d’ argento a minuti, prezzo stimato in moneta convenzionale Fiorini 8.”….. Questa sommaria descrizione del curatore fu inserita in una mia prima stesura di quest’ articolo, apparsa sulla “Revue Beethoven” dell’ A.B.F. e mi fece congetturare una ricostruzione di quest’ orologio, del quale all’ epoca non conoscevo immagine e che riporto qui in calce: 1) Uno scappamento a verga di vecchia concezione, molto più “grezzo” ma molto meno delicato di quelli con sistema “a cilindro” 2) Cassa in argento, come ci dimostra la vendita all’ incanto. 3) Quadrante in smalto bianco, con grossi numeri arabi (molto più in uso nella Austria del 1770-1830 che non i numeri romani) 4) Due sfere, per ore e minuti (orologio a minuti, dice l’ inventario) piuttosto visibili, dal momento che Beethoven era piuttosto miope, come dimostrano i suoi occhiali sopravvissuti sino a noi. 5) Carica a conoide e catena, con probabile carica al retro, e chiave “a pipa”. 6) Molto difficile stabilire la provenienza del movimento. Prima e dopo le guerre Napoleoniche per gli esportatori di movimenti inglesi era prassi far reincassare all’ estero i loro movimenti prodotti in patria. ………………………………………………………………………………………………………. La mia fruttuosa collaborazione con Luigi Bellofatto fece rintracciare alcuni rari articoli inerenti gli orologi beethoveniani. Il primo, pubblicato dalla rivista inglese “Musical Time” del 15 dicembre 1892 ci parla di un primo orologio, allegando al breve trafiletto addirittura un disegno: "BEETHOVEN'S W ATCH (p. 24). This watch, now in the possession of G. W. Davy, Esq., is supposed to be the one which is known to have been sent by Moscheles from London. The case is of silver and of foreign manufacture, while the works are of English make. The maker, George Prior, was also a well-known violoncellist, and it is not too much to suppose that he was known to Moscheles. Another reason for favouring this supposition is, that in the filigree covering of the interior works is the figure of a lyre". Ovvero: L’ orologio di Beethoven. “Quest’ orologio, posseduto attualmente dal sig. G. W. Davy, si suppone fosse quello spedito (a Beethoven) da Moscheles da Londra. La cassa è d’ argento e di manifattura straniera, mentre il meccanismo è inglese. Il creatore, Georg Prior, fu anche un noto violoncellista, e si può supporre che fosse conosciuto da Moscheles. Un'altra ragione che favorisce questa supposizione è, che nella filigrana che copre il movimento vi è incisa una lira". Nel museo Poldi Pezzoli a Milano viene conservato un esemplare, donato da Bruno Falk nel 1973, dello stesso Prior, e proprio dello stesso periodo. Pur essendo, come casseria, di fattura molto più elaborata nell’ orologio da noi preso in esame, in realtà ne ricalca gli stilemi essenziali. In tutti gli esemplari da me osservati, il quadrante cede dimensione ad una elaborata sezione di cerchio, che Prior adibisce a decorazione non funzionale alla lettura dell’ ora, ingentilita a motivi di chiara derivazione rustica. Anzi il quadrante, canonicamente realizzato a smalto, viene assai sacrificato nelle sue dimensioni, sebbene Prior adotti il sistema di numerazione arabo. Nella fotografia si nota il quadrello di regolazione dell’ orario, sulla frizione della sfera minuti. Come praticamente la totalità della produzione inglese del periodo, la carica si trova sul retro, direttamente sul conoide. Ancora, si intravvede alla destra il piccolo unghiolo di apertura della cassa posteriore, per accedere alla controcassa e quindi ricaricare l’ orologio. La succinta descrizione che ci viene fornita non dissipa molti dubbi; ad esempio l’ affermazione “The case is of silver and of foreign manufacture” deve essere stata supportata dalla lettura di punzoni incisi nell’ argento non corrispondenti a quelli dello stesso Prior. La seconda deduzione, ovvero “Another reason for favouring this supposition is, that in the filigree covering of the interior works is the figure of a lyre" è altrettanto da rigettare. Innanzitutto la “filigrana” cui si riferisce il descrittore è sicuramente la descrizione del ponte della verga, che negli orologi di quest’ epoca, come abbiamo già avuto modo di dire, era sistematicamente lavorata a bulino (lo vedremo anche nel secondo orologio disperso). Il fatto che l’ incisore abbia optato per una lira non è un elemento confutante l’ appartenenza ad un musicista, poiché la lira, grazie anche alla sua forma, venne riprodotta su un gran numero di ponti della verga, sia da altri incisori che dallo stesso Prior. Più facile, secondo il mio parere, che Prior si sia riferito piuttosto alla sua stimata attività di violoncellista; esiste un altro famoso orologio proprio dello stesso costruttore, questa volta una chatelaine femminile, che porta proprio un’ allegoria della musica, sia nel movimento che negli eccellenti smalti policromi della cassa. Interessante anche la piccola chiave trilobata, lavorata a sbalzo, probabilmente coeva, bimetallica. La catenella è poco visibile, ma parrebbe una semplice groumette. …………………………………………………… Il secondo orologio preso in questione è segnato nell’ archivio della BeethovenHaus come B 738/c e Ley, band VI, Nr. 1141 Archivraum II) di anonimo e probabilmente risalente agli anni 10/20 del secolo passato, ci presenta l’ orologio adagiato su un cuscino, con un grande quadrante a numeri romani, due sfere lavorate tipo “Luigi XV” e il grosso quadrello per la messa segno delle stesse. Particolare particolarmente interessante è la presenza della grossa e robusta cassa di protezione, di tipo militare, per preservare la delicata cassa interna, lavorata a sbalzo con decorazioni e sottili sfere imitanti sferule o perle di fiume, ed il foro apicale per la fuoriuscita del pendente, ovvero della barra o colletto, fissato alla cassa dello stesso orologio, sul quale è incernierato l’ anello si sospensione. In questo caso l’ anello si presenta molto schiacciato, riportando un gusto tipicamente più francese o tedesco che non inglese. La seconda fotografia (B 738/c Mappe 7/22) risulta assai interessante, poiché ci mostra il verso dell’ oggetto, con il quadrato di carica dell’ orologio, (notiamo anche l’ usura sul bordo, indice dell’ uso continuo dell’ apparecchio) nonché dell’ interessante, grossa cerniera di tipo militare, per facilitare l’ apertura della lunetta del vetro. La scritta “Ludwig van Beethoven” incisa a bulino, orizzontalmente sotto il foro di carica, si può affermare che sia opera di incisore tedesco locale, per le lettere in gotico stampatello, con pochi svolazzi e con una “B” di grossolana fattura. Nell’ ultima e non meno importante testimonianza fotografica, B 738/b Mappe 7/22 ecco la visione canonica di un orologio a verga aperto, con la sua grossa conchiglia d’ argento o di mistura, il foro per accedere al quadrello di carica, il ribaltamento del movimento, che diventa sottostante rispetto alla cassa. Impossibile stabilire la provenienza del movimento, ma si possono notare le grandi decorazioni della platina, nonché la gustosa trapuntatura del ponte della verga, qui decorato a squisito motivo di due angeli che sorreggono uno stemma. Ed ancora, la parte posteriore della protezione dell’ orologio, che in questa fotografia appare composta da metallo brunito, oppure metallo ricoperto da uno strato di pelle nera, o rossiccia, forse ingentilito da una corona di piccole perle di fiume, che si interrompono solamente nel punto di fuoriuscita del pendente, di cui avevamo già detto. Come conforto alle nostra affermazioni, la succinta descrizione della Beethoven Haus recita così: Taschenuhr aus dem Besitz Beethovens; auseinander genommene Einzelteile des Gehäuses und Uhrwerk. - Anonyme Fotografie. N.B.: Vgl. zur Identifikation der Uhr B 738/a; verso handschriftlicher Vermerk: "No. II / Oben: Rückseite v. Schutz- / deckel - rötlichbraungeflammt / Emaille mit Silberknöpfchenrand / dieselben sind nach links durchge- / hend und ungehämmert. / Unten: Uhr mit aufgeklappten / Werk. Auf schön gravierter Platte / befinden sich 6 große Rubinen / die figürliche Darstellung i. d. Mitte / ist aus Silber und tragen 2 Engel mit / Flügel eine Krone anscheinend 7 zackig / das Wappen ist längs fein gerippt und / hat links 3 Striche. Daneben sieht es aus / wie ein zweigeteiltes Kreuz auf Krone / Innenseite Gravierung ROST / SALZBURG. Salzbg. ist mit dem Pinsel auf der Platte nachgezogen da die Schrift so klein / und daher undeutlich war." um 1920 ? – Fotografie ; 13,5 x 8,8 cm Quindi, adesso sappiamo una data, il 1797, come risulta dalla didascalia dell’ altra fotografia, il nome del costruttore, tale Rost di Salisburgo e che il movimento ha sei “große Rubinen”. Questo dettaglio dei rubini è forse il più interessante, dal momento che, alla fine del XVIII secolo la quasi totalità dei movimenti si avvaleva di boccole di ottone, piuttosto che di pietre, se non sul ponte della verga. Finezza, puramente estetica questa, che giustifica un movimento di particolare pregio. Scappamenti a rinculo e a riposo. Poiché tutti e due gli orologi appartenuti a Beethoven, nonché quello di mia proprietà appartenuto a Tobias Haslinger risultano del tipo “a verga con conoide e catena” sarà utile una piccola digressione su questo tipo particolare di scappamento. Dall’ inizio del 16° secolo, diventando sempre più numerosi gli orologi da viaggio o portatili, per circa 250 anni dominò incontrastato lo scappamento “a verga”. Come principio fu solo una riduzione dello scappamento con un bilanciere di traverso tipico dei grandi orologi da campanile, già in uso nel 13° secolo, infine con l’ introduzione della ruota del bilanciere circolare come norma del tempo. Dopo l'introduzione della spirale nel 1675 da parte di Huygens, scoperta decisiva, si ottenne una norma del tempo con capacità di oscillazione autonoma e con ciò un miglioramento notevole della precisione degli orologi. In parallelo agli esperimenti con una spirale si fecero grandi sforzi per migliorare anche lo stesso scappamento. Nacquero così scappamenti completamente nuovi, che provenivano o dagli scappamenti dei grandi orologi o che rappresentavano nuovi pensieri e costruzioni propri per gli orologi da tasca. Uno scappamento ha essenzialmente due compiti: deve frenare un troppo veloce scorrere del rotismo, e contemporaneamente dare al bilanciere (la cosiddetta norma del tempo) un impulso a spinta periodico, possibilmente omogeneo, e quindi donare al movimento un' oscillazione regolare. Questa oscillazione del gruppo bilanciere si divide in tre fasi. 1) fase di impulso (arco di impulso) 2) fase del completamento (arco di completamento) 3) fase dell’ inizio (oscillazione di ritorno) L'arco di impulso è il percorso del bilanciere, durante il quale esso riceve l'impulso dal rotismo. L’ arco di completamento è invece il percorso del bilanciere successivo all'arco di impulso Sino al suo punto di ritorno, cioè sin dove viene utilizzata l'energia dell' impulso. L’ oscillazione di ritorno, conclude il percorso che è stato descritto sin ora, ovvero è la fase necessaria al bilanciere stesso per tornare dal punto di ritorno fino all' inizio della fase di impulso. Questa fase è la più importante per giudicare e definire un tipo di scappamento. Saltando le mere descrizioni tecnico fisiche grazie alla quali può funzionare questo tipo di scappamento, sarà utile notare che, al tempo di Beethoven la maggior parte delle ruote della verga erano rifinite in ottone e la verga in acciaio. Nella seguente plancia esplicativa (vedere figura 000) (Planche numéro 27, page 203) tratta da un volume originale, in mio possesso, dell’ Encyclopédie Méthodique, pubblicata a Padova, Italia, nel 1787, vengono rappresentate la varie parti di un classico movimento a verga che veniva prodotto in Francia. Naturalmente la stessa componentistica è valida anche per le produzioni in altri paesi. Si possono notare così a figura 7 il movimento completo di un tipico orologio a verga, visto di tre quarti, con tanto di ponte della verga lavorato, nonché, in primo piano, il grosso conoide della catena (figura , e la ruota a denti verticali, detta tradizionalmente “Ruota Caterina”, probabilmente pensando al martirio subito dalla santa d’ Alessandria, che subì un martirio inferto da due grandi ruote dentate. La figura 9 presenta il conoide (F) con la grossa catena di ritenzione (H), il gancio che evita lo scavalcamento della stessa (G), nonché, molto importante, il bariletto della molla (A) che contiene il molla stessa (figura 10). E ed ecco il motivo di una tale complicazione: le molle erano costruite concentriche, come dimostra la stessa figura 10, non avendo ancora la possibilità di costruire molle “ad esse” o “a chiave di violino”. Quindi la molla stessa prendeva molta più forza a pieno avvolgimento, piuttosto che scarica, facendo accelerare molto l’ orologio nelle prime ore di carica, per poi progressivamente decelerare. La catena di ritenzione, avvolta sul conoide, prima più largo e viepiù stretto, compensa questa trazione, distribuendo in maniera più omogenea possibile la forza della molla. A figura 12 si nota molto bene il pino inclinato della guida della catena, avvolgentesi dal basso verso l’ alto, man mano che si svolge la molla. La figura 11 rappresenta il metodo per regolare il tempo al movimento. Generalmente la leva (T) solidale con la piccola ruota (S) era posta su un grande disco di allumino, all’ epoca materiale prezioso, con inciso “Avance” o “Rétard”, oppure, sugli orologi di produzione inglese, “Fast” e “Slow”, diciture in uso ancora oggi su molti moderni meccanismi manuali ed automatici. La figura 14 ci presenta il disco del bilanciere (, la spirale a tre spire, nonché il lungo stelo della verga (2), con le sue due palette, che agiscono sulla ruota di scappamento illustrata a figura 16. A figura 17 la ruota di scappamento viene rappresentata di lato. In questo tipo di movimento i denti inclinati erano normalmente 13, ed anche l’ orologio di Haslinger non fa eccezione. Un’ ultima digressione ci viene concessa dalla seguente figura tratta dalla plancia 25 a pagina 201 della stessa Encyclopédie Méthodique; Il questo esploso si può notare con quanta maestria venivano rimagliati i singoli elementi delle catene di ritenzione, con ogni maglia composto da sezioni ad otto, con fori passanti. Poiché queste catene sono sempre in trazione, anche ad orologio scarico, si può ben capire quante volte queste parti potevano cedere e portare alla riparazione l’ orologio. Del resto, sembra che anche lo stesso Beethoven abbia portato almeno una volta il proprio orologio da uno specialista, come risulta dai quaderni di conversazione e come vedremo più avanti. Nel 18° secolo si incominciarono alcuni esperimenti con paletta di rubini sulla verga, che però non portarono ad alcun miglioramento se si escludono gli orologi da Marina di Harrison e Larcum Kendall, i quali rifinirono anche l'intero meccanismo dell'orologio con alta precisione. Perron fece, nel 1790, molti esperimenti con ruote di scappamento fatte d'oro e di acciaio. Nelle ruote di scappamento in oro la verga si rompeva facilmente. Le ruote di scappamento in acciaio con un po' di olio sulla paletta mostrarono risultati efficaci, anche se lo scappamento negli orologi a verga invece non deve mai essere oliato. Questi esperimenti vennero fatti comunque troppo tardi, poiché agli inizi del diciannovesimo secolo stavasi già affacciando un nuovo protagonista, ovvero lo scappamento a cilindro, che soppianterà definitivamente la verga nel volgere di qualche decennio. Comunque, come grandi costruttori di orologi a verga, si distinsero a Londra, patria di almeno due dei tre orologi presi esame in questo articolo, George Margetts, John Brockbank, John Marriot, William Staples, Timothy Williamson; George Prior e Markwick Markham che produssero tra la fine del Settecento ed i primi anni dell'Ottocento numerosi e preziosi esemplari, buona parte dei quali destinati al mercato turco. In particolare proprio Prior fece la sua fortuna grazie all’ esportazione di preziosi orologi concepiti per il mercato Ottomano. Parte seconda: il contesto storico Nel periodo della vita di Ludwig van Beethoven, 1770 -1827, anche l’ arte dell’ orologeria subì una forte evoluzione; ciò si deve essenzialmente ad alcune influenze storiche ed alla nascita di Abraham Louis Breguet, il quale ebbe la massima espressione della sua arte proprio nel periodo 1794-1823. Nato nel 1747 a Neuchatel, in Svizzera, Breguet (vedi figura numero 000) sta all’ orologeria come Beethoven sta alla musica: a lui vanno riconosciute le più grandi intuizioni della storia dell’ orologeria, fra cui il sistema antiurto per l’ asse del bilanciere, il calendario perpetuo, la suoneria a “gong” ecc… Naturalmente, parlando di influenze esterne, non si può non parlare delle continue guerre prima fra la Francia rivoluzionaria ed in seguito la Francia Napoleonica contro le potenze dell’ intesa. Guerre che si protrassero – con brevi pause di pochi mesi – dal 1789 al 1815. Come conseguenza pratica della guerra, gli orologiai del periodo furono sottoposti ad una richiesta di meccanismi sempre più precisi ed affidabili, soprattutto per quanto riguarda il calcolo balistico dell’ artiglieria. Proprio in quel periodo i francesi introdussero il sistema di Jean-Baptiste Vaquette de Gribevaul nei loro pezzi da campagna. Particolarmente attivi in quel periodo furono Bergmiller a Parigi, o la famiglia Robert. Senza scendere nel dettaglio, dagli orologi con scappamento “a verga”, tipici del secolo XVIII, si passò con rapidità al tipico scappamento “a cilindro” del secolo XIX, che garantiva una migliore distribuzione della forza della molla, migliorando sensibilmente la precisione nel corso delle ventiquattro ore. Lo scarto medio di precisione passò da 20 secondi a meno di sei secondi giornalieri, un salto di precisione enorme, per l’ epoca. Parallelamente al costante miglioramento delle caratteristiche tecniche degli orologi da persona, anche la ricerca per quanto concerne la meccanica applicata fece costanti progressi. Particolarmente richiesti e motivo di grande stupore furono i pupazzi meccanici, i flotenhur ed i primi metronomi. Se Breguet fu il massimo esponente dell’ orologeria da persona, Pierre Jaquet-Droz, originario di Neuchâtel, in Svizzera, fu forse il maggiore esponente di una ricerca tesa alla costruzione di automi meccanici, o meglio, fu il massimo studioso dell’ arte dell’ orologeria da applicare per la costruzione di “androidi meccanici”. Molta impressione si può ricavare dalla visita al nel Museo di Neuchâtel, in particolare, per quanto concerne la musica, di una “automa musicista che ha corpo, testa, braccia e dita capaci di compiere diversi movimenti naturali; è inoltre in grado di eseguire su un piccolo organo cinque diversi brani con molta precisione: la testa e gli occhi si possono muovere in tutte le direzioni, e per questo può guardare alternativamente lo spartito e le proprie dita. Alla fine di ogni brano fa un inchino verso il pubblico, muovendo la testa e inclinando il corpo. La gola si muove come se stesse respirando, e davvero gli spettatori credono che respiri". Questa automa musicista, che fece furore alla fine del diciottesimo secolo, fu realizzata in gran parte dal figlio di Pierre, Henry – Louis, che fra l’ altro, studiò musica, particolare che aiutò molto la famiglia di “meccanici”. Non soltanto il museo ci propone automi, ma anche dei Flotenhur, strumenti di orologeria capaci di riprodurre musica scritta su rulli. Questa meravigliosa coincidenza ci introduce direttamente alla considerazione che Beethoven fu intimo amico del conte Deym, (Strietez 1750 – Praga 1804). Questo personaggio eclettico fu costretto a lasciare Vienna subito dopo aver ucciso un avversario in duello, per ritornare nella capitale solamente nel 1790, per aprire una famosa “galleria di Meraviglie”, con il nome di Hofstatuarius Muller”. Visto il successo di questa, nel 1796 la galleria fu riordinata in locali più ampi, il cosiddetto “Albergo delle Arti”. E’ notevole leggere su di un giornale dell’ epoca di una figura femminile dormiente “che di sera veniva illuminata dalla quieta luce di lampade di alabastro, e dietro la quale si sentiva risuonare una affascinante musica, appositamente composta per il luogo e la visione”. La suite Beethoveniana per flotenhur è composta da cinque pezzi, che portano il numero di catalogo WoO 33. Il primo, un Adagio assai, potrebbe riferirsi perfettamente alla musica per la fanciulla dormente, ed in definitiva è il pezzo più famoso dei cinque. Il secondo è uno scherzo in sol maggiore, il terzo un allegro, sempre in sol maggiore. Il quarto ed il quinto sono rispettivamente un allegro non più molto ed allegretto (minuetto) senza alcun dubbio riferiti agli stessi scopi dei precedenti. Più interessante è la Grenadiermarsch, (marcia dei granatieri) per flotenhur, scritta in un periodo compreso fra il 1809 ed il 1819, pubblicata e descritta da G. Kinsky nel Beethoven – Almanach der Deutschen Musikbuckerei nel 1927. Questa marcia è stata trascritta da un rullo per flutenhur sopravissuto sino ai giorni nostri, e precisamente dal rullo 7, numero 2061 del Heyermuseum di Colonia. Le prime due parti, di 20 battute, non sono di Beethoven, ma di una marcia Haydn trascritta da Pater Niemecz. Questa particolarità è di estremo interesse, dal momento che lo stesso Haydn scrisse musiche per flotenhur. (HOBochen XIX 1/6) Al di là della qualità molto limitata della musica, questa dedizione Beethoveniana verso questo particolare tipo di strumento meccanico ci fa riflettere soprattutto per quanto riguarda la formazione culturale del Maestro, che rimane schiettamente settecentesca, con annesse le implicazioni sia culturali che ludiche del diciottesimo secolo. Ben noti sono i rapporti che Beethoven ebbe con il “Meccanico di Corte” Johann Mälzel (Mälzl), nato il 15 8 1772 a Regensburg e deceduto nel 1838 . Il termine meccanico è molto indicativo circa il mestiere di Maelzel. Con “meccanico” si indicava l’ inventore di congegni di orologeria. Difatti anche Maelzel fu costruttore di automi, di flotenhur, come il notissimo “Panharmonicon” ma soprattutto fu inventore del metronomo. A ben pensare, in fondo il metronomo non è altro che un meccanismo da pendola con scappamento rovesciato. Il cursore frizionato che, a seconda dell’ altezza in cui è posto aumenta o diminuisce la velocità dello strumento non è altro che il disco dell’ asta del pendolo solidale all’ ancora dello scappamento. Il sistema è talmente ottimizzato, che la meccanica è arrivata sino agli anni 70 del secolo scorso senza sostanziali modifiche e solo l’ introduzione dell’ elettronica ha cambiato le regole di base di questi congegni. Anche se la storia della musica riporta che il Maestro di Bonn fu il primo ad adottare il metronomo per indicare in maniera inequivocabile la scansione del tempo delle sue opere più tarde, l’ indubbia difficoltà matematica di Beethoven lo mise sempre in un rapporto difficile con lo strumento; ben note sono le sue continue correzione alle indicazioni dinamiche della nona sinfonia, Op. 125. Per quanto riguarda il Panharmonicon, strumento meccanico che simulava i suoni dell’ orchestra, doveva esser concepito similmente agli strumenti meccanici dell’ epoca, con grandi rulli forati o punzonati che venivano inseriti nel corpo centrale mosso da contrappesi o meglio da grosse molle caricate a manovella. Purtroppo lo strumento fu perduto nei disastrosi bombardamenti di Stoccarda, durante la seconda guerra mondiale, così come i rulli. Tuttavia esiste una rara fotografia anteguerra in cui si possono osservare due rulli che sembrano confermare la nostra ipotesi. L’ inusitata grandezza di questi due rulli, probabilmente concepiti in ferro o nel più lavorabile ottone, ci fa comprendere quanto complessa doveva essere la meccanica del congegno, anche in considerazione che la costruzione doveva tenere in conto del fatto che il tutto doveva esser facilmente smontabile e rimontabile, dal momento che fu concepito per esser portato in “tour” per le varie capitali d’ Europa, come effettivamente fece. Conclusioni Beethoven fu sempre, nel corso della sua vita, un uomo con ferma cultura settecentesca. Questa sua sensibilità si riflette sia nella vita privata che nell’ arte. Nell’ arte Beethoven forzò la forma – sonata sino all’ estrema tensione, ma non violentò mai la forma, non disgregò mai gli insegnamenti ricevuti in gioventù, neppure negli ultimi quartetti o nelle variazioni Diabelli. Così pure nella vita privata le sue scelte furono sempre improntate su una concezione da stabile conservatore. Ebbe orologi a verga, tipici del XVIII secolo, amò sipielhur ed organi meccanici. Ebbe occhiali di foggi antiquata, così pure grandi cravatte “à la Titus”. Quel che ci sorprende è il lavoro incessante del genio, che travalica le mode del tempo ed attualizza un mondo scomparso da 200 anni nelle nebbie del tempo. L’ OROLOGIO DA MENSOLA CONSERVATO ALLA BEETHOVEN HAUS DI BONN L’ unico orologio conservato a Bonn è l’ orologio da mensola, in legno di ciliegio, conservato alla BeethovenHaus, Collezione H.C. Bodmer. Quest’ orologio, dono del Principe Lichnowsky, con avancarica al sei a molla otto giorni e movimento “demi carré” coevo di produzione nazionale, probabilmente fu posseduto da Beethoven nel periodo 1815-1820. Dopo la sua morte, nel marzo 1827, passò nelle mani di Anton Schindler, infine lo ritroviamo nella collezione di Carl Meinert di Dessau, prima di pervenire, assieme ad altri cimeli beethoveniani, alla casa natale dello stesso. Lo stile pre-Biedermaier, la totale assenza di sveglia o di suoneria all’ ora ed alla mezz’ ora, come usava all’ epoca, ci dimostra che il povero sordo non aveva necessità di questa complicazione. Stranamente all’ orologio mancava uno dei quattro fiori di ottone dorato che delimitavano il quadrante in smalto. (vedi figura numero 000). In una successiva ripresa fotografica, sicuramente post restauro, si nota la mancanza di un’ ulteriore rosetta in basso a sinistra; questo è un vero peccato, poiché facilmente si potrebbe ricavare un calco per sostituire i fregi mancanti. Il restauro ha anche parzialmente ovviato ai canonici danni degli orologi di questo tipo, lo smalto fratturato sul foro di carica, alle ore sei, nonché agli altrettanto inevitabili danni al nove ed al tre, che denotano una caduta in tempi passati. Probabilmente fu sostituita anche la sospensione, poiché il disco del pendolo risulta sfalsato rispetto la sua naturale collocazione al centro della finestrella anteriore. Il piccolo busto collocato sulla parte apicale potrebbe rappresentare un’ imperatrice romana, oppure, come risulta dall’ osservazione di altri oggetti coevi, una semplice rappresentazione femminile della Virtù Romana, come Cornelia o Lucrezia, esempio di fedeltà coniugale. L’ OROLOGIO DA MENSOLA CONSERVATO ALLA PASQUALATI HAUS DI VIENNA Il secondo orologio preso in esame è la bella mensolina conservata alla Pasqualati Haus a Vienna. Questo manufatto risulta essere uno splendido esempio della produzione “economica” tedesca della fine del XVIII secolo: un movimento nazionale, con un essenziale pendolo “a goccia”, forse concepito più da interno che per essere utilizzato a vista, la base di legno di ciliegio, nonché la quattro colonnine dello stesso materiale lo collocano temporalmente fra il 1785 ed il 1795. OROLOGIO DA MESOLA DELLA PASQUALATI HAUS VIENNA Interessante è anche il quadrante, a smalto con fini numeri romani. Protetto da un vetro bombato, come consuetudine porta piccoli numeri arabi ai quarti d’ ora, ricopiando pedissequamente la tradizione francese dell’ epoca. Avvitato al movimento da due piccole ma antiestetiche viti alle tre e mezza ed alle nove e mezza, questo quadrante in smalto riporta i piccoli danni tipici dell’ uso prolungato: la semiluna di distacco di materiale alla carica, nonché la frattura sulla cerniera di apertura, alle ore nove, già da me riscontrata su moltissimi modelli del periodo (vedi figura numero 000). Nel retro, la solita griglia ottonata dorata a fuoco, nasconde parzialmente la retina in tessuto che aveva la duplice funzione di proteggere dalla polvere in movimento, nonché fare da cassa armonica negli orologi dotati di suoneria. L’ OROLOGIO DA MURO RAFFIGURATO SU DUE FOTOGRAFIE D’ EPOCA Molto interessanti sono due rare fotografie d’ epoca che raffigurano parte di mobilia ancora esistente, ma soprattutto un orologio di collocato in due diverse posizioni. La prima fotografia, rintracciata da Dominique Prévot, presidente della A.B.F., Association Beethoven France, raffigura l’ orologio posizionato in una grande cassa di tipo “Morbier” oblunga, in legno, con grandi vetri e pesi a vista. Sebbene la cartolina risenta del tempo passato, l’ orologio, probabilmente risalente ai primi anni del XIX secolo, è ancora perfettamente distinguibile: il quadrante, di smalto bianco, porta grandi numeri romani. Ed è motivo di grande attenzione, inoltre, la grossa ghiera, sicuramente ottonata, che appare al centro delle sfere. In questo tipo di orologi questa ghiera girevole, solidale ad una ruota interna, era preposta alla regolazione della sveglia mattutina. La sveglia, azionata da un proprio martelletto a “T” faceva gong sulla stessa campana della suoneria. Difatti, parzialmente nascosta dalla decorazione dipinta su base lignea, ecco intravvedersi la grossa campana assolutamente tipica in questa tipologia di pendole. La ricarica di questo meccanismo avveniva manualmente sulle due catene che reggono le due pesanti pigne, qua probabilmente di ghisa ricoperta di metallo ottonato a mercurio. Da questa e dalla successiva fotografia risulta impossibile congetturare la durata della carica, sebbene in questo tipo di orologio, che può definirsi tranquillamente di tipo “della Foresta Nera” la carica doveva essere di otto giorni. Nell’ altra, molto rovinata fotografia conservata alla Beethoven Haus di Bonn, ( Ley, Band VI, Nr. 1144Standort: Archivraum II) lo stesso orologio ci è presentato solidale con la parete. Questo modo di piazzare la macchina è molto corretto, poiché già lo stesso meccanismo era a sé sufficiente, essendo ricoperto su tutti i lati da lastre di lamiera, che lo isolavano dagli agenti esterni, e che ne rendevano facile il trasporto. Si può congetturare che lo stesso Beethoven lo abbia utilizzato nei suoi continui spostamenti da un appartamento all’ altro. La descrizione fornita dalla Beethoven Haus non ci aiuta purtoppo. Apprendiamo le misure della fotografia, nonché la presunta data, 1910 circa, ma al riguardo l’ oggetto ci viene descritto semplicemente come “Tischuhr”, ovvero orologio a muro. L’ OROLOGIO CONSERVATO AL MUSEO DELL’ OROLOGERIA DI VIENNA Descrizione orologio Uhr Museum Wien Segue descrizione----------------------------------------------------- (omissis) L’ orologio di Tobias Haslinger Anche l’ orologio, che trovasi attualmente in mio possesso, appartenuto a Robert Haslinger, soddisfa questi requisiti sopra elencati, compreso un movimento inglese del primi anni del 1800, testimonianza degli scambi commerciali ripresi dopo la guerra. (Vedere figure 000). Robert Haslinger vulgo Tobias, naque il primo marzo 1787 a Zell di Zellhof (Comune di Bad Zell, presso Salisburgo, nell’ Austria Superiore), decedette il 18 Giugno 1842 a Vienna. Fu amico ed editore di Beethoven . Dopo aver passato la giovinezza a Salisburgo, ricevette una prima educazione alla musica nella città di Linz, dal famoso Franz Xaver Glöggl. Nel 1810 lo troviamo a Vienna, e proprio in questi anni sembra dedicarsi con più assiduità alla musica, tanto che riesce a far pubblicare alcune sue composizioni per pianoforte; fors’ anche per le sue conoscenze nella cerchia degli editori della capitale austriaca. L’ anno di svolta è tuttavia il 1814, quando iniziò a collaborare con Sigmund Anton Steiner (1773 – 1838) per divenirne il socio due anni più tardi. Nel 1826 diventò infine direttore della Casa Editrice Musicale, situata in Paternostergasse, della quale rimangono tuttora le vestigia. Alla direzione della casa fu infine sostituto dal figlio Karl. Numerose sono le opere di Beethoven pubblicate dallo Haslinger, e tutte del tardo catalogo, ma non possiamo dimenticare molte prime pubblicazioni di Josef Mayseder, Ignaz Moscheles, Karl Maria von Weber, Louis Spohr, Johann Nepomuk Hummel, Wolfgang Amadeus Mozart , Carl Czerny, Muzio Clementi, ma soprattutto la meritoria pubblicazione di tutta l‘ opera di Johann Strauß Padre. Questo movimento a verga con conoide e catena di ritenzione, è firmato Bevil, Ipswich 20195. Bevil fu orologiaio attivo a Londra ed a Ipswich fra la fine del diciottesimo ed i primi trent’ anni del diciannovesimo secolo. Il ponte della verga è finemente cesellato a motivi floreali, con una finezza che rimanda sia alle produzioni coeve di Markwick Markham, che produsse esemplari similmente cesellati, per andare incontro alle esigenze del mercato Ottomano. (Da notare anche la primitiveggiante forma simulante un pendolo del ponte, pure eccellentemente incisa) sia soprattutto all’ identico movimento che trovasi negli orologi coevi di Robinson, attivo a Londra negli stessi anni, del quale di conserva un esemplare risalente al 1833. Sembra oramai accertato che l’ ébauche utilizzata per l’ orologio di Haslinger sia stata la base per una pletora di rivenditori, orologiai ed incisori, vista la robustezza e l’ adattabilità della stessa. Il quadrante, di smalto avoriato e numeri romani, leggermente fessurato al sei, porta nella lunetta interna un piccolo paesaggio ad olio. Per quanto abbia indagato sui luoghi della vita dell’ Haslinger, a tutt’ oggi non ho potuto identificare questo bucolico castello sorgente sulle rive di un fiume. Anche i pilastrini, detti anche colonne o colonnine, ovvero gli elementi di congiunzione delle platine, con la loro forma a balaustra, non fanno che confermare la bontà esecutiva del maestro orologiaio di Ipswich. Non si nota, come sarebbe stata consuetudine, nessuna garanzia incisa all’ interno della generosa cassa di ottone dorato a fuoco, né ho potuto notare, durante la revisione del movimento, alcuna manipolazione evidente; a tutti gli effetti, sembra che l’ orologio non abbia subito alcuna riparazione dal 1824! All’ interno della cassa posteriore, una mano ignota scrisse su un piccolo ritaglio di carta: “Zum mein Freude Tobias gut 1824”Ovvero “al mio amico Tobias, buon 1824”. Segue firma non decifrabile. Sul retro, la scritta “T. Haslinger Wien 1824” è interessante poiché ricalca gli stili grafici in voga sugli orologi inglesi dell’ epoca, piuttosto che l’ austera grafia gotica in uso nei paesi di cultura tedesca, come si vede bene nel verso del secondo orologio di Beethoven. Tralasciando la particolare corrispondenza emozionale che corrisponde fra questa data e la prima esecuzione della nona sinfonia Opus 125, forse è ancor più interessante notare ancora una volta il filo conduttore che unisce l’ Inghilterra, l’ Austria e tutti i personaggi protagonisti di questa vicenda; forse, ancora una volta, può esser stato Moscheles primo attore di questo importante dono. Le fonti iconografiche sono anche esse molto scarse: non esiste nessun ritratto dell’ epoca che ritragga Beethoven con un orologio, sia da muro, che da mensola o da panciotto. Tuttavia (vedi figura numero 000) Joseph Eduard Teltscher prese alcuni bozzetti del maestro morente, ed in questo si vede una figura che può essere la parte interna che contiene il pendolo di un orologio da muro (erroneamente identificato con un violino). Fra l’ altro in posizione ideale per la carica dal letto di malattia. Anche di quest’ orologio non rimane traccia. Per quanto riguarda i due orologi da tasca attribuiti a Beethoven, le uniche fonti conosciute, che io sappia, sono le fotografie pubblicate dalla Beethoven Haus di Bonn, risalenti al 1910 circa, nonché il disegno pubblicato nell’ articolo summenzionato del “Musical Time”. (PARTE DA ELIMINARE O DA SPOSTARE ALTROVE, GIA’ SCRITTA PER L’ ARTICOLO PRECEDENTE) l' orologio di ALEXANDER WHEELOCK THAYER La storia di Sandoz inizia nel 1530 con la nascita di Johannus Sandoz di Locle, nel cantone di Neuchâtel, in Svizzera. Nel 1870, Henry Sandoz si associa a Jules E. Sandoz per creare la ditta ODIN, prima fabbrica di orologeria della famiglia. E immediatamente la loro vocazione è stata quella costruire orologi a ripetizione, cronografi e diventare pionieri della standardizzazione del loro prodotto. Nel 1920 la ditta Henry Sandoz è ribattezzata Henry Sandoz & Fils poiché il figlio Hermann entra nell'impresa. nel 1926, Henry Sandoz & Fils porta i suoi laboratori a Le Chaux-de-Fonds, nel cantone di Neuchâtel. Verso la fine di quei magnifici anni 20 la fama della ditta Sandoz si estende sino all'India ed al Pakistan, tanto che la ditta arriva a produrre più di un milione di orologi all'anno. Nel 1938 la ditta cambia nuovamente ragione sociale si chiamerà H. Sandoz & Co, ed in seguito Bezzola & Kocher. finalmente nel 1971, avrà il suo nome definitivo: Compagnie des Montres Sandoz S.A., che mantiene tutt'oggi. L'orologio si presenta come una tipica savonette di generose dimensioni avendo un diametro di 50 mm e di 115 grammi di peso. Come valore aggiunto gli eredi di Thayer conservarono anche la sua scatola originale, a due posti, in legno di ciliegio foderata in velluto granata, recante la scritta Répetition remontoir AMI Sandoz & fils 91504 Infine, l' orologio è corredato da una splendida catena coeva a maglia marina, di colore leggermente diverso, di grammi 38 con moschettone, "T" da asola ed anellino di sicurezza, catena che si intravvede uscente dal panciotto del Thayer in una splendida fotografia degli ultimi anni della sua vita. La cassa di oro rosso a d 18K presenta al recto un tipico disegno a scudo che chiaramente serviva ad accogliere le lettere intrecciate della casata. al verso un anonimo disegno guilloché. Nella controcassa sono incise le caratteristiche dell' orologio: Repetition Remontoir Ancre leves visibles 22 rubis Balancier compensateur Spiral Breguet N° 99550 Ovvero quest' orologio possiede suoneria di ore e dei quarti di ora, ha una corona di carica per ricaricare la molla, ha le leve dell’ ancora visibili dalla parte superiore del movimento , 22 rubini , il bilanciere è composto di due materiali diversi, acciaio ed ottone che compensano le dilatazioni ed i restringimenti termici , e lo stesso possiede una spirale, la cosiddetta "spirale à Breguet", dal nome del famoso orologiaio che inventò e brevettò questo tipo particolare di spirale. Infine viene riportato il numero consecutivo di fabbricazione del orologio . Non si possono non notare nella parte interna del contro coperchio della cassa almeno sette riparazioni . Sembra che Thayer abbia avuto un orologiaio di fiducia , poiché quattro su sette portano la stessa sigla ovveroA13084, A30853, A 31327 e A43347. L' ultima è PW 57374. Nella seconda controcassa leggiamo: 412873pdl e 425412. Un'altra incisione è presente vicino alla cerniera ma risulta illeggibile e di dubbia interpretazione. Infine, vergato a bulino, vi è l' ultima incisione che ho notato sull' orologio: sotto il quadrante una scritta "dec1896". Il quadrante di smalto bianco con ore romane e secondiera alle sei risulta intonso e privo di quelle piccole venature cui è soggetto lo smalto dopo alcune decine di anni. Le due delle tre sfere di tipo ad ago sono impreziosite ciascuna da tre diamanti di taglio detto a "cava vecchia" La riparazione. Il difetto più evidente del orologio era l'impossibilità di caricarlo: ad ogni tentativo di ricarica si notava semplicemente uno slittamento della sua messa a segno. La molla, inoltre, si presentava intatta. Il difetto era da ascriversi alla spernatura della ruota centro. Il corpo della ruota risultava staccato dalla sua delicata alettatura. In effetti, sul quadrante, anche la sottile sfera dei minuti era vagante. Questo indicava il fatto che ad un' ennesima ricarica, improvvisamente la ruota cedette. La molla, non più trattenuta dal corpo della prima ruota, si è svolta con forza, ed il colpo di frusta risultante ha fatto saltare dalla sede la sfera minuti. In questi casi la procedura tipica è smontare il ponte centrale del rotismo e ripernare la ruota con l'apposito bulino. Altro difetto più difficile da individuarsi era la rimozione, avvenuta precedentemente, della leva di ritorno del meccanismo della grande suoneria. Infatti ad un primo ascolto risultava funzionante solamente la piccola suoneria, ovvero i quarti, le mezz' ore ed i tre quarti, con tipico suono di doppio martelletto. Ovviati di questi problemi, si è passati successivamente alla revisione generale del movimento, alla sostituzione della molla della suoneria, alla lucidatura della cassa ed al ripristino della cerniera della stessa. Allo stato attuale l'orologio si presenta in ottime condizioni, il movimento è perfettamente funzionante, la cassa (se si escludono alcune piccole ammaccature sulla ghiera, dovute a cadute) risulta praticamente intonsa.
  25. Cari amici, Ritorno su quest' argomento, poiché ho pubblicato sul sito (ecco il link) http://www.lvbeethoven.it/Libri_online/Libri_Completi_Online.html il libro originale in cui Michotte parlo' per la prima volta dell' incontro di Rossini con il nostro Ludwig. Incontro anni venti dell' ottocento, resoconto 1860, libro 1906...... Nonostante tutto, adesso potete ammirare la grande forza evocativa di quest' incontro. Grazie a Luigi per avermi dato la possibilità di saccheggiare la sua immensa biblioteca; il suo servizio per l' Arte e per la Conoscenza è impagabile!!! Amicizia.
×
×
  • Crea nuovo...