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Piano Concerto - Forum pianoforte

Presentire Un Impasto Sonoro


Marzapane
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Ero un po' indeciso sul dove postarlo, ma alla fine penso rientri nella didattica...anche se avrei potuto metterlo in direzione, composizione, nel seminario di orchestrazione, etc.

 

Detto ciò, durante l'orchestrazione, strumentazione, concertazione, arrangiamento, etc. come fate o qual'è la strada migliore per arrivare a immaginarsi un impasto sonoro?

 

Mi spiego meglio, se uno non conosce nessun timbro è presto detto e fatto. Ma semplificando, se già conoscessi ad esempio il flauto e il violino, come arrivate a presentire il risultato della fusione dei 2 timbri?

 

A parte farsi eseguire un passaggio dai 2 strumentisti e memorizzarne il "colore", a questo punto complicando il discorso, se volessi percorrere strade meno battute, come arrivare ad avere chiaro nell'orecchio il risultato di quella determinata idea? Voi come fate?

 

... spero sia chiaro :wacko:

 

Grazie in anticipo

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A parte farsi eseguire un passaggio dai 2 strumentisti e memorizzarne il "colore", a questo punto complicando il discorso, se volessi percorrere strade meno battute, come arrivare ad avere chiaro nell'orecchio il risultato di quella determinata idea? Voi come fate?

 

Boulez (se non sbaglio) una volta disse che non è possibile immaginarsi esattamente come «suona» una cosa finché non la si sente; e stiamo parlando di uno degli uditi più fini tra i compositori/direttori... Se già è difficile sapere come suona un impasto del quale si hanno esempi, figuriamoci se non ce ne sono... La riprova di ciò sono le immediate revisioni dell'orchestrazione a seguito della prima esecuzione, documentatissime dalle cronache. Credo che non si possa prevedere il risultato di un impasto in maniera esatta, soprattutto se, come tu chiedi, si cerca di percorrere una strada poco frequentata. Si può immaginare, presumere, ma in ogni caso si deve poi verificare, sentendolo, l'effetto. Questo detto dalla mia posizione di direttore, ovviamente; ma in questo caso non cambia nulla, rispetto alla tua di compositore, perché si tratta di tradurre in immagine sonora mentale un segno scritto, e questo lo fanno sia i direttori sia i compositori. ;)

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Non avendo esperienza ed essendo più o meno un dilettante, ne approfitto per chiedere ad un direttore se siano fondate le idee che mi sono fatto.

Prendendo l'esempio di flauto e violino, anche avendo riferimenti precisi dell'effetto prodotto per esperienze altrui, basta mutare di poco l'altezza o le articolazioni necessarie ad eseguirlo per avere un'altra cosa: me ne fece rendere conto un ottimo violinista che, una volta, mi dedicò del tempo per mostrarmi i risvolti pratici della teoria sullo strumento (salti, posizioni, tecniche delle'arco, ecc.): mi è parso subito incredibile quante siano le sfumature possibili, o la sonorità di una corda rispetto ad un'altra, al confronto della sommarietà della scrittura...

Perciò immagino che quello che si possa fare è conoscere a fondo le tecniche dei singoli strumenti; non dico saperli suonare, ma cercare di sapere bene cosa devono fare per eseguire la tal frase. Non che ciò possa prefigurare l'effetto, ma immagino che possa aiutare molto.

Ricordo che ebbi una discussione su questo anni fa, in un altro forum, e altri compositori non furono molto d'accordo...

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... pensa pure ai vari effetti.

Ritengo sia impossibile arrivare a presentire veramente tutto, magari in molti casi ci si può avvicinare molto, soprattutto se si ha esperienza diretta... ma qui si parlava di "sperimentazioni" e situazioni inedite ;)

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Prendendo l'esempio di flauto e violino, anche avendo riferimenti precisi dell'effetto prodotto per esperienze altrui, basta mutare di poco l'altezza o le articolazioni necessarie ad eseguirlo per avere un'altra cosa: me ne fece rendere conto un ottimo violinista che, una volta, mi dedicò del tempo per mostrarmi i risvolti pratici della teoria sullo strumento (salti, posizioni, tecniche delle'arco, ecc.): mi è parso subito incredibile quante siano le sfumature possibili, o la sonorità di una corda rispetto ad un'altra, al confronto della sommarietà della scrittura...

Perciò immagino che quello che si possa fare è conoscere a fondo le tecniche dei singoli strumenti; non dico saperli suonare, ma cercare di sapere bene cosa devono fare per eseguire la tal frase. Non che ciò possa prefigurare l'effetto, ma immagino che possa aiutare molto.

 

Sono d'accordo. Sia conoscere le tecniche, sia sapere «come suonano» gli strumenti nei vari registri a loro disposizione, come giustamente notavi, è molto importante. Gli strumenti, come le voci, possono risultare molto diversi negli impasti, anche se suonano la stessa nota. Un oboe che suona un do sopra al rigo spiccherà molto di più di un flauto che suona lo stesso do, perché il flauto in quella regione è comodissimo, mentre l'oboe è già verso l'acuto e «fora» la tessitura... E si potrebbero fare centinaia di esempi (anzi: sarebbe divertente farne ;)); ad esempio: ricordate il famosissimo inizio dell'Incompiuta di Schubert? Quel tema intonato all'unisono da oboe e clarinetto? L'abbiamo sempre sentito meraviglioso e dolce, ma è sufficiente che l'oboe, invece di suonare pp, aumenti di un «cicinino» il volume e quella melodia sembrerà un'altra cosa. Dirò di più: se Schubert avesse scritto quell'inizio affidandolo a oboe e flauto sarebbe stato totalmente diverso, perchè il flauto in quella zona è abbastanza «sordo» e sarebbe spiccato decisamente di più l'oboe - a meno che il flauto non suonasse forte, vanificando il carattere delicato... Insomma ce n'è per tutti i gusti e, a pensarci bene, un buon modo per immaginarsi come suona un impasto e pensarlo anche diverso, magari con strumenti che si conoscono meglio, per arrivare attraverso un gioco di esclusioni progressive, a capire cosa di meglio, di più o semplicemente di diverso può avere una combinazione rispetto ad un'altra.

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Un bellissimo esempio quello che hai evocato, di Schubert, che mi ha sempre colpito molto; è uno di quei casi in cui uno strumento (il clarinetto) viene colorito nel registro medio acuto per produrre un timbro dal colore decisamente esotico, considerando anche la linea melodica. Ho sempre pensato che Schubert abbia ricercato quell'effetto e che, se affidato al solo clarinetto, ne avrebbe sortito uno molto meno suggestivo (meno arcaico ed arcano: o "africano", mi vien voglia di dire); mentre, se al solo oboe, sarebbe stato troppo "magro" rispetto all'ostinato degli archi. ma non avevo mai fatto caso al fatto che l'emissione dell'oboe dovesse essere molto contenuta, in effetti, dato il registro già impegnativo... Mercì! :)

 

P.S. Non l'ho scritto prima, ma mi sembrerebbe azzardato doppiare un violino con uno strumento a fiato, se non per effetti davvero incerti e "particolari".

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Scusate le repliche... Dal tuo esempio, mi viene anche in mente che Mozart ha alternato spesso, a seconda del carattere dei movimenti, coppie di flauti e di oboi, ma molto raramente li ha usati insieme: per lui, pare quasi che gli uni o gli altri fossero registri acuti dei corni (mi riferisco alle sinfonie, soprattutto). I clarinetti inece, quando ci sono, sembrano seguire criteri d'uso differenti (ad eccezione dell'ultima sinfonia in sol minore mi pare, dove però furono aggiunti dopo)... Boh...? Vorrà dire, appunto, che in effetti flauti ed oboi non creano fra loro un buon impasto...? Magari proprio per le ragioni che evidenziavi tu, Carlos, cioè delle differenza di emissione a parità di registro? Quando invece, mi pare, oboe e clarinetto hanno una certa affinità di timbro, sui registri medio acuti (nel senso che il clarinetto perde il suo "calore" e sembra accostarsi via via alla "durezza" dell'oboe)...?

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Scusate le repliche... Dal tuo esempio, mi viene anche in mente che Mozart ha alternato spesso, a seconda del carattere dei movimenti, coppie di flauti e di oboi, ma molto raramente li ha usati insieme: per lui, pare quasi che gli uni o gli altri fossero registri acuti dei corni (mi riferisco alle sinfonie, soprattutto). I clarinetti inece, quando ci sono, sembrano seguire criteri d'uso differenti (ad eccezione dell'ultima sinfonia in sol minore mi pare, dove però furono aggiunti dopo)... Boh...? Vorrà dire, appunto, che in effetti flauti ed oboi non creano fra loro un buon impasto...? Magari proprio per le ragioni che evidenziavi tu, Carlos, cioè delle differenza di emissione a parità di registro? Quando invece, mi pare, oboe e clarinetto hanno una certa affinità di timbro, sui registri medio acuti (nel senso che il clarinetto perde il suo "calore" e sembra accostarsi via via alla "durezza" dell'oboe)...?

 

Ma l'oboe barocco non è molto vicino al timbro del flauto? Se così fosse, forse ha inciso sulle scelte dell'epoca ;)

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Scusate le repliche... Dal tuo esempio, mi viene anche in mente che Mozart ha alternato spesso, a seconda del carattere dei movimenti, coppie di flauti e di oboi, ma molto raramente li ha usati insieme: per lui, pare quasi che gli uni o gli altri fossero registri acuti dei corni (mi riferisco alle sinfonie, soprattutto). I clarinetti inece, quando ci sono, sembrano seguire criteri d'uso differenti (ad eccezione dell'ultima sinfonia in sol minore mi pare, dove però furono aggiunti dopo)... Boh...? Vorrà dire, appunto, che in effetti flauti ed oboi non creano fra loro un buon impasto...? Magari proprio per le ragioni che evidenziavi tu, Carlos, cioè delle differenza di emissione a parità di registro? Quando invece, mi pare, oboe e clarinetto hanno una certa affinità di timbro, sui registri medio acuti (nel senso che il clarinetto perde il suo "calore" e sembra accostarsi via via alla "durezza" dell'oboe)...?

 

Per Mozart credo che la ragione sia di ricercare più in aspetti pratici che non in aspetti timbrici, vale a dire che probabilmente Mozart metteva in partitura gli strumenti che sapeva esser presenti nell'orchestra che avrebbe eseguito la «prima» della sua sinfonia. L'aggiunta in un secondo momento dei clarinetti alla Sinfonia in sol minore, se non vado errato, fu dovuta proprio a quello. Mentre per quello che riguarda la scelta di una o dell'altra coppia di legni, come tu ricordi, credo che questo riguardi anche un tipo di scrittura ancora molto legata all'orchestra d'archi rinforzata dai fiati in occasioni ben precise, soprattutto nelle prime sinfonie. Gli accostamenti timbrici come li intendiamo noi erano ancora lontanissimi dalla mentalità dei compositori classici e nemmeno Beethoven si avvicina alla ricercatezza, ad esempio, di Tchaikovski nell'uso di accostamenti timbrici particolari (basta pensare, una per tutte, alla Quinta Sinfonia e, in particolare, all'inizio del movimento lento). Brahms userà l'orchestra un po' come un organo, privilegiando spesso l'accostamento delle due famiglie (archi e fiati) alternatamente e dovremo aspettare i compositori dalla seconda metà del XIX secolo in poi per avere esempi di orchestrazione come siamo abituati ad intenderla oggi. Quanto alla tua ultima osservazione sul timbro del clarinetto e dell'oboe, effettivamente all'inizio della sua storia il clarinetto aveva un timbro meno rotondo e caldo rispetto a quello che conosciamo oggi, cui si pervenne a seguito di alcune modifiche, fino all'inizio dell'Ottocento. A metà del Settecento il timbro di questo strumento era decisamente più squillante e questo senz'altro spiega perché spesso fosse usato come alternativa all'oboe e viceversa. Tra l'altro, il clarinetto deriva il suo nome proprio da clarino, ovvero il nome con cui veniva chiamata la tromba nel XVIII secolo.

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