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Piano Concerto - Forum pianoforte

... La Vena Creativa Si è Esaurita?


Gerardo
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Cosa ne è del jazz in questo momento? I grandi musicisti che hanno fatto la storia della musica nel ventesimo secolo sono ormai solo un ricordo? E' stato già detto tutto? In questo periodo viene considerato jazz lo smooth jazz, si può parlare di jazz o non ha nulla a che fare?

I grandi sono morti quasi tutti e chi rimane ha una certa età ... i giovani si rifanno ai grandi di un' epoca ormai passata. Mi sto perdendo qualcosa io e di cui si parla poco? Il jazz ha un movimento creativo o la vena creativa si è esaurita?

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Il jazz oggi è diventato esattamente come qualsiasi altro genere musicale, cioè la codificazione e la ripetizione di invenzioni fatte da altri.

In questo non è diverso dal blues, dal funk o dalla musica classica, come non è diverso dal liscio o dalla salsa.

 

Quello che è venuto a mancare a quasi tutte le forme musicali è il mondo di riferimento, cioè quell'insieme umano e culturale, economico e sociale che si è espresso in quel modo.

Grazie alle scuole di musica oggi un ragazzo può imparare a suonare flamenco, oppure dixieland o free jazz come il tango, etc.

Studiando gli artisti di quelle forme musicali, esaminando il processo creativo e esercitandosi sulla tecnica, con adeguati programmi scolastici, può allestire un repertorio di canzoni, o standard o di happening che ricalcano quella grammatica, senza essersi mosso dalla regione in cui è nato e senza avere necessariamente coinvolgimento con i fatti legati all'origine di quelle musiche.

 

Questo fatto non ha nulla a che vedere con la qualità o con la bravura del musicista e della sua musica, ma in qualche modo questa musica ha perso le sue radici e il progresso cui si assiste è univocamente condotto nella direzione tecnica, complicando un linguaggio che non può più parlare nella sua semplicità naturale.

Anzi, il nuovo corso non si limita a rendere più complesso il linguaggio, ma per avere un senso di nuovo, di creativo, mescola questi linguaggi tra di loro, fino a quando non si avrà una marmellata globale, che con le caratteristiche improvvisative del jazz sarà diventata una grande palestra di esercizio fisico e di approfondimento teorico, di conoscenze storiche e biografiche, esattamente come succede in un museo, dove ogni modo di essere per venire conservato deve essere finito, morto.

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OVVIAMENTE non concordo.

 

Primo, non capisco cosa ci sia nell'essere un genere musicale........

 

Quando parli della mancanza del mondo di riferimento.....ma in quale mondo vivi? in quale epoca per essere più precisi? il fatto che tu non condivida il "momento" storico non significa che non esista.

 

Da quando in qua studiare non va bene?

 

Inutile dire che non condivido neanche l'ultima parte del tuo post, secondo me sei un po' distratto, o perlomeno guardi nella direzione sbagliata.....

 

Questo a prescindere dal genere musicale ovviamente.

 

Metto dei link al volo per far capire meglio.

 

Qui c'è Jason Moran, uno dei miei pianisti preferiti, se non lo conoscete spero riusciate ad apprezzarlo e ad amarlo.

Al signore in questione è stato dato un premio di 400.000 dollari perchè, come massimo esponente della cultura jazzistica e quindi americana, deve essergli garantito il sostentamento in modo che lui possa dedicarsi totalmente alla sua strada evolutiva artistica.

 

http://www.youtube.com/watch?v=Nhal8JXZQgw

 

e questo

http://www.youtube.com/watch?v=2ivHY0HbeMk

 

e molto altro ci sarebbe.

 

Il jazz significa interpretazione del presente rivolgendosi al domani attraverso la pratica ANCHE dell'improvvisazione......se usiamo altri parametri non sarebbe più jazz.

 

Comunque non capisco perché la distinzione in generi debba sempre diventare una distinzione di classe.

 

Ovviamente nulla di personale.

Ciao

Feliciano

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Inutile dire che non condivido neanche l'ultima parte del tuo post, secondo me sei un po' distratto, o perlomeno guardi nella direzione sbagliata.....

 

 

Qui c'è Jason Moran, uno dei miei pianisti preferiti, se non lo conoscete spero riusciate ad apprezzarlo e ad amarlo.

Al signore in questione è stato dato un premio di 400.000 dollari perchè, come massimo esponente della cultura jazzistica e quindi americana, deve essergli garantito il sostentamento in modo che lui possa dedicarsi totalmente alla sua strada evolutiva artistica.

 

 

Non e' che non condividi... non hai proprio capito quello che ha scritto jazzmania che per altro e' un concetto talmente banale da essere vero per definizione.

 

Puoi anche dare 400.000 dollari ad una napoletana ma questa nemmeno fra 10 anni ballera' la samba megli della piu' scarsa delle brasiliane.

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Credo anch'io che siano state fraintese le premesse del discorso; ho ascoltato un po' dei link postati, ma sono sempre le stesse cose, da decenni; nessuno sembra inventare qualcosa di realmente nuovo, praticamente a partire dagli anni '70. Penso che nessun musicista, oggi, sentirebbe di partecipare al fronte del cambiamento suonando come Bill Frisell... E' uno stile vecchio di 30 anni...!

In ogni caso, io penso sia più interessante guardare fuori dagli Usa, dove si è da sempre più aperti alle contaminazioni tra generi e ai percorsi inediti. L'America, sul jazz, è più conservatrice (vedi la storia del Free), forse perché considera il jazz la sua musica "nazionale" e quindi ha finito con l'istituzionalizzarla e con il darle una veste anche accademica.

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che tema difficile...

e quanto siamo severi...

E' un bel po' che non seguo concerti, ma ricordo che ascoltare Cecil Taylor, Ornette Coleman, Roscoe Mitchell, Tim Berne, Jonh Zorn, Bill Frisell, Paul Bley, L. Butch Morris, David Murray, A. Braxton, Jonh Scofield, Bobby Previte, Evan Parker, ma anche Lovano, Pieranunzi, Galliano, Trovesi, e via dicendo, non mi faceva sentire vecchio bacucco e non sembrava di assistere a noiose autocelebrazioni segnanti la fine della musica!

Adesso leggo invece che è finita :(

Beh, menomale che ci sono Sanremo e X-Factor!

Scherzo, era solo per sdrammatizzare, ho capito il discorso, ma penso che bisognerebbe essere sicuri di aver ascoltato tutto quello che viene proposto, per giudicare.

Cio' che dice Jazzmania è sensato, ma potrebbe risultare ingeneroso verso taluni musicisti.

Non poter definire Jazz una musica che per esigenze tecniche viene presentata come tale non significa che questa sia una accozzaglia virtuosa e gratuita di stili, può essere anche qualcos'altro che magari non stiamo capendo...

Non si può negare a priori che qualcuno abbia qualcosa da dire di suo e che sia espressione non artefatta del suo vivere, cioè Stuyvesaint ha ragione, ma attenzione a non cercare di riconoscere la Samba a tutti i costi!

 

p.s. Fermarsi agli anni '70 mi sembra esagerato come anche dire che Frisell suoni son uno stile vecchio di trent'anni...

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un tema senza tempo, è sempre meglio quello che si faceva prima e il futuro è sempre visto come un "declino" (non solo nella musica)

 

è come una spinta inconscia (secondo me) che ci sprona sempre a fare meglio (senza critica non si migliora)

 

è un discorso fine a se stesso, ognuno ha la sua opinione

 

i gusti sono gusti e il fatto che il jazz (in parte) si stia un po' "massificando" non vuol dire che faccia schifo

 

gli artisti bravi ci sono sempre, basta conoscerli

 

come ci sono gli artisti "alla portata di tutti" e pure loro devono esistere senza essere criticati

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Di musicisti bravissimi e con un cuore che trabocca ce ne saranno sempre e in tutti i contesti, la considerazione che facevo è che è finito, (per ora), il tempo delle comunità umane che producevano la LORO musica, oggi tutti suonano la musica di tutti, anche meglio degli originali, un po' come se un disegnatore pubblicitario ridipingesse un Van Gogh in modo “iperrealista”, senza una sbavatura, su una tela di puro lino preparata con tutta la conoscenza che si ha oggi sulla materia pittorica degli antichi.

 

C’è gente fantastica tipo Andrew D'angelo, non so se lo conoscete, mi capita di suonare in qualche Jam con musicisti che mi toccano profondamente, ma per quanto si possa personalizzare quello che si fa, si è sempre in un contesto individuale immerso in citazioni, non è più un mondo che si esprime nonostante le difficoltà e le sofferenze che sta subendo.

Credo che gli unici posti dove ancora questo succede siano pericolosi da frequentare, ed è possibile che questa crisi che sta arrivando come una locomotiva impazzita, possa riportare certe condizioni, condizioni in cui la musica torna ad essere una forma di riscatto e di consolazione.

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p.s. Fermarsi agli anni '70 mi sembra esagerato come anche dire che Frisell suoni son uno stile vecchio di trent'anni...

 

Alludevo solo al fatto che, negli ultimi vent'anni, non mi pare ci sia la stessa rapidità di evoluzione, o spinta propulsiva che dir si voglia, che il jazz ha avuto più o meno dal primo Davis fino alla metà degli anni '70; non cheoggi fosse proprio "fermo". Se scorri la discografia delle "novità" in catalogo, trovi anche molte retrospettive, mentre credo che in passato si investisse di più sulla ricerca di percorsi nuovi, anche sul fronte delle contaminazioni di genere. Tutto qui.

Quanto a Frisell, intendevo dire che già nei primissimi anni '80 aveva le caratteristiche che oggi lo rendono riconoscibile. Ma tra il presente e i suoi esordi, in termini di tempo (32 anni), c'è la stessa distanza che tra Pat Metheny e Charlie Christian... Questo per restare al discorso dell'evoluzione del jazz. Nel rock, se è per questo, è ancora peggio: basti pensare che tra Little Richard e i Pink Floyd ci sono una dozzina d'anni, mentre il rock odierno è quasi quello di 20 anni fa... Non so se sono riuscito a spiegarmi.

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Qualunque prodotto culturale (jazz incluso), oggi, è destrutturato, rielaborato, confezionato e venduto.

Nessuna musica possiede più' alcuna connotazione tradizionale o di autenticità, ma tutte sono state espropriate e manipolate:

La salsa è nata nei quartieri poveri di Portorico e Cuba, il tango nei bassifondi di Buenos Aires, il rai algerino nei bar e cabaret di Orano (seconda città algerina) etc.: tutte le musiche hanno perso il loro profondo significato culturale e sono diventate prodotti ibridi del mercato globalizzato.

La dimensione culturale, oggi, si basa su informazioni omogeneizzate che sono indipendenti dal loro contesto nazionale, sociale politico e/o religioso, da cui molte espressioni musicali (e non) traevano origine e significato.

Qualunque espressione musicale è una forma di spettacolo, spogliata di qualunque contesto culturale.

Per quanto ci si sforzi di cercare, frugare, differenziare etc. l'impoverimento di qualunque forma espressiva assume una dimensione globale; probabilmente, nel jazz, è ancor più' evidente in quanto più' che una musica con radici precise, è una musica con più' ramificazioni.

Paragonandola ad un albero, è come un baobab...nella cui grandezza, presenta rami (come sostengono gli aborigeni australiani) che sembrano radici...e quando le ramificazioni diventano estese e stratificate, non è possibile spiegare linearmente l'evoluzione, ne individuare un senso univoco di ciò che sta accadendo.

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Cosa ne è del jazz in questo momento? I grandi musicisti che hanno fatto la storia della musica nel ventesimo secolo sono ormai solo un ricordo? E' stato già detto tutto? In questo periodo viene considerato jazz lo smooth jazz, si può parlare di jazz o non ha nulla a che fare?

I grandi sono morti quasi tutti e chi rimane ha una certa età ... i giovani si rifanno ai grandi di un' epoca ormai passata. Mi sto perdendo qualcosa io e di cui si parla poco? Il jazz ha un movimento creativo o la vena creativa si è esaurita?

 

Io non sono così catastrofico. Ascolto tutto il jazz, dal ragtime agli esperimenti elettronici di George Lewis, e mi pare che il jazz sia ancora ben vivo ed abbia ancora molte cose da dire, sicuramente più di qualsiasi altra musica. Ascolto anche musica classica e "leggera" ma la ricerca creativa, la curiosità verso nuove strade, l'apertura a 360° nella costruzione della propria poetica che hanno i jazzisti contemporanei a me non pare di riscontrarla in nessun'altra forma musicale del nostro tempo. Poi ovviamente i risultati variano e certe opere magari si capiranno e acquisteranno valore in futuro. Più che i musicisti trovo che sono molto più "chiusi" gli ascoltatori del jazz per la maggioranza dei quali il jazz corrisponde o dovrebbe corrispondere ad un determinato stile (il dixieland, il bebop, lo swing, il free, la fusion, ecc...) mentre l'essenza di questa arte è sempre stata proprio la libertà di entrare ed uscire da qualsiasi forma musicale facendola diventare qualcosa di diverso dall'originale.

Alcuni nomi: il già citato George Lewis, Anthony Braxton, Tim Berne, Henry Thredgill, Bill Frisell, Louis Sclavis e in Italia tutta quella truppa che ruota intorno all'etichetta El Gallo Rojo.

Chiaramente tutti richiedono un certo impegno d'ascolto ma è naturale quando si cercano strade nuove altrimenti, come diceva Miles Davis, ti vai a prendere un suo disco degli anni Cinquanta e riascolti "My Funny Valentine". Che senso ha pretendere che nel 2012 un giovane cerchi di scimmiottare simili capolavori del passato?

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