Jump to content
Piano Concerto - Forum pianoforte

thallo

Moderatore
  • Posts

    1170
  • Joined

  • Last visited

  • Days Won

    104

Tutto postato da thallo

  1. interessante il discorso di Fedez. Sulla falsariga delle sue ultime frasi, io sono convinto che la maggior parte delle melodie instaurino rapporti gerarchici tra le note. Ovvero che, in parole povere (e ambigue), molte melodie sottintendano delle funzioni (armoniche). Ricollegandoci alla questione sui modi, dovremmo ricordarci che i modi antichi (comprendendo in questa definizione un po' tutto) avevano dei gradi al loro interno (finalis, repercussa, subfinalis etc) MA che il loro valore gerarchico era melodico, non armonico. La teoria del sistema tonale è un po' ambigua in questo senso, perché varia il peso delle funzioni melodiche rispetto alla funzione armonica. Cioè, un Do in Do maggiore può essere la tonica di un accordo di tonica, ma potrebbe essere la terza minore di un accordo di sopradominante. Quando un Do in Do maggiore è la terza di un accordo di sopradominante, la sua funzione MELODICA di tonica è in un certo senso subordinata alla sua funzione ARMONICA di terza di un accordo minore. Cantando in coro questo si sente moltissimo, perché ci sono degli aggiustamenti di intonazione non indifferenti in base alla posizione all'interno dell'accordo della nota che stai cantando. In una certa polifonia, in teoria, tutto questo non avviene. La finalis è finalis sempre e comunque, perché le armonie sono "conseguenze" dell'incontro di linee melodiche diverse, e sono quelle linee ad avere priorità.
  2. in accezione generale, l'accordatura si fa con le corde e, ancora più in generale, intervenendo sullo strumento in modo forte. Prima dell'esecuzione. L'intonazione è in un certo senso parte dell'esecuzione stessa, invece, ed è un aggiustamento fatto su una base...
  3. io non capisco... se il sistema tonale è il buco della serratura, allora perché dobbiamo parlare di toniche?? LE TONICHE SONO TONALI, sistema tonale significa, effettivamente, sistema basato su toniche... Ma per me si può parlare anche di altro, eh. Cioè, l'armonia jazz, l'armonia non tonale o post-tonale hanno partorito trovate ben più interessanti dell'attrazione tra tonica e sottodominante... ... è questo il punto. Stiamo parlando di uno che dice "cavolo, ragazzi, sapete che un suono può essere tonica ma anche dominante?", che è un po' più banale dell'acqua calda...
  4. per altro, Russell, che è un teorico ma di certo non il teorico più importante del '900, afferma senza spiegare e senza argomentare granché. Ripeto, il primo problema è terminologico. Parlare di toniche riferendosi ad intervalli è SBAGLIATO. Se poi nell'introduzione Russell spiega il suo linguaggio, dando un peso tecnico diverso o particolare, dobbiamo risalire a quello. Il secondo problema, se di problema si può parlare, è che la forza "attrattiva" tra primo grado e quarto grado non l'ha scoperta Russell, è ampiamente discussa da qualsiasi teorico o didatta di scuola funzionalistica, e applicata da praticamente qualsiasi compositore dal '600 in poi. Il terzo problema è quello fisico-acustico. Molti didatti hanno mandato avanti questa vaga idea di una connessione tra fisica acustica e regole armoniche. Ma come quando abbiamo parlato di matematica, qui l'asino casca quando si guarda col microscopio e si cerca una vera coerenza complessiva. Che non c'è. Le regole del sistema tonale sono regole coerenti con la natura dei suoni e con la natura dei sistemi percettivi umani, ma la natura e la fisiologia non sono le uniche loro basi. Il concetto di funzione, di dominante, di tonica, di modulazione, sono tutti concetti inventati dagli uomini, elaborati con nell'arte (non nella teoria), variati nel tempo e, in genere, teorizzati decenni dopo l'affermazione della loro pratica. Questo è un normale percorso di "sistematizzazione" del reale, una cosa molto presente nell'estetica. Significa che prima uso la scala di do maggiore per anni, poi muoio, uno dopo di me studia le mie opere e dice "ah, che bella, ora la chiamo scala di do maggiore", e si inventa un modello onnicomprensivo che chiama "sistema tonale".
  5. Do solo una specifica che prescinde molto dalla questione pianistica. In senso generale, l'accordatura è un procedimento tecnico che cambia da strumento a strumento e, come nel pianoforte, segue spesso precise regole organologiche (accordare chitarre, violini, arpe, pianoforti, timpani sono tutti procedimenti diversi). In molti degli strumenti che possono essere accordati, l'intonazione è una cosa diversa. Col pianoforte probabilmente abbiamo meno differenze, proprio perché tradizionalmente viene definito strumento a intonazione fissa (ovvero l'intervento dell'ESECUTORE è minimo rispetto all'intonazione). Ma un violinista deve intonare ogni singola nota, suonandola, anche se le corde dello strumento sono perfettamente accordate. Semplicemente perché accordatura e intonazione sono procedimenti lontani per lui.
  6. anch'io sono molto impegnato in questi giorni, avrei in sospeso anche l'analisi di qualcosa dal Fidelio...
  7. ... l'accordo di settima di dominante costruito su Do fa parte della tonalità di FA, e quindi ha il Sib ... ma una normale triade costruita su Do non ha il Sib, quindi non c'è un mistico indizio celato tra le note di quell'accordo dalla dea della musica che ci dice che il Do tende a Fa. Nel sistema tonale, per ragioni essenzialmente estetiche, le modulazioni si fanno soprattutto per affinità di quinta, e quindi DI CONSEGUENZA da una tonalità puoi modulare più probabilmente alla dominante o alla sottodominante.
  8. non serve Schoenberg per capirlo, basta guardare il circolo delle quinte e la storia della musica, ovvero tutti i quadrisbiliardi di compositori che nella loro vita hanno modulato alla sottodominante usando un accordo sul primo grado. L'ho fatto pure io in armonia complementare, che è quanto dire... Il problema è trattare l'acustica come se fosse un giochino semplice semplice. Una settima di dominante do-mi-sol-sib NON E' la copia della serie degli armonici di Do, perché il terzo armonico SOL ha una frequenza diversa dal sol temperato! Stessa cosa per il mi ma soprattutto per il SI bemolle, che come settimo armonico è MOOOOLTO diverso dal si bemolle a cui siamo abituati. Ed infatti quei primi armonici, se utilizzati come suoni di un accordo, formano un accordo CONSONANTE. La settima settimale 7/4 , che è il nome dell'intervallo costituito tra il do e il sib alla frequenza del settimo armonico, è un intervallo consonante, stabile, non avrebbe bisogno di essere risolto. Ed è qui che Schoenberg (in buona fede, probabilmente) fa l'errore, utilizza l'acustica prendendo quello che vuole lui e lasciando quello che non gli fa comodo (o non conosce). La funziona di dominante, ovvero l'intrinseca tensione di risolvere su un accordo "più forte" o più stabile o più importante, è UNA INVENZIONE UMANA, non sta nell'acustica.
  9. Il concetto di tonica non ha nulla a che vedere con gli armonici, neppure in una scala e neppure nell'armonia tonale, altrimenti i rivolti cambierebbero la funzione dell'accordo, cosa che succede solo in rari casi, storicizzati, e per convenzione (vedi il secondo rivolto dell'accordo di tonica) vogliamo definire la parola "intervallo" o vogliamo dare ognuno un senso diverso alle parole? Gli intervalli si calcolano tra suoni REALI, non tra armonici. Dire che un Do è la tonica della propria serie degli armonici è dire una bella e buona STUPIDAGGINE. Mi spiace essere così pesante, ma molti interventi di modale sembrano piazzati come se fossero enigmatiche rivelazioni, mentre spesso sono ricchi di "metafore linguistiche". Nell'acustica il solo utilizzo del termine "Do", o "C" (immagino che la notazione anglosassone faccia figo, non so), è un'imprecisione, perché nella serie degli armonici non esiste uguaglianza delle ottave. Cioè, ci sono MOLTI do. Ma la serie degli armonici NON è una scala e quindi il termine "tonica" non ha ragione di essere utilizzato parlando di serie degli armonici. Per altro, se parliamo di intervalli e suoni armonici (ovvero di consonanze e dissonanze, non di armonie), sarei veramente curioso di capire perché nell'intervallo C-A la "tonica" (ovvero, la butto là, il suono che esprime la serie di armonici più consonante e quindi più stabile) è C, quando si sa che il la appare come VENTICINQUESIMO armonico di Do mentre il Do appare come diciannovesimo armonico di La. Stessa questione per l'intervallo C-D: la seconda (pitagorica) appare DOPO la settima minore (settimale) nella serie degli armonici, quindi, sempre secondo la nostra teoria degli armonici fai da te, tra do e re è il re ad esprimere lo spettro armonico più consonante e stabile. La realtà è che tutti le funzioni e i criteri armonici sono "ispirati" a processi acustici, ma adattati a necessità artistiche. Per partorire l'uovo di colomba di questa discussione, ovvero che le armonie di tonica possono fungere da dominante della sottodominante, non c'è bisogno di scomodare gli armonici, basta guardare la storia della musica...
  10. non apprezzo Carli Ballola ma tra le righe dei miei commenti c'era un pensiero comune con lui e con Daniele: scrivere per voce "imitando" gli strumenti è sempre stato comune. MA! Ma prima di Beethoven (la butto lì, immagino che lui sia stato il primo ma non ne sono affatto sicuro, anzi) lo strumento di cui la voce doveva prendere il posto era uno strumento solista. Man mano si arriva agli strumenti con scrittura da camera (e Mozart ci dà svariati esempi di scrittura vocale che imita gli ensemble da camera e scrittura da camera che imita la scrittura vocale) e poi, in fine, si arriva allo strumento in orchestra. Ecco, io ho l'impressione che nella Nona, come nel Fidelio, la voce sia uno strumento d'orchestra. Bene? Male? Non lo so, se facessi il docente di canto direi che si studia per cantare il repertorio, e se il repertorio ti dice di cantare cose difficili allora studi per cantare cose difficili....
  11. ah, ho appena scoperto di averlo cancellato... :-p
  12. quelle che ho ascoltato sono lontane come scrittura. Possiamo trovare influenze in ogni cosa, volendo, ma ha senso distinguerne i pesi e gli ambiti: la musica di Debussy ha influenzato molti, ma lo "stile francese" non lo ha inventato lui; "Pelleas et Melisande" è un'opera lirica così complessa e particolare che potrebbe tutt'ora essere considerata un'isola, un'opera senza predecessori né eredi, e anche per questo dico che, al netto di influenze generiche, il TEATRO MUSICALE di Debussy non ha avuto seguito. ovviamente la mia era una selezione di titoli ritenuti "importanti". Se dovessimo citare l'Italia avremmo più o meno la stessa situazione. giustissimo, ricordiamoci il balletto, gli oratori (Jean d'Arc au bucher è uno dei pochi oratori scenici del '900 "di successo"), e ricordiamoci come la vita musicale parigina fosse LA VITA MUSICALE nel '900. nonostante abbia ricevuto in regalo i DVD, non sono ancora riuscito a vederla... ...
  13. Facciamo un elenco delle opere di cui accennavo prima? "L'enfant et les sortileges" di Ravel, un'opera ben diversa dal Pelleas et Melisande di Debussy "Les mamelles de Tiresias", "Les dialogues des carmelites" e "La voix humaine" di Poulenc, assolutamente diverse da ogni cosa di Debussy; La trilogia dell'orestea, "Les Maleurs d'Orphée", "David", che sono solo alcune delle opere di Milhaud, anch'esse ben lontane da Debussy;
  14. bisognerebbe cercare l'inverso: qualcuno a memoria conosce pezzi vocali beethoveniani non faticosi? No, perché se sono tutti così allora è sintomo di un pensiero vocale (per quanto... anti-fisiologico). A me la nona è sempre sembrata faticosa a prescindere dalla gioia...
  15. non mi ricordo... ma uffa, è stata la pazzia di un momento, registrata malissimo...
  16. Nel sistema tonale, un bicordo non stabilisce relazioni chiare. Se il bicordo do-fa si trova in un pezzo in cui sono presenti tutti gli altri bicordi da te citati, però, esso individua chiaramente la funzione di tonica per il do e quella di sottodominante per il fa. Come dire, quando premetti "consideriamo la scala ionian di C", in realtà stai già dando la risposta. Ed è così ovvio e banale che mi imbarazza dirlo...
  17. oddio, non è vero che dopo Debussy non c'è stato niente. I sei hanno scritto molto per il teatro musicale, e a lungo, e L'Enfant et les sortileges di Ravel è una delle opere più importanti del '900
  18. non è più acuta di molte opere liriche. Finora le due cose più pesanti che ho cantato nella mia vita sono state I Pagliacci (nello specifico, il coro d'entrata, che è assolutamente insensato, come scrittura vocale) e Turandot, che è pesantissima quanto due none. Mi hanno parlato in maniera delirante della missa solemnis, ma mi manca... ma la questione è che se il repertorio ti richiede certe cose, allora il musicista si forma per dare quelle cose lì. Preferisco pensare che esistano parti difficili o parti scritte per voci diverse dalla mia. Ed il problema, dal mio punto di vista, non sta negli acuti. Comunque, abbiamo cantato alla Palazzina Liberty a Milano i quattro quartetti op. 92. Imparagonabili alla nona, è vero. Mi pare di aver cantato anni fa' dei mottetti di Brahms, me li ricordo come difficili ma non mi ricordo quali fossero...
  19. lo adoro, e su youtube c'è un mio segretissimo video mentre canto "Gethsemane"
  20. non sono d'accordo, Carlos. Il punto è che per ogni "ambito" (intendendo con ambito quella parte precisa di estensione che viene battuta maggiormente in un brano) ci può essere un tipo vocale preciso, e ci possono essere tecniche e stili di canto. Le opere corali di Beethoven (e di quasi tutti i compositori romantici di area germanica) sono pesanti per una vocalità italiana perché in Italia sono più diffusi soprani e tenori lirici, piuttosto che soprani e tenori leggeri (o spinti). La tecnica si adegua alla musica coeva e la musica riflette la tecnica coeva. O, almeno, nella maggior parte delle situazioni è così. Forse questo non riguarda Beethoven, che non so se ha scritto Fidelio per cantanti precisi. Ed anche qui bisognerebbe confrontare la scrittura vocale beethoveniana con le altre scritture vocali coeve. Giorni fa', però, ho cantato pezzi di Brahms per coro che erano pesanti tanto quanto, solo più brevi. E qui, pur mettendo le mani avanti e dicendo che non sono un esperto di prassi vocale storica, penso che si debba mettere in campo il buon senso: tutt'oggi i cori tedeschi hanno una pasta timbrica molto chiara e tagliente. Questo corrisponde ad una tecnica, o ad una serie di pensieri tecnici, che sono lontani dalla tradizione dello studio vocale "italiano", basato sull'uniformità, la morbidezza e la ricerca di colore scuro. I soprani mozartiani sono quasi tutti o mezzi soprani con gli acuti o soprani leggeri; i tenori sono o leggeri o anticipano l'Heldentenor, ovvero un baritono molto molto spinto. Tutte le volte in cui ho cantato la nona mi sono sempre stupito di una cosa: non è acuta in senso assoluto, è semplicemente scritta al contrario, cioè, molte frasi iniziano in acuto e finiscono in grave, o hanno gli acuti comunque non corrispondenti al climax tipico del vocalizzo. Seguire il vocalizzo è per noi sinonimo di "musica scritta bene per le voci", ma io penso solo che sia una conseguenza dello status privilegiato del cantante nella nostra cultura musicale. Una cosa sono i repertori non tonali, una cosa è Beethoven. Cioè, Beethoven non ti mette di fronte a problemi vocali insormontabili... è solo "strumentale" più che "vocale", ma come lo sono stati prima e dopo di lui molti altri.
  21. qui spezzo una lancia a favore di Beethoven: non esistono modi corretti e modi scorretti di usare le voci. Se ci riesco, soprattutto se ho il tempo, analizzo un'aria o comunque un pezzo vocale dal Fidelio per tirar fuori gli stilemi di scrittura vocale e ne possiamo riparlare nello specifico. Il punto principale della questione, però, è che il Fidelio, come tutte le pagine vocali famose di Beethoven, è "pesante", faticoso da reggere, ovvero tendente all'acuto, pieno di rinforzi orchestrali, lontano dalla tipica struttura "italiana" canto-accompagnamento e, spesso, ritmicamente complesso. Sono tutte caratteristiche lontane dalla vocalità di quel periodo, molto più vicine, invece, a quella che diventerà LA vocalità tedesca. Non a caso, le grandi Fidelio-Leonore sono state grandi cantanti wagneriane e straussiane http://en.wikipedia.org/wiki/Fidelio_discography persone come Birgit Nillson, Martha Moedl, Hildegard Behrens, gente con una voce grossa "così", per un'opera di un periodo in cui la vocalità era ancora tardo-barocca, neppure pre-romantica...
  22. eh, l'u.o.a.s. a volte torna nei miei pensieri, ma la pigrizia ha sempre la meglio sul Fidelio non saprei cosa dire di sensato... l'ho visto, mai in teatro ma sempre in DVD, non posso dire di averlo mai studiato (né da ascoltatore né da cantante). Ci sono cose che ho apprezzato e cose che non capito, di certo è una partitura da studiare, che è un po' come dire che non è scritta per il loggione... ancora di più, quel periodo lì (inizio '800-fine '700) per quanto riguarda il teatro d'opera è tutt'ora in un caos concertistico-musicologico, diciamo. Ci sono molti studi, molti autori, e praticamente NESSUN interesse da parte dei teatri. Cherubini, Cimarosa, Salieri, Spontini, nei teatri ormai non si vedono più, per non parlare della pletora di compositori francesi, tedeschi e austriaci tipo Mehul, von Dittersdorf, Gretry, tutti personaggi che hanno contribuito molto allo sviluppo di un gusto operistico che, personalmente, non conosco fino in fondo. Ecco, per me quasi tutti questi qui sono solo nomi. A istinto direi che Fidelio mi è incomprensibile fintanto che non mi metterò ad ascoltare un po' d questo e un po' di quello
  23. In questi giorni pensavo ad un suo pezzo, molto conosciuto ma quasi unico nel suo genere sono pochi i "vocalizzi da concerto" nella storia della musica. Nel comporre questo qui Rachmaninov ha bruciato le tappe anticipando Morricone
×
×
  • Crea nuovo...