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Piano Concerto - Forum pianoforte

thallo

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  1. me l'hanno sempre consigliato ma non l'ho mai visto... che odio vivere con uno a cui non piace la musica classica...
  2. il messaggio era riferito a quello che diceva Luca :-) hai scritto il tuo commento contemporaneamente al mio, ho fatto in tempo a vederlo ma sono dovuto scappare e non ho potuto aggiornare :-) ... davvero dura 3/4? Io lo sento durare sempre meno... ma magari fa parte anche quella della distorsione mnemonica. Abbondiamo, facciamolo durare 2 battute!
  3. ma questo è il bello dell'opera, non dell'interpretazione :-)
  4. io credo molto nel principio di saturazione. E' un concetto che ho approfondito quando studiavo il minimalismo per la tesi di laurea. Uno dei modi in cui l'ho letto enunciare era semplicemente "fallo finché ne hai voglia". Alcune ripetizioni del minimalismo, come alcune ripetizioni della musica dance o del pop, rispondono a questo principio. Ovvero, ci sono cose che è bello ascoltare una sola volta e ci sono cose che è bello ascoltare centomila volte. Stesso principio può trovarsi alla base delle lunghe durate. Ci sono accordi che è bello sentire a lungo, semplici note o sovrapposizioni di note che creano attorno a loro uno spazio, un ambiente (non a caso), un colore che ci fa stare bene "oltre" lo scorrere del tempo. Il che, tra l'altro, fa molto "memoria"
  5. che siano il bello dell'esecuzione, non lo so. Uno dei tanti dilemmi inerenti l'ontologia delle opere d'arte performative (ballo, teatro, musica etc) è proprio questo: può una cattiva esecuzione cambiare a tal punto l'opera da renderla qualcosa di diverso da sé? Parlando di fantasia, o di memoria, voglio anche cambiare la prospettiva. Nella mia esperienza, come dicevo, ci sono interpretazioni ideali che sono solo nella mia mente. Ancora di più, ci sono "libertà esecutive" che sono solo nella mia mente. Per citarne una, alla fine del primo atto del "Macbeth" di Verdi, quando Macduff e Banquo scoprono il cadavere del Re Duncano, subito dopo le parole di Banquo "è morto assassinato il Re Duncano!", c'è un solo di timpani, di un secondo, che introduce il grande tutti con coro "Schiudi inferno la bocca ed inghiotti". Ecco, nella mia ideale interpretazione, quel solo non dura un secondo ma dura almeno una battuta ed è in crescendo :-) tutte le volte in cui ascolto il pezzo mi arrabbio tantissimo perché vorrei che il CD mi leggesse nella mente. Questa piccola storiella mi convince nel dire che ascoltare la musica provoca godimento, ma ricordare, rimaneggiare col ricordo, assorbire la musica sono tutte azioni che provocano allo stesso modo godimento
  6. comunque, la discussione è davvero diventata troppo confusa. Io ero pronto ad azzannare qualche polpaccio, ma mi sono perso...
  7. Sta a vedere a quale tonalità ci si riferisce. O meglio... ogni compositore usa eccezioni, e le regole che noi ricaviamo sono sempre a posteriori. Webern è stato geniale ANCHE perché è riuscito a trovare e a usare quelle regole. Detto questo, ci sono moltissimi compositori "tonali" che perseguono l'ordine come ideale. In realtà l'ordine è uno dei principi fondamentali del classicismo, come stile. Comunque, nel libro "Le regole della musica" della Dalmonte, Baroni e company, si parla di come alcune composizioni come quelle di Legrenzi possano in un certo senso essere analizzate e ricreate secondo logaritmi. Anche lì ci sono molte eccezioni, comunque...
  8. anche ai tempi avevo messo una discussione sul tema. Il progetto definitivo si occupava di Teatro musicale vocale non verbale di fine '900. Ovvero, quanto l'assenza o la riformulazione radicale del rapporto tra musica e testo potesse influire sulle drammaturgie del teatro musicale di fine '900. E' possibile un teatro musicale non verbale? Quali sono le sue forme? C'è un sistema coerente tra le varie, singole poetiche? Il non verbale è di per sé un'esaltazione del corporeo, come nella storia del teatro, o un'esaltazione dello spirituale, come nella storia della musica? Per parlare di questi temi avevo proposto di analizzare esempi tratti dalle opere di Meredith Monk, Georges Aperghis e Salvatore Sciarrino. Ora il progetto non mi piace più semplicemente perché mi sono reso conto che era molto dispersivo, potenzialmente lunghissimo. Rispetto agli esempi, tutti e tre i succitati autori hanno scritto molto. Su Sciarrino, poi, si E' SCRITTO molto. Avrei sicuramente passato il primo anno a togliere roba, a circoscrivere l'argomento. Lo sapevo anche ai tempi, ma puntavo sull'effetto :-) come immaginavo, infatti, nessuno in commissione conosceva né Aperghis né la Monk... ed infatti mi hanno criticato la bibliografia perché non c'erano testi che parlassero di Berio (?!)
  9. come "conseguenza" alle espressioni del viso, pare sia universale la reazione al muso degli animali da compagnia, come al viso dei bambini. Anni fa andai ad un concerto al Dal Verme con un amico (Mauro) e un suo amico, compositore. Lì trovammo altri tipi che io non conoscevo ma che erano amici compositori del compositore. Presentava Ivan Fedele, i pezzi erano di contemporanei italiani, la mia famosa memoria non mi fa ricordare i nomi, c'era un famoso flautista ... vabbé, morale, io e il mio amico Mauro (tastierista di una band rock e docente di informatica) eravamo entusiasti alla fine, siamo andati dai compositori amici del compositore convinti che avremmo fatto conversazione e commento. Loro si erano fiondati a fare capannello attorno agli autori dei brani, di cui noi non conoscevamo neppure le facce (ovviamente). La discussione ce la siamo fatta io e Mauro, con l'amico compositore che mi chiese "cos'è una macchina del vento?"... Però anch'io ho snidato due compositori. Riccardo Nova (che però è un amico) e Meredith Monk, lei al Dal Verme, mezzo vuoto. Detto questo, non vado ad un concerto da una vita. Mi faccio schifo... e questa discussione mi fa sentire in colpa da morire.
  10. sospendendo il giudizio sull'affermazione in sé, la domanda successiva è: com'è possibile che in 70 anni di vita la chitarra elettrica ha fatto a tempo a diventare miliardi di cose e in 140 anni i cori degli alpini sono rimasti cori degli alpini? Buttarla così è semplicistico, ma gli strumenti musicali vengono "utilizzati" dai compositori con più spregiudicatezza rispetto alle voci. E questo, secondo me, configura proprio un tabù. la questione qui è molto più ingarbugliata. Dovremmo interrogarci prima di tutto sul cross-over. Noi tendiamo a considerare il cross-over come un genere pop influenzato dalla classica. Capita, però, che ci sia anche il contrario, ovvero composizioni accademiche influenzate dal pop. Le sfere di influenza sono tantissime (tecnologiche, formali, timbriche, performative...), ma ci sono situazioni più di successo di altre: ci sono formazioni strumentali rock che rifanno pezzi classici (il vero e proprio cross-over); ci sono formazioni strumentali rock che fanno generi ispirati alla classica (l'epic metal, per esempio); c'è l'operatic-pop, ovvero gruppi o solisti che cantano con voce impostata pezzi fortemente influenzati dalla musica vocale da camera E dal pop (Il Divo); ci sono, meno spesso, gruppi o solisti che cantano con voce non impostata pezzi influenzati dalla musica vocale da camera (Sting). Scoprire l'altra faccia, ovvero il cross-over dalla parte della classica, è più difficile. Ci sono compositori che usano strumenti musicali tipicamente pop-rock? E' qui che entra in gioco la mia connotazione della chitarra elettrica. Oggi ci sono moltissimi compositori che usano formazioni rock. Ci sono compositori che scrivono per cantanti con impostazione leggera? Sì, anche se di rado queste composizioni passano alla storia (a me non ne viene in mente nessuna, in questo momento). Ci sono compositori che scrivono per cantanti con impostazioni "diverse" da quelle occidentali? Molti di più dei precedenti, ma questo spesso non viene neppure considerato cross-over, perché tocca il folk e non il rock-pop (sebbene il folk SIA pop). La questione diventa ancora più particolare se l'analizziamo a settori: i compositori molto "avanguardisti" (non saprei come definirli...) usano il kazoo ma non usano le voci jazz. Se proprio c'è bisogno di voci, sono voci campionate, analizzate, e spesso voci parlate, non "cantate". Tutto questo discorso è molto parziale, comunque. Mi serve parlarne anche per capirne i punti deboli.
  11. ahaha ma dai, dimenticatevi i like :-) il problema dei repertori non accademici è soprattutto metodologico. All'interno di una ricerca devi escludere dei campi, altrimenti finisci per non approfondire niente. Il mio parere professionale è che attualmente il mondo dei repertori "pop" sia quello in cui si trova più sperimentazione vocale. O meglio, è il campo dove quella che era sperimentazione vocale è diventata tecnica espressiva condivisa. Tutte le sperimentazioni di Berio, della Berberian, di Cage oggi sono state inghiottite da un alone ironico. Forse erano ironiche anche ai tempi, il punto è che la voce con cui la Berberian cantava i Folk Songs non è stata vista dai compositori d'avanguardia come una voce "credibile", ma come una distorsione, una sperimentazione. Berio faceva le glosse ai canti folk, non ha scritto per un gruppo folk, e la Berberian era una cantante lirica, non una cantante folk. Questa è una cosa che non capisco, e che dovrò capire col tempo: perché abbiamo dovuto aspettare la world music (che io concepisco come pop) per affidare le tecniche vocali a degli specialisti? E per dar loro credibilità? La domanda giusta, forse, è un'altra, è più generale e parla proprio di ironia: quanto incide la tecnica vocale sulla credibilità di un brano vocale? Un Lied di Schubert cantato senza impostazione sembra ridicolo? Un Lied di Schubert cantato con un'altra impostazione sembra ridicolo? Le connotazioni delle voci sono più ingombranti di quelle degli strumenti? Cioè, io ho l'impressione che oggi un compositore abbia meno timore nell'usare una chitarra elettrica piuttosto che nell'usare un coro degli alpini. Il coro degli alpini significa "repertorio folk" molto di più di quanto una chitarra elettrica significa "rock"? Il cross-over vocale ha dietro di sé più tabù del cross-over strumentale? Tutte queste domande, che riguardano il rapporto tra impostazione vocale, repertorio "accademico" e repertori "pop" sono un po' tante, e se non trovo un filo logico in grado di dare forte coerenza, potrei decidere di impormi un paletto a prescindere: non parlerò di pop. Ahimè le ricerche sono fatte di limiti
  12. seguendo Hegel e la fenomenologia, ogni percezione è una ri-esecuzione di uno stimolo. E di certo il nostro orecchio, o la nostra disposizione d'animo, o la nostra cultura di partenza influenzano di molta il godimento di un'esecuzione musicale. Ovvero, una musica per essere goduta deve essere eseguita, ma deve essere soprattutto "seguita". Senza qualcuno che si gode l'esecuzione, l'esecuzione in sé non serve. Con questo intendo dire che il ruolo del fruitore è molto forte, tanto da farci ipotizzare dei casi-limite come quello della lettura silenziosa dello stesso spartito, o dell'aggiustamento automatico di problemi nell'esecuzione (il violino era stonato ma io ero così contento da fregarmene), o della stessa gioia nell'esecuzione sbagliata (tipo quelli che cantano male una canzone ma si divertono comunque). Ripeto, sono casi limite, ma secondo me ci fanno capire come l'arte sia comunque un oggetto relazionale, la cui bellezza non sta nell'oggetto o nell'esecuzione ma nel RAPPORTO tra questo oggetto e chi ne fruisce
  13. io continuo a pensare che parte del problema sia il nostro approccio alla sala da concerto. Tra l'altro, non capisco perché esista il cineforum ma non esista il musiforum. Forse perché non esistono "platee" in grado di parlare davvero di musica, andando oltre giudizi tipo "è stato bello", "è stato noioso". Ma il circolo è vizioso, e se non si inizia a parlare non si parlerà mai
  14. non sono d'accordo sulla poesia. Leggere, declamare, elimina alcune sottigliezze "concettuali" o grafiche. Esistono moltissime figure retoriche "grafiche", figure di sintassi, che non possono essere godute se non con la lettura silenziosa, quella che non segue una chiara linea temporale ma che ti permette di ritornare indietro o di fermarti per un tempo indefinito su ogni parola. La stessa cosa, forse, si può dire della musica. Ci sono molte composizioni di cui ho "elaborato" un'interpretazione perfetta nella mia memoria. Quell'interpretazione non corrisponde a nessuna delle interpretazioni che potrei ascoltare, ma se mi concentro abbastanza riesco a ricordarla, a materializzarla nella mia mente. L'esecuzione, la "performance", ha dei limiti
  15. Condivido l'osservazione di Daniele. Aggiungo che ai concerti di musica "avanguardista", aggettivo su cui potremmo parlare molto, non sempre vanno gli appassionati. A volte, soprattutto in Italia, ci si trova una folta fauna di assessori, finti intellettuali, oscuri personaggi bisognosi di affermazione sociale, docenti di composizione, allievi dei suddetti docenti di composizione etc etc tutta gente che, con lodevolissime eccezioni, non vive il concerto come un momento di piacere ma come un rito più o meno complesso. Sposto la questione ai teatri d'opera: nei teatri d'opera dove c'è tradizione di ascolto operistico, alla fine dei pezzi chiusi c'è sempre brusio; nei teatri d'opera delle città "fighette", ma dove non c'è tradizione di ascolto operistico, il silenzio è sacro, e se parli vieni tacciato di ignoranza :-)
  16. http://terryriley.net/works.htm "In C" è LA composizione di Terry Riley. Per il resto, per quanto riguarda il suo stile puramente minimalista, ci sono soprattutto improvvisazioni: "A rainbow in curved air", "Poppy Nogood and the Phantom Band", "Shri Camel" e altro. Dagli anni '80 in poi ha iniziato a scrivere tutt'altro, e non sono molto informato. Ho ascoltato e "gradito" le "Salome Dances for Peace"
  17. sbagliatissimo, Frank :-) anche se en passant, ho citato l'operatic pop, che E' pop. Se trovassi dei repertori "non accademici" in cui le mie domande possono essere applicate con frutto, sarei ben felice di studiarli, o di citarli. Ahimè sono costretto a mettere dei paletti, e prima capisco quali paletti mettere meglio è. Pensa che la mia prima idea era proprio quella di analizzare le influenze del pop SULL'opera contemporanea. Oltre a questo, rispondo solo a RedScharlach su Sciarrino: il problema, per me, è l'impostazione, la voce cantata caratterizzata da quel particolare timbro "artefatto", da quel particolare sistema di registri, dalla proiezione sonora e da tutta una serie di altre caratteristiche. Sciarrino elabora uno stile interessantissimo, ma non mette in discussione le basi dell'impostazione lirica, come potrebbe fare qualsiasi cantante death metal. E la cosa è ancora più strana considerato che lo stile di canto elaborato da Sciarrino non ha bisogno di voci particolarmente belle, particolarmente ricche, particolarmente grandi...
  18. Vi svelo l'arcano, che qualifica questa discussione come profondamente egoistica... Sono in quel periodo dell'anno in cui penso al dottorato di ricerca. L'anno scorso l'ho provato, alla fine l'ho pure vinto, ma senza borsa di studio, quindi ho rinunciato. Potrei ripresentare il progetto dell'anno scorso, ma non mi piace più, e allora ne sto elaborando un altro. Ho l'idea ma vorrei subito metterla alla prova del repertorio. E visto che da più di un anno mi sento lontanissimo dal mondo contemporaneo, volevo delle risposte di getto da voi. Il fatto che negli ultimi interventi si sia parlato di musica concreta strumentale e di computer music mi ha consolato. Da qui, parto col delirio del progetto di dottorato... vorrei affrontare un tema che mi angoscia da anni, quello della voce impostata. La domanda dovrebbe essere: venuta meno la necessità di eseguire la musica vocale "unplugged", che ruolo ha l'oggetto "voce impostata"? E' un ruolo puramente timbrico? E' un tabù difficile da mettere in discussione? E' un elemento imprescindibile dovuto al fatto che la comunità dei "trained singers", almeno in Europa, è costituita quasi esclusivamente da cantanti lirici? La mia risposta preliminare (allo stato delle cose) è che la voce impostata sia per molti una sorta di feticcio, bella senza funzione, ovvero kitsch. O, ancora di più, camp, iper-espressiva e quasi ridicola, soprattutto per gli "addetti ai lavori". Ci sono repertori in cui questa cosa si nota facilmente. Opere neo-tonali e opere post-minimaliste, o tutta la galassia dell'operatic pop. Nonostante la maggior parte di essi siano concepiti come prodotti discografici, la natura dell'impostazione vocale lirica è inalterata, anzi, spesso sono inalterati anche i "tipi" vocali: soprani leggeri, baritoni cantabili, tenori lirici etc. I problemi iniziano quando si applica quella domanda a... tutto il resto. Un tema di ricerca simile non può pretendere di descrivere l'intero mondo del contemporaneo musicale, ma acquista forza se può essere applicato a un numero discreto di esempi. E in realtà i compositori contemporanei che si prendano la briga di opporre un nuovo tipo di vocalità a quella "classica" sono pochi. E sono per la maggior parte cantanti essi stessi, compositori performer. Non so quanta musica vocale ci possa essere tra la computer music, è un campo che mi manca. Si parlava di spettralisti e post- , e da quello che conosco (Saariaho e Romitelli) anche lì non viene di molto messa in discussione l'impostazione. Anche se, a naso, questo è un campo pieno di possibili riflessioni: l'entità timbrica della voce impostata qui HA una funzione, e molto più ricca che nella tradizione, poiché virtualmente formalizzante. Pur mettendo in discussione molte cose, Sciarrino (nella galassia Lachenmann) non discute l'impostazione, anzi, ne limita il potenziale intrinseco. E se devo pensare ad un esempio di voce-oggetto-feticcio, "Alfred! Alfred!" di Donatoni calza a pennello :-)
  19. io da un annetto ho avuto una mezza conferma che sono un "minus habens": secondo una mia amica educatrice mostro i tratti del discalculico compensato ovvero, probabilmente da bambino avevo tratti di discalculia (alcuni problemi nel maneggiare e ricordare numeri, serie numeriche, date e calcoli) e ho creato con gli anni dei metodi "creativi" per approcciarmi ai numeri. L'angoscia verso i numeri, però, si ripresenta nei momenti di stress. Molto spesso non riesco a digitare correttamente i numeri sul tastierino telefonico, per esempio, confondo il 6 col 7 e, pur avendo una discreta memoria per le parole, ho una PESSIMA memoria per le date... pessima significa che non ricordo la data della rivoluzione francese... quindi, vi invidio da morire...
  20. .... ma, per curiosità, come fate? Siate sinceri
  21. La domanda è semplice: siamo in grado di dare un sunto di quali sono le maggiori tendenze attualmente presenti nel mondo della musica contemporanea? Io vorrei per un attimo astenermi, non vi nascondo che è una domanda molto egoistica per capire velocemente se mi sfugge qualcosa.... poi vi dirò cosa c'è sotto, giuro
  22. tra l'altro, pensavo che le riflessioni sul tempo di Sant'Agostino possono portare ad interessanti riflessioni sulla Divina Commedia. Facendo un viaggio nell'aldilà, Dante (personaggio) si scontra con il problema di vivere il tempo ultraterreno ma avendone una coscienza umana. Nei buoni manuali di letteratura italiana questo temo è affrontato, io non me lo ricordo perfettamente, ma visto che Agostino si interroga in modo molto pesante sul tempo come "creatura" di dio e sulla percezione dinamica del tempo da parte degli uomini, sarebbe interessantissimo parlarne. E sono POCHISSIMI i candidati alla maturità che riescono a portare nella tesina pezzi di Divina Commedia.
  23. mia specialità ;-) Bergson, senza dubbio, ma anche Husserl e la sua definizione di "oggetti temporali". Entrambe le riflessioni sono ricollegabili alla musica. Bergson, col suo concetto di durata, darà una dimensione per tutte le indagini moderne sull'ascolto. Husserl, definendo gli oggetti temporali, dà una definizione del suono che è un oggetto "nel" tempo che ha esso stesso una durata. Seneca parla molto di tempo ma anche Sant'Agostino, con le sue discussioni sull'eternità (e sulla musica). Male che vada si può sempre parlare di scansioni metriche, di prosodia, ovvero di misura del tempo. qui basta parlare di onde e di durata. Tu ne saprai più di me. qui è più complesso... la cosa migliore è eliminare la matematica dalla tesina. rotazioni, rivoluzioni e movimenti delle sfere. Che hanno a che fare con la musica e con la misura del tempo. d'obbligo, assieme a Bergson, il monologo interiore e le tecniche romanzesche relative alla durata e ai diversi tempi della fabula e dell'intreccio. Gadda in italiano, Joyce e Virginia Woolf in inglese. sarebbe interessante se portasse parte del ciclo della cattedrale di Rouen di Monet. Sono 50 dipinti della cattedrale in diverse parti del giorno e dell'anno. Il colore come funzione del tempo è un pensiero molto moderno e innovativo, e se va là con una decina di stampe belle fa un figurone della madonna. il solito passepartout: definizione di secolo breve, del perché le segmentazioni in epoche diano problemi agli storici e robe così. Comunque, il problema di una tesina simile è che DEVE fare un capitoletto dedicato alla musica. E se vuole parlare di tempo e musica, e farlo in modo tale da inserirsi nel programma del quinto (scientifico immagino), allora deve fare il '900... e come ben sai non è un argomento musicale facile. Più scrivo e più penso che sarebbe intrigante non parlare del tempo "in generale" (almeno non in musica, in latino e in italiano) ma delle scansioni temporali, ovvero del RITMO. Una tesina sul ritmo sarebbe carinissima e originale. Potrebbe portare i futuristi in italiano o la poesia per musica, o potrebbe portare Carducci e i suoi studi sui metri greci e latini. Potrebbe parlare di prosodia latina o semplicemente portare delle poesie in latino, leggendole in metrica, o potrebbe portare il De Musica di Boezio e la trattatistica musicale, che spesso parlava di prosodia. In storia potrebbe parlare delle battaglie per i diritti e del ruolo della musica rock e blues in queste situazioni (è un po' stiracchiata ma i Beatles o Woodstock sono argomenti carini, potrebbe anche parlare di Reggae volendo). Per la filosofia ci sono sempre Bergson e Husserl, ma se vuole vi cerco qualcosa di Boulez che riflette sulla differenza tra tempo striato e tempo amorfo. Può anche parlare dell'Entrainment, ne avevo scritto di recente, delle tendenze "ritmiche" del nostro corpo.
  24. riprenderò poi le fila di alcune riflessioni, che mi interessano moltissimo. Ma, a sentimento, condivido questa piccola frase. A prescindere da quello che si dice, nel profondo credo che la comunicazione sia una necessità "sentimentale". Comunichiamo per amore o per paura di rimanere soli, proprio come si fa con un amante, con un amico. Come stai? Cos'hai mangiato per pranzo? Qual è l'ultimo CD che hai comprato? :-)
  25. avevo il presentimento di aprire il vaso di Pandora col discorso sui predicati :-)
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