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Piano Concerto - Forum pianoforte

thallo

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  1. il teorema fondamentale della musica?! Cioè, più vado avanti e più sono convinto che la musica renda pazze le persone...
  2. se passate da Crema, fate un fischio
  3. quel libro non l'ho letto ma un amico me ne ha parlato malissimo...
  4. se non ricordo male, la percezione delle altezze è logaritmica. Ovvero, sulla membrana i punti che vengono sollecitati non sono sistemati come se dividessero lo spazio in senso geometrico puro. Cioè, non è che tra il punto sollecitato dal Do2 e il punto sollecitato dal Do3 c'è una distanza che puoi dividere in 12 e ad ogni punto ci sarà un semitono. In realtà tra il Mi2 e il Fa#2 c'è una distanza più corta che tra il Fa#2 e il Sol#2. Ed è interessante perché è quello che succede anche con le frequenze acustiche, o meglio, con la loro distribuzione sul monocordo. La frequenza del Do3 è il doppio della frequenza del Do2. Questo vuol dire che, non so, facciamo che al Do0 diamo frequenza 20, il Do1 sarà a frequenza 40, ma il Do2 sarà a frequenza 80. Sulla membrana saranno tutti a distanze uguali (distanze geometriche, frazioni di millimetro, credo), nonostante il Do1 stia a 20 Herz di distanza dal Do0 e il Do2 stia a 40 Herz da Do1. Non so se mi sono spiegato bene
  5. ho anche la Melodia e non mi è piaciuto molto... analizza molte melodie tradizionali tedesche, forse è per quello che ho faticato a seguirlo fino in fondo
  6. io sono affezionato all'idea della banda che marcia suonando Stars and Stripes... sarà che suonavo l'ottavino ;-)
  7. è un testo che è saltato spesso nelle discussioni. E' una specie di storia dell'armonia, affrontata con una forte base funzionalistica (la teoria funzionalistica è una concezione armonica molto legata al sistema tonale) non esaustiva ma unica nel suo genere (a quanto ne so io, almeno). Ci sono delle cose discutibili, ma nel complesso è un "must". Per quanto mi riguarda, i capitoli sul romanticismo e su Wagner sono rivelatori. De La Motte è un grande analista, riesce davvero a farti capire quanto l'analisi possa diventare sintesi :-) cioè, non si limita a descrivere l'armonia di un brano, ne tira fuori un senso
  8. Questa l'ho intesa come ironia, tipo "ma è ovvio che le orchestre di fiati siano ferme". Nei miei messaggi non parlavo di orchestre di fiati, parlavo di bande in marcia, che sono una cosa diversa. Per questo la tua precisazione mi sembrava più un modo per ironizzare sulla mia affermazione che per parlare delle bande. Comunque, siamo off topic ormai
  9. Gerardo, di cosa vuoi che parliamo? No, perché non lo capisco. Hai ironizzato sulla mia specifica sulle bande "ferme" e io ho riprecisato che gli organici delle bande cambiano anche secondo quel principio.
  10. bastava, a mio avviso, smetterla. E lo dice uno che vuole sempre avere ragione.
  11. Ottima precisazione. Se non sbaglio nella discussione che facemmo una volta cercammo di distinguere musica sacra da musica liturgica. Le differenziazioni sono ancora più vaste, c'è musica devozionale, musica para-liturgica, musica spirituale, musica meditativa etc etc. La categoria del "sacro" è molto più flessibile di quanto non si creda
  12. Vorrei, però, specificare come l'orchestra di fiati e la marching band, la banda di tradizione militare, siano cose diverse. Nella discussione si parlava di tromboni, e per la mia esperienza capita che il trombonista di una banda militare usi due strumenti diversi, suonando in marcia o suonando in concerto. Situazione simile, benché ancora più rara, ho visto con alcuni bravi percussionisti, intenti a suonare il glockenspiel verticale quando erano in movimento e un glockenspiel orizzontale nei concerti. Se parliamo di orchestre di fiati, allora in organico possiamo mettere quello che vogliamo, altro che contrabbassi!
  13. Non mi è piaciuta la discussione e non mi è piaciuto il finale
  14. io ho visto tromboni a coulisse solo nelle bande ferme, in quelli che in sicilia si chiamano concerti a palco
  15. Piccinesco, so che detto da me fa un po' senso, vista la mia notoria pervicacia, ma, se ti limitassi a dire che Carlos ha ragione e che predichi male e razzoli peggio, faresti una splendida figura. L'ultima volta in cui ho detto che avevi torto, e ho cercato tranquillamente di spiegarti che avevi torto, ho ricevuto in risposta un tuo messaggio privato molto piccato. L'idea di te che mi sono fatto allora è confermata oggi da questa discussione.
  16. Piccinesco, non vorrei essere cattivo... ma i tuoi messaggi traboccano di errori ortografici, imprecisioni lessicali e sintattiche. Non dai precisamente l'esempio, ecco.
  17. tra l'altro, nelle bande, soprattutto le "marching bands", quelle che effettivamente marciano suonando, i tromboni a coulisse sono molto rari. Ci sono molti più tromboni a pistoni.
  18. La doppia negazione, in italiano, non afferma sempre. Ricordiamoci sempre che, come in musica, anche nella lingua non esiste una logica stringente alla base delle regole d'uso. Non è la logica che decide il modo in cui io sto strutturando queste frasi, è l'uso. E l'uso si stratifica nei secoli, creando complessità a volte illogiche, sebbene significanti. A meno che non ci si trovi di fronte ad errori come quello indicato da Carlos, o errori squisitamente grammaticali, la valutazione della correttezza di una frase dovrebbe avvenire secondo criteri di uso. Domande tipo "la popolazione di lingua italiana comprenderebbe questa frase?", o "nella letteratura italiana esiste una tradizione rintracciabile?". In italiano non si dice "la mia madre" o "il mio padre". Perché? Per uso. Potrei dilungarmi nella descrizione del ruolo determinativo dell'articolo, che cozza col valore possessivo dell'aggettivo. Ma allora perché "la mia madre" no e "la mia mamma" sì? Per uso. Punto.
  19. io non sono addentro alle questioni milanesi, ma alcuni miei amici molto vicini alla Scala sostengono che sia stata la scelta migliore. E ne sono rimasti stupiti
  20. hai scritto quello che è un fraintendimento "comune", ovvero l'idea che le battute uguali non si debbano ripetere. Il minimalismo è tutto lì :-) se togli le ripetizioni al minimalismo finisci per avere una specie di "pop easy listening". Se la composizione è degli anni '70, e se è ispirata a In C di Riley, allora le ripetizioni sono parte fondamentale, così come l'ensemble pieno di strumenti. Molto probabilmente il fascino del pezzo sta proprio nel modo che ha l'ensemble di relazionarsi tra ripetizioni casuali, polifonie non volute, ritmi diversi di esecuzione etc. PROPRIO come in In C, che era una specie di piccolo esperimento di esecuzione collettiva senza direttore
  21. bella. Se come dici tu la lunghezza delle sezioni è variabile, allora probabilmente questa interpretazione pianistica non è fino in fondo fedele... ricorda un po' l'idea di "In C" di Riley, sarebbe interessante ascoltare l'effetto con più pianoforti.
  22. Se ho capito il messaggio di Gerardo, la questione è "se Beethoven PARLA di filosofia allora ne parla male, tanto quanto Allevi che quando PARLA di musica sembra un genio e poi ascolti le sue composizioni e ti cadono le braccia". Se è messa così, allora sono quasi d'accordo. Quasi. I miei commenti danno per scontato che il messaggio filosofico beethoveniano debba trovarsi NELLE NOTE, non nelle parole. Poi, visto che la lingua è il nostro interpretante universale (ed è soprattutto il linguaggio della filosofia), noi stessi quando parliamo di musica e di significati musicali usiamo le parole. E qui ci sta il famoso discorso della "contestualizzazione", quello caro a Daniele. Beethoven scrive in un periodo in cui c'è voglia di significati e di valori. La musica SERVIVA a qualcosa. Alla domanda "cosa significa questa composizione?" forse Couperin avrebbe risposto "niente" o "non capisco la domanda". Beethoven avrebbe sorriso e avrebbe attaccato un pippottone! Ma ricordiamoci che né la vaghezza di Couperin né il pippottone di Beethoven spiegano realmente o fino in fondo cosa significa la loro musica.
  23. @Daniele, quell' "idiota" mi è sfuggito. Rimane il fatto che io consideri un'idiozia assegnare ai filosofi il monopolio... della sofia. In questo senso contrapponevo il compositore "serio" al filosofo "idiota", ovvero un compositore che non si limita a scrivere note ma a suggerire conoscenza (tutti termini volutamente vaghi, Luca...) contrapposto ad alcuni filosofi che parlano solo tra di loro, senza porgere attenzione al mondo (dell'arte, per esempio). @Luca ciclicamente ritorna il discorso sul significato musicale :-) sai e sappiamo che è un labirinto senza uscita. Ma volevo spezzare un'altra lancia a favore dei compositori-filosofi che cercano di mettere qualcosa in più delle note... è vero che le logiche estetiche dominano la composizione. O che, in un certo senso, sono la ragion d'essere della musica. Io sono molto legato a questa idea, sono sempre convinto che una composizione DEBBA essere bella. Ma, se Beethoven era anche filosofo (qualsiasi cosa questo possa significare) allora lo era anche quando componeva. Da qui, sta a noi capire 1) se 2) in che modo 3) e fino a che punto la musica di Beethoven possa "comunicare" messaggi filosofici. Quello che io mi sento di affermare è che scrivendo musica i compositori provano a "dire qualcosa". Cose molto diverse da compositore a compositore, dette con modalità molto diverse. Ancora di più, chi ascolta musica riceve dei messaggi, cercati volontariamente o ricevuti quasi in modo inconscio. La spinta comunicativa è presente in tutte le arti, sebbene non esista un messaggio asettico, puro, tracciabile e descrivibile. Sono valori, come dicevo prima, o suggerimenti, suggestioni, immagini, metafore. La nostra capacità di decifrarli è strettamente legata alla nostra conoscenza ed alla nostra vicinanza emotiva con quel linguaggio. La complessità di questi messaggi è imparagonabile alla complessità degli enunciati filosofici, o linguistici in generale. Sono disomogenei, non si può dire se siano più semplici o più complessi. Questa, quanto meno, è la mia idea. E' possibile, però, affermare che la musica genera conoscenza, genera riflessioni, problematizza dei temi e fornisce soluzioni. La musica FA filosofia, secondo modalità logiche e alogiche
  24. ammetto che questo messaggio mi ha fatto pensare ad un "increscioso" avvenimento del mio primo anno di università. Facevo proprio filosofia, prima della svolta musicologica (...). In un delirante corso dedicato al femminismo di Antigone, un mio collega osò confessarmi che non amava Leopardi perché, secondo lui, la sua filosofia era goffa e imparagonabile a quella degli altri filosofi. Io d'istinto, e sdegnosamente, risposi che Leopardi non era un filosofo, era una persona seria, un poeta. Ecco. Beethoven era una persona seria, un compositore, non un idiota come molti filosofi... Venendo a patti col mio astio verso l'arroganza dei filosofi, convinti di essere gli unici a poter pensare, dico che il nostro approccio alla filosofia è adattato a quelli che facevano i filosofi "di lavoro". Beethoven non faceva il filosofo di lavoro, ma questo non vuol dire che non avesse il diritto ad avere opinioni, perfino profonde e articolate, sui fatti del mondo e della vita. Le sue idee assumono senso profondo proprio nel momento in cui si capisce che NON sono quelle di un filosofo ma quelle di un compositore e come tali sono state espresse secondo un medium ben lontano da quello dell'argomentazione filosofica. Il discorso è adattabile a tutti i grandi compositori-filosofi. Bach non dice nulla di nuovo in ambito teologico, ma veicola i valori del pietismo luterano attraverso il medium musicale, arricchendoli, facendoli penetrare maggiormente, rendendoli arte piuttosto che dottrina.
  25. una delle mie opere preferite, forse LA mia opera preferita. Verehrtes Publikum, hereinspaziert!
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