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Piano Concerto - Forum pianoforte

thallo

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  1. Tutto questo lo devi dire tu, però. Cioè, sei tu che sulla partitura devi scrivere "o lo suonate così oppure meglio che non lo suonate". E' uno dei modi di "aiutare" la musica contemporanea. In generale sul tuo discorso, però, penso tu debba prendere in considerazione l'ipotesi che questa non sia solo una guerra :-) cioè, tra dire "o così o niente" e dire "tutto va bene" C'E' un giusto mezzo. Non lo dico perché penso tu non lo abbia capito, lo dico per amor di completezza nel discorso: è possibile superare quasi ogni problema esecutivo, ormai, proprio perché i mezzi si sono adeguati e continuano ad adeguarsi. I mezzi vocali sono quelli più difficili da cambiare ma anche quelli che potenzialmente possono cambiare meglio di altri. Un buon compositore dovrebbe sforzarsi di trovare anche il modo per comunicare le sue esigenze estetiche, non solo per formularle. O meglio, formulare le proprie esigenze estetiche nella musica non significa solo concepirle nella propria mente e nel proprio "orecchio", significa trovare un modo comprensibile per renderle musica eseguita. Sono d'accordo che sia difficile. Le partiture di musica contemporanea hanno spesso delle introduzioni molto lunghe proprio perché i significati musicali all'interno della musica, i "gesti", sono spesso così tecnici da essere incomprensibili ai più. E allora devo spiegarli andando oltre la musica, parlandone, straparlandone, creando a volte dei panorami filosofici o estetici. Il ruolo del compositore non si conclude nel pensare la musica né nel farla suonare ai programmini. A meno che quella musica non si limiti ai software musicali, ma in quel caso la questione è ben diversa e si allontana da questo topic
  2. messa in questi termini, posso essere d'accordo. Ma anche un ottimo coro può sbagliare le esecuzioni e continuo a pensare che in definitiva la responsabilità della resa finale sia sempre sulle spalle di chi canta, non di chi dirige. Ok, la scelta dei pezzi è una cosa complicata, ma anch'essa può essere vista in modi diversi: c'è chi sceglie per il proprio coro solo pezzi abbordabili, per poi poterli cantare in concerto senza problemi, e c'è chi prende pezzi difficili per ragioni didattiche, per insegnare a cantare ai propri cantanti. Ci sono momenti in cui il gioco vale la candela e non ti interessa di dare un'esecuzione perfetta, vuoi solo fare un passo più in là. Da appassionato di musica contemporanea penso che forse i pezzi più dissonanti non siano ideali per insegnare ad un coro a cantare, ma in realtà la maggior parte delle interpretazioni online di musica contemporanea (anche non per coro) è fatta di stratagemmi, piccoli buchi neri, momenti enigmatici, di interpreti che non hanno capito fino in fondo cosa stanno facendo e allora hanno deciso di puntare sul colpo di scena o sull'effetto intellettualistico (è così complicato che non puoi capirlo ma il suo bello è in questa incomunicabilità). Se io fossi un direttore di coro potrei decidere di prendere un pezzo difficile e curarne un'interpretazione "ad uso" del mio coro, cioè mettendo in luce le cose che so fare e quello che non so fare. In realtà il mondo della musica contemporanea è così vasto che si trova sempre un pezzo d'effetto che alla fin fine non è neppure tanto difficile da metter su... Comunque, ripeto, sono abbastanza d'accordo con te con l'idea che LE SCELTE DI REPERTORIO sono responsabilità del direttore
  3. il brano non è scritto coi piedi, al concorso è stato eseguito da un altro coro che ha fatto un ottimo lavoro. I brani scritti "male" si riconoscono e non penso sia questo il caso. Posso essere d'accordo sulla questione del "è troppo difficile". E' stato quello che ho pensato sul brano di Macmillan, Christus Vincit. Ma anche quello nel video è eseguito abbastanza bene. E' un brano scoperto, che pretende dei solisti, non un coro, ma è possibile farlo bene. E quando è fatto bene è stupendo. Questa è la difficoltà della musica contemporanea. Alcuni pezzi sono stupendi, solo se eseguiti in modo impeccabile
  4. nemmeno una, purtroppo... se il mio coro metterà online qualche video o file audio, sarei felice di farvi ascoltare il "nostro" pezzo contemporaneo, quello che ci ha probabilmente permesso di passare la semifinale: un pezzo molto interessante, scritto l'anno scorso, di un compositore turco (Yigit Ardin) dal titolo "Friends of God". Unisce un testo sufi e una poesia di Goethe ed è costruito in massima parte sulle consonanti dei due testi, usate come riverbero "durante" il canto ma anche prima. Molto d'effetto. Sui video precedenti, dico anche un'altra cosa... è stato molto complicato trovare delle interpretazioni decenti. Tutte queste partiture, per un orecchio allenato, hanno delle potenzialità grandissime. "Iupiter" è un pezzo ben congegnato che richiama molti altri compositori (Glass, Gorecki, Ligeti...). Il video che vi ho caricato di questo pezzo è eseguito dal coro che ha vinto il concorso, il Leon de Oro. Secondo me l'esecuzione in video è paragonabile a quella dal vivo ed è, a mio modesto avviso, PENOSA. Fin tanto che non entrano gli effetti, è tutto tremendamente calante. E se riascoltate con fare critico ve ne accorgerete anche voi. Questa è la dimostrazione migliore che posso dare ad una serie di discorsi fatti nel laboratorio sul pezzo corale :-) vedi, Bianca, le variabili relative all'esecuzione sono, a mio avviso, troppo importanti. Ok, è sempre colpa del coro, ma la musica non tonale, secondo me, ha bisogno di essere ... aiutata, anche dai propri compositori. Perché non tutti la capiscono, non tutti sono in grado di cantarla bene, di DIRIGERLA bene e, banalmente, di ascoltarla bene. Non voglio dire che la strada sia la semplificazione, lungi da me. Credo che la strada sia la comprensione e la spiegazione, per quanto possibile. Anche delle cose che non possono essere comprese o spiegate.
  5. Come promesso altrove, volevo caricare alcuni pezzi che ho sentito al London International A Cappella Choir Competition della scorsa settimana. Sono essenzialmente pezzi contemporanei, alcuni molto recenti, e tutti per coro a cappella (con organici diversi, a volte). Penso siano belli in senso assoluto, ma penso siano anche utili a fini "didattici", per chi scrive o volesse scrivere per questo organico. Questo è il pezzo che mi ha colpito di più in assoluto, soprattutto per le difficoltà tecniche, che al concorso hanno dato molti grattacapi ai due cori che hanno scelto di eseguirlo... il primo, secondo me, si è davvero giocato l'accesso alle finali per gli errori di intonazione in questo pezzo così "scoperto" e pensate che questa esecuzione non è neppure perfetta. Le entrate dei soprani hanno delle piccole differenze di intonazione, e il Si naturale finale, di per sé una nota molto difficile, pretende di essere fatta in modo perfetto. Un intervallo di nona ascendente usato come risoluzione, come fare grande spettacolo con un mezzo minimalissimo Ora, tutt'altro. Un pezzo concepito per un organico più grande e che, da quello che ho capito cercando online, è stato presentato pochi anni fa ad un festival di cori a cappella. Il compositore, Michael Ostrzyga, è quasi sconosciuto, e ha contattato un coro, dandogli questo pezzo e facendoglielo cantare. Morale, altri cori hanno chiesto la partitura, sentendola al concorso, e a Londra ben due cori (uno spagnolo e uno irlandese) lo hanno cantato. E' d'effetto e relativamente facile... dico relativamente facile perché le parti esposte sono poche. Considerate che i cori a cappella tendono a lavorare moltissimo soprattutto sull'intonazione e lavorare sull'intonazione dei pezzi contemporanei è molto difficile. Questo non vuol dire che sia impossibile, anzi. Ogni dissonanza può essere intonata o può essere stonata. In un pezzo come questo, è difficile capire se una dissonanza è eseguita bene o male, perché quello che salta alle orecchie è altro. L'autore notoriamente "peggiore" per queste cose è Arvo Part, che da buon minimalista scopre tantissimo le dissonanze e ti costringe a farle perfettamente se non vuoi fare figure tapine... e uno dei pezzi che ha avuto più successo nel concorso è stato questo suo "Tribute to Caesar" sulla stessa falsariga, anche se con qualcosa "di più", secondo me, questo stupendo pastiche di antico e moderno :-) lo descrivo dopo, così chi avrà la bontà di ascoltarlo subirà l'effetto sorpresa che spero praticamente, questo compositore di nome Jan Sandstrom ha concluso un magnifico pezzo di Purcell, che pare fosse inconcluso originariamente (non so, dovrei cercare notizie in merito...). E l'effetto è stupendo, a mio avviso, e molto nell'ottica drammatica purcelliana. Volevo mettere un altro pezzo, ma non lo trovo su youtube. Spero di trovarlo quando avrò un po' più di tempo, ora vado a cucinare la carbonara...
  6. grazie :-) a Londra abbiamo lavorato molto. E' incredibile quanti miglioramenti si abbiano se per una settimana metti in pausa il resto della vita e fai "finta" di essere un vero musicista :-) non so se rendo l'idea...
  7. Sì, io che conosco il mio timbro riesco anche a sentirmi in alcuni momenti... quella registrazione non è quella della finale, è presa da un concerto che abbiamo fatto sempre lì a Londra in una chiesa, tra la semifinale e la finale. Spero che i capoccioni del coro carichino altri video quanto prima...
  8. Sono stato assente per un po' perché settimana scorsa ero a Londra con uno dei miei cori per il London International A Cappella Choir Competition. E mi fa piacere darvene un resoconto. E' stata la prima edizione di questo concorso, organizzato (male) da Peter Phillips, direttore dei Tallis Scholars. Per ci non sapesse chi sono i Tallis Scholars, questa è la pagina di wikipedia http://en.wikipedia.org/wiki/The_Tallis_Scholars per chi si accontenta del mio riassunto, i Tallis Scholars sono l'ensemble vocale/coretto simbolo della musica antica a cappella inglese. Famosissimi, super-intonatissimi, piatti da morire ma assolutamente leggendari. Il concorso era aperto inizialmente a 16 cori internazionali. Ma visto che era costoso in modo imbarazzante, se ne sono iscritti 12. E un coro ha disdetto la settimana prima, probabilmente perché non ha trovato i fondi... morale, siamo arrivati in 11, agguerritissimi. Il concorso è stato diviso in 3 semifinali e una finale. Contro ogni aspettativa, noi abbiamo vinto la nostra, che vedeva tra le sue fila i vincitori "annunciati", questo gruppetto di Bristol fatto di 10 ragazzi intonati in modo disumano, che però sono stati cazziati perché molto piatti nell'interpretazione (The Erebus). Nella seconda semifinale passa un coro estone impressionante, 24 persone super-intonate che cantano forte dall'inizio alla fine e fanno tremare la sala. Nella terza semifinale, secondo le nostre previsioni, sarebbe dovuto passare il coro irlandese, che canta tutto a memoria, bene, intonato e divertente. Ma, senza nessuna ragione apparente, passa un coro semi-professionale spagnolo, fatto da QUARANTACINQUE PERSONE, francamente poco intonati e disordinati... mistero... In finale c'è anche un coro ripescato, quelli che ho definito i vincitori annunciati, ovvero il coro sconfitto da noi. Morale, loro arrivano secondi, vincendo un premio, e gli spagnoli, che hanno cantato malissimo in finale MA hanno trovato due pezzi d'effetto (sfido io, erano in 45) vincono.... e tutti noi rimaniamo sconvolti e abbastanza schifati... Io pensavo avrebbero vinto gli estoni, e mi avrebbe fatto piacere avessero vinto gli inglesi (che comunque erano bravissimi, età media 20 anni). Ma gli spagnoli hanno fatto simpatia e hanno puntato sui loro pregi, ovvero il numero e la possibilità di fare con quel numero dei pezzi che agli altri sarebbero venuti peggio (e che manco loro hanno fatto particolarmente bene)... Credo che caricherò su altre sezioni del forum alcuni dei pezzi che mi hanno stupito di più. Il mio coro non è specializzato in repertorio a cappella, ma gli altri al concorso sì, quindi hanno tirato fuori alcuni gioiellini di cui non conoscevo minimamente l'esistenza. Le mie considerazioni finali, che possono essere utili a chiunque voglia fare un concorso, sono che molto spesso vince la personalità, non la flessibilità. Il concorso era improntato quasi esclusivamente al canto rinascimentale, ma i cori che hanno avuto più successo sono stati quelli che hanno seguito le proprie caratteristiche. Noi abbiamo passato la semifinale perché abbiamo cantato un pezzo di Byrd in modo non inglese (ovvero con suono, appoggi, tempi giusti) e grazie ad un pezzo contemporaneo turco molto difficile e fuori dal contemporaneo tipico dei cori a cappella (in genere i cori a cappella cantano minimalismo e nuova semplicità, il nostro era un pezzo quasi puntillista). In finale abbiamo provato ad adeguarci e siamo rimasti fregati. Gli altri hanno continuato a seguire il proprio stile, noi abbiamo provato a fare quello che ci aveva chiesto la giuria, cioè cantare pezzi in pianissimo e in modo più tenero. Risultato, abbiamo portato un madrigale spirituale di Lasso MERAVIGLIOSO che nessuno dei giurati ha capito, perché si aspettavano qualcosa di folkloristico, di tipicamente italiano... Rimane il fatto che questa nostra interpretazione di "The Lamb" di Tavener è stata una delle migliori di tutto il concorso
  9. come prima cosa mi viene in mente "Il Contrappunto" di De La Motte, che parla un bel po' di polifonia medievale. Ma io non sono un esperto, quindi potrebbe esserci qualcosa di più specifico di cui non so assolutamente nulla. Considera che difficilmente troverai qualcosa di "tecnico" se approcci la questione come se fosse contrappunto. Penso che il modo migliore per trovare qualcosa sia di cercare sotto le voci "modalità". Il contrappunto storicamente viene individuato proprio con Palestrina o, meglio, con le teorizzazioni "colte" che hanno preso a modello la pratica di Palestrina. Ma Palestrina, come tutti quelli che lo hanno preceduto, ha in realtà seguito le varie forme della composizione modale medievale e rinascimentale. A quanto mi risulta, non esistono "manuali" di modalità. Ma spero ardentemente che qualcuno mi smentisca, perché sarebbe una cosa che anche a me piacerebbe riprendere. Chi studia polifonia in genere legge i trattati storici, che sono difficili da trovare, difficili da capire e si smentiscono l'un l'altro. Ancora meglio sarebbe analizzare direttamente le composizioni, ma senza una guida teorica è impossibile... in questo senso, De La Motte analizza ma in prospettiva "pragmatica", non parlando quasi mai delle teorie modali...
  10. distinguiamo coralità e solismo. E prendiamo un esempio pratica, così non ci confondiamo. Facciamo che io sono un soprano lirico. L'estensione media di un soprano lirico è simile a quella di un tenore, va dal Do sotto al rigo al do sopra il rigo. Se canto in coro, devo essere in grado di cantare praticamente tutte le note che sono in grado di emettere. Se canto da solista, mi devo concentrare su tutte le note che sono in grado di cantare BENE, con controllo, omogeneità, volume adeguato etc. Se in un pezzo di coro ho un Do acuto, posso cantarlo anche solo grazie alla mia musicalità. Ovvero, l'importante è che quel Do sia intonato, non che sia forte, preso bene, ricco di armonici. E' una nota estrema e l'importante è che ci sia una cura corale complessiva. Se ho un'aria solistica con un Do acuto, e non sono in grado di cantarlo PERFETTAMENTE, allora ha senso che io non canti quell'aria. E' in quest'ottica che si situa il mio discorso su questo topic, non c'è vergogna nel selezionare il proprio repertorio solistico rispetto alle proprie caratteristiche vocali. Ma cantare in coro significa acquisire una professionalità tale per cui si deve essere in grado di fare praticamente tutto. Forse ci sono cose che do per scontate... Ogni voce ha delle note estreme che sono eseguibili ma che non vengono considerate belle in un repertorio solistico. Io in falsetto riesco ad arrivare con relativa facilità al sol sovracuto e con un filo di voce riesco ad eseguire anche note gravi da baritono (più o meno fino al fa sotto il rigo. Se mi trovassi a dover cantare estensioni estreme in coro, potrei farlo, perché in quel caso non conta il mio timbro ma il timbro complessivo, e perché si dà per scontato che il compositore e il direttore del coro sappiano che sto cantando note estreme e che quindi posso rendere solo fino a un certo punto. Nel finale scritto da Alfano della "Turandot" di Puccini ci sono dei Do acuti sia per i soprani che per i tenori. E' possibile che nei cori di tutti i teatri che mettono in scena la Turandot ci siano decine di tenori e soprani in grado di cantare "bene" dei do acuti? E' possibile se adattiamo l'avverbio "bene" alle esigenze del coro. Allo stesso modo, però, vi assicuro che i SOLISTI che azzardano a cantare quella nota (o, in generale, le note estreme) sono pochi, perché la capacità di controllo e la qualità richiesta ad un solista sono maggiori rispetto a quelle richieste ad un corista. Detto questo, tra le cose che non ho spiegato fino in fondo, c'è la mia consapevolezza del fatto che in genere chi studia vocalità tende a studiare solo vocalità solistica. Questo porta ad avere un approccio all'estensione molto limitato. Continua ad esserci un preconcetto diffuso verso il falsetto, il falsettone, la vocalità leggera, che portano ad un'unica conseguenza: abbiamo frotte di diplomati in canto con una voce cortissima, sia in acuto che in grave, perché sono abituati a cantare solo nel range che considerano "messo a posto". Tra persone e artisti maturi, questa è una cosa che può avere un senso. Ma troppe volte questa è la conseguenza di problemi tecnici. Come dicevo all'inizio, gran parte dei problemi di estensione sono problemi tecnici, e l'estensione media di ogni voce è di due ottave. Un'ottava e mezzo è POCO, è irreale. La maggior parte dei tenori che si diplomano nei conservatori del mondo lavora su un'estensione che va approssimativamente dal Mi primo rigo al Sib sopra il rigo. E' un'estensione misera, giustificabile solo nel caso in cui quel cantante lì sia un solista affermato che non vuole rischiare di fare brutta figura in campo internazionale. Ma in sede di studio SI STUDIA, e si studia su tutta l'estensione, proprio perché è studiando che l'estensione aumenta, si migliora, si controlla. Io studio molto spesso arie con il Do acuto ma non le canterei mai in audizione. Mi sono diplomato con arie che arrivavano al Sib ma ora porto con "relativa" sicurezza in audizione arie che arrivano al Si naturale. In coro ho cantate più di una volta i Do acuti e mi sono trovato spesso a rinforzare linee originariamente scritte per bassi o baritoni.
  11. quello su cui mi sento abbastanza sicuro è che nulla nella voce è un "dono". Sono caratteristiche ma tutte vanno prese, esercitate, coltivate, conosciute. L'estensione prima di tutto non è un pregio di per sé. Avere una voce estesa non serve quasi mai. L'estensione "standard" di ogni voce, cioè circa due ottave, è un'estensione molto comune. Chi non riesce a coprirla quasi sempre non ci riesce per problemi tecnici, perché non sa come fare, non perché non c'ha quelle note lì. Queste due ottave circa di estensione possono variare un po' rispetto alle note estreme. Non so, ci sono soprani che hanno i sovracuti e soprani che non hanno i sovracuti. Ma le due ottave rimangono quasi sempre quelle, nel senso che i soprani con i sovracuti non hanno i gravi e i soprani senza sovracuti hanno i gravi :-) e il repertorio prende in considerazione queste cose, ovvero ci sono milioni di pagine di musica per i soprani con i sovracuti e milioni di pagine di musica per i soprani senza i sovracuti. Ma la cosa che mi preme far passare è che l'estensione va curata, studiata. Non conta quante note si riescono a prendere ma come si prendono le note.
  12. forse c'è stato un piccolo fraintendimento: la teoria dei gradi ha in sé "un po'" della teoria funzionale, perché comunque non parla di gradi come entità melodiche (cioè i gradi della scala) ma come basi per accordi (ovvero gradi di un'ipotetica scala armonizzata). In questo caso, do, re e mi non sono primo, secondo e terzo grado di una scala di do maggiore ma sono elementi di tre possibili accordi. Questo "costringe" a prendere in considerazione non solo il basso ma tutte le note espresse in quel momento (e per districarsi in questa complessità polifonica ci si deve per forza servire di una teoria degli accordi, assente dalla cifratura del basso ostinato). Questo porta anche alla possibilità che do, re e mi non facciano NEPPURE parte della scala di Do maggiore. Non sono quelle le note che qualificano la tonalità, è l'accordo di cui fanno parte, la serie di accordi di cui fanno parte. Questa considerazione vira a favore del funzionalismo, in effetti, ma rispetto ad una teoria in cui il basso "governa" e le altre note si trovano a casuali e insensate distanze da esso, almeno la teoria dei gradi cerca di individuare entità armoniche, ovvero accordi. Non so se mi sono spiegato...
  13. e infatti il suo scopo è armonizzare, non analizzare :-)
  14. anch'io pensavo alla "annosa" questione del terzo grado. Anche su questo forum ci siamo trovati ad analizzare pezzi con molte affinità di terza (ricordo dei pezzi di Grieg molto belli) e lì la segnatura dei gradi aveva senso solo fino a un certo punto. Ma anche lì, basta integrare sistemi diversi e il gioco è fatto. Almeno da un punto di vista analitico, l'importante è capire cosa ci sta dietro. Una volta che lo hai capito, direi che ogni teoria ti dà un margine di possibilità per scriverlo. Con un grande sforzo, dirò che perfino il basso cifrato mette l'accento su alcune cose importanti. Essenzialmente uno: il movimento del basso :-) è un po' scoprire l'acqua calda, ma a volte quell'acqua calda ha un senso importante. Il problema è che non solo la cifratura del basso è un sistema fatto per gli strumentisti, è fatto per ALCUNI strumentisti che suonano quello strumento secondo stilemi ben precisi. In un altro topic in questi giorni si è ripresa l'analisi della sonata K330 per pianoforte di Mozart. E' piena tonalità, ma come in ogni composizione per pianoforte (di Mozart, poi) la mano sinistra sostiene l'armonia con interessantissime linee melodiche. Ma di natura pianistica... ovvero, inanalizzabili con il basso cifrato. E' interessante concentrarsi sulle note ferme al basso, sui movimenti delle parti, ma il problema è che non siamo in una situazione di armonia a quattro parti tipo corale. Analizzare il basso di un compositore "maturo" ha quasi sempre a che fare con l'analisi melodica tout-court. Potremmo forse parlare dell'utilizzo della segnatura del basso cifrato per analizzare la polifonia antica... qui sarei già molto più malleabile. Ma il "bello" di quella segnatura là, ovvero la possibilità di segnare gli eventi contrappuntistici (ritardi, transiti, appoggiature, volte etc), è in realtà presente anche nella teoria dei gradi. E il ruolo del basso nella polifonia antica non è il ruolo del basso cifrato della polifonia barocca...
  15. Lo conosco, anche se non bene. Per quanto ne so è uno dei pochissimi che cerca di fare qualcosa per l'ambiente musicale palermitano, e che una persona del genere provenga dal conservatorio è incredibile (nel senso che, in genere, il conservatorio è un luogo di pura didattica, scollato dalla vita musicale della città). E, altro unicum, è contemporaneamente dentro il conservatorio e dentro l'università (ovvero il dipartimento Aglaia di studi musicali di Palermo).
  16. c'è una domanda alla base di questo topic? Cioè, la domanda è "qual è la cifratura ideale degli accordi"? Se la domanda è questa, io penso che la cifratura ideale sia un mix tra teoria dei gradi e funzionalistica. La prima esamina la morfologia, la seconda la funzione, e penso che assieme possano togliere gran parte dei dubbi importanti nell'analisi di un'armonia. Io non sono un esperto di basso cifrato, ma nell'analisi musicale non l'ho mai visto usare, escludendo le analisi di Piccinesco da cui è uscita fuori questa discussione. Ho scaricato il paper di cui si parlava (dopo una serie di step di promozione del sito...). E' un po' semplicistico ma lo stesso Giannetta parla più di problemi che di vantaggi nella segnatura del basso cifrato. La cosa che Giannetta non dice (colpevolmente, dal mio punto di vista) è che UNA COSA è cifrare un basso per permettere il suo sviluppo, all'interno di una prassi esecutiva storica, una cosa è usarlo per analizzare! Il periodo storico in cui il basso cifrato si afferma è un periodo in cui a mala pena si sa cos'è un accordo. I compositori ragionano secondo criteri armonici, ma gli esecutori no, e infatti le cifrature di un basso prescindono dalla consapevolezza dell'entità armonica di quell'agglomerato. L'analisi non può prescindere dalla consapevolezza di un bel niente. L'analisi PUNTA alla consapevolezza. E nella bibliografia di Giannetta non c'è NESSUN testo che usi la cifratura del basso come metodo di analisi. Magari qualcuno esiste, nella vasta bibliografia umana, ma io non ne ho mai visti. Tra l'altro, ho visto che le conclusioni di Giannetta sono simili alle mie. La migliore segnatura è una segnatura "integrata".
  17. Dalla prima battuta dopo il ritornello, a me sembra una progressione che conferma il Sol. I (Sol) V/IV9 (la nona torna spesso) IV6 V/II9 II6 VII7dim/I I V7 I V7 I VII7dim I VII7dim I I46 V7 I
  18. tutte le volte che vedrò analisi scritte in quel modo considererò un errore quel tipo di segnatura. Questo è quanto. Ripeto, capisco che c'è una logica. C'è una logica anche nel posizionare i libri sulla libreria secondo gradazioni di colore della copertina. Proprio l'altro ieri sono andato a casa nuova di una mia amica e ha fatto un lavoro stupendo, semplicemente curando i colori dei libri sulla libreria, sembrava un'istallazione artistica. Ma se vedessi una cosa del genere in una biblioteca mi metterei a ridere. La segnatura di cui stiamo parlando è, secondo me, ridicola. Tanto quanto è ridicolo un libro che si chiama "Trattato di armonia tonicale", semplicemente perché l'aggettivo "tonicale" non esiste in italiano. Ma questo non c'entra fino in fondo con questa discussione. La discussione parla dell'analisi di quel corale. Ecco, PER ME quella segnatura è un errore. Quando Piccinesco dice che i suoi problemi nell'analisi non dipendono da quello, mi verrebbe da dire che se conosce i suoi problemi nell'analisi allora li risolva. Se invece pensa che ci sia anche qualcosa da imparare da questo forum, allora si rassegni a ricevere anche la mia opinione. E la mia opinione, se non si fosse ancora capito, è che quella segnatura è sbagliata, inutile, ridicola, anti-storica. Se la insegna un docente competente sarei molto curioso di averlo qui sul forum per farmi spiegare per quale ragione insegna questo metodo. Magari c'è una logica ancora maggiore di quella dei colori delle copertine dei libri, ne sono certo. Ma la storia dell'analisi musicale, che è la storia, non è la mia opinione o quella di RedScharlach, ripeto, LA STORIA dell'analisi musicale, milioni di compositori già morti e ancora vivi, di teorici, musicisti, amatori, brave e cattive persone, ci dice che i modi riconosciuti di segnare l'analisi armonica di un brano musicale sono due: la Stufentheorie e la teoria funzionale (nelle sue varie sfumature e segnature). Da cui, non posso non considerare sbagliato quel modo di scrivere l'analisi armonica.
  19. sarei veramente curioso di conoscerlo sto docente qui e gridargli per mezz'ora in faccia... io veramente non capisco, ma come fa gente che insegna nelle scuole pubbliche ad alzarsi una mattina e inventarsi una segnatura analitica?!?!?! Il basso cifrato è UNA COSA, la teoria dei gradi è UN'ALTRA. Che rabbia...
  20. Da un po' di tempo diciamo a Piccinesco che questa segnatura è sbagliata... aggiungo una risposta diretta, visto che è arrivato un altro commento di Piccinesco: non è una questione di praticità è una questione di errori e cose giuste. Il tuo modo di segnare l'analisi armonica è SBAGLIATO. Ha un senso, ma io non posso decidere di chiamare le note con i nomi dei miei vicini di casa, così, perché io lo trovo più comodo. Il mondo intero usa al due tipi di segnatura per l'analisi armonica: quella basata sulla teoria dei gradi (la stragrande maggioranza) e quella funzionale. Dovresti adeguarti... anche perché sai benissimo di avere dei problemi con l'analisi
  21. io non sono un esperto di corali, so che Zedef li ama molto e quindi chiedo venia se sbaglierò. In alto nel pentagramma segni molte modulazioni o interpretazioni diverse. Ho visto altre tue analisi e so che spesso segni tutto, anche i dubbi o le ipotesi. Quindi volevo capire prima di tutto se quelle segnature sono vere e proprie modulazioni o solo "ipotesi di interpretazione". Detto questo, il corale non è un genere così "vagante" in senso armonico. Ci possono essere momenti cromatici, ok, ma ogni episodio in genere ha una tonalità o funge da ponte tra una tonalità e l'altra. Nei primi due episodi tu scrivi "Lam SolM DoM"... per altro, dai come unico accordo di Lam il primo accordo del brano, ma già al secondo cambi tonalità... non ti sembra azzardato? A me sembra lampante che quell'accordo di la sia il VI di Do e che il Fa#, come diceva Zedef, sia un'alterazione un po' "modaleggiante", neppure tanto rara: la "tonicizzazione" della dominante è comune e anche la quarta aumentata all'interno di un ipotetico modo lidio è comune. Tanto più che lo stesso modello viene ripetuto.
  22. tutta quella sezione lì è normalmente intesa come una sequenza di "enunciazioni" e sviluppi di quelle enunciazioni. "Seid umschlungen..." in unisono tra bassi e tenori; "Seid umschlungen", sviluppo con tutte le voci. "Brueder ueber'm Sternenzelt" di nuovo in unisono; "Brueder..." di nuovo con tutte le voci "Ihr stuerzt nieder..." se non sbaglio non è unisono ma è una condotta omoritmica per tutti. "ueber Sternen muss er wohnen" citato da te, che è un'altra enunciazione omoritmica; "ueber Sternen" altro sviluppo che fa una cadenza sospesa per poi sfociare nel fugato. Di tutta questa struttura, a me le "enunciazioni" sono le parti che piacciono meno. Hanno un che di mistico, probabilmente a loro modo richiamano le intonazioni gregoriane, ma non hanno nulla delle intonazioni gregoriane. A me sembrano precisamente insensate. Ammetto che per me questo aggettivo non ha una connotazione positiva, ma credo che ai beethoveniani convinti possa perfino sembrare interessante. Lì la condotta melodica e armonica si spezza. La cosa potrebbe avere senso se fossero delle vere enunciazioni tematiche. Ma non sono scritte abbastanza bene per poter suonare bene in quel contesto, almeno secondo me. Il primo "seid umschlungen", poi, lo considero uno dei pezzi più brutti della sinfonia. E' segnato sempre forte, è scritto con un ritmo squadrato, su una cellula melodica che non sa di niente
  23. d'accordo con RedScharlach, anche sui nomi. Bach ci offre un altro "problema", un problema che meriterebbe di essere affrontato a parte, se non fosse così dannatamente complicato: le figurazioni strumentali per voce. E' vero che Bach scrive per voci come se scrivesse per strumenti. Ed è interessante notare come nella coralità della storia della musica ci sia stata una sorta di evoluzione anche in questo. In poche parole, i cori di Bach e i solisti vocali di Bach suonano come l'orchestra del periodo di Bach e come i solisti strumentali del periodo di Bach. Questo mi porta a buttare lì una frase ad effetto un po' contorta e un po' semplicistica: Beethoven scriveva male per voci perché la sua orchestra non era un'orchestra "vocale"; di contro, Bach scriveva "bene" (anche se non facile) per voci perché la sua orchestra era ancora un'orchestra "vocale". La cosa può anche essere rigirata così: ci sono periodi della storia della musica in cui strumenti e voci si copiano a vicenda e questo "crossover" è fruttuoso. Ma ci sono periodi in cui la differenza è troppa, e allora se non capisci le peculiarità dell'uno o dell'altro mondo musicale, sei fregato. Elencare le peculiarità della scrittura vocale "che copia" la scrittura strumentale sarebbe lunghissimo e complicatissimo
  24. quello è un pezzo complicato, senza dubbio, ma non è un unisono. Tenori e soprani sono in ottava e se non sbaglio bassi e contralti sono in ottava tra di loro e una terza minore sotto gli altri. Rimane un momento un po' insensato, secondo me, preferisco l'accordo dopo... il momento vocalmente pesantissimo, in tema di unisoni, è prima: "seid umschlungen Milionen diesen Kuss der ganzen Welt", e l'unisono dell'intervento successivo. Sono gravi per i tenori e sono difficilissimi da intonare bene.
  25. poi continuo a leggerlo, ma visto che mi è venuto il sorrisino alla prima riga, ti dico subito una cosa: ... tu conosci la differenza tra 3/4 e 6/8? :-) cioè... sono l'unico che leggendo le prime due righe del pezzo vede una grande scritta a led luminosi fuxia intermittente che dice QUESTO E' UN TRE QUARTI?? :-)
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