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Piano Concerto - Forum pianoforte

danielescarpetti

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Tutto postato da danielescarpetti

  1. Sì, Frank in effetti non lo avevo letto. Scusami. Però sono contento lo stesso di aver reso più chiaro - almeno spero - il mio pensiero.
  2. Innanzi tutto chiedo scusa a Frank, ma non avevo letto il suo ultimo intervento che chiarisce già molte cose e che, come tale, apprezzo molto di più. Bravo anche a Kappa che, avendo cognizioni tecniche può spiegarmi in cosa differisce la tonalità-non tonalità di Šostakovič.
  3. Claudio ha ben riassunto quella che era la mia intenzione. Nell'aprire questo topic, il mio unico fine, era ed è quello di mettere in risalto la figura di un compositore che ancora oggi, dal mio punto di vista, non è ancora ben valutato. Mi sono limitato a dire che lo considero il più grande compositore sovietico - e non ho voluto scrivere russo - proprio nella consapevolezza di evitare, il solito lungo elenco di compositori che avario titolo hanno reso grande il Novecento. Al massimo, potevo trovare qualche recriminazione sul nome di Prokofiev, ma non il resto. E invece no! Come al solito ecco puntuale l'elenco dei primi della classe: reali o presunti. Evvabé, camma fà? Nel 2006, in occasione del centenario della nascita di Šostakovič, si festeggiava anche quello di Mozart e quello di Schumann – almeno questi erano certamente i più importanti – e ben si sapeva che Mozart poteva monopolizzare il tutto a discapito degli altri. E invece no! Sorprendentemente, riuscì a riservarsi uno spiraglio notevole, cosa che non è accaduta, molto ingiustamente per altro, al povero Schumann. Fu il primo segnale che qualcosa stava cambiando nell'atteggiamento verso il compositore sovietico. Oggi, finalmente le sue sinfonie – almeno parte di esse – sono nei repertori delle stagioni sinfoniche dei nostri principali teatri – cosa rara prima del centenario – e la sua «Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk» è entrata nel repertorio degli enti lirici: a fine anno il comunale di Bologna chiuderà la stagione con essa. Mancano all'appello i 15 quartetti - d'altra parte mancano anche quelli di Bartók – e questo è veramente grave. Quello che io credo e auspico è che negli anni a venire, si possa fare veramente giustizia su questo compositore che sicuramente non ha avuto un post, ma se non l'ha avuto è perché la storia della musica è andata in altra direzione e lui fu costretto ad altre strade. Sta di fatto che, almeno secondo me che sono nessuno, la tonalità di Šostakovič, liberata da ogni residuo tardo e post romantico, è una dimostrazione altissima di come la tonalità avrebbe potuto evolversi nel Novecento e dopo: altro che neo-romantici o cose simili.
  4. Allora Frank, non è mia intenzione entrare in polemica su tutto ciò, anche perché so già come andrà a finire. Tutte le volte viene fuori il solito infinito elenco di compositori, con la chiara intenzione di livellarli, su cui, alla fin fine, primeggiano i nostri gusti personali. Alla fin fine, quello che a me preme è mettere in risalto la grandezza di Šostakovič e delle classifiche non mi interessa nulla, fermo restando che nello scrivere, essendo io un passionale, sicuramente mi lascio molto prendere la mano. Sui compositori che tu nomini, non ho nulla da eccepire, tranne, Rachmaninov. E su questo compositore ti farò dunque una domanda io, esattamente al contrario di quella che mi fai tu: in cosa trovi che Rachmaninov possa, in una qualche maniera, essere equiparato nella grandezza a tutti gli altri compositori che hai nominato - o sono stati quivi nominati - visto che io - ma so di non essere il solo in questo - faccio molta fatica ad annoverarlo, non solo fra i giganti, ma anche fra i più grandi del secolo scorso?
  5. Terenzio, se ti dicessi che ne sarei altamente onorato, direi poco. Fai tu quello che credi meglio. Io ho un solo scopo, fare amare la grande musica d'arte. Grazie a Te e a tutti Voi!
  6. Un po' di tempo fa, ho scritto su quest'opera e, se può essere utile lo riporto qui. Dmitrij Šostakovič, è stato il massimo compositore sovietico. Aderì con grande convinzione al partito comunista, ma ben presto si rese conto che le speranze nate con quell’evento naufragarono nelle mani di un manipolo di spietati burocrati che, sotto un'altra forma, vollero perpetrare quel potere – con gli stessi mezzi e gli stessi sistemi – che fu precedentemente degli zar. Il suo grande attaccamento alla sua amata Patria fece si che egli non decise di emigrare – come avevano fatto tanti altri – ma restò lì, subendo tantissime angherie. Ma quale fu il momento in cui il grande compositore si rese conto che le cose andavano in un’altra direzione rispetto a quella desiderata? Fu quando dopo aver composto fra il 1930 e il 1932 la bellissima opera «Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk Opus 29» ed essere questa andata in scena nel 1934 con grande successo al punto di essere replicata per quasi un anno, l’apparato culturale del partito si scagliò contro di lui costringendolo a ritirare il suo lavoro. Nell’opera in questione Šostakovič fece proprie le più ardite esperienze dell’espressionismo europeo e questo fu il motivo che attirò i fulmini della nomenclatura sovietica: le dittature – di qualsiasi colore siano – sono le più grandi nemiche di ogni istanza di progresso. Andrej Aleksandrovič Ždanov, responsabile della cultura sovietica, si fece artefice principale di questo attacco e chiese al teatro musicale obbligatoriamente conclusioni ottimistiche, celebrazioni di eroi positivi, esaltazione della nazione sovietica, il tutto accompagnato naturalmente, da una musica molto melodica lontana dalle «degenerazioni delle avanguardie borghesi». E pensare che quest'opera nacque proprio per esprimere i sentimenti anti-borghesi del compositore. Egli infatti, a tal proposito, così scrisse: «Katerina è una giovane bella e intelligente, che soffoca nel mondo dei volgari mercanti (…). Ella ha un marito, ma non conosce gioia alcuna (…)Gli assassini che compie non sono dei veri e propri crimini, bensì una rivolta contro l’ambiente, contro l’atmosfera sordida e nauseabonda in cui vivono i mercanti imborghesiti del XIX secolo(…)» Nell’opera di Šostakovič c’è innanzi tutto, tutta la lezione del teatro di Modest Petrovič Musorgskij, unita alla grande lezione sinfonica di Gustav Mahler, il tutto amalgamato e reso originale dal grande, immenso suo genio musicale. Il secondo atto sembra proprio uno di quei famosi movimenti con ritmo di Marcia funebre di alcune sinfonie mahleriane. Katerina assieme al suo amante Sergej si producono in un duplice assassinio, prima il di lei suocero e successivamente il marito; grande è la maestria e capacità di Šostakovič nell’accompagnare i vari momenti del racconto: gli stati d’animo, le atmosfere ma anche i più piccoli particolari, producendo una musica che sembra davvero parlare. Musorgskij, invece viene fuori nel quarto atto dove l’opera dopo il carattere intimo dei tre precedenti, diventa di tipo corale, come sono proprio le due opere meravigliose: «Boris Godunov» e «Kovancina». I due amanti assassini sono assieme a tanti galeotti deportati in Siberia e qui è d'obbligo un altro accostamento ma, questa volta, di tipo letterario: il romanzo «Resurrezione» di Lev Tolstoj. Anche lì la storia si conclude con una lunga marcia dei deportati verso la Siberia e, in entrambi i casi, è una donna la protagonista.. Ma le assomiglianze, sotto questo punto di vista, finiscono qui. Se Katiuscia – la protagonista di «Resurrezione» – è infatti completamente innocente e quindi completamente vittima di tutte le circostanze, Katerina è colpevole. Ma la pietà, la compassione, la solidarietà che io provo per entrambe queste due Donne è la medesima. Entrambe infatti sono vittime di un mondo sbagliato e corrotto, entrambe sono vittime di una società, di un mondo profondamente maschilista ed entrambe, infine, fanno parte di quell'Umanità, formata dagli emarginati, dagli ultimi della Terra Nel 1934, Šostakovič volle dare a Katerina – a differenza dell’originale personaggio di Nikolaj Semënovič Leskov, da cui è tratto il dramma – un volto molto più umano per caratterizzarlo molto di più da un punto di vista sociale: Katerina è vittima di un sistema che mette al centro dei suoi valori la ricchezza e che porta molte persone a delinquere in nome di quella. Ma quello che mi colpisce profondamente è il clima diametralmente opposto che conclude queste due opere rispetto a due capisaldi del teatro di fine Settecento inizio Ottocento. Come già, nel teatro di Musorgskij, in Šostakovič il messaggio finale è di un pessimismo terribile: trionfo terribile delle tenebre, della notte, del buio: Katerina si butta nel fiume costringendo con lei la nuova amante del suo amato Sergej ma, prima di fare questo, canta una bellissima canzone: Nel bosco, là dove è più fitto, c’è un lago: Tondo tondo e molto profondo, L’acqua è nera. Nera come la mia coscienza. E quando il vento soffia nel bosco, Sul lago si sollevano le onde, grandi onde, ed è terribile: D’autunno poi ce ne sono sempre. Acqua nera e grandi onde, Nere, grandi onde Il senso dell’oscurità è già molto profondo e l’opera si conclude con un canto di un vecchio forzato: E cammina, cammina senza sosta, Suonano a ritmo le catene, Tristemente si contano le verste Sollevando la polvere coi piedi! A cui fanno eco gli altri forzati: Eh, voi, steppe smisurate, Giorni e notti senza fine E pensieri sconsolati E gendarmi disumani. Ah!... Dopo l'esperienza della di quest'opera, Šostakovič, a parte alcune sinfonie molto ligie ai dettami del potere, decise di comporre solo musica da camera per non incappare nuovamente negli strali della censura sovietica. Nel 1943 pensò di rompere questo atteggiamento musicando un testo di Nikolaj Vasil'evič Gogol': «I giocatori», ma ben presto si rese conto che ancora una volta la storia e la musica di questa opera non sarebbero state accette dal potere sovietico per cui, in preda al più profondo scoramento decise di abbandonare l’impresa. E’ un peccato veramente grande perché il primo atto di questa opera da lui composto è veramente eccezionale e non lesino di affermare che probabilmente se fosse stata compiuta sarebbe da annoverare fra i grandi capolavori del teatro musicale del Novecento Nello stesso anno compose la «Sinfonia n. 8 in do- Opus 65». Siamo in piena seconda guerra mondiale subito dopo che le truppe naziste furono respinte dal suolo sovietico. Naturalmente il potere chiese al compositore una sinfonia che celebrasse questa vittoria. Ma, ancora una volta, il compositore, non accontentò i suoi governanti. Compose infatti una partitura improntata dalla più assoluta mestizia e dal più grande dolore dettato dalle atrocità della guerra. In tutta questa tristezza, però, il finale spicca con una musica intima, una pastorale solare con elementi popolari. Intervistato sul significato filosofico della sinfonia il e sul significato in particolare di quel finale, il compositore disse che aveva voluto descrivere il suo «dolore verso la violenza dell’uomo sull’uomo» ma, a dispetto di tutto ciò, nel finale, volle affermare che nonostante tutto «la vita e’ una cosa meravigliosa, la vita e la bellezza trionferanno.
  7. Fu Šostakovič un vero e autentico comunista? Secondo Stalin fu un compositore «nemico del popolo»; secondo gli accademici degli Stati Uniti fu «forse il figlio musicale più leale della Russia»; secondo altri fu un «inconsistente», un «codardo» un «essere umano mediocre», un «impotente morale e complice servile». Ho detto che, ancora oggi a 39 anni dalla sua morte, avvenuta il 5 agosto 1975 - ricordo quel giorno come fosse oggi: io sotto un ombrellone a Pinarella di Cervia, mentre mio padre che leggeva l'Unità ad annunciarmi la sua morte – la sua figura umana e compositiva non è ancora ben giustamente valorizzata nella sua grandezza e, il motivo, sta tutto su quei pre-giudizi che ho qui riportato e che lo rendono inviso anche a tanti che ascoltano la musica classica. Šostakovič fu un vero comunista, se però per tale intendiamo un uomo che ha creduto veramente che fosse possibile creare un mondo alternativo a quello di allora e di adesso. Non fu un comunista se per tale, pensiamo a tanti assassini che nel nome del comunismo hanno compiuto indicibili orrori. Fu un uomo che nella sua enorme contraddittorietà, fu solo apparentemente fragile, non vile ma coraggioso, la cui musica ha terrorizzato tutto il mondo, quello sovietico e quello anti-sovietico, vittima ma, al fine vincitore, anche se questa battaglia lo trovò completamente sfigurato fisicamente e psicologicamente nei suoi ultimi 10 anni di vita. La sua lotta fu con Stalin. Una lotta che durò anche dopo il 6 marzo del 1953, quando il dittatore sanguinario morì. Una lotta non esplicita ma sempre fra le righe che portò, lui e la sua famiglia, a vivere sempre sul baratro della catastrofe, sotto la costante minaccia di essere arrestati, esiliati o assassinati e non ci si faccia abbacinare dai premi di stato da lui ricevuti su questo argomento. Amò la sua Patria, amò la sua Leningrado: «Leningrado è la mia patria. La mia città natale, la mia casa. E molte altre migliaia di leningradesi sentono quello che sento io. Un sentimento di infinito amore per la città natia, per le sue ampie strade, per le sue piazze e i suoi edifici incomparabilmente belli. Quando cammino per la nostra città in me sorge un sentimento di profonda sicurezza, che Leningrado si ergerà per sempre solenne sulle rive della Neva, che Leningrado nei secoli costituirà un possente sostegno per la mia Patria, che nei secoli moltiplicherà le conquiste della cultura.» Ecco, la vittoria di Šostakovič su Stalin fu questa: la vittoria della cultura e dell'arte immortale sull'ignoranza, la prepotenza, la cattiveria e la tirannia. «La creazione del genio davanti a noi avviene con la bellezza di un tempo», l'invisibile, per il compositore, è molto di più del visibile, del tangibile, di ciò che si può toccare. Šostakovič fu sempre orgoglioso di essere riuscito a continuare a comporre anche dopo i durissimi attacchi del 1936 e 1948 e, tramite la sua arte, continuò sempre il suo dialogo con Stalin. E lo fece anche nella sua Decima Sinfonia che compose proprio nell'anno della morte del dittatore: il secondo movimento è uno scherzo selvaggio e spaventoso che, a detta dello stesso Šostakovič, è il ritratto musicale di Stalin. Fu un grande maestro di motivi nascosti, di citazioni e giustapposizioni di figure ritmiche. Nella Decima Stalin viene riconosciuto attraverso la musica per il film “La caduta di Berlino”, il compositore dalla sua stessa firma musicale: il tema D-Es-C-H, comparso nelle opere precedenti solo per allusione che qui diventa il tema centrale. Questo tema si contrappone nel Finale a quello di Stalin e, nel duello vince, come a dire: tu sei morto ma io sono vivo. Ma in realtà la metafora va invece letta in questo senso: i tiranni sono tutti mortali, l'arte è invece eterna, la cultura è l'unico scudo che noi abbiamo nei confronti dell'ignoranza, del male e della violenza.
  8. Sul fatto che la rivoluzione l'ha fatta Schoenberg, non c'è alcun dubbio. Sul resto del tuo discorso dico questo: non necessariamente gli opposti estremi sono anche i 2 più grandi di un'epoca. Dal mio punto di vista Stravinskij è sicuramente stato il più grande del secolo scorso, ma faccio un po' più fatica a considerare anche Schoenberg tale. Ma potrebbe essere questione di gusti. Ho detto che Šostakovič è stato il più grande compositore sovietico e non voglio andare oltre ma, detto ciò, sono assai anche convinto che a tutt'oggi non ci sia ancora una esatta percezione reale sulla sua grandezza. Ma, ancora una volta, potrei peccare di gusti personali, non lo metto in dubbio. Bartok e Prokof'ev - faccio assolutamente fatica a seguirti con Rachmaninov - sono stati certamente grandissimi ma, penso che Šostakovič sia stato in un gradino più alto.
  9. Sicuramente Šostakovič non fu un innovatore se lo raffrontiamo alla rivoluzione dodecafonica e poi alle seguenti che furono a lui contemporanee. Ma bisogna aggiungere che se anche lo avesse voluto, non lo avrebbe potuto essere rimanendo in Unione Sovietica, dove, il regime staliniano non accettò mai musica che non fosse troppo al di fuori dei suoi cliché. Lo stesso compositore corse il rischio di fare la fine di tanti suoi connazionali – deportati o assassinati – per avere composto un'opera veramente straordinaria come «Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk» e, veramente sintomatico, fu il suo rapporto con Stalin in tal senso. Penso sia giusto però affermare che Šostakovič se non fu un innovatore nel senso novecentesco del termine, non fu altrettanto anche un conservatore tardo romantico o post-romantico. La sua musica pur rimanendo nel solco della tonalità, si distacca notevolmente dagli stereotipi precedenti e non mi riferisco solo ad un Rachmaninov, ma anche ad un altro suo grande conterraneo e contemporaneo, quale fu Prokof'ev. In questo senso direi che il corpus dei Quartetti sia la punta di diamante del compositore.
  10. Caro Terenzio, mi fa molto piacere che tu ama Šostakovič In realtà ho ben presente il tuo lavoro che, sarà anche quello di un dilettante, ma è veramente prezioso. L'ho ben presente a tal punto che se tu clicchi su n. 15 Opus 144 , vedrai la sorpresa. Ciao e grazie di tutto.
  11. Sarà perché è un periodo che il mio sguardo e il mio pensiero si volge in maniera retrospettiva al secolo scorso, sarà perché sento con un po' di apprensione e forse nostalgia, un richiamo ad un tempo di speranze fallaci e dunque alla mia gioventù, ma mi capita spesso di pensare a Dmitrij Šostakovič. Amo spasmodicamente questo compositore e lo amo non solo perché è stato uno dei più grandi geni musicali del Novecento ma anche – come spesso mi accade – perché riesco a riconoscere in lui delle qualità umane e storiche che lo rendono unico. Cosa rende unica la figura – e dunque anche la musica – di Šostakovič? La risposta, penso, è che in lui, tragedia personale e tragedia di un'epoca diventano un tutt'uno e lui, tutto ciò ha saputo tradurlo perfettamente nella sua opera. Il massimo compositore sovietico sentì profondamente sulle proprie spalle la responsabilità del suo tempo e attraverso essa, un profondo senso di colpa e di impotenza verso il tradimento e la fallacità di tante speranze. Ascolto i suoi 15 Quartetti che, assieme alle sue 15 sinfonie, sono il massimo testamento spirituale del compositore. Li ascolto e penso che assieme ai quartetti di Beethoven, a quelli di Bartók, siano quanto di più sensazionale sia stato concepito in materia. Summa del percorso è il n. 15 Opus 144 che fa parte dell'ultima fase della vita di Šostakovič, quando ormai irrimediabilmente minato nel corpo e nello spirito, il compositore si abbandona ad una musica assolutamente tetra, inquietante, funerea: una musica che non lascia alcuna luce di speranza. Un capolavoro assoluto, da brividi e...che mi lascia senza fiato.
  12. https://www.youtube.com/watch?v=Y-pQybqn0y8 HAPPY BIRTHDAY, DEAR ARMANDO ~ BY DANIELE SCARPETTI
  13. Si Simone, ma la politica è l' arte dell impossibile. Chi avrebbe immaginato fino a 60 anni fa che un continente che per secoli ha conosciuto solo guerre avrebbe potuto in così poco tempo arrivare a questo punto? Un secolo fa iniziava la prima guerra mondiale, oggi i tedeschi commemorano assieme a francesi e inglesi quell inizio. Dunque, perché non pensare e sperare che fra un secolo noi si possa essere tutti una stessa unione?
  14. Sì, sono d'accordo con te sulla parte politica, fermo restando però che se è vero tutto quello che dici, sono altrettanto convinto, che la strada giusta da perseguire sia quella di una reale unione politica europea. Ci vorranno 100 anni - forse meno o forse più - ma questa è la strada giusta. Ciò detto e, ascoltando quanto Grillo urlava oggi a tal proposito, penso sempre che un gesto come quello di voltare le spalle ad un'orchestra che sta eseguendo l'Inno alla gioia - e non della gioia, come Grillo oggi urlava - che, ancor prima di essere l'inno dell'Europa unita è il finale della Nona di Beethoven - sia un gesto villano e ignorante. Non è rifiutando la cultura europea che si risolvono i problemi. Non è sputando sul piatto da cui tutti noi veniamo che riusciremo ad emergere. Grillo, oggi ha urlato che l'Inno della gioia (singh), è stato usato in passato da Hitler e Mao. Bahh!!! E allora? Pensa veramente che Beethoven quando lo compose pensasse a gente come Hitler e Mao? O è solo l'ennesima sua malafede a fargli gridare simili cose?
  15. Gli euroscettici di Farage voltano le spalle all'Inno Gli eurodeputati del gruppo euroscettico di Nigel Farage si sono alzati in piedi e hanno voltato le spalle all'orchestra Filarmonica di Strasburgo mentre questa suonava l'Inno alla Gioia di Beethoven, al centro dell'emiciclo dell'Europarlamento, durante l'inaugurazione della sua ottava legislatura. La scena, ripresa dalle telecamere, si è svolta questa mattina a Strasburgo, subito dopo l'apertura della prima sessione plenaria della nuova Assemblea, eletta nel maggio scorso, da parte del presidente ad interim Gianni Pittella (Pd). Gli eurodeputati che hanno dato le spalle all'inno europeo erano circa una quindicina, dei 48 che conta il gruppo euroscettico Efdd (Europa della libertà e della democrazia diretta), tra i quali anche i 17 eletti dell'M5S, che non hanno partecipato alla protesta. Che dire? Dovrei consolarmi pensando che, almeno gli italiani non lo hanno fatto. Ma...che tristezza!
  16. Sì, infatti io intendevo dire che l'opera del Burri aveva raggiunto lo scopo. Quello che invece io intendo a rimarcare è che non trovo giusto che grandi artisti - e Fontana è sicuramente uno di questi - solo perché ormai considerati tali, possano poi fare cose di questo genere e che, solo perché fatte da loro, possano essere spacciate per opere d'arte e costare cifre pazzesche.
  17. Banalità massima: alla fin fine io penso che questa sia la cosa giusta. E lo dico, soprattuto, in riferimento al discorso che da altra parte si faceva a proposito della musica atonale o che dir si voglia. Smettiamo di azzuffarci su cosa è giusto e su cosa no. Per il resto sarà solo il tempo ... a decidere e giudicare!
  18. Allora, premesso che sono sostanzialmente d'accordo con quanto scritto da Simone, questa volta correrò il rischio io di dire una sonora sciocchezza (la cosa di per sé non è una novità). Io ho assistito in televisione su Rai 5 a 4'33" , non dunque dal vivo. E che devo dire? Come spesso mi accade mi è venuta in mente la famosa fiaba dove il bambino, mentre gli altri stanno tutti zitti, grida "il re è nudo". Un'orchestra,lì sul palco, un pubblico e per quattro minuti e 33 secondi il "quasi" silenzio. E allora... il re è nudo! E' come quella tela dove il pittore ha fatto squarci con un coltello ed è famosa perché il pittore è... Il re è nudo e io mi sento preso per i fondelli. Scusami Claudio, ma veramente non ci arrivo!
  19. E' abbastanza usuale, nei programmi, accostare brani del repertorio classico con quello contemporraneo. Questo per due motivi: il primo una certa sfiducia da parte degli enti teatrali nella capacità della musica contemporranea di riempire il teatro - motivo assai poco nobile e discutibile - poi perché si pensa che - chissà, forse? - l'ascoltatore medio di musica classica, possa anche essere illuminato sulla via di Damasco. "Sai l'altra sera sono andato ad ascoltare le ultime sonate di Beethoven. Nella prima parte c'era anche un certo Lachenmann. Ti dirò, la cosa non mi è affatto dispiaciuta!" A volte le cose...capitano!
  20. Grazie Frank. Premetto che sono sostanzialmente d'accordo con quanto da te scritto. Sappiamo bene che un brano di musica può avere diversi livelli di fruibilità, ogni livello avvicina un certo numero di ascoltatori. Volendo stare al gioco e semplificando da un estremo c’è la musica pop e dall’altro quella contemporanea. Ma c’è sempre un “mah!”. La storia ci ha insegnato che un brano può arrivare contemporaneamente a diversi target di ascoltatori, ce lo insegna ad esempio Beethoven con la quinta (forse meno con la grande fuga, visto che è stata citata), come Chopin in svariate opere ormai entrate nelle corde del più “rozzo” degli ascoltatori. (Vogliamo parlare di Mozart?) Secondo me fino a qui, il discorso può quadrare…scrive Gino, scrive Lachenmann e ognuno si sceglie il suo target di ascoltatori. Io suggerisco vivamente di cogliere questa occasione, Lachenmann fa fuggire gli ascoltatori dalle sale? Bene, quale migliore contesto per proporre quella musica che invece li farebbe tornare e restare? Questo è il miglior momento, fatevi avanti. Diciamo che fino a qui il discorso può ancora starci; è solo un problema di scelte ed opportunità che chiunque può cogliere. Ma subito dopo “purtroppo” sembra che la colpa sia “delle immagini sconnesse”, ecco che per perorare la causa, anche una “scarsa” tecnica può contribuisce assai, la questione è oggettiva, non si scappa: “le immagini proposte sono sconnesse”. Il punto è che le immagini potrebbero essere connesse e la platea non essere in grado di correlarle (come capita tipicamente per le opere più impegnate di Bach, tutta la musica fiamminga, tutta la musica dodecafonica, etc. … questo fa un po’ coppia con la domanda di Red, ovviamente senza risposta), per cui caro Daniele, ognuno resterà del proprio parere se ci si limiterà al gusto, ma se poi si va sul tecnico chi ha ragione salta sempre fuori, è un tecnicismo, una questione oggettiva, se le relazioni ci sono: Ci Sono! (se così non fosse il valore della musica dell’ultimo degli allievi sarebbe equiparabile a quella di Bach, ma sappiamo che non funziona così, Bach è una cosa e tutto il resto un'altra). Certamente una delle colossali differenze fra i tempi in cui componevano, Mozart, Beethoven e Chopin sta nel fatto che il loro prodotto non era accessibile a tutti - come è avvenuto nel Novecento - ma a solo quelli che potevano accedere ai luoghi deputati all'esecuzione musicale. Solo dal secolo scorso dunque, anche la musica di questi compositori - o certa musica - può diventare pop, ma chi ci puo dire cosa sarebbe accaduto ai loro tempi se fosse stato possibile per tutti avvicinarsi ad essa? Penso che questo ragionamento sia imprescindibile comunque si rapporti con la musica contemporranea. Sono certo che se si va sul tecnico il discorso possa già indicare chi ha ragione e chi ha torto e, personalmente non ho alcun dubbio su chi l'abbia. Ma, in verità, quello che avrei voluto evitare, era l'ennesima contrapposizione sterile fra le varie idee che, come sempre, non porterà a cambiare nulla. Per cui, preferisco sposare l'idea di Claudio, andiamo ad ascoltare la musica che più ci piace ma cerchiamo di non dire cose che, potrebbero essere solo delle grandi sciocchezze.
  21. Il video l'ho ascoltato, ora però attendo che tu ottemperi a questo impegno. Ciao FranK!
  22. oh, be su questo non c'è alcun dubbio direi. Dalhaus è essenziale.
  23. Se ti riferisci a Giammarino, io non penso che la sua intenzione sia quella di fare musicologia in poche righe. Probabilmente per farsi conoscere ha proposto al sito che lo ospita di poter scrivere di musica. In questa maniera si possono prendere i due classici piccioni con una fava: oltre a farsi conoscere, egli introduce in un sito che dapprima ne era sprovveduto, alcune pillole musicali che, si spera, possano in una qualche maniera incuriosire e interessare anche persone non necessariamente legate alla musica.
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