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Piano Concerto - Forum pianoforte

pestatasti

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Tutto postato da pestatasti

  1. L'art. 3 del Testo Unico sull'imposta di registro (D.P.R. 131/1986) assoggetta all'obbligo di registrazione soltanto i contratto di locazione di beni immobili. Le locazioni di beni mobili (stumenti musicali), e sempre che siano fatte nella forma della scrittura privata, dovrebbero cadere nell'art. 5 del medesimo testo unico ed essere quindi soggette a registrazione solo in caso d'uso (in pratica solo se si è costretti a farle valere in una controversia). Quindi non mi preoccuperei dell'imposta di registro. Ogni attività svolta in modo professionale (e non meramente occasionale) è soggetta ad imposizione fiscale che, comunque, è proporzionale al reddito. Per le nuove attività e per i giovani sotto i 35 anni c'è però la possibilità di usufruire del "regime dei contribuenti minimi" che prevede, tra l'altro, l'esenzione dall'IVA ed una tassazione forfettaria Irpef al 5% (http://www.tasse-fisco.com/liberi-professionisti/nuovo-regime-minimi-2012-apertura-partita-iva/7844/). I costi maggiori, quindi, sarebbero quelli previdenziali che non so quantificarti. Ovviamente il consiglio migliore è di sentire un commercialista.
  2. Non so da dove trai questi giudizi... se così dev'essere interpretato il mio intervento me ne scuso, per carità... Ci tengo però a dire che anzitutto sono assolutament tranquillo, e che non penso di aver consigliato a Dante di smettere. Anzi casomai il contrario. La domanda era: perché scriviamo musica? Sottinendeva: perché facciamo musica quando qualcun altro lo ha già fatto o lo sta facendo meglio di noi? La mia risposta era, in sintesi: perché (come dice Piccinesco) ci piace, perché ne sentiamo il bisogno, perché per noi è una cosa dotata di un senso a prescindere, come la bellezza, come il sesso, come l'amore. Chiunque abbia avuto a che fare con qualcosa di artistico (mi dispiace, uso questo termine non tanto perché sia stato "visitato dal sacro fuoco" ma perché non ne conosco altri) sa di che cosa parlo. Ci tengo a dire, poi, che per me anche un bambino che disegna è un artista se lo fa mosso da un bisogno creativo. Non c'è bisogno di essere Michelangelo o Mozart. Il mio giudizio finale era rivolto a coloro che, al contrario, scrivono senza provare questo piacere, senza sentirne l'esigenza interiore (non so perché Cromadibrera si sia sentito chiamato in causa). Bada bene però, non era un invito a smettere. Se queste persone lo fanno per professione tanto di cappello, è sicuramente il lavoro più bello che si possa fare. Se però, oltre a non sentirne una motivazione interiore non ci guadagnano nemmeno allora veramente c'è da chiedersi perché lo facciano.
  3. Capisco, Dante, il tuo "scoramento" ma davvero se dovessimo superare le bellezze del passato il mondo si fermerebbe. L'arte, oggi, è molto decaduta rispetto a qualche secolo fa. A parte poi che l'approccio all'arte non dovrebbe avere nulla a che fare con la competizione, con l'esclusione, con "io sono meglio di..." (e qui sono ben consapevole di quanto il c.d. "ambiente", a partire dai conservatori, sia invece escludente e ferocemente competitivo). Condivido quanto osserva Carlos. A parte questo però, io credo che l'artista debba avere le stesse motivazioni del mistico. Nel fare arte infatti c'è qualcosa di senzazionale, di trascendentale, che ti coinvolge a prescindere dal fatto che ci sia qualcuno ad applaudire. Chi fa arte prova piacere, trasporto, appagamento esistenziale. Chi crede in Dio potrebbe affermare che fare arte è un mezzo eccellente per entrare in contatto con l'Assoluto. Hai mai provato il classico brivido tra le scapole quando hai sentito la musica di uno degli autori che hai citato? Sono sicuro di si. Ecco, quella senzazione basta a giustificare l'esistenza dell'arte ed il gesto dell'artista. Non c'è bisogno della fama, del riconoscimento dei critici, dei soldi e di tutte le cose più o meno squallide legate al mondo dello spettacolo. Ovvio poi che la gratificazione è massima quando gli altri ti apprezzano. Ma non è questo che dovrebbe motivare l'artista. Non si fa arte per pavoneggiarsi o per arricchirsi. Glen Gould, che tu stesso hai citato, si era ritirato per un lungo periodo solo con il suo cane ed il suo pianoforte in un bosco sperduto del Canada e poi ha lasciato molto presto le scene. Certo, le sue incisioni venivano ascoltate ma il pubblico lo infastidiva ed amava suonare solo con il suo pianoforte. Quindi se mi chiedi che senso ha suonare se nessuno ti ascolta, che senso ha scrivere se nessuno ti pubblica, io ti rispondo che un senso ce l'ha eccome.
  4. Scusate, ma che domanda è? Perché un artista vuol fare arte? Per l'artista l'arte è un modo di essere. Non è un "fare", è un "essere". Non c'è utilità pratica, non c'è un "mestiere", non c'é una professione (anche se fare arte potrebbe in certi rari casi portare utilità economiche), c'è solo il bisogno di realizzare se stessi. Insomma lo vogliamo capire che l'arte non "serve" a nulla. Come la bellezza, come l'amore, non serve a nulla (certo qualcuno potrebbe spiegare che senza l'innamoramento tra due persone di sesso diverso probabilmente la spece si estinguerebbe, ma io sono di quelli che preferiscono darsi una spiegazione diversa). Tutte le cose belle della vita non servono a nulla. Ci sono e basta. Chiunque scriva musica (ma lo stesso vale per qualsiasi altra attività artistica) non dovrebbe farsi domande tipo "perché lo faccio"? "il mondo ha bisogno di quello che sto per fare"? E' solo l'artista che dovrebbe sentirne il bisogno e questo basta. Chi non ne sente il bisogno e scrive lo stesso o è un professionista ma non un vero artista o dovrebbe smettere.
  5. Hai ragione. Comunque mi sento in buona compagnia: "[schumann, n.d.r.] non aveva neanche competenza come pianista e se non fosse stato per quella sua scaltra mogliettina che si impegnò ad eseguire tutte quelle sue mediocri composizioni, noi manco sapremmo della sua esistenza" Glenn Gould, cit. da Piero Rattalino, Glenn Gould, il bagatto, p. 4.
  6. Se Morgan abbia le mani che vanno a diversa velocità non so... a me sembra che abbia preso in giro beethoven solo per fare il buffone, peraltro con l'imperdonabile complicità di Augias. Non c'è da gridare alla lesa maestà ma questa ridicolizzazione dell'arte proprio non la sopporto. Trovo giustissimo quanto scritto da pianoexpert; purtroppo il pianoforte risente troppo del mito ottocentesco del "virtuoso" nella sua accezione peggiore. Quanto al manierismo penso che debbano considerarsi "di maniera" tutte le esecuzioni che non nascono (direi sgorgano) dall'emozione che prova l'inteprete nel momento stesso in cui suona, o da scelte interpretative ragionate, ma dalla fredda riproduzione di prassi esecutive consolidate. Il che non significa (e quì sta la contraddizione irriducibile dell'arte e l'importanza del talento) che ogni esecutore dovrebbe necessariamente discostarsi da tali prassi esecutive: anche l'interpretazione più strettamente filologica e rigorosa può essere densa di emozione e affatto manierata.
  7. Effettivamente l'esecuzione è un po' "sentimentale". Da quello che si può sentire, però, il tocco è gradevole e il risultato finale è molto bello. Personalmente trovo un po' seccante l'associazione "strumento d'epoca=filologia intransigente". Penso che la recente attenzione per gli strumenti d'epoca, e per le copie filologiche in particolare, sia una conquista e non debba essere considerata soltanto questione di puro gusto filologico e tantomeno una moda. Si criticano per le minori possibilità dinamiche, la debolezza del timbro, la minor resistenza all'accordatura, la maggior delicatezza... La loro voce, però, è tutt'altra cosa (non migliore, né peggiore, diversa) rispetto a quella della discendenza ottocentesca. Scarlatti al fortepiano... La suite BWV 1067 di Bach al traversiere... Frescobaldi su un clavicembalo italiano... W. Byrd su un virginale... La voce autentica dello strumento e, suo tramite, quella del compositore che ha scritto per quello strumento torna a vivere. Le scelte interpretative non c'entrano. Ognuno c'ha le sue... certo oggi, molto poco filologicamente, c'è in giro una sorta di "urgenza" di fare per forza qualcosa di diverso da quello che è stato già fatto e sentito. Comunque W chi suona Beethoven al fortepiano (e soprattutto beato chi se lo può permettere).
  8. Forse Bryan Eno aveva solo il terrore dell'aereo...
  9. Alcune sono commuoventi. La 60 per esempio: fa capire la differenza tra arte e spettacolo (che con la morale non c'entra proprio niente!). Altre sono un po' banali o "spaccone" un po' come... la sua musica (giudizio personalissimo e libero di non essere condiviso). A proposito, Ma a quale suono della scala corrisponde il rumore dei vetri e del cuculo?!
  10. Certo se l'approccio all'ascolto è quello del fruitore di New Age... e poi se una cosa è bella o brutta non dipende dal fatto che sia o non sia famosa.
  11. Scusate se affollo questa discussione, ma nell'intento di rispondere alla domanda di Carlos penso di aver fatto torto a Pollini. Ho riascoltato l'intervento e, in realtà, credo che più che snobbare o criticare abbia semplicemente voluto dire che, oggi, c'è la tendenza a scartare tutta quella musica il cui ascolto richiede un approccio culturale più impegnativo. Per questo, dice lui, che bisognerebbe fin dalla nascita educare l'orecchio delle persone ad ascoltare anche musica che esce dai soliti schemi (si potrebbe dire anche "divulgare") in modo che non risulti così difficile da comprendere. Mi sembra che sia da condividere.
  12. Preciso per evitare nuove incomprensioni: molte opere di Chopin (ripeto, esiste anche uno Chopin non così "facile").
  13. Per "facile" intendo (scusate la tautologia) più facilmente comprensibile in base ai canoni linguistici musicali propri della nostra cultura e quindi più godibile per l'uomo "di strada". Non intendevo riferirmi alla difficoltà tecnico-pianistica, né implicare alcun giudizio di disvalore sulla bellezza o originalità dell'opera di Chopin. Certo è una generalizzazione, ogni singola opera fa storia a sé: un conto è il valzer in si bemolle o il notturno in mi bemolle, un conto sono gli studi per il metodo dei metodi, la sonata in si, le mazurche... Volevo solo dire che il linguaggio musicale che usa Chopin non è difficile da ascoltare e da capire anche per chi non ha particolare cultura musicale (ad esempio ho un'amica che adora Biagio Antoniacci, detesta la "musica classica" e, tuttavia, si è commossa quando le ho fatto sentire la quarta ballata di Chopin ed in macchina tiene il CD dei notturni suonati da Pollini!). Non volevo dire che per questo Chopin sia banale. Al contrario volevo mettere in evidenza la contraddizione del pensiero di Pollini quando da una parte snobba la musica che ricorre al linguaggi tradizionali (8'50 circa) mentre le opere di Chopin usano quello stesso linguaggio.
  14. Secondo me si riallacciava a quanto detto poco prima: e cioè che la musica è un linguaggio che, a differenza di quanto si dice, non è affatto universale. Muta a seconda dei tempi e dei contesti culturali. Certi generi sono facili da comprendere per l'orecchio dell'uomo "di strada" occidentale, non particolarmente appassionato, né curioso dal punto di vista culturale, perché rispondono ai "canoni linguistici musicali" a cui noi tutti siamo stati impostati fin dalla nascita. "Parlano la nostra lingua". Chi non sente necessità di oltrepassare un ascolto di "puro intrattenimento" (privandosi, ad avviso più che condivisibile di Pollini, della vera bellezza e profondità dell'esperienza musicale) non è disposto a compiere alcuno sforzo per comprendere liguaggi diversi e tende quindi ad apprezzare ed ascoltare esclusivamente la musica che riesce a capire. In questo senso è innegabile che certa (e sottolineo certa) musica barocca (in particolare della c.d. "scuola italiana") ha sin dalle sue intenzioni delle analogie con la musica c.d. "leggera" di oggi. Vuole farsi orecchiare, vuole semplicemente stupire e divertire il pubblico.Non è un caso che gli italiani abbiano avuto tanto successo nella società del '700. Tutt'altre pretese avevano, che so, i preludi non misurati di Louis Couperin, l'arte della fuga di Bach e la c.d. musica contemporanea del '900. D'altra parte ci sarà un motivo se ancora oggi per fare pubblicità alle automobili si usano le 4 stagioni di Vivaldi e non certo un pezzo di Luigi Nono. Poi Pollini pensa che la musica "facile" sia tutta da buttare, e quì ognuno la pensa come vuole (se per questo, del resto, anche il "suo" Chopin è molto "facile"). Io penso che sarebbe un grave delitto culturale bollare Vivaldi come un semplice "sottofondo" sonoro da intrattenimento e lo stesso vale per certa (e sottolineo certa) musica c.d. "popolare" di oggi.
  15. Qualche giorno fa sentivo Uto ughi a rai 3 che osservava come, a differenza che in passato, oggi l'esecutore sta davanti e non dietro il compositore. L'esecutore, oggi, è molto più importante della musica che suona. Ogni produzione "classica" è costruita attorno all'ultimo virtuoso di turno che poi, il più delle volte, "piega" il brano alla smania di dare un'interpretazione per forza diversa da quelle (magari eccellenti e filologicamente corrette) che si sono già sentite in passato (tanto per fare un esempio questa è l'impressione che mi fanno i concerti di Bach registrati da Rahmin con Chailly). E' sempre la solita banale vertià: quello che non si vende non esiste, e per vendere bisogna costruire dei "miti" (commerciali)...
  16. Non saprei. mutatis mutandis (ovviamente) a me sembra di vedere la "spontaneità nella bellezza" tipica di Mozart ad esempio in alcuni brani dei Beetles e, perchè no, di Battisti
  17. Ovviamente volevo dire un la bemolle, scusate
  18. Tanto per chiarirmi meglio con una domanda retorica: secondo voi un sol diesis è uguale a si bemolle? Visto che il tasto che si schiaccia è lo stesso è indifferente scrivere l'uno o l'altro?
  19. Mah... Mi sembra che anche questo sistema richieda fatica e tempo per essere assimilato (insomma prima di riuscire a legge all'impronta, cosa che peraltro non credo sia da tutti comunque). Sulla semplificazione del linguaggio, poi... C'è chi identifica l'idea di semplificare con il progresso. Tutto ciò che è semplice è migliore e più evoluto. Secondo me quando la scrittura si semplifica c'è il rischio che si semplifichi e si impoverisca anche la sostanza di ciò che, con la scrittura, si intende comunicare (vale per la lingua, e vale anche per la musica). Sempre secondo me in musica, come in tutte le cose della vita, non è obbligatorio studiare: posso improvvisare, posso orecchiare o posso decidere di approfondire e studiare. Il risultato che si ottiene nell'uno e nell'altro caso dipende molto dal proprio talento e dal genere che si vuol praticare. Ci sono degli ottimi musicisti jazz e pop, anche virtuosi, che non sanno leggere la musica, e tanti diplomati in conservatorio senza orecchio né spirito musicale. E' chiaro che, dal mio punto di vista, studiare e faticare è bello e porta sempre ad un arricchimento. Tornando al solfeggio, sarà che io ho iniziato a 5 anni, ma imparare a leggere la musica non mi è sembrato tutta questa tortura e già dopo un paio di anni mi è subito tornato facile e naturale leggere lo spartito. Questo poi non esclude che si posa benissimo continuare ad orecchiare: ad esempio, per una scelta tutta mia ho deciso di imparare due sonate di Scarlatti soltanto orecchiandole da CD ed impedendomi di vedere lo spartito se non dopo averle assimilate: a parte qualche nota sbagliata ed a parte l'impronta dell'esecutore da cui ho orecchiato (Horowitz...) il risultato, devo dire, non è male: c'ho messo meno ed il contatto con lo "spirito" dei brani l'ho sentito molto più diretto che non quando inizio a studiare leggendo con il metronomo a 60.
  20. Pazzesco. Ci pensate a una roba del genere in Italia? un festival del clavicembalo a Roma? Chi ci andrebbe? Eppure il clavicembalo non è mica uno strumento della tradizione giapponese? Meno male che ci sono sti orientali a coltivare le tradizioni culturali dell'occidente...
  21. Premetto che non sono un musicologo e non ho neppure letto troppo. Ma Credo che Bach, nonostante committenze e sudditanze varie, abbia sempre scritto quello che voleva... Ci sono pezzi più "fruibili" e "borghesi" (concerti, suite...), alcuni "liturgici", altri invece pensati soltanto per essere musica... è qui che secondo me Bach fa come un asceta della musica... prende i suoni dell'universo e li intreccia senza nessun secondo scopo (commerciale, didattico, liturgico o ludico) diverso da quello di restituire la bellezza dell'armonia del cosmo... Non c'è melodia a tutti i costi, virtuosismo, voglia di stupire... c'è solo il mistero della bellezza. Non ti invidio... Io abito a 30 minuti di macchina da una città di provincia, dove un bosco di quercioli cede a una grande radura a pascolo (con tanto di pecore sento scampanare da camera mia)... A volte, quando sono solo e tutto intorno è silenzio, mi sembra di sentire il canone dell'offerta musicale frusciare tra i rami... Ecco l'ascolto di Bach riesce ad aumentre la bellezza di un paesaggio, e viceversa contemplare la bellezza della natura impreziosisce un ascolto di Bach... La stessa cosa non vale con altri autori... forse anche in questa banale osservazione sta la spiegazione del fascino di questa musica
  22. La trascrizione che hai allegato è quella di Tausig, sicuramente la più "difficile" (praticamente un esercizio di tecnica) tra le molte che sono state fatte per pf (molte le trovi su Petrucci al link indicato da organista 94). Se vogliamo rimanere sul virtuosismo tecnico Io preferisco quella di Busoni, soprattutto per come rende la parte centrale (e più "patetica" del brano) dove il tema si intreccia con i trilli della mano destra. Anch'io sapevo dei dubbi di attribuzione a Bach ed in effetti il pezzo non sembra proprio in stile bachiano. Comunque, chiunque ne sia l'autore sapeva il fatto suo...
  23. E' molto che non frequento l'ambiente del conservatorio, e forse sono stato sfortunato io, ma almeno nel mio caso era impossibile pensare di muovere una critica o lamentarsi con un professore senza rischiare di compromettere la propria carriera, almeno scolastica. Pensate di essere studente di un (più o meno sedicente) grade artista ed accusarlo di tentato plagio... Comunque, se quello che fai ti piace, lo depositerei zitto zitto in Siae prima di andare a lezione...
  24. sarà... a me piace più il jingle che la/e canzone/i che, al dilà della complessità, mi sembrano in perfetto stile "sanremese" (con tutto il rispetto per Mariella Nava e per tutti quelli che lavorano o ama il genere). Anzi, se proprio devo dire, credo che la semplicità sia una qualità e non un difetto nella musica pop. Comunque i gusti sono gusti...
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