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Piano Concerto - Forum pianoforte

pestatasti

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Tutto postato da pestatasti

  1. What's on your mind?

  2. A tutti coloro che avessero acquistato KIT di qualsiasi genere e non avessero tempo, voglia, mezzi o altro per finire lo strumento... non disperate!!! Mi offro io per finirli al posto vostro, ovviamente per pura passione e senza alcun compenso (salvo il rimborso delle spese vive per eventuale acquisto di materiale che si rendesse necessario). Per permettervi di valutare come lavoro, questi i link di due foto della spinetta che mi sono costruito (volendo, lo strumento è anche visionabile direttamente): http://imageshack.us/photo/my-images/689/dsc0001eak.jpg/ http://imageshack.us/photo/my-images/441/dsc0009au.jpg/ A chi fosse interessato invierò recapito per contatto diretto a discutere del lavoro. Saluti
  3. esempio: Debussy, Pour le piano, Preludio, misure 46 e seguenti. 1:06'' nel video: Come si affronta tecnicamente? Esiste un metodo? Scusate l'ignoranza e grazie in anticipo
  4. Direttamente da primo movimento di radio 3 di questa mattina segnalo: "Giulio Ricordi - Piano Works" edito da Tactus, Roberto Piana Pianoforte. Parlavano di leggerezza in musica ed hanno mandato due brani: "Romance poudrée" e "ottobre (la caccia)" Spassoso, raffinato e lirico... e molto interessante anche perché non conoscevo il Ricordi musicista e compositore.
  5. quando ho visto la folla che correva in un salone tipo agenzia delle entrate ho pensato a una sommossa per la restituzione dell'Imu con la lettera di Berlusconi alla mano... poi ho capito... scioccante la scena della valanga degli scatoloni... allucinaaaante... p.s. oh, ma Bach lo metti dappertutto...
  6. Impressionante quello studio da concerto "steel storm" (finale senzazionale). Avete sentito "wintersong"? Sembra un Debussy minimalista...
  7. Tutti i preludi op. 28 e la valse di Ravel che però non ho potuto sentire causa pranzo domenicale con i suoceri... Si infatti mi sembra che parlassero proprio di Marvulli e di Benedetto Lupo, maestro di Beatrice. In effetti non ho fatto molta attenzione all'intervista per cui avevo pensato di domandare. Grazie...
  8. Ieri a "I concerti del Quirinale" ho sentito Beatrice Rana (giovanissima e molto brava, mi sono piaciuti moltissimo i preludi di Chopin, che invidia!!!) che parlava di "scuola pianistica pugliese". Intendeva solo riferisi ad alcuni pianisti provenienti dalla sua regione o si tratta di una sorta di "movimento"? Ne sapete nulla? Mi piacerebbe approfondire... Ovviamente scuserete la mia crassa ignoranza...
  9. Spiegare a un "profano" la differenza tra musica "classica" e "leggera", o potremmo dire tra musica "colta" e "di intrattenimento", o tra musica "d'arte" e musica "di spettacolo", con tutte le criticabili imprecisioni ed inevitabili insufficienze di simili definizioni, può essere difficilissimo a parole (e assai rischioso), ma diventa facile ricorrendo ad una semplice metafora: che differenza ci può essere tra un libro Harmony e, che so, I promessi sposi? Tra il "giallo per l'estate" e Il fu Mattia Pascal? E' la differenza che, piaccia o non piaccia, esiste tra arte e spettacolo. Lo "spettacolo" è una gran cosa, richiede professionalità, doti e (a volte) talento... L'arte stessa è, e fa (o meglio può essere e fare e assai spesso fa) spettacolo. Diciamo che arte e spettacolo sono due cerchi concentrici dove quello più grande, quello dell'arte, non si accontenta e non vuole principalmente intrettenere, mirando molto più in alto, tendendo verso qualcosa che appartiene al mondo dello spirito... qualcosa di di alto, assoluto ed ineffabile che, appunto, può essere compreso in modo autentico soltanto con lo spirito e non con la pura ragione. E' ovvio che, in chi ascolta, ci vuole la stessa volontà (direi la curiosità) ed il bisogno di cercare quel qualcosa... Se io voglio solo ballare è chiaro che non apprezzerò una fuga di Bach. Bisognerebbe comunque respingre con forza qualsiasi categorizzazione, come se la musica c.d. "classica" fosse tutta un eccelso prodotto artistico e la musica c.d. "leggera" tutta puro intrattenimento. Un conto è la vespa dei Lunapop, un conto Via del Campo di De Andre'... Si potrebbero citare innumerevoli "opere" dell'epopea del Rock (Beatles, Doors, Jimi Hendrix, King Crimson, Pink Floyd...) che a mio avviso hanno profonda dignità artistica... La stessa c.d. "disco music" si intreccia con l'elettronica... Non si tratta poi di affermare la superiorità antropologica di chi cerca e comprende l'arte su chi cerca solo intrattenimento. Le persone sono diverse ed ognuno fa le sue scelte. Non diciamo però che la musica d'arte è grama o è roba da intellettuali "addetti ai lavori" solo perché non è compresa da chi non sente l'esigenza e non ha la voglia di capirla.
  10. p.s. penso di aver argomentato e comunque di aver espresso il mio pensiero (prendetelo per quello che è) ovviamente in modo non accademico non intendendo diquisire sulle CENTINAIA definizioni di forma che sono state date in più di 2000 anni di filosofia (non riterrei peraltro questa la sede più opportuna)
  11. Thallo, Frank, vi ringrazio per le vostre colte precisazioni critiche che in gran parte condivido. Thallo, è più che corretto il riferimento all'organicismo, del resto Feldman si riferiva ai compositori "del passato" citando i tre grandi miti del periodo barocco e classico. I compositori di quel periodo erano molto attenti a far sì che lo sviluppo di un brano non né compromettesse l'unità e addirittura la simmetria formale. Ciò avveniva grazie all'uso degli elementi motivici del tema (o dei temi) - e nel contrappunto del soggetto e/o controsoggetto - con cui venivano costruite le frasi che, a loro volta, davano vita ai periodi dell'intera composizione. Ogni frase era diversa dall'altra e tuttavia mantenevano tutte un'impronta ed una matrice unitaria (quale che fosse la struttura di quella che tu chiami "forma esterna": sonata, concerto, danza, fuga, ecc...) Sulla musica come liguaggio ti rispondo così: sono consapevole della complessità ma rifiuto il relativismo. Certo avrei fatto meglio ad usare la parola "forma di espressione" anziche "liguaggio" (legata al concetto di lingua). Mi sembra oggettivo il fatto che la musica (e l'arte) sia una forma di espressione, cioè un mezzo per esprimersi e quindi mettersi in contatto (direi in comunicazione, ovviamente non verbale) con l'ascoltatore. Lo confermano anche termini come "espressione artistica", "con espressione", "con dolcezza", "agitato", ecc... La domanda piuttosto è: cos'è che comunica, cos'è che esprime la musica? Una teoria, un concetto, un sentimento? Ovviamente una risposta (non banale) a questa domanda non esiste in quanto ciò che comunica la musica, il senso di cui parla Frank, è ineffabile, indicibile a parole ma ben chiaro e presente allo spirito di chi ascolta. Ritengo quindi che se il compositore non intende rinchiudersi nel solipsismo artistico (il che potrebbe anche essere una scelta assolutamente legittima) deve necessariamente accettare di esprimersi in una "forma" riconoscibile ed intelligibile per gli altri. E' naturale poi che ci sono innumerevoli forme diverse tra loro a seconda del genere musicale e del contesto culturale e mi sembra pure vero che, mi scuserete se dico una castroneria, l'arte moderna abbia messo in crisi il concetto di "forma", ma qui mi fermo non volendo addentrarmi in un campo che non conosco...
  12. La musica è linguaggio (almeno secondo l'opinione ancora consolidata) e come tale non può fare a meno della forma (altrimenti risulta incomprensibile). L'opera d'arte è sostanza e forma. La creatività si esprime dunque, necessariamente attraverso una forma determinata. La creatività è un fatto di idee e sentimento, la forma è un fatto di tecnica. Il processo creativo parte dall'idea che acquista forma attraverso un paziente e sapiente lavoro "artigianale". Gli strumenti tecnici (se volgiamo l'"artigianato" musicale) rappresentano uno strumento formidabile al servizio della creatività e consentono di esprimere e sviluppare in modo autentico le proprie idee, e a volte le suggeriscono pure. Ad esempio, la facilità di Bach nel comporre (addirittura improvvisare) fughe nasceva da una straordinaria familiarità con la tecnica contrappuntistica... Beethoven creava architetture gigantesche partendo da un tema, o addirittura da un semplice motivo, che veniva frammentato e sviscerato sino al parossismo attraverso un procedimento tecnico (individuare le caratteristiche del tema, i singoli motivi che lo compongono, gli aspetti ritmici, armonici, le possibilità di variazione, di riarmonizzazione, di modulazione, ecc...). Senza nulla togliere alla c.d. "genialità" si trattava per entrambi di un fatto tecnico, "formale" che (se vogliamo paradossalmente) dava loro una libertà di espressione infinita.
  13. Ciò che caratterizza il minuetto di epoca barocca è il ritmo ternario e moderato, ed il caratte elegante tipico della danza di corte. La struttura poteva essere tripartita o anche solo bipartita. In effetti lo schema tripartito nasce dalla musica d'insieme, dove la parte centrale (Trio) veniva eseguita da tre soli strumenti (es. un fagotto e due oboi, o basso continuo e strumento solista) e giustapposta (spesso anche armonicamente) alle altre affidate al "tutti". Nelle suite per tastiera sola, invece, è assai frequente la struttura bipartita.
  14. Vado off topic e rispondo con un secolo di ritardo ma leggo solo ora il racconto di marmelodies (che non so se è ancora iscritta o se mai leggerà questo messaggio) ma non posso trattenermi... Anch'io, una ventina di anni or sono, fui chiamato a scegliere tra musica ed università. Inutile che vi racconti quali furono i consigli e le "raccomandazioni" delle persone che avevo intorno... così misi la testa a posto e accantonai la vita da artista per la prospettiva di un buon lavoro. Essendo un "fuori sede" anch'io barattai il mio vecchio mezzacoda (con tutti i ricordi che si portava), che all'epoca ritenevo ormai inutile, per un verticalino Kawai che lasciai a casa dei miei e un digitale da portarmi dietro nelle innumerevoli stanze in affitto che girai in quegli anni. E poi vendetti il mio amato clarinetto Buffet&Crampon... Poi c'è stato il boom di laureati, la crisi e il risultato è che, oggi, mi trovo con un lavoro sottoqualificato, mal pagato e abbastanza precario molto più di tanti miei vecchi compagni di conservatorio e di orchestra giovanile che, chi in un modo e chi in un altro, sono tutti riusciti a fare qualcosa con la musica. Solo oggi capisco quanto la musica sia una ragione di vita e lotto per coltivarla e difenderla nei pochi ritagli di tempo che avanzano tra lavoro e famiglia, quando spesso mi mancano le energie fisiche e mentali per poter scrivere o anche solo avvicinarmi alla tastiera. Se solo non avessi venduto il mio pianoforte! Quel piano generosamente acquistatomi da mio padre quando ero bambino... so benissimo che in vita mia non potrò mai più permettermi di comprare un pianoforte a coda... Ecco, aver venduto quel piano è stato l'errore più gigantesco della mia vita... Certo, il destino di ciascuno di noi dipende, forse, soltanto da noi stessi e so benissimo di essere l'unico responsabile dei miei insuccessi. Inoltre non posso e non voglio intromettermi nelle scelte di vita di persone che nemmeno conosco... Solo tu sai chi sei e cosa vuoi... Però, se se senti un minimo di vocazione artistica e hai passione per la musica ti dico: rifletti bene... forse è meglio un lavoro qualsiasi, e dico qualsiasi con la musica (anche il commesso in un negozio di strumenti) che un lavoro che non ci piace o, peggio, andare ad aumentare la massa, già ben nutrita, di laureati disoccupati. E soprattutto, se non lo hai già fatto, rifletti, rifletti, rifletti prima di vendere il tuo pianoforte... Scusatemi ancora tutti...
  15. Chopin, studio op. 10, n. 9 in fa minore. Se non riesci a metronomo fallo pure lento.
  16. pestatasti

    Happy Fingers

    esatto... dovremmo imparare ad avere consapevolezza del proprio corpo mentre suoniamo per raggiungere, gradualmente, la naturalezza di cui parla pianoexpert nella sua bella metafora. A me ha aiutato molto lo yoga (che ho praticchiato senza essere un esperto, intendiamoci)... La meditazione yoga (banallizzando) mira a raggiungere la piena consapevolezza di ogni nostro muscolo in modo da scioglierli combattendo tutti quei riflessi muscolari, quelle interdipendeze negative che sono causa di spreco di energie, cattive posture e dolori. All'atto pratico, come si può fare con il pianoforte? Personalmente, per qualche minuto prima di iniziare a suonare, e una volta a settimana per almeno una mezzora, eseguo esercizi semplicissimi a mani separate (cinque note do-sol, scale di un ottava in do maggiore, prima ascendenti e poi discendenti; oppure cadute, dito per dito, partendo dalla posizione rilassata a braccia appoggiate sulle cosce) cercando di concentrarmi al massimo sul comportamento della spalla, del braccio e della mano prima ad occhi chiusi, e poi osservando come si muovono le dita, avendo cura di evitare qualsiasi rigidità, di mantenere la spalla rilassata e cercando soprattutto un bel suono. Il tutto con il metronomo, partendo da velocità molto lente fino a volare sulla tastiera. Variando da pianissimo a fortissimo. Ma sempre senza forzare e se del caso fermandomi per rallentare. Magari può sembrare banale ma nessuno dei miei vecchi maestri aveva usato un approccio simile, e solo grazie a questi semplici esercizi (che definirei di concentrazione più che di tecnica) sono riuscito a fare un salto di qualità ricavando benefici molto maggiori di molti esercizi tipo Hanon (che anzi in passato mi avevano causato problemi).
  17. Mi ricorda i tempi del liceo, quando mettevamo insieme gruppetti post rock... ce n'erano a bizzeffe di tastieristi quindicenni autodidatti che suonavano così... stesso stile, stessa gestualità, stessa roba... Non so, sono sempre più perplesso sulla musica di oggi...
  18. Premetto che non conosco il tuo livello. Mi sembra di capire che questo è il tuo primo approccio a Chopin, quindi condivido il consiglio di Pianoexpert. In effetti Chopin, dove sembra tecnicamente più "abbordabile", in realtà richiede un tocco e un'espressività e, in definitiva, una "confidenza" con lo strumento che in genere arriva solo a tecnica consumata. Personalmente considero le difficoltà espressive, soprattutto in Chopin, molto pià ardue di quelle meccaniche. Proprio il notturno postumo in do# minore (bellissimo) ed il preludio in la maggiore (toccante per grazia e semplicità) mi sembrano i più difficili perché (a prescindere dalle roulade finali del notturno) corrono il rischio di banalizzazione in brani lamentosi e/o zuccherosi (con inevitabile frustrazione dell'esecutore). Anch'io partirei dal valzer op. 69 e dal preludio in mi minore. Un altro brano (a mio parere bellissimo ed ultile per sviluppare tocco ed espressione) potrebbe essere il valzer in la minore op. 34 n. 2 e, per i notturni, l'op. 9 n. 1 in si bemolle minore.
  19. La teorizzazione di un diverso approccio culturale (e forse la concettualizzazione di "ritmo additivo" che anch'io ignoravo) è forse cosa recente. Però insisto a far notare che l'alternanza tra ternario e binario era già ben praticata nel XVI secolo (vedi i due pezzi di Byrd che ho linkato). Quanto alla "sospensione della percezione convenzionale del tempo [che porta] ad una dimensione quasi estatica della musica" di cui si parla nell'articolo di wikipedia, mi viene subito in mente questo esempio barocco: Quindi se l'assunto della discussione è (ma può darsi che non abbia ben compreso): la musica europea, e classica ante '900 in particolare, usa ritmi "regolari", mentre esperienze "poliritmiche", di "ritmo additivo", di sospensione ritmica o come altro le si voglia denominare, nascono esclusivamente in contesti extraeuropei, beh... non credo proprio che sia corretto.
  20. Non sono così convinto. La sincope esiste da sempre. Il suo effetto si gioca, si produce proprio in conseguenza del fatto che nel nostro cervello esiste un idea innata della regolarità ritmica. La senzazione di sorpresa, di energia si sprigiona dall'inganno che la sincope gioca a questo "sentimento ritmico": ci aspettiamo un battito debole e invece arriva l'accento. Tutto questo è sempre esistito nella musica occidentale. Ad esempio nella musica rinascimentale l'emiolia (passaggio tra suddivisione binaria a ternaria) nelle cadenze era uno stilema diffuso. Ciò che è cambiato è l'uso che, nei secoli e nei generi, si è fatto delle "variazioni ritmiche a sorpresa". Quindi non trovo corretto distinguere tra jazz e classica. E' invece assai corretto distinguere diverse epoche storiche. Ed ovviamente diversi contesti culturali (quello indiano sappiamo quanto sia diverso dal nostro).
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