Jump to content
Piano Concerto - Forum pianoforte

Carlos

Membro
  • Posts

    759
  • Joined

  • Last visited

  • Days Won

    61

Tutto postato da Carlos

  1. Infatti, non ci sono ancora arrivato Ecco, questa è una cosa che mi infastidisce molto (non da parte tua nello specifico eh! beninteso... ): perché uno può dire tranquillamente «che palle Liszt!» ma se io dico che quel pezzo è "noioso" «devo andare oltre»? Questa cosa francamente non l'ho mai capita e continuo a non capirla...
  2. Penso che la proporzione tra ispirazione e mestiere sia un onesto 15% vs 85% a favore ovviamente del mestiere. Ma credo anche che in presenza di un tema dato la percentuale di ispirazione scenda sensibilmente al di sotto del 10%, quindi il tuo disagio è motivato dal fatto che non hai probabilmente sufficienti strumenti per proseguire il lavoro iniziato da altri...
  3. Non ho capito se mi stai velatamente dando dell'ignorante. C'era già nel tuo post precedente un riferimento al paragonare 40 anni di ascolto di un certo genere con soli 3' di qualcosa completamente diverso e siccome ho detto di aver ascoltato 3 minuti di quel pezzo non vorrei ti riferissi a me. È così? Se È così parliamone apertamente ok? Penso di essere abbastanza forte da reggere alle tue critiche, come abbastanza "imparato" per permettermi di trovare noioso un pezzo di Jonathan Harvey...
  4. Guarda, io l'ho ascoltato un terzo di volta (ovvero i primi tre minuti). "Noioso" è l'unico aggettivo che mi viene in mente.
  5. Molto interessante l'osservazione sul «brutto oggettivo». La questione se esista la possibilità di oggettivare la bellezza s'è posta anche in altri lidi e io ero uno di quelli che sosteneva che ci sono cose che incontestabilmente sono belle e altre che incontestabilmente sono brutte (ma non ero stato in grado di formalizzare i parametri di queste due categorie). Concordo con te: la merda d'artista merda è e merda rimane ed è pure brutta, ciò non le nega il diritto di essere considerata un'opera d'arte, brutta, ma opera d'arte. Arte e bello non sono sinonimi, altrimenti tutte le cose belle sarebbero arte e tutte quelle brutte no, ma sappiamo che non è così. Questione interessante e di difficile soluzione.
  6. Ti perdono perché hai la febbre io ho scritto che la quintina, nella sua forma originaria, è caratterizzata dall'assenza di accentuazione interna al gruppo irregolare, ovvero che nessuno dei suoni (a parte il primo, come in qualsiasi altro gruppo di note, dalla duina in avanti) deve essere accentuato, pertanto nessuna parola (almeno della nostra lingua) si può usare per esemplificarla.
  7. Abbiamo parole di 5 sillabe con accento sulla penultima, ovvero piane (quasi tutte, ad es. torrefaziòne), poche, magari qualche nome proprio, con l'accento sulla terzultima, ovvero sdrucciole (come ad es. psicopàtico). La quintina, nella sua forma originaria, è caratterizzata dall'assenza di accentuazione interna al gruppo irregolare (salvo, logicamente, diversa indicazione del compositore in un particolare momento musicale, ma è un altro paio di maniche), ergo non c'è nessuna parola che possa essere utilizzata per imparare la quintina: è un errore, perché perpetua l'insana abitudine di pronunciare la quintina come se fosse, in realtà, terzina più duina (Ce-li-bi/dà-che) o duina più terzina (psi-co/pà-ti-co). La realtà è che per imparare a dire la quintina nel modo corretto si dovrebbero utilizzare, semmai, due parole di tre sillabe ciascuna, ma una tronca e l'altra piana (di modo che la terza sillaba della prima e la prima sillaba della seconda siano ugualmente brevi e la metà delle altre), e collocate, come dev'essere, una nel movimento in battere, l'altra nel movimento in levare: la difficoltà della quintina è proprio quella: suddividerla in modo che il levare "cada" esattamente a metà del terzo suono. Ad es. verità - balèna: pronunciandole nel modo corretto si compone una quintina dove il terzo suono è perfettamente suddiviso (VE - RI - Tà/Ba - LE - NA) e, una volta che si sia imparato a pronunciare così, si può eliminare la prima sillaba della seconda parola e si saprà dire una quintina perfettamente collocata in un movimento suddiviso (VE - RI - Tà/[...] - LE - NA). Scusa Thallo non ce l'ho con te (e nemmeno con gli psicopatici), ma vedo troppa gente che non sa pronunciare né a voce né con lo strumento un ritmo pulito che sia uno: per me è una questione talmente importante che non perdo occasione per portare avanti la mia «crociata».
  8. D'accordo. Fermo restando il concetto che, comunque, non può essere tutto sempre e comunque divertente e che un po' di «sbattimento» è necessario, nella musica come in qualsiasi disciplina che si voglia affrontare seriamente... sennò passa il messaggio che «o mi diverto o il maestro non capisce una cippa», ma non è detto: imparare a suddividere una settimina non è affatto divertente soprattutto per un bambino, ma lo si deve imparare... le scale e gli arpeggi li abbiamo fatti tutti, no? Alzi la mano chi pensa che fossero divertenti... nessuno? Hmm... che strano!
  9. Sì, certo, ma tentavo di riprodurre il modo di esprimersi di un bambino. L'insegnante di solfeggio è uno, il maestro di strumento è un altro. L'insegnamento del solfeggio per imitazione è caratterizzato dal fatto che si isola un "problema" rimico (la terzina, la quintina, la sincope, etc...) in esercizi zeppi ciascuno di uno solo di questi problemi. A forza di cantare quintine o terzine o... ci siam capiti, sempre allo stesso modo e sempre con lo stesso tempo (e sempre senza inserirle in una griglia ritmica) uno pensa di averle imparate (e l'altro pensa di averle insegnate), ma non è così. Suonare uno strumento è diverso, perché non si suonano esercizi di solfeggio ma pezzi magari semplici ma di senso compiuto, dove magari si incontra un ritmo complesso in mezzo ad una frase semplice. In quel caso si suonerà senza sapere magari esattamente quale sia la collocazione ritmica di una quintina, ma ciò non impedisce di suonarla, ma in quel pezzo e quella quintina, senza la pretesa di dire al giovane allievo che «tutte le quintine sono così». Non so se qualcuno di voi ha mai sentito insegnare la quintina. Io sì: «guarda: la quintina è come dire Cè-li-bi-da-che», con conseguente ripetizione a raffica di quella parola, ben suddivisa, mediamente veloce... ma quello non è "insegnare la quintina", perché la prima volta che quel povero ignaro troverà una quintina in un Adagio di Mahler a 42 di metonomo non la saprà scandire (prova tu a dire Ce... li... bi... da... che... mentre sotto qualcuno ti suona una settimina e qualcun altro una quartina... impossibile se non si sa collocare esattamente quel ritmo). Spero che il mio ragionamento sia un po' più chiaro.
  10. Io ho detto esattamente il contrario Mi auto-cito «Impedire a un bambino di suonare un ritmo se non lo sa prima solfeggiare è deprimente e sbagliatissimo, perché anche l'orecchio ha una funzione importantissima [...]».
  11. Un momento, capisco che ci possa essere un fraintendimento, ma «per imitazione» quando si parla di teoria musicale significa non saper collocare ritmicamente un ritmo complesso perché non se ne conosce la struttura (il difficile di una quintina non è eseguire 5 note in un movimento e in astratto, è eseguirle in un brano), mentre parlare per imitazione non significa non sapere ciò che si sta dicendo: significa solo non sapere come si "chiama" un verbo che si usa con cognizione di causa, perché quando dici «se io vorrei» la mamma ti dice «no: si dice se io volessi» e tu impari a contestualizzare una forma verbale anche se non la sai definire. Sono due cose diverse.
  12. Decisamente si dovrebbe insegnare in altro modo e, come è stato detto, il problema non è della materia, perché dire che il solfeggio allontana dalla musica è una bella scusa se non lo si sa insegnare ed equivale a dire che gli esercizi alla sbarra allontanano dalla danza. Ci sono almeno due cose che non si dovrebbero fare: insegnare per imitazione e sostenere che non si possa suonare una cosa se non la si sa solfeggiare. Insegnare per imitazione è sbagliato perché... beh il perché lo sappiamo tutti: io ti canto 100 volte una quintina e alla fine tu la riprodurrai esattamente, ma appena te ne trovi una scritta a un tempo diverso non la sai fare. Impedire a un bambino di suonare un ritmo se non lo sa prima solfeggiare è deprimente e sbagliatissimo, perché anche l'orecchio ha una funzione importantissima e vorrei vedere se qualcuno avrebbe il coraggio di dire a un bambino di 6 anni «no: "se tu volessi" non lo puoi dire, perché il congiuntivo a scuola non l'abbiamo ancora studiato!». A certe cose si può arrivare con l'intuito e la teoria serve per razionalizzarle e per aiutare a collocarle in contesti più complessi. In fin dei conti tutti impariamo a leggere ben prima di saper scrivere le stesse cose che leggiamo, no?
  13. Premetto che non era mia intenzione offenderti con la faccia perplessa , ma non avevo tempo di rispondere in maniera più dettagliata e scusami per la brutalità. Ti dico anche che non è mia intenzione «stroncare», ma semmai dirti onestamente ciò che vedo/penso, come farei se tu mi chiedessi un parere vis a vis. Credo che la cosa che funziona meno (parlo della versione libera e parlerò di quella) siano gli impasti che tu hai scelto e che, in realtà, impastano poco... Vado con ordine. I legni. Hai scelto di far iniziare al fagotto I la sequenza (mib fa solb fa), aggiungendo progressivamente gli altri strumenti. Considerando che la frase inizia p e cresc. molto valuterei che: a) il fagotto in quel registro è già molto verso l'acuto e fatica a suonare davvero piano, anche l'oboe in quel registro fatica, per la ragione opposta, e quindi la sua entrata si sentirebbe molto, c) il clarinetto è "a casa sua" invece, quindi: nelle prime quattro battute usi gli strumenti un po'«a sproposito» mentre il passaggio potrebbe risultare più efficace (dopo ti dico come). Inoltre dovresti considerare che tu fai iniziare il fagotto da solo, mentre il passaggio inizia già in ottava (seguendo l'esempio non orchestrato) quindi semmai aggiungerei (magari nel basso) e non toglierei ottave. Proseguendo sempre con i fiati, vedo molto «triste» il fagotto II che potrebbe essere valorizzato in due modi differenti: il primo, facendogli prendere l'ottava inferiore del frammento verso la fine (ad es. le ultime 4 battute), il secondo, inventandosi qualcosa di ritmico che porti avanti il fraseggio (un salto di ottava ogni due batture, con relativo accento; una sincope continua a metà di ciascuna battuta... insomma quanlcosa che vivifichi quel mi tenuto...); se non vai anche verso il basso, l'entrata dell'ottavino alla fine è un pugno in un occhio, secondo me: l'ottavino è efficacissimo quando il registro dell'orchestra si apre moltissimo sia verso il basso sia verso l'alto, diversamente emerge come strumento «fuori del coro» e, a meno che non sia tua intenzione, non lo vedo indicato. Proseguendo col resto dell'orchestra: l'abbinamento vlc./cb. + corno, per come è orchestrato, non si fonde e la ragione è che il corno in quel registro è nella sua zona comoda ed esce molto rispetto agli archi gravi (il mio maestro di composizione diceva sempre che i corni e le trombe è bene «vederli» scritti come vedono loro: aiuta a capire "dove suonano"; lì sono dentro al rigo, un bel fa# in primo spazio...). Li vedrei meglio con una bella nota d'armonia, o anche due: il mib tenuto e la nota che si muove (quella ad es. che suonano i secondi violini: lab, la, sib etc...) e unirei le viole ai vlc. e cb. (magari con uno dei due fagotti?). A questo punto userei i violini (primi e secondi) per la parte superiore dell'armonia (do, sib, la...), ma in ottava le due sezioni (e, attenzione: il do acuto entra la battuta seguente, non subito! e controlla il la perché resta la bequadro, non cambia in la bemolle ) e escluderei le trombe (magari riservandole per l'ipotetico culmine del crescendo, che non vediamo, insieme all'ottavino) e terrei i timpani solo dall'ultima battuta, che è quella dove davvero cambia qualcosa Riassumendo io farei così: iniziano i clarinetti in ottava per 4 battute, fagotto 2 il basso (lab, la, etc...), fagotto 1 con vlc., cb. e viole (la parte ritmica), oboi dalla batt. 2 in ottava coi violini (do, sib, la...), flauto 1 e 2 entrano le ultime due battute in ottava (ma acuto e sovracuto, non come i clarinetti), senza ottavino, corni, già detto, trombe e timpani li terrei in ultimo, o, al massimo, a "punteggiare" (tipo un solo suono insieme sull'arrivo di ogni cellula di vlc. e cb.), archi, già detto. Il tutto potrà sembrare molto classico, ma d'altra parte bisogna fare i conti col materiale da orchestrare (anche Stravinski quando orchestrava Pergolesi non esagerava poi tanto ).
  14. Ehm ehm... la faccia era proprio perché li ho visti Ale: era una faccia perplessa
  15. Sono diventato un "correttore di bozze" super esperto (qualcuno sa il perché ) e quindi penso che rimetterei a posto la frase spostando una e: Berg rinunziò all'intermediazione di un librettista, come aveva fatto Debussy per Pellèas et Mèlisande (cfr. il cap. 29), e assunse tale e quale (con qualche sforbiciata) il testo del dramma di Woyzech etc etc etc... Detto questo, però, la chiave sta in cfr. il cap. 29: se sai di cosa si parla non ce n'è bisogno, altrimenti si deve tornare indietro e leggere
  16. No. Pelléas el Mélisande è un dramma di Maeterlink scritto nel 1892. Tra l'altro le due storie non hanno la minima attinenza...
  17. Beh beh... te lo saprò dire qui a Parma succede ancora, magari non proprio il fischio, ma anche di peggio: l'anno scorso durante il Trovatore, alla prima ci furono parecchi dissensi rivolti al cast e, ad un certo punto, durante «Stride la vampa», uno dal loggione disse «mo päg'ni anca lilè?» (traduzione dal parmigiano: «pagano anche lei?»). Devo dire che in quel caso c'erano ottime giustificazioni: non era certo una cantante adeguata né al ruolo né all'apertura della stagione. Pochi anni fa venne contestato molto un Otello, diretto da Bartoletti, dove le urla arrivarono a volte a sovrastare le voci del palcoscenico. Io non approvo, sia ben chiaro; lo dico solo per chiarire che in alcuni teatri la "tradizione" del dissenso rumoroso e sbracato esiste ancora (purtroppo). Vorrei anche rispondere alla domanda di Tenore, ossia se dissentire non sia un diritto. Io credo che il dissenso sia doveroso, ma non ho mai capito perché in teatro siano permesse cose che durante un concerto nessuno si sognerebbe nemmeno di pensare (nemmeno quelli che a teatro urlano e si dimenano contro un cantante). Ebbi, proprio a seguito dell'Otello di cui parlavo, un'accesa discussione con uno dei loggionisti che rivendicava proprio il diritto di manifestare contro uno spettacolo che riteneva inadeguato e gli feci notare che un atteggiamento "da bettola" come quello tenuto da lui e dai suoi amici loggionisti durante quella recita, in un qualsiasi altro ambiente (musicale o no, beninteso) avrebbe significato una sola cosa: l'allontanamento coatto. Mi rispose che non capivo (io, ovviamente) e che lui che aveva sentito Tizio, Caio e Sempronio su quel palcoscenico «non poteva accettare» che si facesse così scempio delle sue opere preferite, però quando io gli risposi che io non potevo accettare che mi si "rompessero le balle" (scusatemi, ma è per rendere l'idea del tono della discussione... ) mentre ascoltavo la stessa opera (avendo pagato lo stesso biglietto), lui, in perfetto stile "loggionistico", mi disse «älora stà a ca'!» («allora stai a casa!»). «Strano - gli dissi - le stavo per dire la stessa cosa: stia a casa, metta su il cd di Del Monaco, e risparmi la voce...», ma mi ha preceduto...
  18. Non lo so. Le regole del teatro sono diverse da quelle del pubblico dei concerti, ma «dissenso» in certi casi non è la parola adeguata per definire la reazione del pubblico alle opere liriche... ho sentito cose inqualificabili. Credo sia a quello che si riferisce la Gheorghiu.
  19. Ma certo! Le due cose possono coesistere, ma dovendo imparare i vari stili... in fondo è esattamente come di fronte a un soggetto di fuga: anche se il soggetto è di Bach, tu non ascolti la sua fuga e cerchi di riprodurla: provi a scriverla «come avrebbe fatto lui». Poi, è logico, se devi scrivere TU una fuga la scrivi come vuoi... capisci il mio discorso? Allora, penso, se l'esercizio è di formare l'orecchio, come hai detto tu, lo scopo deve essere di arrivare a scrivere esattamente quello che c'è in partitura; se invece deve essere di conoscere lo stile di un compositore, il risultato può essere anche diverso, ma comunque "in stile": però dovete istituzionalizzare una delle due posizioni... PS "dovete", nel senso che io, da partecipante esterno, desidero sapere come orientare il mio parere. Finora ho ignorato il fatto che ci fosse un ascolto previo e mi sono limitato ad osservare la gesione dell'organico, ma dite poi voi a cosa esattamente mirate.
  20. Obiezione, Vostro Onore! Pretenzioso! Conoscere «Il pensiero orchestrale» di Beethoven, di Mozart, di Rimski-Korsakov, etc. non necessariamente deve significare «prendo un frammento di un pezzo di (vedi sopra), ascolto come hanno fatto loro e lo riproduco»: per come la vedo io dovrebbe significare «studio le loro partiture (magari non tutte, ma numerose), assimilo il loro stile e, di fronte ad un frammento, cerco di orchestrare come avrebbero orchestrato loro. Poi (eventualmente) verifico...». Questo esercizio è molto più produttivo e consente un ulteriore "step", ovvero: «prendo un frammento (qualsiasi!) e provo ad orchestrarlo in più modi differenti: à la Beethoven, à la Brahms, à la Mahler...». Troppo divertente!
  21. Mah, diciamo che avendo il canovaccio e l'organico disponibile può essere invece un buon esercizio quello di gestire in maniera personale le risorse messe in campo e poi confrontare e vedere quanto ci si discosta e, soprattutto, se è credibile la propria versione. Ad esempio: la tua idea dei timpani è bellissima e credo che se LVB avesse avuto i timpani cromatici li avrebbe messi anche in quel punto... perché quindi limitarsi?
  22. Sicuro sicuro di voler fare senza clarinetti, fagotti e corni? E di usare flauti e oboi all'unisono? Anche visivamente, secondo me, dovresti accorgerti che qualcosa non convince... PS al di là di tutto, tenendo per buona la tua orchestrazione, spostando l'oboe dall'ottava centrale all'ottava acuta (e non essendoci nessun altro che resta in quell'ottava) ottieni come risultato la "decapitazione" di un'ottava e si sente molto, perché resta solo quella acuta
×
×
  • Crea nuovo...