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Piano Concerto - Forum pianoforte

sisifo1987

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Tutto postato da sisifo1987

  1. Provato ad aggiornare la pagina ma niente!!è proprio strano!!cmq aspetto e vedo se stasera si vede.
  2. Waa la Terza lezione!!!....ma come è possibile che a non riesco a vederla?? quando entro nella sezione mi porta solo le prime 2.
  3. Grazie per il consiglio!! So che un maestro é fondamentale e molto spesso sento la mancanza, di confronto o semplicemente di un incoraggiamento. Spero che la vita mi darà la possibilità di coltivare questa mia forte passione e di trovare una buona guida per il mio cammino. Ciao
  4. Anche io uso le varianti e a dire la verità mi fanno memorizzare i passaggi, anche se noto che applicandole mi occupo solo di memorizzare il gesto tecnico e non faccio lavorare l'orecchio. Ultimamente sto utilizzando il metodo che indica Simone e a dire la verità è tutta un altra cosa!! Io penso che si affronta piu' da musicista il pezzo (personalmente in passaggi un pò + difficili utilizzo cmq le varianti come tappa intermedia) Da quando non studio più musica con un maestro, sto riscoprendo il piacere di sperimentare e non seguire regole dogmatiche.(probabilmente non era l'insegnate giusto per me)
  5. Alla vigilia dei Grammy Awards, il mondo della musica deve dire addio a Whitney Houston. La cantante e attrice americana è morta all'età di 48 anni. Il suo corpo è stato trovato in una stanza al quarto piano di un hotel di Beverly Hills, a Los Angeles. «Alle 15:55 ora locale (00:55 in Italia, ndr) Whitney Houston è stata dichiarata morta nel Beverly Hilton hotel», ha detto il portavoce della polizia Mark Rosen. Non sembrano esserci "segni di aggressione", ma per ora le cause della sua morte sono ancora oggetto di indagine. La precoce scomparsa di Whitney Houston purtroppo era attesa. Tanto è stato repentino il suo successo, quanto il suo declino. La forza della sua voce nulla ha potuto contro i suoi problemi personali: la cantante ha cercato di superare i momenti di depressione, per lo più dovuti al fallimento del suo matrimonio con il cantante Bobby Brown, durato dal 1992 al 2006, facendo uso di cocaina, marijuana e pillole varie. Nell'ultimo periodo alcuni media statunitensi l'avevano immortalata in condizioni quasi irriconoscibili. Ogni qualvolta leggo queste notizie rabbrividisco!! Non per la morte in se, anche se essa è alquanto doloroso, ma per la modalità con cuoi questa avviene. Depressione, il non vivere la vita avvicina molte persone alla droga, (nel mondo della musica forse ancora di più). Non riesco a capire come persone che hanno qualità così spiccate, possano farsi atterrire dalla vita. Forse sarà da attribuire al modo con cuoi arrivano al successo. Il loro maledetto talento che li catapulta al centro dell'attenzione quando il loro animo non è ancora pronto. Il piacere di fare musica dovrebbe venire prima del successo. Cantare suonare solo per il piacere di farlo. Una voce che rimarrà nella storia. Ciao Whitney Houston
  6. La capacità di analisi delle situazioni che ci accadono intorno (è darci il giusto peso) ,per chi ci riesce, deve essere un punto di partenza per poi avere la forza di dire NO!! Indegnarsi per quello che succede e non farcele scivolare addosso, pensando di non essere superficiali ma leggeri. Questo secondo me è il modo di cambiare le cose (in ogni ambito). Potremmo farci dei nemici, ma probabilmente questi non sarebbero mai stati neanche dei buoni amici. E se non risolveremo niente, almeno avremo il diritto di lamentarci. Ciaoo
  7. Auguri per il traguardo!! Simone mi piace molto questo sito, anche per la passione che avete voi fondatori e sono sicuro che le iscrizione crescerà esponenzialmente, come spero anche per i soldi (su quest' ultima non garantisco ) Se poi vuoi adottare la strategia che ti indica il signor Gennarino....mi dispiace qui siamo dotati di lente di ingrandimento ahahah
  8. Io avevo una vecchissima golf e lo stesso nn mi ha dato mai problemi. Poi l ho dovuta cambiare con una seat (motore sempre volkswagen) con assistenza elettronica che era quasi inesistente sulla vecchia, che mi permette, si un maggior confort, ma che mi ha lascia a piedi improvvisamente per un guasto alla centralina (anche se la mecchanica andava benissimo). L'elettronica ha dato un contributo enorme a livello di sicurezza e confort, ma sarà che sn sognatore oppure ottuso, preferisco la meccanica (tanto non devo fare i gran premi o correre chi sa dove come gli altri). Alle parole di un mio professore di automazione, che dice:"la meccanica non serve, c'è bisogno di conoscere la meccanica intelligente, " rispondo sorridendo e pensando al pianoforte e ad un possibile modello automatizzato della sua meccanica ahahah..... W la "panda" e sue simili
  9. Ciaoo, mi chiamo Umberto, sono un nuovo membro di questo bellissimo forum. Mi sono iscritto per condividere cono voi, la nostra passione in comune e per un confronto, visto che attualmente faccio altro. Un saluto a tutti!!! Ah dimenticavo!! il mio obbiettivo è approfondire tutto sulla musica, in modo tale che io possa conoscerla meglio e apprezzarla ancora più profondamente. In questo tutti voi già mi state dando una mano....GRAZIE!!
  10. BUONA LETTURA “Pianosophia” di Paolo Spagnolo e Giovanni Stelli (Ed. Alfredo Guida-Napoli): “Indubbiamente la tecnica tradizionale ottocentesca (che mirava a sviluppare il puro meccanismo articolatorio delle dita isolate senza alcuna partecipazione del braccio e del suo peso) [Czerny in “Lettere ad una giovane fanciulla sull’arte di suonare il pianoforte” dice (2° lettera :”Sul tocco e sul modo di suonare..”): “anche colpendo con forza considerevole, la mano e il braccio non fanno alcun salto o movimento oscillante. Scoprirete…che le dita non possono suonare con piacevolezza e tranquillità se mani e braccia sono instabili”] è ormai da tempo riconosciuta errata nel suo fondamento ed i suoi principi sono stati per lo più abbandonati nell’attuale didattica. Tuttavia circolano ancora, curiosamente, e vengono periodicamente ristampati, ancor più curiosamente, metodi che su tale tecnica si fondano e ci sono ancora alcuni insegnanti e alcuni pianisti (anche esecutori di fama internazionale) che insegnano e suonano con questo tipo di tecnica. Queste “isole” di resistenza potrebbero essere liquidate come ultimi residui di una mentalità conservatrice, ma l’ostinata persistenza, sia pur minoritaria, di questo tipo di impostazione va spiegata meno sbrigativamente… La didattica pianistica si fonda oggi in prevalenza sulla moderna tecnica del peso, i cui principi essenziali furono individuati già nel primo decennio del secolo scorso da una serie di teorici e didatti (tra cui Steinhausen e Breithaupt e l’inglese Matthay, per citare qualche nome tra i più noti), che con i loro scritti e con il loro insegnamento contribuirono ad una trasformazione decisiva della tecnica pianistica. Ci sono tuttavia parecchi insegnanti che, pur considerando nel complesso superati i principi che ispiravano la vecchia tecnica delle “dita articolate”, non si collocano affatto tra i fedeli seguaci della tecnica del peso; a quest’ultima essi rimproverano di trascurare il movimento autonomo delle dita, che mantiene invece, a parer loro, un’importanza essenziale e a cui deve esser dato nella pratica didattica un adeguato rilievo. Costoro, diffidenti nei confronti di discussioni teoriche, cercano in sostanza un compromesso empirico, pratico, tra le >. E bisogna riconoscere che, se l’insoddisfazione nei confronti della tecnica del peso ha un qualche fondamento e se occorre quindi dare spazio e importanza anche al movimento autonomo delle dita, proprio un’impostazione eclettica, non legata a > scolastici, può esercitare, per avventura, effetti positivi su alcuni elementi, in particolare su quelli più dotati, evitando dannose unilateralità. D’altra parte appare evidente che impostazioni diametralmente opposte sul piano dei princìpi generali non possono essere conciliate in modo eclettico, prendendo il “meglio” dell’una e dell’altra; il risultato non potrà essere molto diverso da una giustapposizione esteriore e contraddittoria di due tipi opposti di tecnica, e questa giustapposizione in linea di massima, ossia per la maggior parte degli allievi, non potrà che produrre confusione e disorientamento. Se si vuole evitare la scorciatoia insoddisfacente dell’eclettismo, diventa allora necessario prendere in esame i presupposti della tecnica del peso, per cercare di individuare in essi l’eventuale radice di quelle carenze e di quei difetti che si manifestano di frequente negli allievi educati con questo tipo di impostazione. Ma, poiché la tecnica del peso si configura storicamente come critica radicale e antitesi delle tecnica digitale ottocentesca, sarà opportuno riandare… “alle origini” ed analizzare, preliminarmente, anche l’impianto teorico di quest’ultima.” La tecnica come artificio: “sollevare le dita a martelletto" Per comprendere l’impostazione e le prescrizioni della tecnica digitale ottocentesca occorre rifarsi alla storia dello strumento. La storia del pianoforte chiarisce infatti a sufficienza l'origine dell'equivoco fondamentale che sta alla base di questa, ormai vetusta, tradizione didattica. I1 pianoforte proviene dal clavicembalo; questa affermazione è, nella sostanza, perfettamente giusta; è senz'altro vero che clavicembalo e pianoforte sono due strumenti strutturalmente diversi e che, a rigore, l'antenato del pianoforte non è il clavicembalo, bensì il clavicordo, ma è ancora più vero che il pianoforte fu il nuovo strumento a tastiera che sostituì, verso la fine del '700, per gli esecutori e per il pubblico, il vecchio clavicembalo, e che la letteratura clavicembalistica divenne immediatamente, senza richiedere alcuna modifica nella scrittura, letteratura per il pianoforte. La tecnica del pianoforte non poteva quindi non essere, specialmente all'inizio, profondamente influenzata dalla tecnica clavicembalistica. Nella tecnica clavicembalistica, in rapporto alle caratteristiche costruttive dello strumento, non si rende necessario usare il peso del braccio. Il puro movimento digitale è più che sufficiente ad abbassare i tasti, che sono leggerissimi, e a produrre il suono. Le dita non hanno bisogno di potenza: esse si trovano, insieme all'avambraccio, come ''in levitazione" sulla tastiera e, mantenendosi in genere piuttosto arcuate, assumono una posizione distanziata dai tasti, onde evitare qualsiasi falso contatto con questi ultimi che, sensibilissimi, rispondono immediatamente alla benché minima sollecitazione, facendo scattare il plettro che mette in vibrazione la corda.>> nuova e assolutamente originale nei confronti di tutti i preesistenti strumenti a tastiera sta nella possibilità di produrre un enorme volume di suono e di graduarne nel contempo, in modo estremamente ampio e raffinato, l'intensità. Questa peculiarità, da cui non a caso il nuovo strumento derivò il nome, è presente (nonostante carenze e difetti sia di sonorità sia di meccanica) già nei primi "gravi. cembali col piano e forte" del Cristofori, che ne aveva intuito e genialmente realizzato il principio costruttivo fondamentale, ossia l'interposizione di un sistema di leve, di una "meccanica", tra la tastiera e le corde. La meccanica del costruttore padovano già conteneva le parti essenziali della meccanica del pianoforte moderno ed era così aperta naturalmente ad una serie di modifiche migliorative, che di fatto si verificarono nel Settecento e soprattutto nel corso dell'Ottocento. Pas sando dalla tastiera del clavicembalo a quella del pianoforte, il purc mobimento digitale di tipo clavicembalistico doveva rivelarsi ben presto insufficiente per una adeguata percussione dei tasti e quindi per realizzare il volume sonoro e tutta la ricca gamma dinamica di cui il nuovo strumento è capace.>> evidente anche sugli strumenti usati tra Settecento e Ottocento, ovvero sul "fortepiano", come allora si usava chiamare il pianoforte. è indubbio tuttavia che le caratteristiche costruttive del "fortepiano" - telaio di legno, martelletti rivestiti di pelle, corde piuttosto sottili e corte, scappamento semplice, tasti molto leggeri - erano tali da favorire l'illusione che fosse possibile continuare in qualche modo ad usare la tecnica digitale di origine clavicembalistica: per ottenere sonorità adeguate non era infatti ancora indispensabile sfruttare in pieno il peso di tutto il braccio a partire dalla spalla, mentre l'assenza del dispositivo del doppio scappamento rendeva necessaria un'articolazione digitale piuttosto pronunciata specie per realizzare trilli e note ribattute in velocità (L'assenza del dispositivo del doppio scappamento potrebbe spiegare anche l’origine della vecchia, ed oggi completamente superata, "tecnica di polso" per l'esecuzione di ottave in rapida successione). Ma già nel periodo 1815-1830 il nuovo strumento subisce una serie di importantissime modifiche migliorative che lo avvicinano nell'essenziale al pianoforte moderno: è nel 1815 che Broadwood per primo inserisce barre metalliche nel telaio di legno, e ben presto il telaio misto legno-metallo si generalizza, i martelletti vengono ricoperti di feltro e diventano più pesanti, il telaio viene diviso per consentire l'aumento della lunghezza delle corde, che vengono sempre più rinforzate (all'incrocio delle corde si arriverà nel 1859), viene adottato il doppio scappamento (inventato nel 1821 da érard), aumenta il peso dei tasti e il pedale di risonanza (brevettato già nel 1783) diventa sempre più importante. Su un pianoforte di questo tipo, ossia sul pianoforte ottocentesco, la tecnica digitale di derivazione clavicembalistica doveva rivelare in modo ormai inequivoco la sua totale inadeguatezza (su uno strumento rnodemo questa inadeguatezza è naturalmente ancora più evidente.)>> struttura con l'adozione del telaio interamente metallico [il "Cupola Iron Frame", brevettato da Theodor Steinway nel 1872], e la sua sonorità aumenta ulteriormente in potenza diventando più "scura" specie nella zona grave) . L'adozione del dispositivo del doppio scappamento rende ancora più rilevante e significativa un'altra importante differenza del pianoforte rispetto al clavicembalo. In linea di massima sul clavicembalo è necessario suonare più "lentamente" che sui pianoforte e ciò, in primo luogo, per motivi che non hanno a che fare con la meccanica, ma solo con la musica: una velocità troppo elevata non è infatti musicalmente accettabile a causa della particolare, tipica sonorità del clavicembalo, a causa cioè dell’ ”aureola" che caratterizza i suoni prodotti da questo strumento: ad una velocità eccessiva i suoni clavicembalistici tendono infatti a sovrapporsi e si produce un effetto sgradevole di confusione che distrugge la chiarezza delle parti. In secondo luogo, nella meccanica del clavicembalo, in cui il tasto aziona direttamente il salterello che agisce sulla corda, non c'è nulla di simile al dispositivo del "doppio scappamento" caratteristico del pianoforte ottocentesco e moderno, dispositivo che, rendendo possibile la percussione del tasto ben prima che esso sia tornato nella posizione di riposo, consente ad altissima velocità di note ribattute e di trilli. Sul claviceinbalo le dita debbono "attendere" che i tasti siano tornati alla posizione di riposo prima di poterli toccare di nuovo, per cui un trillo clavicemhalistico non può mai superare una determinata velocità, e questo limite condiziona ovviamente la velocità complessiva dell'esecuzione. In ogni caso, per la realizzazione di un trillo in velocità sul clavicembalo è necessario "alzare bene le dita", ossia possedere una sviluppata capacità di articolazione digitale.>> mai in modo isolato né la mano è mai completamente immobile (così come credevano i teorici delle vecchia scuola), bensì è sempre in qualche modo presente - anche se invisibile - almeno l'azione rotatoria dell'avambraccio, che "guida" tutti i movimenti digitali. è chiaro tuttavia che nei movimenti clavicembalistici la partecipazione dell'avambraccio e del braccio rimane circoscritta e il movimento digitale assume un rilievo predominante: almeno in apparenza le dita articolano del tutto isolatamente con la mano immobile senza alcuna partecipazione delle altre parti del braccio. Sulla tastiera del pianoforte ottocentesco e modemo, però, la maggiore velocità, resa possibile dal dispositivo del "doppio scappamento", non può essere facilmente conseguita mediante la mera articolazione digitale, anche per il maggior peso dei tasti. è necessario che al movimento partecipi in in modo ben più evidente almeno l'avambraccio, di cui deve essere sfruttata adeguatamente la caratteristica funzione rotatoria; in effetti solo l'utilizzazione consapevole del movimento di rotazione dell'avambraccio, e del suo peso, può consentire l'esecuzione soddisfacente di un trillo ad altissima velocità sul pianoforte. Il problema tecnico essenziale che i pianisti e i didatti dell'ottocento dovettero risolvere fu il seguente: come ottenere la potenza e la velocità richieste sul nuovo strumento?>> potenza e velocità adeguate in modo istintivo e naturale, sfruttando il peso dell'intero braccio e il movimento di rotazione dell'avambraccio, senza essere tuttavia in grado di analizzare teoricamente i loro stessi movimenti e quindi senza saper trasferire la loro tecnica spontanea nella didattica. I teorici e i didatti, dal canto loro, restarono tenacemente ancorati ai preconcetti di origine clavicembalistica e svilupparono così i principi di una tecnica pianistica basata sul puro movimento digitale. Quegli stessi grandi pianisti che suonavano in modo "naturale", allorché si vestivano da didatti, ricadevano, in generale, nei pregiudizi dominanti; occasionalmente si possono rinvenire nei loro scritti anche intuizioni notevoli, ma sempre frammentarie e insufficientemente fondate. In conclusione, invece di studiare le caratteristiche peculiari che differenziavano radicalmente il nuovo strumento dal vecchio e di elaborare di conseguenza una tecnica idonea, ci si limitò, nel complesso, a trasferire e ad adattare la precedente tecnica clavicembalistica al pianoforte. Fu proprio attraverso questi "adattamenti" - necessari, dal momento che il principio di fondo doveva restare immutato - che la tecnica pianistica ottocentesca assunse la fisionomia di un sistema del tutto artificioso. Questa artificiosità era, del resto, riconosciuta in modo più o meno esplicito dagli stessi teorici del tempo. Poiché qualsiasi partecipazione del braccio veniva tassativamente esclusa e l'utilizzazione del peso era considerata addirittura un'assurdità "antiestetica", la mano e le dita non potevano che apparire nel complesso piuttosto "inadatte" a suonare il pianoforte! Pressoché tutti i didatti ne evidenziavano infatti i diversi e numerosi "difetti" e "imperfezioni' (Il Boccaccini, ad esempio, dopo aver esaltato la mano come "opera meravigliosa", ne sottolinea con cura "difetti e "imperfezioni"). L'insegnamento del pianoforte veniva così a trovarsi, specie nella sua fase iniziale, in contraddizione con la struttura anatomica e le disposizioni naturali della mano e delle dita, che esso doveva mirare esplicitamente a "correggere". Di conseguenza la tecnica pianistica non poteva che configurarsi come una tecnica sostanzialmente innaturale, che prescriveva una serie di movimenti e di adattamenti psico-fisici del tutto artificiosi.>> mediante il solo movimento digitale, si prescrisse di trasformare le dita in tanti piccoli e potenti martelletti, obiettivo questo che poteva essere raggiunto solo rafforzandole adeguatamente mediante una vera e propria ginnastica, ossia attraverso interminabili e meccanici esercizi, proposti spesso e volentieri anche senza lo strumento e a volte con l’ ausi1io di mostruosi apparecchi meccanici appositamente escogitati e oggi per fortuna completamente dimenticati (Una storia della tecnica pianistica dovrebbe comprendere anche la descrizione e la storia della fortuna di questi strumenti "ausiliari, come il Chiroplasto di Logier, il Guida-mani di Kalkbrenner (detto da Liszt "guida-asini"!), L'Accélérateur du toucher" della Jaell ecc. fino al "Ditale prensile" del Brugnoli.)! Che poi gli allievi venissero obbligati ad articolare tenendo le dita-martelletti "ben alzate" oppure - come sembra proponessero alcuni - senza sollevarle eccessivamente, ma esercitando una "pressione" sui tasti, non muta la sostanza della questione: il dogma fondamentale della tecnica ottocentesca, ossia il movimento puramente digitale, l'articolazione delle dita isolate, non veniva con ciò minimamente scalfito.>> sempre attraverso interminabili esercizi, a perseguire l'obiettivo - anch'esso illusorio - di una perfetta "articolazione" di ogni dito isolato, ossia dell'assoluta indipendenza ed eguaglianza delle dita. è evidente che non è possibile suonare in base a queste prescrizioni, senza una continua forte tensione muscolare della mano e delle dita, tensione che si riflette sull'intero braccio e produce immancabilmente dannosi irrigidimenti e contrazioni; in alcuni casi ciò può causare anche specifiche patologie (tendiniti, ecc.), a volte tanto gravi da rendere necessario addirittura l'intervento del chirurgo (I fautori della tecnica digitale tendevano a considerare queste patologie pressoché inevitabili. Qualcuno consigliava di far usare ai bambini pianoforti con tasti di larghezza ridotta. Furono i sostenitori della tecnica fisiologica, ossia della tecnica del peso, ad individuare proprio nell'impostazione digitale tradizionale la causa di tutte le frequenti "malattie professionali" del pianista). Gli appelli, che si rinvengono spesso nei metodi del tempo, a mantenere la mano "sciolta" e ad evitare "rigidità appaiono oggi patetici, poiché potevano essere esauditi soltanto violando contraddittoriamente le "leggi fisse" e le prescrizioni coattive stabilite dai metodi stessi! Indubbiamente anche con la tecnica di sola digitazione si possono conseguire buoni risultati, ma solo e sempre a prezzo di un grande sforzo muscolare e di una innaturale contrazione. In ogni caso si è costretti a rinunciare alla potenza che si può ottenere naturalmente mediante l'idonea "predisposizione" di tutto il corpo allo strumento e alla tastiera, cioè mediante un corretto adattamento psico-fisico. Un risultato ottenuto in modo naturale è sempre superiore ad un risultato ottenuto artificiosamente. L'artificio, ossia una contrazione controllata e di breve durata, può essere usato in sostituzione dell'azione naturale solo in quei rari casi (per realizzare, ad esempio, particolari sonorità) in cui quest'ultima non appare adeguata allo scopo che si vuole raggiungere.>>
  11. Nelle pagine di non so quale forum (non ricordo il nome), un ragazzo pubblicò alcune pagine. Io ho fatto il copia e ho creato un file doc. Simone posso pubblicarlo in questa sezione??
  12. Volevo portare l'attenzione su un libro "Pianosophia” di Paolo Spagnolo e Giovanni Stelli (Ed. Alfredo Guida-Napoli), l'avete letto?? Io ho avuto la possibilità di leggere qualche pagina e sono restato affascinato, dalla spiegazione su come e perchè la tecnica pianistica è cambiata....che ne pensate?? Continuo a complimentarmi per il sito. La possibilità per me di avere amici con cui parlare di musica è eccezionale.Mi sento meno solo....GRAZIE
  13. Salve a tutti, volevo parlarvi di un mio problema che mi accompagna da quando ho cominciato a suonare pianoforte. Io ho avuto due maestri, il primo nn mi ha spiegato quasi niente di tecnica e dopo un po' che studiavo, mi sono comparsi i primi fastidi al braccio destro, precisamente al tricipite. Quando parlai del mio problema al maestro, lui mi disse che era da attribuire ad una mia debolezza e dal fatto che nn ero "allenato" O.o ....le sue parole nn mi convinsero e cambiai maestro. Il nuovo docente mi spiego subito che la mia nulla impostazione era la causa del mio male e che cn un opportuna tecnica i dolori sarebbero spariti. La tecnica del peso era affascinante ma difficile da applicare, perchè nn riuscivo a rilassarmi, il braccio continuava a farmi male. Dopo un pò ebbi i risultati, riuscivo a suonare senza sentire tensioni nel braccio. (anche se mi venivano sempre ogni tanto). Per questo motivo 8 anni fa lascia gli studi del pianoforte, perchè la cosa che amavo era diventata un tormento...nn mi emozionavo + .. Oggi vorrei risolvere il mio problema e chiedo a voi un parere. Il braccio mi fa male per una mancata acquisizione della tecnica o per una mia anomali?? è un fatto stranissimo al sinistro nn avverto niente!!!! Quando suono e nn riesco a stare rilassato, questa tensione mi rimane nel braccio e anche a riposo nn riesco a rilassare solo con un grande sforzo di concentrazione riesco a rilassarlo. Ciao
  14. OKOK!!aspetterò le varie uscite cn frenetica attesa .Congratulazioni a buon rendere tutto il vostro lavoro!!
  15. Congratulazioni per il sito, mi entusiasma e incuriosisce tantissimo anche se ancora nn l ho esplorato tutto.Ho trovato i video sulla tecnica pianistica molto affascinanti e volevo domandare se fossero soltanto 2 i video tutorial a disposizione.GRAZIE e buon lavoro!!!
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