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Piano Concerto - Forum pianoforte

thallo

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  1. Rispondo a Luca quotandomi, così rinfresco la mia memoria ed evito gaffe questo lo avevi commentato da subito anche tu. Io di mio patisco una specie di vergogna sentimentale verso un certo tipo di musica. Cioè, ci sono pezzi che mi colpiscono al cuore ma è raro che io ne parli in modo chiaro. La musica fa parte del mio intimo e lì mi piace farla rimanere. Facendo un po' di autoanalisi, potrei dire che la mia passione per la musicologia nasce anche per dare ordine ai miei sentimenti, che altrimenti non sarei riuscito fino in fondo ad esprimere. Del resto sono scorpione. Perciò mi piace sempre tracciare linee tra profondità espressiva e patetismo, o gigioneria. Per quello che conosco la musica, credo che ci siano autori più "patetici" di Beethoven, che comunque si difende benissimo. M anche se Beethoven fosse il più sentimentale, bisognerebbe centrarla questa sentimentalità. Non so, l'ultimo messaggio di Daniele, per quanto sia lontanissimo dal mio mondo interiore, cerca di descrivere questa sentimentalità. E' un uomo che parla agli uomini, o quello che è. Gigi D'Alessio parla alle donne, quindi ne abbiamo esorcizzato il fantasma. Questa mia idea parte da quella che io penso sia l'organizzazione musicale, come ... disciplina o come filosofia. Bisogna capire l'oggetto "musica classica", da un punto di vista di "placement", di vendibilità, o di utilità sociale, e di produzione. Non penso ci siano personalità specifiche che operano in tutto e per tutto una "scelta", ci sono strutture a cui siamo soggetti e a cui non possiamo ribellarci. Ma, riassumendo moltissimo, penso che le ragioni del successo di Beethoven, fino al concerto di Torino, siano queste: 1) è stato mitizzato come personaggio, da cui un successo "mitografico" di cui abbiamo parlato anche altrove, in un periodo in cui il mito contava più della storia; oggi il mito di Beethoven è assodato, tanto che conosciamo tutti la sua faccia (quanti conoscono quella di Monteverdi?), il suo nome è stato dato ai cani e perfino lo zecchino d'oro ha fatto una canzone sulla sua "nonna". 2) costituisce una parte considerevole del repertorio di due dei "repertori" più di successo al mondo, ovvero la musica per orchestra e la musica per pianoforte; l'industria musicale ha avvantaggiato per decenni i compositori di questi due repertori, per ragioni facilmente arguibili, ma che, se serve, espliciterò; 3) probabilmente oggi non è il più suonato nei teatri, ma visto che la musica classica sta diventando musica popolare, sta uscendo dai luoghi di culto, essendo lui "il" classico è normale che venga proposto più spesso; perché rassicura, è un nome conosciuto, ti permette di dire "io amo la musica classica" senza costringerti ad ascoltare sinfonie lunghissime, organici strani, armonie inconsuete, e permettendoti (sì) di non approfondire nulla. Perché la musica sinfonica E' una musica vaga, per chi non la coltiva. E non penso che chi ascolta Beethoven sia automaticamente una persona profonda o un appassionato di musica "colta". Chi ascolta i quartetti lo è, chi ascolta la quinta no (non necessariamente). E' il problema di essere "mainstream", attiri molto pubblico ma quel pubblico è meno interessato alla sostanza e più al fattore sociale (ovvero, ascolto Beethoven per qualificarmi agli occhi della gente come persona colta). 4) Potrei pure parlare di denaro. Credo che Beethoven sia apprezzato da chi non paga :-) siamo sinceri, da una parte c'è un CD con l'ennesima settima di Beethoven, dall'altra un CD con, non so, il Prometeo di Skrjabin fatto da un pianista norvegese. Io compro il secondo, perché magari non conosco l'opera o non conosco il pianista. La settima la so a memoria... questo chiarisce le diverse modalità di approccio al "nuovo" nel mondo della musica. Se non sei un appassionato, preferisci ascoltare quello di cui sai già qualcosa o che hai già ascoltato, se sei un appassionato preferisci la novità (anche se moderatamente nuova, a volte). 5) Beethoven, però, sta in bella compagnia. Continuo a dire che, secondo me, il numero di none suonate in giro (che sono tante) è simile al numero di requiem di Mozart. Ed è, però, inferiore al numero di "galà verdiani".
  2. io ho risposto, solo che, come esplicita la seconda parte del tuo messaggio... o si dà la risposta che dici tu oppure niente :-) La mia risposta era riassumibile nella frase "è chic e non impegna". Valida dal punto di vista dell'ascoltatore, dell'orchestra e dell'amministrazione comunale. Faccio quello cattivissimo :-) proviamo un esperimento... Chi trova le differenze? :-) questo è uno dei problemi, secondo me, delle affermazioni assolute. Se si parla di Daniele, va tutto bene, ma se si parla dell' "uomo" allora mi esce il sorrisino cinico :-)
  3. dire che Webern si è estinto, poi... è uno dei compositori che ha influenzato maggiormente le generazioni dopo di lui! @RStrauss, non sono un grande conoscitore di Chopin, ma da tempo immemore quello che si scrive non si scrive mai per caso. Le idee fisse, gli ostinati, i cantus firmi sono presenti da secoli nella nostra musica, e se vuoi sottolineare la loro presenza devi giocoforza affrontare la ripetizione con... rispetto. A me la ripetizione piace, da ascoltatore, e a volte mi piace sentirla uguale uguale. A me piace il minimalismo, non per caso.
  4. Argomento interessante e complesso, su cui moltissimi hanno riflettuto. Parlarne in modo esaustivo è quasi impossibile... Vorrei però concentrarmi un attimo sui termini, per fare dei distinguo che mi sembrano giusti. 1) La SINTASSI, ovvero la regola di articolazioni di unità armoniche o melodiche, esiste in quasi tutti i sistemi compositivi. Nella modalità, nel contrappunto, nella tonalità ci sono regole che dicono quali accordi potrebbero stare bene dopo ogni accordo o che, comunque, studiano gli effetti diversi di diverse successioni. Ricordiamoci, però, che quasi nessuna sintassi è veramente normativa. Ovvero, non esistono obblighi che non sono mai stati disattesi. 2) La sintassi di molti sistemi compositivi è TELEOLOGICA, individua, cioè, delle tensioni che portano verso una meta il discorso musicale. Le tensioni verso la tonica o verso la finalis sono un esempio di teleologia. Ma esistono modi diversi di affrontare questa teleologia. Possiamo usare la solita logica triadica di tesi-antitesi-sintesi, tipica della forma sonata. La "negazione", costituita dalla modulazione sulla dominante, non è altro che una "tensione" che ci porta in modo più forte alla tonica. Ma non tutte le teleologie sono così nette. Le svariate cadenze che precedono la cadenza alla finalis in un corale, per esempio, non creano "tensione" in senso puro, non sono tensive verso la finalis. Sono solo distrazioni, dal punto di vista della teleologia... 3) Come conseguenza al punto precedente, bisogna sforzarsi di distinguere tra TELEOLOGIA e NARRATIVITA'. Una composizione può essere narrativa anche se non ha un punto di arrivo. E viceversa. Nella storia dell'armonia il più grande smacco alla teleologia, e alla sintassi tonale, è la defunzionalizzazione degli accordi tensivi, soprattutto delle settime. Ovvero, un accordo che dovrebbe portare alla tonica, a un certo punto impazzisce e porta da un'altra parte. Paradossalmente queste defunzionalizzazioni ci hanno regalato alcune delle composizioni più narrative della storia, visto che la vita, lo sappiamo bene, non è sicuramente una strada dritta con una bella chiara e gigantesca meta prestabilita. Escludendo la morte, ovvio. Se la teleologia individua una meta, la narratività dovrebbe individuare e rendere sensato un percorso. 4) dal punto precedente, arriva un'altra conseguenza, delineata anche da Frank. La narratività non è solo armonica, non è fatta solo di tensioni e funzioni armoniche, ma è più complessa. Il ruolo della RIPETIZIONE, per esempio, è fondamentale. Ed è in un discorso "tra" teleologia e narratività che si situa il concetto di ELABORAZIONE. Perché, ricordiamoci, elaborare un elemento musicale non serve a raggiungere la meta, ma a ritardare il raggiungimento, a creare un percorso. Anzi, paradossalmente, se consideriamo il fattore ripetitivo dell'elaborazione, riformulante, potremmo dire che la variazione è esplicitamente un metodo per forzare il versus temporale della musica. 5) Questo è un punto che suscita molto i miei interessi, e che è un po' alla moda. La musica è l'arte del tempo, si dice spesso. Ma da sempre i compositori hanno cercato di variare il flusso temporale, di forzarlo, fin quasi abolendolo o rigirandolo al contrario. Canoni inversi, forme ritornellate, cicli lunghissimi di variazioni, bassi ostinati, sono tutti mezzi musicali che possono facilmente essere interpretati come forzature della temporalità naturale di un brano. La TEMPORALITA' dovrebbe essere la dimensione temporale suggerita da un pezzo musicale, ed è diversa dal TEMPO, che è cronometrico. Giocare con la sintassi, con il ritmo (soprattutto quello armonico), con la teleologia serve ad influenzare le nostre percezioni temporali, ed è un gioco che è stato fatto molto spesso dai compositori, soprattutto nel '900. 6) Ci sono composizioni che criticano la teleologia, composizioni che criticano la narratività e composizioni che criticano entrambe, o nessuna delle due. In senso generale è sempre bene ricordare che ci sono anche opere liriche dodecafoniche (non seriali, a quanto mi risulta...) e che cose come il tematismo, l'elaborazione, la variazione, sono ampiamente utilizzabili in sistemi non tonali.
  5. :-) No. Ma proprio no. Il no è generico, non una risposta alla tua affermazione. Cioè. Ci sono compositori di musica "classica" che scrivono musica da film come se fosse musica classica, compositori che scrivono musica da film come se fosse musica da film, compositori che scrivono musica classica come se fosse musica da film (moltissimi, in realtà) ed è per questo che ha senso parlare di differenze. Perché OGNI COMPOSITORE è diverso e ogni composizione è diversa. Ma nel nostro discorso, il significato di "musica" è uguale, e gran parte delle intenzioni che muovono qualsiasi compositore a scrivere qualsiasi musica sono uguali. In realtà non ti sto dando torto su tutta la linea, semplicemente sono convinto che il tuo discorso non colga il punto o, piuttosto, rischi di portare con sé delle conseguenze argomentative che non colgano il punto. E' vero che una sinfonia è diversa da un pezzo preso da una colonna sonora, ma lo è soprattutto da un punto di vista formale. L'intenzione di cui parli tu rischia (a mio avviso) di chiamare in causa una serie di sottotesti relativi all'ispirazione, al valore artistico, come dire "se scrivo una sinfonia, voglio essere profondo, se scrivo una colonna sonora, non voglio essere profondo". E non mi va bene perché non è così. O almeno non lo è in senso assoluto, cambia dalle scelte dei singoli compositori nelle singole partiture. Glass è stato assolutamente profondissimo in "Koyaanisqatsi", ma, soprattutto, non poteva raggiungere una certa profondità SE NON musicando un film come quello. In questo senso, il mio discorso va oltre per dire che ci sono gradi di profondità, o di artisticità, che si raggiungono "solo" grazie a forme inconsuete. Non di sole sinfonie è fatta l'arte. nel messaggio precedente ho detto (con vari refusi, in effetti...) che i mezzi di analisi si adattano al risultato, alla forma tangibile della musica. Una tarantella è musica tanto quanto una sinfonia, MA va analizzata in quanto tarantella, con mezzi adatti alla tarantella. Le differenze tra una tarantella e una sinfonia sono differenze formali, nel senso che il termine tecnico "tarantella" definisce una "forma" musicale (non voglio impelagarmi su problemi di forma e sostanza, perché nella musica "le" forme hanno anche fattori sostanziali). Ma la creazione musicale non ha mai rispettato i limiti formali, né nella forma né nella sostanza. Sempre Philip Glass ha scritto svariate sinfonie su temi utilizzati nelle colonne sonore di alcuni film. Ammettendo che "sinfonia" e "colonna sonora" siano due nomi di due forme diverse, che differenza di intenzione c'è tra lo scrivere una colonna sonora ed una sinfonia quando il materiale tematico è assolutamente identico? Questi legami tra forme diverse, forme spesso caratterizzate in modo molto forte da livelli di artisticità diversi (non so, canzoni e Lieder, per esempio), sono pervadenti nella storia della musica. Nella sostanza, la musica che ci sta dentro ad una colonna sonora e la musica che ci sta dentro a un quartetto possono essere la stessa cosa. Tutto in realtà si risolverebbe se capissimo di più cosa intendi per "intenzione". Perché anche su quella non penso che ci siano parole definitive, normatività accettate nel mondo dei compositori. Non prendo la matita in mano in un modo diverso se voglio scrivere una canzoncina o un'aria d'opera, tanto che esistono arie d'opera banali e canzoncine originalissime. Ho sempre l'impressione che in alcuni ragionamenti vi scontriate solo con i capolavori. Ma per essere "forte" un ragionamento deve resistere anche alla dura realtà delle composizioni brutte o dei compositori che non sanno scrivere. Esistono tantissime colonne sonore scritte come sinfonie, scritte con la pesantezza germanica di una sinfonia, ed esistono sinfonie che sono state chiamate così solo perché chi le ha scritte ha pagato un'orchestra per suonarle, non certo perché avessero particolari profondità artistiche. Ed anche in questo senso è sempre bene giudicare IL RISULTATO. E' ovvio che ci voglia una valutazione sull'intenzione, per quanto le intenzioni, in senso lato, di un compositore non siano mai tracciabili, se non in presenza di schizzi (le dichiarazioni sono quasi sempre ex post). Ma non è l'intenzione che definisce l'artisticità di una composizione, come non ne definisce la forma, non ne definisce l'utilizzo. come sopra. Se la musicologia e le materie analitiche connesse hanno la presunzione di essere "scientifiche", allora devono reggere all'analisi ANCHE delle composizioni brutte. Sapete che nelle mie idee tutto questo ha una dimensione etica, io non voglio essere uno con la puzza sotto il naso, mi piace sporcarmi le mani e penso che la musica sia fatta per chi ama sporcarsi le mani. Ma, a prescindere dall'etica, qui i problemi sono disciplinari. Dovrebbe esistere una disciplina per tutto. Qual è la disciplina che studia "Fin che la barca va"? Per Adorno sarebbe stata la sociologia della musica, probabilmente, perché nelle sue intenzioni (e nel discorso di Daniele) il prodotto "Fin che la barca va" si perde del tutto nel suo diventare oggetto commerciabile. Secondo questa logica, dovremmo smettere di parlare in termini artistici di qualsiasi cosa venga scambiata per denaro. Io penso, invece, che l'artisticità di una composizione non stia nel suo risultato (ribalto i termini del discorso con Bianca) ma nella reazione del pubblico, della platea di fruitori. Se c'è qualcuno che considera "Fin che la barca va" un pezzo musicale allora io devo essere in grado di capirne le ragioni, analizzarne le forme, tirarne fuori un discorso estetico. Ahimé non sono gli studiosi che decidono cosa studiare, è la storia che decide quale sarà l'oggetto dello studio. questo tuo lato mi spaventa. Credo tu lo sappia. Ecco una cosa su cui tutti siamo d'accordo
  6. Ecco, io questo non lo capisco. Io ho cucinato per lavoro e quello che cucinavo per lavoro era buono tanto quanto quello che cucinavo a casa per il mio ragazzo. Io non compongo per lavoro, ma canto per lavoro, vengo pagato per farlo e se non fossi pagato non lo farei. Ma non penso che questo escluda automaticamente tutto il mio mondo emotivo e le mie capacità tecniche legate alla musica. Da cui, due affermazioni in cui credo: 1) non c'è NESSUNO che lo fa "solo" per lavoro. Il peggiore dei DJ crede di fare arte e ci mette impegno e sentimento. 2) se lo fai per lavoro, sei bravo, perché nel mondo della musica-fatta-per-lavoro non c'hanno scritto "giocondo" sulla fronte. Prendono professionisti. E i professionisti sono bravi, io ho profondissimissimo rispetto per loro. Tra un professionista che suona senza necessariamente provare in quel momento il sentimento dell'infinito e uno non professionista che ci mette l'anima ma, ahimé, NON SA SUONARE, preferisco il primo.
  7. da musicologo non sono d'accordo :-) era prevedibile... le aspirazioni di Paul McCartney non mi sembrano minori di quelle di Pietro Mascagni; valutare le aspirazioni è comunque difficile, e non so davvero chi possa farlo con oggettività, tanto più che sarebbe il caso di valutare LA MUSICA, ovvero il risultato delle aspirazioni, e in questo senso è giusto fare delle differenze. Ma a posteriori, non a priori. Esistono elementi di unità tra pezzi diversi ed esistono elementi di diversità. Tutto va adattato ai casi particolari. Noi nostri soliti e vituperati discorsi sul valore musicale, non possiamo sminuire il valore artistico di una tarantella a favore di una sinfonia. Allo stesso modo, però, dovremmo valutare una tarantella secondo criteri specifici e non generali, stessa cosa per una sinfonia. La mia solita conclusione è di stampo etico. Siate liberi di apprezzare quello che volete, ma ricordando che il confronto con "tutto il resto" non dovrebbe essere denigratorio. Gli stupidi dicono "quello che ascolto io è meglio di quello che ascolti tu". Se vogliamo fare un discorso goliardico, da caffé e quant'altro, allora mi sembra ovvio che quello che ascolto io è molto meglio di quello che ascoltate voi :-) ma se vogliamo fare un discorso serio, allora mettiamo da parte le classifiche del più carino della classe e parliamo di complessità.
  8. chi ad una è fedele verso l'altre è crudele! Lo diceva anche Don Giovanni ;-)
  9. se il progetto va in porto ti romperò di certo le scatole :-) per ora mi servono soprattutto indicazioni bibliografiche, in modo da elaborare un progetto spaccaquli
  10. non la conosco abbastanza bene, mi spiace... su youtube ho visto che ce ne sono molti, magari oggi gli do un'occhiata, ma arriverò al massimo ad una impressione, non ad una opinione vera e propria :-)
  11. risonanza emotiva. Non voglio banalizzare e non voglio sembrare accusatorio, ma dietro l'angolo incombe la figura di Gigi D'Alessio ... che crea molta risonanza emotiva :-) è complesso da fare, ma si dovrebbe trovare quel limite, quella sfumatura argomentativa che ci permette di dire che Beethoven piace a tutti ma in un modo diverso da come Gigi D'Alessio piace a tutti. Secondo me il successo di Beethoven non è solo emotivo, è un brand culturale che ci fa sentire più intelligenti, pur senza avventurarci nell'ignoto. Lo chic che non impegna.
  12. Aggiornamenti: 1) il mio progetto continua e un giorno ve ne parlerò; 2) ho fatto un po' di ricerca bibliografica e ho trovato di tutto. Biografie di grandi produttori audio (John Culshaw e Peter Andry), svariati riferimenti di illustri musicologi alla "necessità" di una musicologia del prodotto audio (Jean Molino in un saggio sull'enciclopedia della musica di J.J. Nattiez, "Tecnologia, globalizzazione, tribalizzazione"); 3) l'argomento è considerato assolutamente d'avanguardia, ma dal 2007 esiste una rivista online, l'ASARP www.arpjournal.com/content/issue-1 che si occupa esplicitamente delle implicazioni artistiche della produzione audio. A nome dei fondatori della associazione, Frith S. e Zagorski-Thomas S., è anche uscito un libro nel 2012, "The Art of Record Production", che dovrebbe essere un'introduzione all'argomento fatta raccogliendo alcuni significativi articoli della rivista.
  13. i CD di Beethoven hanno venduto di più? Mostra i dati :-) superato solo dai Beatles? Mostra i dati! Io continuo a dire che, in Italia, si fa più Verdi
  14. insuperati in che senso? Nel senso che hanno avuto nella storia maggiore successo di vendite? O che sono qualitativamente migliori? primo passo: Beethoven riempie le sale. Sono d'accordo. e qui mi aspettavo in un certo senso il passo due. Riempie le sale e allora dobbiamo pensare che sia una musica "pop", popolare, popolarmente nota. Il tuo secondo passo, però, non c'è. Continui a riproporre la domanda come se fosse retorica. E invece secondo me non è retorica. Tra l'altro, a me alcune domande retoriche mettono a disagio, perché la domanda retorica cerca di provocare in chi ascolta il consenso, è un mezzo per dare per scontate le opinioni di chi parla. Posso sbagliarmi, ma la risposta retorica alla domanda retorica di Daniele dovrebbe essere "perché Beethoven è meglio". Mettendo da parte il discorso sul meglio e sul peggio, che è difficile da affrontare e, come sappiamo, ci porta alla rissa digitale, io oppongo altre ragioni semplici semplici semplici: 1) Beethoven è di repertorio. Qualsiasi orchestra che si rispetti ce lo ha già pronto. Quindi, nel listino prezzi è più conveniente (leggi, ha bisogno di meno prove); 2) Beethoven è conosciuto dal grande pubblico, anche se, spesso, solo di nome. La forza del suo nome, però, è grande, almeno da un punto di vista pubblicitario; 2 bis) non è l'unico conosciuto, ma è l'unico molto conosciuto, e di repertorio, di cui si possa fare senza eccessivi sforzi produttivi una integrale sinfonica. Di Bach non si può fare un'integrale di niente e le orchestre non ce lo hanno in repertorio. Le integrali di Schumann e Schubert non se le filerebbe nessuno, ahinoi. 3) Beethoven non è quello che si fa di più. Se ci limitiamo all'orchestra, allora forse sì, ma vi ricordo che il monopolio della musica "da sagra di paese" è detenuto saldamente da Peppino nazionalpopolare Verdi. Perché era sulle mille lire.
  15. l'astronomia è la scienza dell'universo, segue il metodo scientifico e utilizza mezzi matematici come tutte le scienze "esatte". L'astrologia non è una scienza esatta ma una disciplina esoterica, simbolica, culturale, che parla degli astri in maniera... poetica, diciamo.
  16. E' tutto molto affascinante, ahimè ho così poche conoscenze di fisica acustica (e così poca propensione a capire le materie matematica) che posso approcciare l'argomento solo in modo "intuitivo". Cercherò di colmare alcuni buchi, oggi ho finito di leggere "Rumore Bianco" di Cremaschi e Giomi http://www.amazon.it/Rumore-bianco-Introduzione-musica-digitale/dp/8808166007 è un'introduzione che mi ha già aperto alcuni squarci. Soprattutto mi ha dato una visione d'insieme dei problemi. Quanto prima andrò in biblioteca a spulciare alcune cose, poi ti/vi proporrò degli argomenti di riflessione
  17. TheSimon, mi hai confermato una mia sensazione: l'estetica dello studio è fatta in studio :-) è un'ottima premessa :-) diciamo che il mio progetto di dottorato evolve, e ora sto partendo da questo: l'opera lirica come prodotto audio. Sarò costretto a capire un po' di più di questioni tecniche, ma lo scopo rimane comunque capire quale estetica c'è alla base delle scelte di un ingegnere del suono quando deve "confezionare" un cofanetto
  18. Immagino che il mio "referente" principale sarà TheSimon, ma comunque la mia domanda è rivolta a tutti. Sareste in grado di indicarmi uno o più libri per avere un approccio "musicale" al mondo della registrazione? Per "approccio musicale" intendo non un approccio tecnico, o non troppo tecnico. Come al solito sto valutando degli argomenti da approfondire e tra questi c'è l'impatto della registrazione sulla musica classica e operistica. La maggior parte dei libri che ho trovato si dilunga molto sulla parte tecnologica ma poco sulla parte "estetica", sul sound che viene cercato per ogni genere, sui criteri che stanno alla base delle scelte etc etc esiste qualcosa di diverso?
  19. più che collegamenti con l'astronomia direi che sono tutti collegamenti con l'astrologia (in senso lato) :-)
  20. le scienze non dovrebbero limitarsi ad un'affermazione simile. Che è più filosofica che scientifica. Se trovi un fenomeno devi sforzarti di tracciarne le modalità, le occorrenze, le "cause". Quindi parlando di condizioni universali bisognerebbe almeno chiedersi perché sono universali, in che modo si è sviluppata questa universalità, di che natura è. L'idea di Frank per cui la condizione di figlio sia universale è un ottimo gioco logico per eludere la questione :-) dire "condizione di figlio" significa aprire un mondo di possibili condizioni. Siamo noi, con il nostro linguaggio, a dare unità a questa espressione, "condizione di figlio", e a supporre una specie di essenza comune che sta sotto a tutte le condizioni di figlio. In realtà sono tutte condizioni diverse, e anche se "in laboratorio" possiamo sforzarci di trovare le somiglianze, sappiamo bene tutti che essere figlio in una tribù africana ed essere figlio nel centro di Pechino sono condizioni diverse. Io penso che ci sia stata, nella filosofia come nella psicologia o nell'antropologia, una voglia di universali che ci ha portato ad analizzare molti eventi umani secondo il paradigma del "normale" e dell' "anormale", o del comune e del non comune. Questi studi possono essere fatti in modo interessante o in modo dannoso. Il discorso di Bianca sulla convenzione dell'aritmetica su base dieci è un modo interessantissimo, secondo me, per capire cosa significa convenzione e cosa significa universale, o base fisiologica. Mi è capitato più di una volta di usare l'espressione "base fisiologica" parlando di armonia. Le regole dell'armonia sono convenzionali MA seguono delle basi fisiologiche. Immagino che anche la stragrande maggioranza di modelli di calcolo su base dieci nelle culture segua delle basi fisiologiche (non ne sono certo, non sono un esperto). Questo non significa che la base dieci stia nella natura o che l'armonia sia una funzione della natura, e infatti esistono molti esempi che dimostrano come la cultura possa sviare le basi fisiologiche e approdare a modelli inaspettati, fuori dalla norma. Come dicevo prima, io tendo ad essere diffidente sulle ricerche di psicologia della musica "made in USA", perché trovo una banalizzazione dei concetti musicali. Per avere risposte interessanti bisogna fare domande interessanti, e non ci si dovrebbe limitare alla prima risposta, ma spaccare il capello, problematizzare di continuo. Pare che un numero non precisato di persone non appartenenti alla cultura occidentale abbia individuato dei sentimenti nella musica occidentale che ha ascoltato. Bene. Che pezzi? Sono stati in grado di dire quali parti comunicavano cosa? Questo sarebbe utile. Gli etnomusicologi hanno più o meno dimostrato che le culture musicali non occidentali danno un peso molto grande al ritmo, più che all'armonia. Cosa hanno fatto ascoltare a sti poveri cristi, la marcia funebre di Chopin? Poi. Cosa si intende per "paura"? Si parla di paura come di sentimento fondamentale, o una cosa così. Da ASCOLTATORE OCCIDENTALE io avrei grossi problemi a individuare la paura tra i sentimenti suscitati da un pezzo musicale. Cosa si intende per paura? In quali pezzi l'hanno trovata? Era l'unica verbalizzazione presente o è stata frutto di un ragionamento di quelli che hanno analizzato le reazioni degli ascoltatori? Alcune di queste domande hanno delle parziali risposte. Ovvero, si sa già che esistono alcuni universali musicali, gli etnomusicologi se ne occupano da decenni. La loro universalità non è proprio universale, forse, ma su cose come l'intervallo di ottava, la regolarità ritmica, la connotazione poetica dei testi musicali, le connessioni tra ritmo e danza siamo su un livello quasi universale. Sono i passi successivi il problema, capire perché una cosa è universale, quando cessa di esserlo, da quando lo è diventata nell'evoluzione umana e cose così.
  21. anch'io sono molto scettico. Da una parte, scettico nei confronti degli scienziati (spesso USA) che affrontano questi temi con molta leggerezza. Dall'altra, scettico verso le riduzioni giornalistiche. Senza vedere la ricerca in sé è difficile capire quanto seria sia stata.
  22. io, semplicemente, non ho mai visto nessun mezzosoprano e nessun soprano sul nostro forum.
  23. benvenuto e in bocca al lupo per l'esame
  24. non so che dire, non l'ho vista... ho captato dagli status di qualche amico presente in Arena che la regia video ha peggiorato la resa di una regia che dal vivo aveva dei pregi. Se la mettono su youtube gli do uno sguardo
  25. sarebbe davvero carino organizzare un ritrovo, ma siamo tutti sparsi per l'Italia...
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