Jump to content
Piano Concerto - Forum pianoforte

thallo

Moderatore
  • Posts

    1170
  • Joined

  • Last visited

  • Days Won

    104

Tutto postato da thallo

  1. sì, probabilmente è molto post-moderna come cosa. Quelli che si sono occupati dell'audio avranno pensato PROPRIO all'effetto Glee, che è subito riconoscibile all'orecchio, ed è molto probabile che il target di quel film abbia molta parte in comune col target di Glee. Dal mio punto di vista, però, come scelta artistica è incoerente, anche rispetto al resto del film e al libro da cui è tratto. Ma comunque è un'altra discussione...
  2. ripeto che la discussione sull'opera l'hai iniziata TU. Non puoi sparare "vaccate" e pretendere che nessuno risponda... sulle ipotetiche "funzioni" della musica da film e della musica operistica, vorrei ricordare che l'opera non commenta un bel fico secco. O meglio, l'evoluzione della scrittura operistica ha portato la musica a diversificare molto il proprio ruolo "narrativo". La possibilità di commentare o sostenere un'azione in scena è solo una delle possibili funzioni della musica operistica. La principale è sempre stata quella di integrare il canto, che nella musica da film non c'è quasi mai. Quando è uscito il primo episodio della trilogia de "Lo Hobbit", l'anno scorso mi pare, mi sono arrabbiato tantissimo proprio per questa cosa. Nel film ci sono molti momenti in cui i nani cantano, momenti presenti nel libro, che fanno parte dell'azione reale (musica diegetica), ma le loro voci vengono assorbite dalla colonna sonora, proprio come se fosse un musical, rendendo l'effetto assolutamente "extra-diegetico". Io l'ho chiamato "effetto Glee", che è poi l'effetto Operetta, l'idea, cioè, che l'azione vada recitata e la riflessione lirica possa essere cantata. Questo trasforma automaticamente quel film in un film musicale, cosa che secondo me non ha senso, ma che dipende proprio da un fraintendimento del trattamento della colonna sonora. Nell'Opera musicata per intero la questione è ancora più radicale, perché non c'è distinzione tra una diegesi "non musicata" e una diegesi "musicata". Esiste musica diegetica nell'opera (la donna è mobile è una canzone cantata dal Duca di Mantova, per esempio) ma di fatto non esiste musica extra-diegetica, perché in scena si canta sempre. Questa è una differenza fondamentale fra musica da film e teatro musicale.
  3. no, tu non hai capito molte cose della mia confutazione. 1) non è MAI esistito un genere denominato "Opera". 2) tra i vari generi di teatro musicale, molti non sono mai stati popolari (e il molti è riferito ai generi, quindi si parla di decine e decine di titoli presi tra favole musicali, melologhi, azioni sceniche sacre, cantate sceniche etc), altri erano popolari ma non nel senso che puoi pensare tu. Wagner, di cui si accennava, è stato influente come pochi sulla storia della cultura, ma di certo la gente non cantava Parsifal per le strade. Tanto per fare un esempio di autori di opere liriche non popolari: Monteverdi, Cesti, Cavalli, gli svariati compositori di opere romane, Hasse, entrambi gli Scarlatti, Handel, Lully, Rameau e praticamente tutti gli operisti francesi fino tipo almeno a Gounod, tutti gli operisti di opere serie italiane, napoletane e non, perfino Mozart, se prendiamo i titoli seri. Vabbé, ce ne sarebbero molti altri... c'è un momento in cui la musicologia si scorda della storia della musica e si bea delle proprie pseudo-teorie. Questo è quel momento. La musica per cinema è un genere a parte, con legami con la musica, tanto quanto la stessa opera aveva legami con i madrigali e la musica vocale rinascimentale. Ma allo stesso modo in cui la musica vocale non è morta alla nascita dell'opera, l'opera non è morta alla nascita del cinema. Tu puoi dirlo quanto vuoi, ma ripetere una falsità non serve a renderla vera. trattati polverosi un corno, io in teatro ci lavoro e due anni fa Il cappello di paglia di Firenze che ho cantato in coro riempiva i teatri. Il circuito lirico lombardo in cui canto, che è una piccolissima realtà rispetto a quello che c'è in Italia, ha perfino commissionato un'opera lirica per bambini che ha mandato in tournée per una marea di piccoli teatri italiani. E' questa la differenza tra chi si rassegna alla realtà musicale, e ne parla, e chi ipotizza una realtà parallela che segue i propri gusti. La realtà parallela in cui l'opera lirica è morta l'hai ipotizzata tu ma non è reale. metodologia storica come se piovesse :-) No! Ma proprio no! Vai a studiare la storia dei teatri veneziani e vai a vedere il complesso meccanismo di affitto dei palchi... vai a vedere la struttura gerarchica dei teatri francesi, come alcune opere circolassero SOLO in alcuni teatri dove era praticamente impossibile entrare per "la gente". Ah, la "gente" non è un criterio sociologico corretto. Il "pubblico" non è "la gente". ... ci sono momenti in cui veramente mi viene da picchiarti... tu sei cosciente delle ragioni storiche per cui il coro del Nabucco era famoso? E presso chi era famoso? I musicologi che disprezzi di norma si interrogano in modo un po' più approfondito su queste cose. E quei musicologi semplicemente si sono accorti che negli anni in cui Verdi ha scritto le sue prime opere, in Lombardia si accendevano i moti risorgimentali. In Italia DEL NORD anche a quei tempi c'era una tradizione più o meno consolidata di cori. Sarà secondario notarlo, ma di Verdi erano famosi I CORI, non le arie. Alcuni cori di quelle opere divennero gli inni underground dei movimenti risorgimentali lombardi, e la cosa era notissima a tutti, allo stesso Verdi, che scrisse "La battaglia di Legnano" praticamente durante le 5 giornate di Milano. Ecco, il coro del Nabucco non era famoso tra i colleghi di Peppino, era uno dei cori risorgimentali esplicitamente inseriti da Verdi nelle sue opere. Altri sono "Oh signore dal tetto natio", "Si ridesti il Leon di Castiglia", "Patria oppressa". tu potresti evitare di esprimere opinioni su cose che non conosci. Tipo anche su di me e le mie deformazioni professionali. sei stato chiaro nell'esprimere un'ignoranza di base nei confronti del teatro musicale. Che, infatti, non si chiama tutto "Opera". La struttura di, non so, l'Ifigenia in Tauride di Gluck è diversissima da quella del Ratto dal serraglio di Mozart, nonostante 3 anni di differenza. Ma la mia ironia sulle differenze tra trio e quartetto riguardavano un TUO intervento in cui dicevi che non tutto il teatro musicale è opera. Che è un po' scoprire l'acqua calda, ma se questa argomentazione viene usata per decretare la morte dell'opera allora arrivo io e PRETENDO che sia decretata la morte del trio, che ha una tradizione PRECEDENTE il quartetto. Riassumendo: il teatro musicale ha SEMPRE avuto molte forme diverse. Quella di cui TU stai parlando è solo una delle tantissime. E per altro manco quella è morta, visto che di compositori che si ispirano a Verdi ce ne sono ancora molti. Wagner non ha mai fatto opere popolari. Magari non lo sai, ma vedo che il dubbio di non sapere le cose non ti tange, ma "Parsifal", l'opera di Wagner che oggi trovi su itunes e alla Ricordi, è stata rappresentata per la prima volta a Bayreuth nel 1882 e PER LA PRIMA VOLTA IN UN ALTRO TEATRO nel 1914. Wagner ne aveva vietato la rappresentazione in teatri diversi dal suo sacro Festspielhaus ... ma immagino che "la gente" sia andata TUTTA a Bayreuth in quegli anni credere che esistano delle forme platoniche fuori dal tempo è tipico dei compositori :-) e poi mi parli di come i musicologi adattino la storia...
  4. dire che non sono d'accordo è dire poco. E la tua argomentazione è debolissima. Ci sono decine e decine di opere che non sono mai state popolari. E la "funzionalità e le caratteristiche in origine" l'opera le ha perse, più o meno, 30 anni dopo essere nata. E poi ancora una quarantina dopo. E poi ancora una cinquantina dopo. E così via, fino ad oggi. Pensare che "L'OPERA" sia una cosa unica, statica, sempre uguale nella sua storia è semplicemente sbagliato, si basa su dati storici falsi. Credere che l'opera sia morta è un'opinione, che non condivido, affermare che l'opera abbia perso la sua funzione è un'opinione povera e difficilmente argomentabile. Sul pubblico di nicchia dell'opera, anche qui, non credo che le cose stiano così. A prescindere dal fatto che ormai ogni pubblico è di nicchia, e che nessuno (spero) si sognerebbe di denigrare il canto bizantino antico solo perché ha un pubblico di nicchia. Vi ricordo che nel mondo ci sono un bel po' di teatri stabili d'opera che mettono in scena ogni anno nuove commissioni operistiche, e repertorio contemporaneo più o meno recente. Se il nostro discorso diventa un po' più serio, poi, e prende in esame, non so, le opere contemporanee scritte negli ultimi 30 anni, si è creato un vero e proprio repertorio, apprezzato e conosciuto nel mondo. :-) su, definisci la differenza :-) facciamo una bella discussione su quanto fondamentale sia la differenza tra un sestetto e un settimino, su quanto il quartetto sia un genere vivo e vegeto e il trio no :-) questa me la devi spiegare davvero
  5. è divertente leggere questi messaggi :-) esistono siti di incontri, tipo meetic, ma in versione gay. Alcuni hanno anche la app. E alcune di queste app hanno il localizzatore. Tutto qui. Non esistono app che si accorgono delle persone che hai attorno e ti dicono cosa gli piace fare a letto.
  6. Bianca, continui a mettere carne sul fuoco, ma ste bistecche se non le cuoci tu non le cuoce nessuno! Siamo a 5 pagine di discussione e 1) non ho capito cosa intendi con "significato" 2) non ho capito cosa intendi con "consequenzialità" 3) non ho capito cosa intendi con "narrazione". Di fatto hai messo in campo un problema, noi abbiamo provato a tirar fuori ANCHE delle soluzioni, ma tu ti sei limitata al problema... Sporcati un po' le mani, su...
  7. era dovuto a piccoli impegni :-) mi hanno chiesto un articolo su Cajkovskij e la sua omosessualità, e settimana scorsa ho cantato col mio coro una messa di Cherubini al Festival Mito :-) i prossimi impegni saranno barocchi, e poi inizio la produzione di Elisir d'amore (una palla epocale). Tra l'altro, sul tema "costruire culmini", Cherubini mi ha dato da pensare. Siamo stati diretti da un direttore non particolarmente bravo e non particolarmente cattivo. Ha ignorato la scrittura contrappuntistica di molti pezzi, con scandalo del nostro direttore di coro, ma è riuscito a tirare fuori un senso da alcune cose che per come erano scritte sembravano assolutamente insensate. C'è un pezzo (il Credo) in questa messa solenne in Mi maggiore di Cherubini in cui le sezioni del coro cantano una alla volta dei pezzi monodici abbastanza noiosi. Nelle situazioni di monodia tradizionalmente si cerca il senso musicale nel testo. Ma nel caso di Cherubini la frase melodica, oltre ad essere banale, era anche abbastanza slegata dal testo, ed era molto lunga. Nell'interpretazione del direttore, il culmine non esisteva, semplicemente, ma sforzandoci di mantenere tutto ad un costante mezzo-forte, si arrivava ad una specie di accumulo di tensione complessivo. Era tutto così innaturale, così anti-fraseologico, che a un certo punto anche noi sentivamo una sorta di rilassamento durante la cadenza. Non so effettivamente quanto questo fosse voluto dal direttore, ma l'effetto è stato carino.
  8. il problema è uno: se valuto un pesce per le sue capacità di arrampicarsi sugli alberi avrò parlato di tutto tranne che del pesce. Gran parte dei termini usati da Bianca vanno precisati e adattati alla musica. Ma ancora di più si dovrebbe capire se il discorso sulla "logica" della musica abbia senso, o no, o in che misura e in che modalità possa avere senso.
  9. ok, pensare che possano esistere degli "ignobili" fruitori fa parte di quei giudizi morali che a mio avviso non dovrebbero essere mai uniti ai discorsi sulla musica... è un presupposto sbagliato e un po' settario. Riprendendo l'idea delle proposizioni impredicabili e delle proposizioni predicabili, in parole semplici ci sono elementi oggettivi ed elementi soggettivi in ogni discorso umano. La critica è da sempre un discorso con responsabilità autoriale, non pretende di essere oggettiva, anzi, è strettamente legata alla firma della persona che la elabora. Nella storia ci sono stati stili diversi di critica d'arte e di critica musicale, molti hanno avuto successo per il grado di artisticità col quale sono stati formulati, altri hanno avuto successo per la veridicità di alcune affermazioni tecniche al loro interno. Ed è questo secondo me che si dovrebbe capire, con la critica si può essere d'accordo e in disaccordo, ma la sua censura non serve a nessuno. Sul resto del discorso non mi esprimo, non sono un materialista ma non penso che l'estetica abbia a che fare con l'anima, qualsiasi cosa essa significhi
  10. bella la pagina di wikipedia, alla fine c'è questo link ad un piccolo saggio online http://www.aproposmozart.com/Zaslaw,%20Neal%20--%20M.as%20working%20stiff.pdf
  11. Non ho occasione di cercarlo e guardarlo per ora, in effetti in questi giorni devo fare mille e cose e dovrei farne altre mille... non mi sono mai interessato allo studio sugli schizzi, non ho una buona formazione filologica (ahimé) ...
  12. dalla sola analisi non si può risalire al "metodo" compositivo. L'unico modo per avere certezze è avere a che fare con gli schizzi. Ma anche se facciamo solo delle ipotesi, è bene sottolineare come rimanga imperscrutabile il metodo compositivo di un compositore che non lascia schizzi o su cui non abbiamo testimonianze specifiche rispetto al metodo compositivo.
  13. che sia chiaro, non sono stato offensivo, in questo forum si sa che posso essere ben più offensivo. Il mio commento era delimitato: chiunque utilizzi i termini "casta", "intellettualoidi" e "genere umano" in un discorso sulla musica secondo me non sta facendo un discorso sulla musica ma una conversazione da bar. Per altro, come per il discorso sul pubblico e l'atteggiamento dei compositori nei suoi confronti, se finora nessuno in questa conversazione da bar si è dimostrato pienamente d'accordo con te forse potrebbe dipendere anche da te. Il che non significa che tu abbia torto, come la mancanza di successo "popolare" non significa che abbiano torto quelli della casta (bella come analisi sociologica, mamma mia, proprio da compositore!). Semplicemente a te non interessa l'opinione degli altri, e a quelli della casta (...) non interessa l'opinione del pubblico popular. Ah, parla con me e di me, non di "musicologi". Io non parlo di "compositori".
  14. ok, questo messaggio credo sancisca la fine dei miei interventi in questa discussione. Forse non ho letto bene gli altri messaggi precedenti, mi è stato difficile tenere il filo. Ma se le tue considerazioni contemplano termini come "casta" "intellettualoidi" e "genere umano", beh, non ho davvero nulla da dire. La mia opinione è che il tuo discorso sia un discorso da bar. Nulla di serio. E lo dice uno che non ha mai fatto differenze preliminari tra Romitelli e Burzum.
  15. io mi sono appena trovato un'acca dove non doveva starci... odio rileggere i miei messaggi... e comunque, il black ambient è il futuro
  16. Non riuscendo a dire tutto quello che vorrei dire, parto dall'inizio: Einaudi. A me Einaudi non piace particolarmente. E non lo considero la punta di diamante del post-minimalismo. Magari Feldman (utente) non lo sa, ma io sono un grande estimatore del minimalismo storico e di molti autori e composizioni in vario modo post-minimalisti. Gli "esperti" tendono a criticare questo termine, post-minimalismo, perché da almeno 30 anni è servito come passepartout per una serie infinita di diversi stili e ricerche. Ecco, molti di questi stili o microgeneri, secondo me, sono ormai lontani dall'ambito della musica cosiddetta classica o classica contemporanea. E' musica colta, musica "fringe", di frontiera, ma dire che Einaudi è stato allievo di Berio non basta ad inserirlo in un discorso di alternative alla musica di ricerca. Lo stesso discorso sullo iato tra pop e "classica" non mi piace, perché oggi il "pop" non è alternativo alla classica. E' alternativo ha una marea di generi diversi, tra cui moltissimi sottogeneri del rock. Burzum è pop? DJ Spooky è pop? John Zorn è pop? Nessuno di loro fa "classica", con le immancabili virgolette, ma non per questo possono essere considerati popular. Lo scontro tra classica e pop è un mito fondatore dell'avanguardia musicale "classica", non è un problema di per sé, è un problema nel momento in cui lo poniamo come problema. Quello di cui sotto sotto si sta parlando non è il "pop" inteso come genere musicale ovvero definibile da caratteristiche MUSICALI ma il pop come dimensione fruizionale, definita probabilmente da percentuali di vendita o di conoscenza. E qui il problema è ben più vasto. Mozart vende più o meno di Lady Gaga? Beh, Mozart HA VENDUTO negli anni sicuramente più di Lady Gaga, è più conosciuto (ha avuto più tempo per farsi conoscere) e lo sarà anche in futuro. Ivan Fedele vende più o meno di Lady Gaga? Di certo vende di meno, ma ha delle entrate, ha la possibilità di sopravvivere e fare il suo lavoro, come tutti, e se volesse entrare in una logica di mercato farebbe cose diverse da quelle che fa. E quindi, in un certo senso, non sarebbe più Ivan Fedele. Cosa dovrebbe fare Ivan Fedele per entrare in competizione con Lady Gaga? Dovrebbe fare come Einaudi? E cosa ha fatto Einaudi per entrare in competizione con Lady Gaga? Dal mio punto di vista le possibili scelte di Einaudi sono state due: fare quello che voleva, da un punto di vista estetico, e avere avuto "fortuna"; oppure fare scelte commerciali, in senso commerciale, e andarsi a cercare la fortuna. Io non do giudizi di valore, sono una persona che crede profondamente nel professionismo, e per me fare successo non è un peccato, è sintomo di capacità ben sfruttate. Ma se parliamo di popolarità musicale in termini di popolarità COMMERCIALE, allora escludiamo a priori una serie di stili e generi. Non possiamo "colpevolizzare" Xenakis per aver fatto quello che gli piaceva e non possiamo incensare Einaudi per aver fatto quello che gli piaceva. Unire il giudizio morale alla critica estetica significa di fatto dire che Xenakis aveva una oscura ragione per fare la sua musica (ovvero, voleva uccidere la musica classica, come molti stupidi continuano ad affermare) e allo stesso tempo affermare che anche Einaudi aveva secondi fini per scrivere quello che ha scritto (ovvero, fare soldi e diventare famoso).
  17. io mi mangio le mani per non essere intervenuto prima, ora riprendere le fila del discorso sarà impossibile...
  18. comunque, io ci provai millenni fa, ai tempi della laurea triennale, perché in un'opera di Britten di cui dovevo parlare in tesi c'era un'armatura di chiave ben strana. Ovviamente non la ricordo... ma era simile a quella citata da Bianca, e corrispondeva ad una "Morris Dance", una danza folk inglese
  19. dovrei riascoltarlo, ma sono in periodo Cajkovskij. E fra pochi giorni sarò in periodo Cherubini
  20. Red, sarò pazzo, ma il "culmine" finale mi rende interessante quella composizione. E' un po' caciaroso, sembra quasi un modo sbrigativo e semplice di concludere tutto, ma al primo ascolto lo sviluppo del brano non mi fa impazzire, i primi 5 minuti mi sono piaciuti di più dei secondi 10...
  21. Cerco di quotare lo stretto necessario. regola generale: molta terminologia musicologica è presa in prestito da altre discipline (filologia testuale, linguistica, estetica, fisica etc...), MA nel suo uso musicologico assume connotazioni e sfumature tecniche precipuamente musicologiche. Se continui a rapportare il termine narratività alla letteratura non ne uscirai mai fuori. Nella discussione precedente ti dissi che, purtroppo, non governare fino in fondo alcune questioni musicali ti avrebbe potuto portare a dover accettare come dogma alcune mie e altrui osservazioni. Una di queste è che non può esistere in musicologia un discorso normativo sui significati. Contrapporre musica "narrativa" a musica "non narrativa" è comunque un atto interpretativo e perfino metaforico perché la categoria del "narrativo" non è una distinzione di genere, come in letteratura, ma è una proposta ermeneutica, analitica, critica. In quanto proposta analitica va accoppiata proprio alla scoperta di quei significati narrativi di cui sopra, cioè, se dico "la sesta di Cajkovskij può essere interpretata come la narrazione della sofferenza di Cajkovskij per la sua recondita omosessualità", poi devo sforzarmi di trovare gli elementi musicali che me lo fanno supporre e, possibilmente, legarli ad una volontà autoriale (questo, però, potrebbe anche essere secondario). Come già detto nella discussione precedente, c'è una tradizione rispetto a questo tipo di analisi che vede in alcune tecniche tematiche (termine musicologico) il modo "classico" per una composizione di raccontare storie. Entrando nel campo di quello che non so abbastanza bene per poter approfondire, so che la narratologia "figa" oggi ha allargato di molto l'insieme delle tecniche musicali interpretabili come narative. questa distinzione in musica non è fondante e non ha a che fare con la consequenzialità, termine su cui abbiamo già discusso moltissimo. esponi ex abrupto il quesito di partenza. No perché la discussione sulla consequenzialità non è neppure partita da te, ed il primo messaggio non era tuo... non c'era un quesito di partenza (e l'ho anche detto in risposta ad un tuo messaggio). come ho già detto (e ho perfino già detto di averlo già detto) la narratività non è caratteristica intrinseca di un pezzo musicale, i pezzi diventano narrativi nel momento in cui tu ne dai una lettura narrativa (credibile) ma possono essere goduti, ascoltati, analizzati anche senza mettere in campo questa loro caratteristica. preparati ad una bomba: la musica non esprime significati. La musica è, in primo luogo, ostensione sonora, stimolo uditivo, come la pittura è in primo luogo stimolo visivo. Il valore principe della musica è quello ESTETICO, non quello EPISTEMOLOGICO
  22. Bianca, spesso non capisco i tuoi interventi. E di base non li capisco perché continui a spostare l'attenzione su "altro" rispetto alla musica. Teorie narrative sono ben precedenti a Nattiez, in realtà la fraseologia musicale è la base dell'analisi musicale, storicamente parlando le grandi forme strumentali (e in origine quelle vocali come il madrigale) sono sempre state analizzate come se fossero orazioni. L'evoluzione della forma dal '500 in poi può essere in un certo senso vista come un allargamento della prospettiva "linguistica", da una retorica della figura (madrigali prima pratica), ad una retorica e sintassi della forma. Questa forma musicale è diventata forma di una narrazione nelle forme strumentali classiche e romantiche. Come tutti i discorsi generali, il mio discorso ha delle pecche, delle eccezioni, ma ANCHE per questo sono convinto che un unico termine (narratività, narrazione) non possa descrivere bene l'intera storia della musica, che è poi il senso del mio intervento precedente. Però, se dobbiamo parlare di musica, parliamo di musica... vogliamo aprire un'altra discussione sul significato? Ne abbiamo parlato in altre discussioni tempo fa, mi pare, e non siamo arrivati a conclusioni degne di nota... e per quanto ne so ci sono decine e decine di trattati di estetica musicale sul significato in musica. ora mi devi collegare "significato" a "narratività". E IN MUSICA.
  23. non ho citato la frase sullo yoga, ma riprendo lo spunto. Hai detto che per ascoltare sei ore di quartetto si deve fare yoga. E io rilancio dicendo che allo stesso modo in cui ti richiamo per l'ascolto ad una pratica lontana dal mondo occidentale, quando il brano lo richiede, ha senso richiamarsi a teorie diverse quando l'analisi lo richiede. Chiamare tutto "narrazione" o "narratività" non serve a nessuno. Ci sono tipi diversi di narratività, è vero, ma RICORDIAMOCI che narratività è il nome che noi "occidentali" abbiamo dato a una teoria occidentale, nata per spiegare in massimo modo un certo tipo di musica strumentale romantica. Spostando la questione dal piano "occidente" "oriente", e riportandola alle questioni musicologiche, se si usa un termine che ha una storia lo si usa anche per la sua storia; quando si vuole allargare il suo significato, lo si dovrebbe fare rimanendo coscienti del fatto che C'E' un limite, perché tutti i significati, le sfere semantiche hanno un limite. La narratività NON E' un universale, Clapping Music di Reich NON E' narrativo, e non tanto perché non racconta una storia, ma perché, come dicevo, il concetto di narratività e la branca analitica della narratologia nascono con un forte legame con un repertorio troppo lontano. Io non conosco abbastanza Feldman per poterne parlare con profitto, ma sono certo che si possa coniare qualche termine nuovo per descrivere quello che avviene nella sua musica.
  24. aggiungo un'altra cosa, un piccolo cenno alla discussione sul clymax. Premettendo che gran parte dei termini che usiamo sono "flessibili", non confondiamo la narratività con quella che spesso viene chiamata "gestualità". Un "gesto" musicale è un elemento a cui gli ascoltatori e gli esperti danno consapevolmente o inconsapevolmente un significato musicale. Questi significati musicali possono anche essere archetipi narrativi, ma spesso sono così "basic" da essere qualcosa meno. La cadenza è un gesto, l'accordo è un gesto, il movimento parallelo è un gesto. Il concetto di gesto e di gestualità è stato sviluppato proprio con la musica contemporanea, che pur non essendo precisamente narrativa, riprende elementi "strutturali" della musica narrativa, elementi in un certo senso retorici. Quando hai una composizione così incasinata da non comunicare nulla di chiaro, allora inizi a cercare gesti, come agglomerati armonici, ritmici, sintattici. L'analisi di Webern fatta da Lachenmann che citavamo messaggi fa è in realtà un computo di una serie di "gesti" che possono anche essere interpretati in chiave retorica, ovvero narrativa. Il clymax può essere una figura retorica ma può essere anche un gesto. Che differenza c'è tra le due cose? Beh, ammettendo che ci sia una differenza (nel senso che ogni musicologo ha un'opinione in merito), tutto secondo me cambia dalla situazione. Io credo che la narratività, e la retorica su cui si basa, debba presupporre una platea di ascoltatori in grado di comprenderla. La gestualità può anche essere quasi incomprensibile, il suo ruolo, il suo effetto sull'ascolto è quasi inconscio a volte. Se decido che quell'accordo di sesta eccedente per me richiama la nebbia di Londra (...), allora cercherò come compositore di fare in modo che quella cosa si capisca. E' un elemento retorico in funzione della narratività della mia composizione. Se voglio solo dare "texture" alla composizione, se voglio a un certo punto "agglomerare" quello che prima era un casino incomprensibile, allora posso inserire 5 note eseguite contemporaneamente, che avranno la parvenza di un accordo e, in un certo senso, il ruolo di un accordo. Quello sarà un gesto, più che un vero elemento narrativo (o un vero accordo). I clymax sono gesti abbastanza facili da creare e da riconoscere. Ma il valore strutturante di un crescendo rossiniano è diverso dal valore strutturante di, non so, l'aggiunta di piani sonori in Music for 18 Musicians di Steve Reich.
×
×
  • Crea nuovo...