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Piano Concerto - Forum pianoforte

danielescarpetti

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Tutto postato da danielescarpetti

  1. Carlos, premetto che questo mio intervento sarà volutamente amichevole e scherzoso come vorrei fossero i nostri rapporti, spero questo non ti dispiaccia. Siamo tra amici al bar: tu, Armando, Luca,chiunque altro voglia partecipare e naturalmente io. Siamo tutti a vario livello e a varie conoscenze amanti di Beethoven ma, come è bello che accada, non necessariamente concordiamo su tutto. Tu hai detto la tua infarcendola di quelli che si possono tranquillamente considerare: gusti personali in fatto delle opere beethoveniane. Ora io farò altrettanto conversando amabilmente con te ed esprimendo quelli che sono i miei e sperando di strapparti un sorriso. Proviamo? Però è troppo poco, ritornando al discorso su Die Weihe des Hauses; concordo decisamente. Ma, “a naso” come si suol dire, la ragione è facilmente individuabile e riguarda quell'ouverture come altri capolavori di Beethoven che, da sempre, vengono preferiti in una “classifica” che ha al centro della top list la musica che potremmo definire con il termine "eroica”, il che travalica persino la partizione nei tre stili di cui abbiamo qui parlato nei giorni scorsi, privilegiando quell'aspetto della poetica beethoveniana, mai nato e mai finito, presente in molta musica di tutti e tre i periodi. Per cui, ecco che la Sonata “Patetique” op. 13 è diventata più famosa e decisamente più eseguita delle tre Sonate op. 10 (straordinarie) e delle due Sonate op. 14 Carlos, io considero un po' l'opera compositiva beethoveniana come un “crescendo rossiniano” - perdonami questo termine ma non ne trovo mai uno migliore – dove fra alti e bassi si arriva alla grandezza finale. Lo so tu non sei d'accordo , ma io la penso così. Delle tre sonate dell'Opus 10 considero solo la terza veramente ottima con quel Presto iniziale assai complesso e visionario e con quel colossale Adagio che già preannuncia – miseriaccia so che non ti piace questa cosa - quello dell'Opus 106, che meraviglia! Sulla prima che dire? Non è male; ma la trovo ancora troppo vicina allo stile di Mozart e, a me le Sonate per pianoforte di Mozart ad eccezione della K. 311 non mi sembrano poi nulla di particolarmente eccezionale. Nella seconda poi sento Philip Emanuel Bach e anche Haydn, non male neppure questa ma, sì.... nettamente superiore la terza e già vigorosamente beethoveniana come piace a me. Ma Carlos... l'Opus 13, lo avevo già detto è il primo vero grande salto di qualità nelle opere piano-sonatistiche di Beethoven, quella che fino a quel punto della sua carriera ha per prima un'introduzione drammatica in tempo lento, la prima i cui tempi sono legati senza dubbio alcuno attraverso l'impegno di materiale tematico comune e con consapevoli reminiscenze. È lei senza dubbio che schiude la via alle “Sonate-fantasia”, non pensi? No vero! Le due Sonate dell'opus 14, sì, sono indubbiamente deliziose, ma continuo a pensare che la Patetique e l'Opus 10 n. 3 siano un'altra cosa. (per non dire delle due Sonate op. 27, delle quali la “Chiaro di luna” è conosciuta a livello planetario, mentre la sua compagna op. 27 n. 1 - che trovo decisamente migliore! - è riservata a un pubblico di “informati”). Francamente non saprei quale scegliere fra le due perché sono due ottime Sonate. Fra l'altro la melodia dell'Adagio con espressione della Opus 27 n.1, trovo assomigli tanto al Largo del Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra Opus 37, che ne dici? Quel concerto quando ero ragazzino era il mio preferito fra quelli beethoveniani. Ecco che la Quarta Sinfonia è diventata “terreno per pochi”, presente al 90 per cento dei casi solo nelle integrali, perché chiusa “a sandwich” tra l'“Eroica” e la Quinta (per non parlare della “Pastorale” e della Settima!); stessa sorte, tra l'altro, toccata al Quarto Concerto, nascosto dall'imponente Terzo e dall'“Imperatore”. La Quarta oggi è stata giustamente rivalutata e stupendo per me è quell'inizio: un movimento lento pieno di idee che si spezzano e senza alcun rapporto: geniale veramente geniale! Non sono poi così convinto che il Quarto sia un concerto nascosto: in realtà è sempre stato il mio preferito anche se oggi ho rivalutato fortemente anche il Quinto: l'Adagio un poco con moto è fra le pagine più belle in assoluto di Beethoven. Se ci pensate, la maggior parte delle opere che hanno ricevuto un nome (quasi sempre imposto dall'editore e non scelto da Beethoven) sono proprio quelle che rispecchiano quell'eroismo musicale di cui dicevo e quelle che da sempre identificano Beethoven, il cui ritratto più famoso è quello in cui lui guarda in cagnesco il ritrattista (come se Beethoven avesse vissuto inc*** tutta la vita, tra l'altro...). Ehhh già, anche questo dopo tutto è servito per costruirne il mito no? Dico “la maggior parte” perché l'op. 11, ovvero lo splendido“Gassenhauertrio”, subisce la stessa sorte di tanti altri pezzi, in forza di vicini di casa assai ingombranti (in questo caso la già citata “Patetica” op. 13, delle tre Sonate per violino op. 12 - che, essendo le prime tre sono, come le prime tre Sonate per pianoforte e i primi Quartetti, “fondamentali” a prescindere - per non dire dei due trii op. 70 n. 1“Geistertrio” e op. 97 “Erzherzogstrio”, che noi conosciamo familiarmente come “Trio degli Spettri” e “Arciduca”). Tu dici? Sai, io ho un parere molto diverso da te su questo, praticamente opposto. Innanzi tutto è inevitabile il confronto con il “Trio dei birilli” K. 498 di Mozart – anche se lì c'è la viola e non il violoncello – che è nettamente e superlativamente migliore e, poi, se paragonato nella sua versione per violino, anziché clarinetto, mi sembra veramente un grosso passo indietro rispetto a quello in do- dell'Opus 1: il pianoforte fa nettamente da padrone, gli altri due strumenti mi sembrano due docili barboncini tenuti alla catena. Ora, non per dire, ma avete in mente cosa c'è prima della Consacrazione? L'op. 123 di Beethoven è niente di meno che la Missa Solemnis (e l'op. 125 è la Nona, s'è detto - anche quella con un bel nome appiccicato, ovvero “Choral”, tanto per non far mancare anche a lei il battesimo postumo). Chissà, forse anche in questo caso è proprio questo il motivo che questa ouverture è in secondo piano! Anni fa, quando ero direttore di coro, preparammo per un concerto dedicato a Beethoven un magnifico pezzo breve, per coro e orchestra, dal titolo Mehresstille und glückliche fahrt (uno dei tanti tentativi di Beethoven di far venire i sudori freddi ai coristi, come si diceva da un'altra parte). Il pezzo è davvero bello e, nella sua brevità, è un condensato di "beethovenismo” . Qualcuno lo conosce? E, quelli che lo conoscono, quante volte lo hanno sentito in pubblico o visto in un catalogo di dischi? Benissimo, date un'occhiata al numero d'opus e, insieme a me, sbarrate gli occhi... È l'op. 112! e prima di quella ci sono i tre monumenti, ovvero le tre Sonate opp. 109, 110, 111 e, dopo, Die Ruinen von Athen, op. 113. Eh sì però, Carlos, tu ben sai che, soprattutto nella parte finale del catalogo, l'ordine numerico non corrisponde, quasi mai, all'ordine cronologico delle opere. In realtà l'Opus 112 - che è indubbiamente un “piccolo “ capolavoro di pittura sonora (Beethoven mi avrebbe bastonato per questa mia affermazione, visto quello che scrisse per la Pastorale) – risale al 1815 e le ultime tre Sonate del genio di Bonn furono concepite fra il 1820 e il 1822; le musiche di scena “Die Ruinen von Athen” sono del 1811 e dunque più antecedenti all'Opus 112. Ma, se devo dirti la verità, sono fra le musiche meno felici di Beethoven, se poi si considera che sono del 1811...mamma mia! Detto tutto ciò emergono, a mio parere, un paio di “luoghi comuni” che ci si porta dietro sempre quando si parla di un compositore e che, almeno noi musicisti, dovremmo contribuire effettivamente a scardinare. Uno di questi riguarda un po' tutti gli autori e si riferisce al fatto che gli ultimi lavori siano sempre e comunque i migliori (come se, tra l'altro, l'autore sapesse che sarebbero stati gli ultimi lavori). Una sorte analoga hanno i primi lavori, che, in quanto esordio, sono sempre da ritenersi, alternativamente e a seconda di chi ne parla, presaghi dei futuri splendori, o fondamentali per vedere quanto poi l'autore stesso se ne sia discostato. Carlos, gli ultimi lavori sono comunque gli ultimi lavori in quanto poi il compositore muore anche se lui non lo sa. Ma anche se lo sapesse, non è certo per questo che dà il meglio di sé ma è perché ha raggiunto un grado di maturità e di esperienza superiore alla giovinezza. Non so se mi sono spiegato in tutto questo contorcimento. Se Beethoven fosse campato di più e avesse portato a termine i suoi progetti, probabilmente sarebbero stati ancora più grandi e importanti e, non perché si avvicinava la morte, ma perché aveva fatto altri passi in avanti nella sua strada di compositore. Tu puoi preferire quella Sonata che vuoi (pensa che Chopin a cui Beethoven non piaceva diceva che la sua sonata migliore era quella dell'Opus 26) ma la critica musicale dice cose precise in questo senso, però i gusti sono gusti e vanno rispettati comunque. Beethoven inoltre soffre di un altra gravissima zavorra, ovvero che lui “è” (o era, se preferite) il musicista “del pugno sul tavolo”, il musicista arrabbiato col mondo, il musicista che graffia... basterebbe invece ricordare che lui stesso considerava la sua Ottava Sinfonia la sua preferita per rivedere decisamente queste posizioni. E basterebbe ascoltare i pochi frammenti della sua Decima (della quale per altro esiste una versione “completata” che, anche se non può ritenersi “beethoveniana”, è illuminante rispetto alla direzione che B. avrebbe poi preso), per capire come, sì, la Nona sia da ritenersi un enorme salto in avanti, un pezzo decisamente innovativo, ma che, probabilmente, per Beethoven era né più né meno che un esperimento (del quale non deve esser stato nemmeno lui tanto convinto, a giudicare da come aveva iniziato proprio la sinfonia successiva). In realtà quello che non convinceva Beethoven di quella sinfonia era il movimento finale e basta che è poi in definitiva, quello tutt'oggi più contestato seppur è il più popolare almeno nella sua parte iniziale. Dopo un paio d'ore che scrivo, penso, ripenso e riscrivo, mi rendo conto che la risposta alla domanda di Luca è rimasta nascosta tra le righe. Rileggo (ancora!) e chiedo scusa: va cercata, ma garantisco che c'è! E se la risposta fosse che, oltre ad essere schiacciata fra i due colossi, questa ouverture può suonare non tanto popolare nella seconda parte? Ovvero in quella che si richiama maggiormente allo stile finale beethoveniano: non popolare come del resto rimangono i suoi ultimi quartetti e le sue ultime sonate a molto pubblico della classica. Ora saluto la compagnia e vò a nanna! Buona notte!
  2. Friedrich Gulda (Vienna, 16 maggio 1930 - Weissenbach, 27 gennaio 2000) Gulda è un pianista della mia adolescenza. A lui rendo questo omaggio che mi permette di ascoltare l'Imperatore. Mi chiedo spesso fra il Quarto e il Quinto quale sia il mio preferito fra quelli beethoveniani ma penso che non riuscirò mai a venirne a capo!
  3. Caro Luca, anche leggendo quello che scrive Claudio, che mi sento di sottoscrivere, e, non solo o non tanto alla luce dell'ultima discussione mi rendo conto come parlare di musica - come parlare di medicina, architettura, pittura ...- tutto sia estremamente relativo. Come tu puoi vedere, non solo leggendo fra le pagine di questo forum ma anche e soprattutto confrontando testi e libri, anche fra gli "addetti ai lavori" le opinioni siano molto diverse e contrastanti. Questo fino a tal punto che tutto - ma proprio tutto - può essere messo in discussione e sia opinabile. Pensiamo a quello che Glenn Gould pensava di Mozart ad esempio...ma anche di Beethoven! In realtà quello che alla fin fine prevale su tutti noi sono i gusti personali: è inutile che ci giriamo attorno ma la parte del leone la fanno loro e questo a dispetto di tutto il resto. Dunque potrei rispondere che più che parlare di musica la musica va ascoltata. Ognuno ascolterà quella che meglio crederà e amen! In questo senso potrei dire che vedo sempre più bello e convicente il diario musicale che Frank ha qui proposto, dove ognuno di noi, in base al giorno e ai propri gusti personali può proporre a chiunque una musica e un compositore. Chi vuole condividerlo può farlo, chi non vuole viceversa. Ad esempio io ho proprosto "Il principe Igor" di Borodin e ho messo una postilla dicendo che è un'opera meravigliosa. Non è un'opera dai più conosciuta e, in italia, almeno per quello che ne so visto che c'ero, fu proposta l'ultima volta a Verona nel teatro nel 1987. Non è Wagner, né Verdi, né Mozart,né Puccini... ma secondo me è meravigliosa e si tratta di un compositore che molti considerano"minore". Io in queso esprimo un mio gusto personale...!
  4. Caro Armando e cari tutti, i motivi che mi spinsero e mi spingono a scrivere nei forum musicali sono sostanzialmente due, uno egoistico e l’altro altruistico – anche se rimane assolutamente arduo determinare dove finisca uno e dove inizi l’altro -. Il primo per un urgente bisogno di confrontarmi con altri che abbianoe condividano la mia passione per la musica, il secondo perché, pur considerandomi l’ultimo degli umili servi dell’arte musicale, avevo e ho la presunzione di poter dire qualcosa di utile e, questo, soprattutto ai giovani. In questi anni qualcuno mi ha ringraziato dicendomi che i miei scritti lo avevano aiutato nel fare la tesi universitaria e, semmai fossi riuscito a conquistare almeno una persona all’amore di questa musica, posso considerami fortunato e felice. Mi costa dunque molta fatica rinunciare alla partecipazione di queste discussioni, però, consapevole dei mie grandissimi limiti, è ovvio che di fronte a motivazioni che, sostanzialmente, mi chiudono la bocca, non posso che prendere atto, dare ragione e ritirarmi a buon ordine. Sulla discussione in particolare qui da me proposta sicuramente ho fatto un grande sbaglio – sbaglio dettato dalla mia grande passione - che però, se rileggete, ho cercato poi di correggere , dicendo che l’Ouverture “La consacrazione della casa” è uno dei massimi capolavori di Beethoven – e non il massimo – ma che comunque, suffragato da opinioni “importanti” ritengo sia l’unica vera opera sinfonica beethoveniana che possa richiamarsi al terzo stile, costituendo un ponte verso quelle opere che purtroppo poi non ci sono state e, cercando, per quel che mi è possibile di motivarlo, motivando anche – sempre nei limiti del mio possibile – il perché non si possa completamente ritenere tale la Nona. Se c’è una cosa che cerco sempre di tenere distinto – poi non so fino a che punto ci riesca – sono le considerazioni “tecniche” dai gusti personali. Se io qui, anziché di questa ouverture, vi avessi detto le stesse cose per quella de “Le creature di Prometeo” avrei , innanzi tutto detto un enorme sciocchezza e poi avrei confuso i gusti col giusto valore di un’opera. Ma così non è stato, siamo infatti tutti d’accordo che si tratti di un capolavoro beethoveniano, su cui possiamo discutere e confrontarci, fermo restando una cosa però: che come sempre alla fine si può cambiare idea come non si può, ed entrambe le opzioni sono giuste e sacrosante. Io, ad esempio avrei molte da cose da dire a Carlos in merito al suo mettere in dubbio l’equazione terzo stile=capolavoro o mettermi sullo stesso piano e confrontabili i valori di opere dei primi stili – continuo per comodità a definirli tali – con quelle dell’ultimo. Ma non ho pensato – anche un po’ conoscendolo – fosse il caso di farlo. Carlos, non so su quali parametri – per me questo rimane un mistero – certe persone ci risultino simpatiche e altre no. Fatto sta che tu mi sei sempre stato simpatico nonostante il tuo carattere, diciamo, non semplice, e senza offesa. Quando ti ho fatto gli auguri per una meravigliosa carriera e mi sono augurato che tu facessi tesoro di questa discussione, non intendevo dirti che io avevo ragione e speravo ti fossi convinto. Intendevo che spero quando come tanti altri grandi direttori del passato e del presente anche tu deciderai di incidere le Nove sinfonie, tenga in considerazione questo gioiello e, non farai, come gli altri che hanno inciso le altre ouverture e non questa. Questo intendevo! Un caro saluto a tutti voi!
  5. Penso che, come per Xenakis, di poterti dire che hai completamente ragione, nel tuo caso poi, abbondantemente da vendere: sono una persona completamente fuori luogo. Chiedo a tutti umilmente scusa e perdonatemi se potete!
  6. Tu hai ragione e ne hai così tanta anche da vendere. E' tutto vero quel che tu dici e, da parte mia, non posso che ripetere quanto già detto a mia parziale scusante, Io non so e, dunque non posso entrare nel merito di certe questioni causa la mia totale ignoranza e dunque se uno come Frank - perché presumo tu ti riferisca alle caratteristiche da lui enunciate - mi dice e mi fa quell'elenco, non posso che prenderne atto e stop. Tuttavia, io affido alle mie orecchie - come ho già detto - i miei giudizi e anche a chi - addetti ai lavori in generale - ne sa molto più di me. Su "La consacrazione della casa" ho riportato quei pareri, sulla Nona affido tutto alle mie orecchie. Allora esse mi dicono che se, indubbiamente, fra la cifra stilistica della Nona e quella delle precedenti sinfonie c'è un salto enorme, altrettanto si può dire fra la cifra stilistica degli ultimi Quartetti e delle ultime Sonate - molto più complessi/e - e la Nona. Questo lo giustifico dal fatto che la Nona, pur essendo virtualmente l'ultimo lavoro sinfonico di Beethoven, ebbe una genesi di molto anteriore e travagliata. Se Beethoven fosse vissuto più a lungo è da presumere, direi con certezza totale che, anche in campo sinfonico avrebbe raggiunto quel traguardo visto le sue intenzioni di ritornare a comporre opere con grande orchestra e, visto le sue caratteristiche: andare sempre oltre e sempre rinnovare. Sulla Nona in specifico, io trovo che il primo movimento si apra sicuramente in maniera sconvolgente ma che poi lo sviluppo, tutto sommato continui ad essere abbastanza tradizionale. Il secondo movimento - aldilà dell'anticipo sull'Adagio - non mi sembra così innovativo, mentre il terzo - questo sì capolavoro assoluto - è stile ultimo. Il quarto, anche questo ha dei tratti sconvolgenti ma ne ha anche tanti che non lo sono. Sbaglio? Probabilissimo, che mai si può pretendere da uno come me. Però è questo che mi dicono le orecchie. Ma io non posso andare oltre...!
  7. Ascoltami amico mio, francamente non so dove tu deduci che il motto beethoveniano fosse quello. Quello che però a me pare molto chiaro - e in questi giorni tu che segui le lezioni di musica su Radio tre non puoi che darmene atto - fu la capacità di Beethoven di saper creare - e questo in tutti i suoi supposti stili - dalle cose più semplici e insignificanti delle cose monumentali. Nei suoi ultimi anni di vita seppe, in questo, arrivare a vette invalicabili. Il tutto unito ad una bellezza sublime. Se siamo d'accordo - come penso - su questo, il discorso può anche considerarsi concluso qui, perché, alla fin fine questa è la cosa più importante. Sulle mie convinzione in proposito all'Ouverture di cui qui parliamo, tali restano Comunque sia mi prendo il merito di aver richiamata l'attenzione su un pezzo sinfonico di Beethoven che, a dispetto del suo grandissimo valore, non è conosciuta e non ha la fama delle altre ouverture pur meritandola tutta, se non di più. Spero che il nostro Direttore e Maestro nella sua carriera che gli auguro sia splendida, sappia fare tesoro di tutto ciò, incidendo e valorizzando questo pezzo come si deve. Con questo io vi mando un caro saluto...e viringrazio di cuore!
  8. 13 maggio 1991 prima esecuzione assoluta nella Suntory Hall di Tokyo del Concerto n.2 per violoncello e orchestra "Dark and Blue" di Maurice Ohana http://www.youtube.com/watch?v=95FRY2HbYJA
  9. Non c'è dubbio alcuno che in questa ouverture ci sia, all'inizio, anche il Beethoven eroico e francamente, mi spiace molto che in questa discussione, alla fin fine io faccia la figura del detrattore della Nona - la mia più amata sinfonia in assoluto, assieme alla Quarta di Brahms - Carlos, nessuno degli assi di coppe dice che l'Ouverture "La consacrazione della casa" è l'unica opera del terzo stile beethoveniano perché a dirlo è il due di bastoni. L'ho già detto e lo ripeto: io non leggo le partiture perché non ne sono capace - e mi dispiace tantissimo in verità - ma affido le mie sensazioni a quello che ascolto in primis e a quello che leggo poi. Allora io sostengo che la costruzione dell'Allegro fugato di questa Ouverture sia di una complessità che non trova pari in altre composizioni sinfoniche - compreso Eroica e Nona - beethoveniane e che questo sia stato l'annuncio di quello che, solo purtroppo, è rimasto nel cervello del compositore. A questo punto io non posso fare altro che invitarvi, a fornirvi di questa partitura - e se già l'avete tanto meglio - e a smentire o confermare questa mia sensazione. Se sbaglio, ne prenderò atto, ma se ho ragione me la dovrete dare. Ma....si fa a non barare eh!
  10. Allora facciamo così, te lo faccio dire da Carli Ballola, poi...vedi tu, fai come vuoi! Per la sua novità di concezione, "La consacrazione della casa" rappresenta un unicum nell'intera opera sinfonica beethoveniana. Dietro le sue impressionanti architteture si profilano non tanto la Nona e la Missa, ma piuttosto i muti fantasmi dell'Ouverture sul nome di Bach e della Decima sinfonia, con i suoi cataclismi sonori. Poi, se non ti piace Ballola, andiamo con Cappelletto: Un omaggio a Haendel ... Ma Beethoven non si limita a citare ed inventa; il pianissimo dei fiati nella marcia introduttiva, il Maestoso sostenuto, la fanfara di trombe e fagotti, il passaggio degli archi soli, preludono alla creazione polifonica dell'Allegro con brio; il tema viene ripreso e variato, l'edificio cresce insieme in altezza e solidità, s'innalza insieme al dilagare di tutta l'orchestra, lo sfolgorio del do+ finale supera ogni concezione tematica e il suono si afferma come pura forza. Dieci minuti di musica che rappresentano un "pezzo unico" del catalogo beethoveniano. Se poi, come temo, non ti piacciono né Ballola nè Capelletto, te ne propongo un terzo che so che ti piace molto: Ugo Morale: L'opera è in due movimenti un Maestoso sostenuto e un Allegro con brio; anche le idee sono due e contrastanti: una magnifica marcia enunciata in pianissimo e la grande fuga di stampo haendelliano condotta con raro talento compositivo. Più di così non so dire...!
  11. Bedrich Smetana (Litomysl, 2 marzo 1824 - Praga, 12 maggio 1884)
  12. Jules Massenet (Saint-étienne, 12 maggio 1842 - Parigi, 13 agosto 1912)
  13. Giovanni Battista Viotti (Fontanetto Po, 12 maggio 1755 - Londra, 3 marzo 1824)
  14. E fin qui, dico io, possiamo parlarne: credo che non sia vero, ma tutto sommato non ritengo che la precisazione sia del tutto importante, tutto sommato. L'unica obiezione razionale che posso fare, da pulce, come mio solito è: se nell'op. 124 Beethoven è arrivato a scrivere in questo fantomatico "terzo stile", come mai nell'op. 125 lo ha abbandonato per tornare indietro? mah, misteri della vita... questo probabilmente potrebbe solo convincerci che la separazione dei tre periodi, come giustamente dici dopo, è fittizia e solo di progressiva evoluzione si può parlare, tra l'altro riguardo al compositore che forse si è evoluto di più nella sua attività compositiva, insieme ad uno della cui evoluzione si parla sempre troppo poco (dandola per scontata e, per questo, minimizzandola), ovvero Giuseppe Verdi. Ma è abbastanza ovvia la risposta: perché la Sinfonia 9 ebbe una genesi di molto anteriore, si parla del 1815, ma qualcuno suppone ancora prima, forse nel 1812 per i primi abbozzi. Perché è il risultato dell'unione di tre progetti di sinfonie diverse. D'accordo su Verdi! Prima di tutto, lascia stare il Maestro, che è rimasto a casa ; dopodiché attenzione a dire "lo sarebbe sicuramente stata la Decima" perché dai pochi schizzi rimasti pare che invece con la Decima Beethoven sarebbe tornato ad un classicismo più "puro", quello che aveva ripreso con l'Ottava. Perfetto Carlos! Questo si riallaccia al mio discorso sull'Ottava: era quella la strada giusta che portava al terzo stile, un guardare al passato per rinnovarlo, per appropriarsene rinnovandolo. Quest'affermazione continua a non avere una giustificazione (e infatti nemmeno tu riesci a dargliela). Il fatto che La consacrazione della casa sia il capolavoro sinfonico di Beethoven è un'affermazione discutibile, almeno per me, logicamente. Io le preferisco altri lavori, del "periodo centrale" 8continuiamo ad usare, per comodità, queste divisioni, nonostante tutto) e non sono un grande fan nemmeno della Nona, a dire il vero. Ma il fatto che sia il capolavoro sinfonico di beethoven perché è l'unica musica che appartiene al terzo stile non solo è discutibile: è sbagliato a priori, perché postula un concetto dal quale ci si deve assolutamente liberare, ovvero che di un compositore (o anche solo di Beethoven, se vogliamo) gli ultimi lavori sono senz'altro i migliori. Può essere scioccante affermarlo, ma non è assolutamente detto! Se così fosse, la Sonata op. 111 sarebbe automaticamente meglio della “Waldstein”, la quale sarebbe certamente meglio della “Tempesta”, la quale sarebbe decisamente meglio delle Sonate op. 2 e così via... Il fatto che un compositore abba nel corso della sua lunga carriera compositiva un'evoluzione così importante da “costringere” qualcuno a fare una partizione dei suoi lavori per rendere scientifica questa divisione, non può e non deve significare automaticamente che l'evoluzione porti con sé sempre e solo un miglioramento ad ogni pezzo, e che, a quel punto, nella musica sinfonica il “capolavoro” sia non l'ultimo lavoro, ma l'unico appartenente allo stile tardo. C'è un eccesso di dogmi che in musica sono tanto assurdi quanto pericolosi. Qui sei tu, con questo discorso che metti in primo piano il gusto a dispetto del valore intrinseco e estrinseco dell'opera. I capolavori più assoluti di Beethoven – come di Verdi – sono quelli del suo ultimo periodo. Non sono io a dirlo che sono il classico due di bastoni quando a briscola è coppe, ma tutta la musicologia. Poi se uno crede può benissimo preferire le Sonate dell'Opus 2, i Quartetti dell'Opus 18, ma, questo sì, è un suo gusto personale. Beethoven è stato un grandissimo sperimentatore e a questo suo bisogno di provare e di osare si devono opere così diverse tra loro, così come tentativi, poi ripresi dopo molto tempo, come ad esempio quello fatto con la Fantasia corale op. 80, ma affermare quello che tu hai affermato porta con sé un paradosso, che ti propongo: facciamo l'ipotesi che Beethoven avesse scritto effettivamente dieci sinfonie e che ce ne fossero due ascrivibili al “primo stile”, cinque al “secondo”, due al “terzo” e, l'ultima, a un ipotetico “quarto stile”. Stando al tuo ragionamento avremmo dovuto affermare senz'altro che la decima sarebbe stata “il capolavoro sinfonico di Beethoven perché è l'unica scritta nel quarto stile”? Rendo l'idea? A parte le battute non è questo il punto. Il terzo stile beethoveniano è un miracolo assoluto, questo è il punto. Tutti i compositori più grandi hanno dato il meglio di sé, negli ultimi anni: Bach, Mozart, Beethoven, Schubert, Brahms... Forse ci sarà qualche eccezione, ma le eccezioni non confermano la regola Detto tutto questo, resta certa una cosa: che siano o meno “il” capolavoro di Beethoven, lavori come La consacrazione, come la Nona (e non solo), saranno e resteranno sempre qualcosa per cui vale la pena fare il mestiere che facciamo, a prescindere da classificazioni e da “primati” cui ciascuno può dare il valore che ritiene. Ecco! Su questo non solo sono d'accordo al 100% con te, ma spero che tutto questo lo sappiano riconoscere anche i potenti della Terra e sappiano tenervi in considerazione per quello che siete e meritate di essere considerati Va bene. se ne facciamo una questione di gusti, posso dirti senz'altro che per me le Sinfonie di Brahms sono addirittura meglio, quindi pensa un po'... Io cercavo di spostare il discorso su un livello più oggettivo, perché altrimenti vale tutto. Carlos, guarda che il mio è livello oggettivo: molti pensano che sia così. E quando dico molti non dico i due di bastoni ma gli assi di coppe! Comunque, detto fra noi, parlando di gusti, io non so quali preferire! Ciao caro Maestro e grazie per la tua gentilissima attenzione!
  15. per non dimenticare le proporzioni ciclopiche dell'intera sinfonia, il cui retaggio verrà ripreso per primo dal Mendelssohn della "Lobgesang", e poi da Bruckner, Mahler ecc. ecc. Brahms si inserisce in un filone più "normale" e, anche se naturalmente l'uso particolarissimo della forma-sonata e la dilatazione delle proporzioni sono cifre anche del linguaggio brahmsiano, in realtà se c'è un autore romantico che è rimasto molto legato al classicismo è proprio Brahms e, anche se la sua Prima sinfonia viene chiamata dai più "la decima di Beethoven" per sottolineare che Brahms ha proseguito su quel filone, io in realtà non sono convinto che la logica prosecuzione dopo la Nona di Beethoven fosse la Prima di Brahms, che resta più legata al "secondo stile" se proprio vogliamo battezzarla utilizzando quella classificazione. (Carlos) Ieri sera me ne ero scordato ma c'è un altro punto del discorso tuo su cui volevo dire la mia ed è questo. In effetti fino a poco tempo fa avrei detto sostanzialmente quello che qui tu affermi ma, anche su questo argomento, ho rivisto il mio parere. Brahms, come tu ben sai, arrivò assai tardi alla composizione delle Sinfonie e questo proprio perché temette il confronto, non tanto con i suoi predecessori romantici: Schubert, Schumann e Mendelssohn – e qui apro una parentesi: la "Lobgesang", fu denominata dal suo compositore in un primo momento “Cantata Sinfonica” in quanto composta da una Sinfonia introduttiva in tre movimenti e seguita da 9 pezzi in cui si affiancano e si alternano il coro ed i tre solisti. Ben poco a che fare dunque con la Nona beethoveniana che diede però a Mendelssohn la liceità di definire la sua "Cantata" poi sinfonia – ma proprio con il lascito sinfonico di Beethoven. I primi abbozzi di quella che diventò la sua “Prima sinfonia Opus 68” risalirono al 1855 – ricordo inoltre che il “Primo concerto per pianoforte e orchestra Opus 15” nacque prima come Sonata per due pianoforti e poi come Sinfonia per diventare infine quello che è – e che vide la sua nascita solo nel 1876. In una lettera a Max Bruch nel 1870, si comprende appieno la frustrazione psicologica di Brahms nell'affrontare la questione: «Non si ha idea di cosa voglia dire sentire sempre dietro di sé i passi di un gigante come Beethoven». Fu dal raffronto pressante e fatale con Beethoven, che il genio di Amburgo cercò di orientare la sua Sinfonia nel senso di musica pura. Dal confronto con il modello ultimo beethoveniano ebbero origine molte delle scelte brahmsiane, come l'intensificazione del lavoro tematico o l'adozione di tecniche inedite. Aldilà del processo di lievitazione interna tipicamente beethoveniano, quello che appare intrinsecamente diverso è il linguaggio di Brahms, ricco di inedite modulazioni o calato in una dimensione complessiva nuova, più lirica che drammatica. Insomma caro Maestro, diciamola tutta come va detta: il corpus sinfonico di Brahms è secondo, solo a quello beethoveniano, non solo per un motivo cronologico ma anche per la sua importanza, grandezza e bellezza. Nessuno fra Beethoven e Brahms seppe fare di meglio ma anche nessuno – compresi Bruckner e Mahler – lo seppero fare dopo. Ed è in tutto questo che io vedo Brahms, più di altri, come il diretto successore di Beethoven. E non per l'assurda e fuorviante frase di Hans von Bülov: «la Decima Sinfonia di Beethoven», ma proprio per quella sofferta e ostinata ricerca di Brahms di partire dal modello beethoveniano,confrontandosi con esso per poi distaccarsene con tecniche completamente diverse e inedite e, pur tuttavia, rendendo gigantesca questa sua produzione sinfonica. http://www.youtube.com/watch?v=Ab2gr6oAC5g ps: Xenakis, colpa mia sicuramente, ma io la tua domanda non l'ho compresa. Ritenta se ti va!
  16. Ho meditato su quanto da voi scritto e, la mia conclusione è che, di quanto da me scritto, cambio “solo” la parte in cui affermo che l'Ouverture “Die Weihe des Hauses” è il capolavoro sinfonico di Beethoven. In questa affermazione, mi rendo conto, c'è un'enfasi esagerata da parte mia, parlando di un compositore che, per altro, ha composto – questo sì! - tanti massimi capolavori sinfonici. Detto ciò continuo a pensare che questa Ouverture è l'unica opera sinfonica che si iscriva a pieno titolo nel terzo stile. Cercherò di spiegarmi meglio motivando ancor di più le mie riflessioni e comincio da qui: I primi due movimenti della Nona a me paiono decisamente ‘terzo stile’. Forse il secondo movimento non molto, ma il primo decisamente sì. E, senza far classifiche sul brano più bello, lo è ancor più della Consacrazione della casa. Nel primo della Nona non c’è alcun recupero del passato: né haendeliano, né altro, e nemmeno beethoveniano! È una musica, un universo sonoro, che sembra apparire nella poetica di Beethoven ‘dal nulla’. In quale sua opera precedente si può presagire che un giorno sarebbe emerso il primo movimento della Nona? Una concezione ‘spaziale’ (fatta di piani sonori) in cui, quasi sempre, più che dire che ad ogni parte strumentale vada stretta la definizione di ‘accompagnamento’, si potrebbe dire che per tutte è generoso parlare di ‘linea principale’. (Luca) Questo tuo discorso, caro Luca, mi permette di chiarire una cosa molto importante: io non parlo di estetica musicale e tanto meno di bellezza musicale; nel parlare di musica del terzo stile io parlo di complessità nella costruzione musicale e penso che sia indubbio che se analizziamo l'Opus 106 – per fare un esempio di Sonata pianistica – e l'Opus 131 – esempio di Quartetto – la complessità che raggiunse Beethoven sia ben più alta di quella raggiunta nella Nona. Non sono certo io che posso insegnare a voi di analizzare un'opera musicale - semmai è assolutamente il contrario – ma penso che non possiate che convenire con me su questo. In sostanza, io trovo che tra la Settima di Beethoven, decisamente collocabile nel secondo periodo, non solo cronologicamente, e la Nona ci sia uno scarto stilistico notevolissimo, per cui non direi assolutamente che La consacrazione sia "l'unico lavoro sinfonico di Beethoven che appartiene al terzo stile". Il ché, ovviamente, non fa dei due brani i contendenti di una sfida, ma siccome sei tu ad aver lanciato l'equivalenza, forse questa valutazione deve essere rivista. (Carlos) Ovviamente non posso che concordare con te che fra la Settima, che si ascrive pienamente nel secondo stile e la Nona «ci sia uno scarto stilistico notevolissimo» ma vorrei ricordare ad entrambi – tu e Luca - che sull'ultima sinfonia di Beethoven così mi sono espresso: «Noi definiamo musica del “terzo stile” tutta quella da lui composta dal 1815 in avanti, ma è errato. In realtà questo ragionamento è valido per le sue Sonate e i suoi Quartetti, ma non altrettanto pienamente per la musica sinfonica: la Nona risente comunque ancora di quel clima eroico in certe parti.» Dunque io non sto dicendo che la Nona non sia ascrivibile al terzo stile in assoluto, dico che lo sia solo in parte. Ma tutto ciò mi permette di chiarire questo argomento che mi sta molto a cuore: come giustifichi l'equazione terzo stile=capolavoro? C'è qualcosa che avalli questa teoria, a parte la tua opinione personale? Attenzione: non voglio dire che La consacrazione della casa non sia un'ouverture meravigliosa, ma il fatto che sia o meno un capolavoro non può dipendere dall'appartenenza o meno al "terzo stile" (Carlos) Mio caro Maestro – permettimi di chiamarti così perché così è giusto – l'equazione terzo stile=capolavoro è giusta se intendiamo, però, la stessa cosa. Andiamo per ordine. La suddivisione in tre stili dell'opera beethoveniana si deve a Lenz che la inquadrò sostanzialmente in date ferree. Fino al 1802 sono opere del primo stile, al 1814 del secondo e poi fino alla morte terzo. Questa suddivisione, per molti, fra cui il nostro Armando, ha creato solo dei problemi e dei fraintendimenti per la comprensione reale dell'opera compositiva beethoveniana. Personalmente io mi colloco in una posizione, se così si può dire, di mezzo. Trovo assolutamente sbagliata la logica del Lenz però è indubbio che Beethoven – come altri compositori: Verdi e Stravinsky, per dirne due molto significativi – abbia avuto una vita compositiva fatta di stili diversificati ma, assolutamente erroneo, è volerli richiudere in paletti ben precisi. Gli stili di Beethoven sono dovuti, innanzi tutto, all'evoluzione di un compositore geniale che arriva con la sua stagione estrema a maturarne uno assolutamente visionario che travalica il suo tempo di un secolo ed è per questo che le opere concepite in questa maniera sono i suoi capolavori himalayani. Se noi analizziamo le musiche di Beethoven scopriremo che le prime opere di un suo “nuovo stile” sono Sonate per pianoforte o comunque con pianoforte. E questo non è un caso! Beethoven arrivò a Vienna non tanto come compositore – sono poche le opere di Bonn significative e, quelle poche, non eccessivamente – ma come un eccelso – il più eccelso del suo tempo - virtuoso del pianoforte. Il primo capolavoro del secondo stile è la Patetica composta fra il 1797 e il 1798 e cioè, ben 4 anni prima del 1802. Ma non solo! È innegabile che una Sonata come quella dell'Opus 53 annunci già nel 1804 in una qualche maniera il terzo stile, basta analizzarla e me ne darete atto. Attenzione però: ho detto solo annuncia. Nel terzo stile si entra con le ultime due sonate per Violoncello e pianoforte Opus 102 – anche queste caro Frank ne fanno parte - del 1815 e la Sonata per pianoforte Opus 101 del 1816. Certamente, Carlos, se consideriamo tutta la musica scritta dal 1815 alla morte da Beethoven del terzo stile, tu hai perfettamente ragione, non sono tutte dei capolavori; ricordandoti però, che gran parte delle opere – vedi Opus 103, o 129, o 138 e altre- sono antecedenti quegli anni. Ma se per terzo stile, - e secondo me giustamente – intendiamo un metodo di comporre che si riassume in quello che ha detto Frank, ebbene, stiamo parlando solo di massimi capolavori, i più grandi in assoluto, usciti dalla testa e dalla penna del genio di Bonn. Ma qui voglio chiarire assolutamente una cosa perché la trovo importantissima e su cui non intendo essere frainteso: questo non toglie che nei primi due stili di Beethoven non ci siano capolavori! Ce ne sono e ce ne sono a bizzeffe. L'affermazione che esiste un solo Beethoven ed è quello del terzo stile è uno sbagliatissimo retaggio dell'avanguardia di Darmstadt che assolutamente ho sempre osteggiato. Certo è però vero anche che se Beethoven, per dire un'assurdità, avesse composto prima i suoi ultimi Quartetti e poi alla fine quelli dell'Opus 59, questi ultimi, oggi non li vedremmo e comprenderemmo nella loro immensa grandezza. Caro Luca come vedi siamo sempre nella necessita delle cose di dover contestualizzarle. Dunque per concludere questo mio ennesimo pistolotto e per tirare le file del mio ragionamento, penso che il terzo stile beethoveniano abbia esaurito e portato a pieno compimento il discorso per quanto riguarda le Sonate e i Quartetti ma non per le Sinfonie perché, ripeto, la Nona nella sua colossale grandezza, non è pienamente ascrivibile a questo stile. Lo è già di più l'Ouverture “Die Weihe des Hauses” che soffre perché costretta e soffocata in mezzo a due giganti quali la “Missa solemnis” - anche questa non pienamente del terzo stile - e la Nona e lo sarebbe, sicuramente stata, la “Decima” se il gigantesco genio fosse campato più a lungo.
  17. 11 maggio 1957 prima rappresentazione nel Teatro Nuovo di Torino di "Il principe Igor"("knjazh Igor"), opera in un prologo, 4 atti - il terzo è di Glazunov - di Aleksandr Porfirjevich Borodin http://www.youtube.com/watch?v=l_xUIVhM0h4 E' un'opera stupenda!
  18. Max Reger (Brand, 19 marzo 1873 - Lipsia, 11 maggio 1916)
  19. 10 maggio 1968 prima esecuzione assoluta di "Ombre" ("Alla memoria di Che Guevara) al teatro comunale di Bologna per voci e orchestra di Giacomo Manzoni http://www.youtube.com/watch?v=scFdNoPS3vs
  20. In attesa che riesca a scrivere tutto quello che vorrei, cominciamo a meditare su quanto afferma il maestro Noseda sull'Ottava:
  21. Jean-Marie Leclair (Lione, 10 maggio 1697 - Parigi, 22 ottobre 1764)
  22. E perché mai dovrei offendermi? Sì Luca, era questo quello che volevo dire esattamente. Per il resto, cari amici miei, confesso che devo pensarci su e mi prederò un attimo di tempo. Quello che tu e Carlos dite in gran parte posso condividerlo, eppure...! Probabilmente è esagerata la mia affermazione circa il capolavoro sinfonico più grande e pur tuttavia...! L'unica cosa che voglio precisare ora è che non voglio assolutamente passare come un detrattore della Nona - ci mancherebbe altro - stiamo parlando di capolavori e spesso assoluti e questo è un dato di fatto. Intanto se altri vorranno dire la loro in merito saranno i benvenuti e sarebbe molto bello. A presto!
  23. Dietrich Buxtehude (Oldesloe, 1637 - Lubecca, 9 maggio 1707)
  24. Ciao Tiger, non è una domanda ingenua è assolutamente pertinente. In realtà io amo questa opera alla follia e amo alla follia Carlos Kleiber e avevo un assoluto bisogno di condividerla con qualcuno. Ho preso la prima occasione possibile per farlo, tutto qui!
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