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Piano Concerto - Forum pianoforte

Shark

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Tutto postato da Shark

  1. Non sarebbe male conoscere gli "appunti di analisi formale" di Dionisi, un altro libricino smilzo che costa pure poco
  2. Segnalo questo scritto di Antonio Curcio, per gli interessati al brano http://www.wanderer.it/prese_pierrot.html Probabilmente il lavoro più famoso di Arnold Schoenberg (1874-1951), scritto nel 1912 a conclusione della prima fase della sua carriera compositiva. Le prime composizioni di Schoenberg risalgono agli anni a cavallo tra i due secoli, con lavori di ascendenza ancora tardoromantica ma che già si muovono in direzioni alquanto nuove, grazie alle forzature formali e strutturali che da una parte condurranno all'atonalismo (a sua volta anticamera dell'era dodecafonica che inizierà una decina d'anni dopo), dall'altra all'espressionismo in musica. C'è da ricordare che lo Schoenberg di quegli anni attraversa diverse esperienze artistiche e culturali che lo porteranno a formulare, in un importante saggio intitolato Il rapporto col testo, i principi estetici dell'"espressionismo musicale", con la rivendicazione della priorità dell'essenza "espressiva" della musica sui meri contenuti letterari del testo. Il Pierrot Lunaire risponde proprio a una tale visione, anzi nell'Introduzione alla partitura Schoenberg è quanto mai esplicito: "Gli esecutori non hanno qui il compito di ricavare lo spirito e il carattere dei singoli pezzi dal senso delle parole, ma esclusivamente dalla musica. Quanto l'autore ha ritenuto importante nella rappresentazione pittorico-sonora degli avvenimenti e dei sentimenti contenuti nel testo, sta nella musica". Era stata la cantante di cabaret Alberatine Zehme a chiedere a Schoenberg un ciclo di canzoni in quello stile. Il musicista ricorre a una serie di poesie di un poeta simbolista belga, Albert Giraud, che una ventina d'anni prima erano state tradotte in tedesco da O.E.Hartleben, che però le aveva rivestite di una patina di crudo realismo. La selezione operata da Schoenberg (21 testi scelti sui 50 originari) non lascia intravedere una vicenda organica, piuttosto siamo in presenza di una serie di episodi slegati fra loro il cui protagonista è un Pierrot che vaga errabondo nella notte, alternando visioni liriche a immagini d'incubo, spesso crude e violente, attimi trasognati a momenti di follia e delirio. Frequenti, quasi ossessive, alcune immagini che tornano incessantemente nel testo: la luna, il buio, il dolore, il sangue… ma anche immagini sacre, che agli occhi di Pierrot assumono anche un carattere blasfemo. Il lavoro si compone, quindi, di 21 brevi brani, tutti dalla medesima struttura (tre quartine, di cui l'ultima con un verso aggiunto che ripete quello iniziale). La struttura formale della musica, una consapevole deformazione e stilizzazione del genere del cabaret, che vi è sovrapposta varia invece da brano a brano. La voce recitante (Sprechstimme) del Pierrot racconta, in prima o terza persona, le sue allucinate visioni, poggiando su una raffinatissima orchestrazione fornita da una compagine da camera composta da pianoforte, flauto (o ottavino), clarinetto (o clarinetto basso), violino (o viola) e violoncello. Questi strumenti sono utilizzati, di volta in volta, nelle più diverse combinazioni, offrendo uno splendido contrappunto timbrico e coloristico nel quale si riflettono le deliranti visioni del protagonista. Frequenti i momenti di "assolo" di qualcuno degli strumenti, che rendono ancora più tese e levigate le atmosfere notturne del lavoro. Ma forse l'elemento più peculiare del Pierrot Lunaire è proprio quello riguardante il canto: con quest'opera, infatti, viene coniato il termine Sprechtgesang ("canto parlato") ad indicare appunto un'interpretazione vocale che sta a metà fra il canto e la recitazione. Schoenberg concepisce un canto che osserva sì l'altezza delle note ma, una volta raggiunta, la lascia cadere senza intonarla pienamente. Nella citata Introduzione al lavoro, il compositore fu molto rigoroso al riguardo: "La melodia segnata con note nella Sprechstimme non è destinata (tranne singole eccezioni, del resto indicate) ad essere cantata. L'esecutore ha il compito di curare il cambiamento delle altezze di suono indicate con una "melodia parlata" (Sprechmelodie). Ciò avviene a patto che egli osservi molto scrupolosamente il ritmo, come se cantasse, cioè con non maggiore libertà di quella che si potrebbe permettere di fronte ad una melodia da cantare; si renda cosciente della differenza tra "suono parlato" e "suono cantato": il suono cantato conserva immutata la sua altezza, mentre il suono parlato da sì l'altezza della nota, ma la abbandona subito scendendo o salendo". Ovvio che Schoenberg ricorra a questo inedito modo di declamazione per accentuare i tratti allucinati e non-realistici, volutamente stranianti, del Pierrot: è stravolgimento, deformazione, grottesca esagerazione; è, in ultima analisi, "espressionismo" in musica, espressione del disagio e dell'inquietudine, dell'alienazione e delle paure dell'uomo moderno che sta perdendo la propria soggettività, inascoltato di fronte allo sfacelo morale di un mondo ormai prossimo a precipitare nella tragedia della guerra. Antonio Curcio
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  4. Ero un lurker del tuo forum Armando, mi sono iscritto anche io qui dopo un bel po' di lurkate
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