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Piano Concerto - Forum pianoforte

forte

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  1. Mi pare di capire che non si possa evitare una verifica sperimentale, per togliersi ogni dubbio. Certo, troverei comoda l’idea di dotare ogni pianoforte di una specie di “libretto d’accordatura”, in cui è annotata la frequenza di ogni singola corda, frequenza che non cambierebbe per tutta la vita dello strumento. Grazie ancora, apprezzo molto.
  2. Carissimo, Dalla Tua panoramica mi sembrerebbe di poter ricavare la seguente sintesi: 1) I software per pianoforte non fanno tutto da soli come poteva forse trasparire dal mio scritto, ma “occorre ordinare loro”, dapprima di calcolare la disarmonicità, e poi di registrarla. 2) Per come apprendo, si tratterebbe solo di “disarmonicità tra le corde” e non di altro genere, il che non confuterebbe l’ipotesi che, una volta codificata tale disarmonicità, propria di quel singolo strumento, essa possa essere utilizzata all’infinito su quel singolo strumento, almeno teoricamente. 3) Sempre per come mi dici, in conseguenza del punto precedente, una volta registrata la curva di disarmonicità, per regolare le corde non occorrerebbe più né orecchio né un software sofisticato, ma sarebbe sufficiente un software più dozzinale (che apprendo da Te chiamarsi “cromatico”, e subito cerco di adeguarmi: “parlare scorrettamente non solo è cosa brutta per se medesima, ma anche fa male all’anima” Platone, Fedone). Infatti in questo caso al software cromatico chiederemmo soltanto di aiutare “chi muove le caviglie” a portare la frequenza della nota suonata al pari di quella ideale registrata in precedenza (anche su un semplice foglio di carta). Grazie
  3. Sento molto parlare di accordatura manuale ed elettronica, e mi pare di aver capito che i blasonati programmi di accordatura svolgono sostanzialmente due funzioni: 1) aiutano a ottenere una distanza tra le note adattata individualmente ad ogni singolo strumento; 2) registrano i valori così trovati di ogni singola nota , per quello specifico strumento, in modo che la successiva accordatura si ridurrà a “clonare” la prima accordatura, senza più doversi preoccupare di trovare da capo la giusta distanza tra le note, con evidente risparmio di risorse. Questo comporta che si dia per scontato il fatto che diversi parametri nello strumento (variazioni d’impedenza dovute sia a tensioni accumulate nella struttura lignea , sia a “massa-umidità” acquisita/ceduta dalla stessa) rimangono sostanzialmente trascurabili. In altri termini, viene considerato variante soltanto il sistema arpa-corda-ponticello-caviglia-somiere-arpa, in quanto sottoposto a tensioni altissime, e perciò soggetto a stararsi; le variazioni delle altre strutture, sottoposte a sollecitazioni meno estreme, si considerano trascurabili Se ho interpretato bene quanto ricordato sopra, si potrebbe provare a “disaccoppiare” i problemi (cioè scomporre un problema complicato in più problemi semplici); in linea di massima dovrebbe essere possibile eseguire, o far eseguire dal proprio accordatore di fiducia il punto (1), e fin qui nulla di nuovo. Non appena eseguita l’accordatura, però, si potrebbe misurare l’altezza di ogni singola nota in qualsivoglia modo, magari con un semplice programma libero per pc (per esempio: audacity). I valori così ottenuti, annotati anche su della banale carta, costituirebbero il “DNA” di quello strumento, e dovrebbero rendere possibili le successive accordature “facili”. In altri termini, se la taratura delle corde viene clonata coi giusti valori, col giusto codice che abbiamo annotato in precedenza, tutto dovrebbe tornare a posto.….detto così sembra perfino ovvio, e questo non mi rende tranquillo. Perché non ho mai sentito di nessuno che ci abbia provato? Qualcuno mi dice se ho interpretato o elaborato male le nozioni di cui sopra? Grazie per l’ospitalità tra di Voi e per l’attenzione. Antonio
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