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Piano Concerto - Forum pianoforte

Feldman

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Tutto postato da Feldman

  1. Dato che il punto di partenza di questo argomento è Ludovico Einaudi, spesso ci si imbatte in stupide interviste in cui i giornalisti chiedono "come hai fatto colazione stamattina?" oppure "anche tu mangi la torta al cioccolato come Allevi?" o ancora "ti piace suonare?"... Finalmente un'intervista coi fiocchi da ONDAROCK in cui Einaudi parla della sua poetica, delle influenze e, badate bene, della situazione musicale oggi. Praticamente il suo pensiero riguardo ciò di cui stiamo parlando in questi giorni. Molto interessante. http://www.ondarock....vicoeinaudi.htm Cito una sua risposta che riflette esattamente il mio pensiero: In che modo la sua musica ha acquistato quelle connotazioni "popular" che la fanno apprezzare anche al pubblico refrattario alla "classica"? Anche in questo caso, la svolta fu al termine dei miei studi di composizione. In quel momento, mi trovai stretto nella cornice della "classica" contemporanea: un luogo chiuso, per soli addetti ai lavori, in cui le mie passioni musicali sarebbero rimaste escluse. Mi sentii soffocare. Decisi allora di intraprendere un'altra strada, aprendo le porte a ciò che ho sempre amato, tutte quelle esperienze musicali che mi hanno formato e poi accompagnato nel corso della mia vita: a partire dalle canzoni popolari francesi che mi faceva ascoltare mia madre da bambino; poi i Beatles e Rolling Stones che scoprii grazie a mia sorella; in seguito l'approccio alla musica jazz, l'approfondimento di altre culture grazie al viaggio in Africa; la musica elettronica che ho esplorato collaborando con i fratelli Lippok; fino alla più recente esperienza de "La notte della Taranta", in Puglia, in cui ho invitato parecchi artisti provenienti da culture diverse. Il mio alfabeto musicale si nutre di tutto ciò: la musica popolare è il sangue che scorre dentro le mie vene.
  2. Questo cosa c'entra, scusa? Qui non si parla di lezioni ma della situazione musicale di quest'epoca. Le lezioni sono importanti, e quindi? il Maestro non potrà mai dire all'allievo se sarà un compositore fallito (salvo casi in cui l'allievo non dimostri un minimo di capacità creative) Tu stai parlando di didattica, non di composizione.
  3. Haydn, Beethoven e tutti gli altri sono dei giganti, senza ombra di dubbio. Ma erano uomini come noi. Con questo non voglio dire che dobbiamo convincerci di avere una musicalità e capacità pari o superiori alle loro, ma non dobbiamo farci sottomettere dalla loro grandezza, semmai anche se restiamo compositori di serie B dobbiamo sempre prendere esempio da loro e aspirare alla serie A! E prendere esempio vuol dire capire in che modo si sono rapportati con la musica e con il loro tempo, in questo senso mi riferivo al "prendere le distanze". La storia è un ciclo continuo che si ripete, una "forma a pannelli" dove un groviglio di relazioni viene iterato nel corso dei secoli con una rilettura sempre diversa, corsi e ricorsi: l'avanguardia del secondo '900 (mi riferisco a Donatoni, Berio, Boulez, Cage, Maderna, Nono, Penderecki, Stockausen, Ligeti, etc.) non è stata solo importante ma fondamentale per spurgare ma musica da stilemi tardoromantici che avevano fatto il loro tempo, la dodecafonia della Seconda Scuola di Vienna è stato un buon punto di partenza per "prendere le distanze", no? Da lì (dal famoso "Schoenberg è morto") le estetiche dell'avanguardia europea della seconda metà del '900: strutturalismo (Boulez), Alea (il negativo, con Cage), Spettralismo, Musica Stocastica (Xenakis), minimalismo come reazione. Tutto questo era bellissimo, un progressismo contro i reazionari dell'epoca che rappresentavano l'accademismo. Ora il ciclo si ripete: gli allievi di quelli che hanno fatto l'avanguardia hanno raccolto l'eredità dei loro maestri trasformandola in nuovo accademismo; quest'eredità ha la stessa funzione che al tempo di Boulez aveva la musica di stampo tardoromantico, una chiusura accademica, relegata alle nicchie dei conservatori, alle cosiddette "Riserve" (se Donatoni ha usato questo termine vuol dire che era consapevole di come stavano andando le cose). Hai espresso in una riga e mezzo il mio pensiero, ti ringrazio. Donatoni ha portato l'antiacaddemismo nell'accademia, le lezioni serali che teneva al conservatorio di Milano aperte ai giovani compositori sono l'esempio. Lo stesso ha fatto Sciarrino quando ha insegnato nei conservatori (lui, anti accademico che proveniva da un percorso formativo da autodidatta). Stessa cosa si può dire di Messiaen... così facendo cos'è successo? All'interno delle istituzioni accademiche gli allievi di questi grandi compositori hanno rifondato un "nuovo accademismo". In Italia, a fine '800, le partiture di Verdi, anti accademico per eccellenza, erano un esempio per gli allievi di composizione. La novità è causa dell'accademismo e l'accademismo è causa della novità, si tratta di una reazione a catena. La frattura con il pubblico non è una prerogativa della musica di oggi, era una prerogativa delle avanguardie ed era giusto così, si trattava di una rivoluzione (non evoluzione) importantissima, indispensabile. Oggi invece in recupero del contatto diretto con il pubblico è fondamentale (non assecondare furbescamente il pubblico, che è prerogativa del Festivalbar). Purtroppo i compositori delle riserve non hanno il coraggio di proporsi ad un pubblico. Non costa nulla: prendano i loro pezzi da eseguire in una normale manifestazione culturale. Forse hanno paura dei fischi, nulla di più sbagliato! Ogni compositore onesto dovrebbe essere preparato a qualsiasi reazione da parte degli ascoltatori, applausi o pomodori che siano. Invece è meglio restare chiusi nella propria nicchia, "al calduccio", al riparo dal giudizio dei comuni mortali. Ma andiamo! Beethoven si è preso i fischi, era un compositore libero (anche dai limiti imposti dalla committenza, limiti che tuttora sussistono in certe commissioni di musica "contemporanea"... e questi hanno il coraggio di prendere Beethoven e Stravinskij come esempi per la loro poetica!) ma non si è mai rifiutato di proporre le sue musiche al pubblico (va bene, l'ultimo periodo possiamo passarlo, ok. Ma è un periodo, non una regola da seguire. Ogni artista dovrebbe fare un percorso sempre diverso, con stimoli, situazioni e condizioni sempre diverse, un percorso in cui è possibile tracciare un'evoluzione, no?)
  4. scusa, so bene che molti allievi di chi hai nominato non ricopiano. Non si tratta di ricopiare o imitare, si tratta di mantenersi fedelissimi alla linea del proprio Maestro anziché prendere le distanze. Beethoven ha preso le distanze dallo stile classico di Haydn, allo stesso tempo non ne ha dimenticato la lezione come dimostrano le relazioni tra i due nelle partiture.
  5. Ma infatti Donatoni non deve passare alla Storia, scusa... è già passato!
  6. Scusami Red, credo di averti frainteso (comunque alla prima della Sagra non c'erano solo intenditori e professionisti ma anche i soliti "abbonati" ai ballets russes di Diaghilev. Stravinskij ha fatto scoppiare la sala, è vero, ma era un artista libero, di certo non legato ad alcun sistema. Anche in quel caso, ha preso le distanze da una visione della musica accademica: partendo dall'esperienza della Sagra, hanno poi costruito un nuovo accademismo, la storia si ripete in continuazione) Sul fatto che Romitelli è considerato un dio a Parigi nulla da dire, è il destino di ogni artista essere conosciuto in alcuni luoghi piuttosto che in altri (precisiamo che Parigi è la città della spettralismo, della ricerca, dell' IRCAM, perciò se è considerato un dio è perchè la sua riserva ha sede proprio lì. Poi da chi è considerato un dio? Dai soliti colleghi e consimili, naturalmente- Non credo che questo vada comunque a ledere l'integrità artistica di questo compositore, che mi pare sia abbastanza chiara, riserve a parte)
  7. Rispondo velocemente a Red: Non credo che Romitelli sia minimamente accostabile a Stravinskij, non mi pare abbia smosso alcunché. E' vero, anche la prima della Sagra ebbe luogo a Parigi, ma con ben altre reazioni. Il pubblico non formato da una schiera di musicologi e colleghi pronti a fare l'elettrocardiogramma alla partitura. Sono d'accordo con te sulla questione dell'insegnante, delle sue opere da far vedere agli allievi. Credo sia importante, senza dubbio. Ma forse Donatoni ha esagerato, non credi? Per il resto, la mia frase è detta guardando in faccia la realtà. Prima di me sono i compositori delle Biennali che devono chiedersi in tutta umiltà "ma la mia musica passerà alla Storia? Può farcela?" magari arriva una risposta dall'alto del tipo "certo, continueranno a spartirsela i tuoi colleghi alle prossime Biennali!"
  8. D'accordo con te. Lachenmann è comunque vecchio, non come Stravinskij ma è vecchio, è roba passata. Non ha senso scrivere come lui oggi come del resto non ha senso scrivere come Glass. Certo, ma sono passati secoli! Non confondiamo il presente con il futuro, se Haydn avesse semplicemente imitato Johann Sebastian non avrebbe fatto nulla di eclatante al livello storico. Non si tratta di assecondare il pubblico, ma di proporre lui una certo tipo di musica, dotata di un certo grado di complessità. Per farlo devi necessariamente trovare un punto di accordo che sta in materiale di derivazione popolare, appunto già presente nella mente delle persone. Questo di per se non è rilevante a livello compositivo dato che la sostanza non è data dagli oggetti ma dal loro sviluppo nel tempo, che può essere condotto tramite relazioni complesse (Haydn faceva lo stesso, e anche Beethoven. La Pastorale ha un materiale di partenza di derivazione popolare ma la sostanza sta nella sua elaborazione... non capisco cosa ci sia di male oggi nel prendere uno stereotipo del rock o del pop e svilupparlo tenendo conto delle esperienze passate, avanguardia e tradizione. E' questo che determina secondo me la contemporaneità. Il lavoro di Romitelli era un po' diverso, usava stilemi popolari in un contesto più legato alla ricerca musicale, condotta in laboratorio. Assolutamente condivisibile se fosse un modo come un'altro di vedere la musica, il problema è che questo tipo di estetica è considerato l'unico dall' elite. Ma no, il contatto con il pubblico ha la usa importanza a livello espressivo e di intelligibilità dell'opera. Certo il compositore non asseconda i gusti degli altri in modo subdolo come fanno certi pseudo-artisti di serie Z. Ci sono compositori che lo fanno? Affari loro... non lo fa neanche Allevi.
  9. Mi scuso per alcuni errori e sviste grammaticali, scusate. Provvederò a rispondere domani.
  10. Il tuo commento è davvero ricco di spunti, si potrebbe scrivere un saggio su tutto questo Spero di commentare con completezza, anche se non è facile. In linea generale, sono d'accordo con te sulle scuole di pensiero, sul fatto che attorno alla figura di Donatoni si è creata una "riserva" (mi viene in mente "C'E' MUSICA E MUSICA", il grandioso programma TV di Luciano Berio, dove il nostro intervistava un allievo di Donatoni, posto il video alla fine così vi rendete conto di certo fanatismo) , il fatto è che credo sia necessario fare un distinguo chiaro tra "donatonini" (o "bettinellini"), che si limitavano semplicemente ad imitare il Maestro, e gli allievi che hanno costruito la riserva: non si tratta di imitatori, ma di compositori ognuno con uno stile individuale. Se però andiamo a "scavare" in ogni stile troviamo le stesse costanti che, guarda caso, sono quelle dell'estetica donatoniana. Spesso si fa una cosa che, per volere di altri, diventa un'altra. Scrivere in quel modo, con un po' d'impegno, non è difficile e neanche scomodo. Basta studiare sodo (com'è giusto) e basta, entri nel sistema, hai le tue belle esecuzioni, ti chiudi nei tuoi ambientini ricercati con il tuo pubblico raffinato e puzzardone, ti dai le grandi arie ai convegni, diventi carne per le fauci dei musicologi delle riviste musicali più disparate, diventi il cocco delle giurie di certi concorsi in cui si sa già (più o meno) chi potrebbe vincere (intendo che tipo di compositore, con quale stile). Il problema, a mio avviso, è proprio la specializzazione (e di conseguenza le lobby). Così chiunque potrebbe far finta di fare il musicista, basta lasciarsi trasportare dalle ventate di polvere che ogni tanto (più ogni che tanto) aleggiano nei conservatori. La Storia dimostra che la specializzazione mortifica la qualità: esistono tantissimi compositori di musica per film (dato che l'hai citata) ad Hollywood con un vocabolario di stili, archetipi e tecniche poverissimo. Poi c'è uno come John Williams, che è tutt'altro che uno specialista da lobby, che nel suo stile ingloba quasi tutto il '900 europeo e americano. Alla fine avere più esecuzioni non vuol dire essere un grande che passerà alla Storia. Sarò proprio curioso di vedere chi, tra i nomi più in vista delle Biennali sarà in grado di reggere il confronto con Bach, Beethoven e Co. certo, i musicologi possono anche riempire i libri di Storia con nomi che certo non meritano. Le hanno sparato grosse su Satie, ma grosse! Per non parlare di Bach, nel '700. Vogliamo parlare del povero Anton Bruckner? Per quanto riguarda Stravinkij penso che la sua musica sia senza tempo, come quella degli giganti. Il problema sai qual'è? Se io scrivessi oggi come Stravinskij si sentirebbe subito, per questo la sua musica è vecchia e lui non è contemporaneo. Purtroppo hanno tolto i video della trasmissione...come sempre.
  11. Ma infatti non mi riferivo a tutti gli allievi, dato che lo stesso Einaudi è stato Allievo di Berio. Ciò che alla fine traspare è che, come dici tu, Einaudi fa il suo lavoro con una certa dose di umiltà, non cerca legittimazioni, non ha impostato l'estetica di Allevi... mentre molti esponenti (soprattutto giovani) della Riserva, effettivamente si professano gli eredi di Beethoven sono perché da allievi hanno analizzato la sua musica. Il problema è che Beethoven non faceva parte di alcuna Riserva. Il povero Fausto come altri seguì la strada della sperimentazione senza evitare i contatti con la musica popolare(mi riferisco al rock, in particolare). Certo è che persone come Romitelli, legate al sistema, è difficile trovarne: la supponenza che aleggia in certi ambienti è nauseante. Sul fatto di considerare un gigante Romitelli (come qualcuno sostiene), starei molto cauto dato che è gigante solo per certi suoi colleghi, perciò... diciamo che era un bravo compositore, faceva il suo lavoro, come Einaudi. Uno ha scelta la strada della complessità, l'altro della semplicità.
  12. Dipende sai, per fare pop devi usare la forma canzone, devi metterci un testo. Oppure un brano techno, con le sue ripetizioni ossessive che non hanno nulla a che vedere con le iterazioni minimali, che si basano su microvariazioni graduali. Mi dai i nomi di questi meno noti che magari non conosco? Mi piacerebbe ascoltare qualcosa, grazie Potresti spiegarmi in cosa consiste la mediocrità di Einaudi nella pratica? Voglio dire, a livello analitico, come giustifichi la mediocrità? Con la ripetizione non credo, dato che è una prerogativa di tanta musica etnica non mediocre. Mi piacerebbe conoscere i processi che generano la mediocrità in Einaudi, puoi descriverli? Non c'è cosa migliore di una critica accompagnata da una bella analisi di 20 pagine! Anche Donatoni se per questo ha costruito una grande riserva, o meglio, l'hanno costruita i suoi allievi (diciamo le cose come stanno). Stravinskij era ancora vivo ma era vecchio e già vecchia era la sua musica: mi dispiace che qualcuno lo definisca ancora "contemporaneo". Non ho detto che Einaudi è un grande. Dico solo questo: la Storia c'insegna che la novità arriva quando gli allievi prendono le distanze dai Maestri senza dimenticarne le lezioni. Oggi sta avvenendo il contrario, gli allievi formano un loro percorso individuale ma con fondamenta legate ai loro Maestri, creando quello che si definisce "accademismo". Donatoni e Berio non erano accademismo, a loro tempo. Oggi i loro allievi fanno accademismo, perché non prendono le distanze dai Maestri in modo radicale, semplicemente chiudono tutto in una "gabbia", costruiscono dei muri. E' già successo in passato, ovviamente. La Storia si ripete!Come hanno criticato Bruckner criticano Einaudi e chi come lui non si adegua alle regole delle Riserve. Ma è la Storia che decide, non l'accademismo.
  13. Se non sbaglio Donatoni andò al Maurizio Costanzo Show ironicamente vestito da Indiano... Indubbiamente. Solo che la musica da film rimane comunque musica applicata, funzionale, quindi il contatto con il pubblico si crea tramite il Cinema. Nessuno lo sta osannando. Ho aperto questo topic per parlare di lui, del minimalismo (estetica a lui cara, può essere un buon argomento di discussione) e della musica contemporanea. La Pausini non ha nulla a che vedere con Einaudi perché fa pop e il suo obiettivo è raccogliere pubblico, quello di Einaudi no (e di nessun compositore). Un compositore scrive in base a proprie esigenze, molto personali. Ha poi il sacrosanto dovere di diffondere la sua musica davanti ad un pubblico, c'è chi lo segue e chi lo molla, non lo decide lui. Invece, il problema è che esiste una specie di lobby che si fa emblema della "musica contemporanea", con compositori diversi tra loro ma legati da modalità di scrittura univoche, con un pubblico di specialisti che anziché "godere" della musica si limitano a giudicarla,analizzarla e criticarla. Ora, questa lobby (la Riserva d'Indiani, appunto) è soprattutto caratterizzata da giovani compositori che sono stati allievi di compositori che a loro volta sono stati allievi di Berio, Donatoni, etc. Mentre questi erano rappresentanti di un modernismo ormai passato alla Storia, di un periodo complesso di sperimentazione e di estetiche contrastanti, gli allievi e gli allievi degli allievi hanno costruito una specie di "accademismo" fine a se stesso per cristallizzare e chiudere in una riserva tutto quello che avevano fatto i loro padri. La sostanza è questa. Io non sono contrario alla sperimentazione, penso sia l'essenza dell'attività di un compositore. Ma chiudersi nei centri di ricerca e nelle Biennali e limitare drasticamente il contatto con il pubblico in nome di una musica "alta, superiore, colta, d'Arte" è la cosa peggiore di questo mondo, e non ha nulla a che vedere con la situazione musicale durante l'epoca dei compositori classici, romantici, etc. Detto questo, Einaudi è la dimostrazione che un compositore "colto" deve uscire da un certo sistema per avvicinare le persone alla sua musica. Com'è vero che un compositore non scrive per il pubblico, è anche vero che un compositore senza pubblico è praticamente morto. te l'ho detto. La differenza è che Einaudi scrive partendo da esperienze musicali che vanno dal minimalismo alla musica cosiddetta classica, mentre la Pausini scrive canzoni per il pubblico. E' diverso.
  14. Su questo non posso certo dissentire dato che sono d'accordo con te per ovvie differenze tra musica occidentale e orientale. Pur essendo un compositore "occidentale", Feldman (come del resto anche Cage) si è rifatto a concezioni temporali orientali, per cui anche la concezione "narrativa" o "drammaturgica" è diversa da quello di Berio, ad esempio. Ognuno ha un suo modo di esprimere dei concetti, l'importante è che il contenuto sia logico. Spesso preferisco badare alla forma in campo musicale (dato che il senso della forma è tutt'altro che facile da acquisire) e quando parlo di qualcosa cerco di badare più ai contenuti anziché soffermarmi troppo sull'origine di un termine, il suo significato originario, etc. Preferisco sintetizzare con un termine e poi vedere le differenze come casi legati al quel termine. Detto ciò, Clapping Music (del 1972 badiamo bene) non ha una narratività perché fa parte di quelle eccezioni che dicevo, ovvero le avanguardie (in quel caso estetica minimalista). Sarebbe come parlare di narratività in 4.33 di Cage o Structures di Boulez. Se oggi possiamo ritenerci liberi dai dettami delle avanguardie è proprio grazie al recupero di quella "narratologia" che come dici ha un forte legame con un repertorio troppo lontano. Allo stesso tempo non dimentichiamo le avanguardie e partiamo da quel cambiamento per ricostruire qualcosa. Premetto che non è mia intenzione coniare termini nuovi, chi sono io per farlo? Semplicemente è il mio modo di vedere una cosa che Tizio spiegherebbe in un modo e Caio in un modo altrettanto diverso.
  15. Non credere. Il brano "the elements" dedicato a Luciano Berio ha avuto larghi consensi, per quanto riguardo il grande pubblico esiste un proverbio: pochi ma buoni. Sono del tutto convinto che un compositore riceverà dei grandi consensi da un numero enorme di persone quando riuscirà a "toccare le corde" di ognuno in termini emotivi e non concettuali, pur costruendo i suoi pezzi in modo concettuale. Molti brani di Einaudi a livello emotivo hanno grande profondità, certo vanno ascoltati senza spirito critico ma semplicemente godendo delle loro qualità espressive... non accadeva forse così per certi brevi brani per pianoforte del periodo romantico? Pensiamo ai Preludi di Chopin, ad esempio. O a Schumann,. Certo è che un compositore non deve avere con obiettivo la conquista del grande pubblico ma la sperimentazione, l'andare avanti e soprattutto l'espressione di sentimenti e concetti più o meno complessi ma molto personali. Quando propone la sua musica c'è chi lo segue, c'è chi lo ignora, c'è chi lo detesta. L'importante è non lasciarsi mai condizionare da critiche ingiustificate che spesso e volentieri provengono dagli ambienti accademici stessi e dal volere del pubblico. Il pubblico ha bisogno di un'educazione musicale, mentre le radio e le TV propinano i tormentoni scassapalle del momento che di musicale hanno poco e niente. Sono fermamente convinto che ogni artista sia libero in quanto propone la sua Arte e non la impone. Ecco perché non nutro tutto questo gran rancore verso un Giovanni Allevi. Personalmente la sua musica non mi piace, la trovo scontata, ricca di stereotipi giustapposti e senza una ricerca di fondo. Nei suoi primi album c'è qualcosina d'interessante, a mio avviso. Il problema è un'altro: Allevi è il classico caso di artista sopravvalutato utile al business e alle case discografiche per fare soldi, del resto è un compositore che conosce la musica, ha studiato e quando parla spesso e volentieri dice cose giuste. Spesso non corrispondono ai risultati, però. La sua musica non si rispecchia in ciò che dice. Certo non avrebbe causato tutto questo putiferio se non avesse definito la sua una "musica classica di oggi": Con una frase del genere ignora il significato del termine "classica" (lo ignora, perché lo conosce) e continua a farla passare per contemporanea quando non ha nulla a che vedere con tutto quello che è successo dal dopoguerra in poi. Ciò non si può dire di Einaudi. Non è un fenomeno del marketing, è un compositore che ha scelto di intraprendere un percorso diverso da tanti suoi colleghi che ricevono le commissioni, pubblicano alla Ricordi, incidono e scrivono la stessa solfa da anni solo perché si sono fatti strada nelle rassegne di "Musica d'Arte", le Riserve d'Indiani appunto. Una cosa è certa, se certi supponenti che usano i 12 suoni tanto per incantare i colleghi in sala sono convinti che passeranno alla Storia per i concorsi vinti o per un nome sul New Grove si sbagliano (purtroppo ce ne sono tanti, tantissimi). La Storia è capace di dimenticarti per oltre un Secolo. Basti pensare ad un Vivaldi o a Bach stesso, che non hanno fatto la professione dentro una Riserva.
  16. Si, è un brano lunghissimo e per digerirlo è necessario fare un po' di yoga, prima... Ma il tempo geologico non è anche narrativo? Non mi pare sia regolare, anzi. L'evoluzione della terra è stata abbastanza avventurosa, ricca di eventi imprevedibili, quindi perché non parlare di narratività? Per come la vedo io narratività non deve corrispondere necessariamente alla teatralità (mi fai venire in mente una distinzione fatta da Charles Rosen riguardo la differenza tra la narratività di Haydn, basata appunto sulla sorpresa, l'imprevedibile e l'irregolare e quella di Mozart definita come una drammaturgia inserita in un contesto formale simmetrico e caratterizzata da "enfatizzazioni di pathos" di derivazione operistica). Ecco perché ti dicevo che sono d'accordo sul fatto che esistono varie tipologie di narratività e non una sola. ps. l'idea che hai avuto secondo me è buonissima! Perché non aprire un nuovo argomento sulla costruzione dei climax, le diverse tipologie, le tecniche di accumulo tensivo e di liquidazione.... Frank, io sono d'accordo al 100%
  17. Assolutamente si, il primo gesto è assolutamente un elemento tematico: armonici più pizzicato. Successivamente, focalizza sugli armonici (1.28) e a 1.56 i pizzicati tramite accelerazione ritmica ripropongono lo stesso profilo del gesto iniziale con funzione di ostinato, contemporaneamente si crea una sovrapposizione tra questo nuovo gesto e gli armonici... se non è tematismo questo! (provocazione scherzosa con sconto del 10% ) Comunque parliamo di un pezzo degli anni '80! http://www.youtube.com/watch?v=K95RtulCuOc
  18. Beh, gli universali in musica sono pochi! Essendo un'arte molto relativa, possiamo comunque risalire a degli archetipi originari.Certo non sto forzando facendo "illazioni Schenkeriane" per cui ogni constante è un assoluto, ci sono eccezioni. Anche per me le differenze sono più interessanti, ma per parlarne dovresti aprire un topic per ognuna, non credi? ed ogni topic dovrebbe avere quantomeno 200/300 e più pagine di analisi su ogni autore! Si, ma se qui si parla di narratività, la costante sta nel fatto che è un punto in comune a tutti i brani di tutte le epoche, smontando certe convinzioni musicologiche per cui la narratività esiste in alcuni e non in altri. Esiste in tutti ma in modi diversi (tranne certi casi, come in determinate estetiche d'avanguardia legate alla ricerca concettuale. Già negando "l'Io" nel comporre, e questo vale sia per strutturalismo che per alea, il compositore sta negando la possibilità di compiere scelte personali sul piano espressivo, quindi....) Apri un topic su Bach e su Wagner e vediamo le differenze. Dipende cosa intendi per tematismo. Se intendi la concezione melodica del tema sono d'accordo con te, se parliamo di "elementi tematici" è un'altro discorso... e torniamo alla costante. Certo non vai a cercare tematismo in "Per Orchestra" di Donatoni! Allora, lo devo cercare. Ho provato a fare una ricerca su internet ma non l'ho trovato. Ho però trovato questo, se può interessarti: http://biennale.st.t...a/it/75913.html In relazione a Spiri, credo che Donatoni intenda il tematismo come fenomeno legato alle relazioni a distanza tra figure. Sta di fatto che ammette comunque un processo di trasformazione di "figure riconoscibili" che sono, sempre e comunque, elementi tematici soggetti a sviluppo. Poi si sa che lo stesso Donatoni era un burlone, amava parlare in modo forbito, con termini complessi, giri di parole, concetti semplici espressi in modo intricato... ma alla fine faceva parte del suo modo di porsi, anche molto ironico per certi versi... In realtà per capire il suo pensiero basta analizzare e ascoltare la sua musica. Dipende a quale Morton ti riferisci! Anni '60, '70 o '80?
  19. E' quello che penso anch'io, ho avuto modo di ascoltarlo dal vivo ed è tutt'altro che un bluff come molti accademici lo dipingono. In realtà ha fatto delle scelte precise in fatto di musica, nel senso che ha preferito non seguire la strada dei concorsi ed è riuscito a trovare un contatto con il pubblico che purtroppo altri compositori vorrebbero (un complesso mascherato ovviamente, non ammesso) ma non trovano perché imbrigliati in un sistema chiuso, dove a fine concerto ci si aspetta il commento dei propri colleghi, quella che se non sbaglio il buon Donatoni definiva "la Riserva di Indiani dei compositori contemporanei", metafora con cui ci dimostrava che già la vedeva lunga negli anni '80... in realtà, sia lui che Berio, esponenti più importanti dell'avanguardia in Italia, avevano capito che il futuro della musica era la contaminazione, e così sta avvenendo. E' anche vero che, come disse un vecchio compositore , "se è arte non è per tutti, se è per tutti non è arte", ma c'è sempre differenza tra una riserva d'Indiani e una musica che parla a chi non necessariamente sa analizzare Ferneyhough. Secondo me il problema non sta nelle "dissonanze", come qualcuno ancora pensa, tanto meno nel tipo di scrittura omogenea o eterogenea. Il problema è un'altro: la percezione. Il pubblico di oggi non sa cosa vuol dire ascoltare un brano, si limita a sentirlo e anche per certi musicisti è quasi un sforzo concentrarsi e non guardare l'orologio durante un concerto o un ascolto di musica contemporanea. Le modalità percettive che si erano riconquistate negli anni '60/'70 dove la concertazione era un atto fondamentale dell'ascolto (sto parlando della Musica Psichedelica ed Elettronica, Pink Floyd, Tangerine Dream, Rock Progressivo, etc.) si sono perse negli anni del consumismo sfrenato, del materialismo, del "tutto subito", dell'immagine: gli anni '80. Proprio il decennio in cui i compositori delle avanguardie iniziavano a riproporre "il nuovo linguaggio" recuperando la sintassi della musica del passato, esprimendosi senza fare totale affidamento nei meccanismi automatici dello strutturalismo o nell'alea. Alessandro Solbiati ha giustamente detto "il pubblico si deve sforzare, deve concentrarsi ed essere curioso nell'ascolto". D'accordo con lui, ma il percorso non è immediato, non puoi pretendere concentrazione e curiosità di colpo, con Stockhausen o Xenakis! E' un percorso graduale, magari iniziando con il minimalismo, con Glass e Nyman, poi Reich e a poco a poco arrivare a Lachenmann. Ma sono ottimista, credo ci sia un miglioramento in atto in questo senso. Probabilmente Internet aprendo nuovi canali informativi da la possibilità a tutti di arricchirsi culturalmente e musicalmente, ma è anche compito dei compositori quello di confrontarsi con il pubblico, chiudersi meno nei laboratori e nei centri di ricerca, lasciare meno spazio e meno possibilità di divismo e protagonismo a certi meri interpreti che se la tirano e non saprebbero buttar giù una nota (recentemente ho letto un'intervista a Pollini in cui è stato molto chiaro su questo fatto, proprio lui interprete di fama mondiale!).
  20. Lungi da me assegnare etichette ad artisti che magari non vogliono, io stesso sono contrario a definizioni affrettate su un determinato stile difficile da classificare... ma è chiaro che le influenze sono sempre dietro l'angolo e tutto sta nel capire quanto queste caratterizzano un compositore e quanto lo legano ad autori del passato. Pensiamo a Bach con Vivaldi, Frescobaldi, Corelli, Buxtehude, etc. oppure Haydn e C.P.E Bach, Mozart e Johann Sebastian, Clementi e Haydn e ancora Johann Sebastian e il contrappunto del '600! Ognuno ha preso qualcosa dall'altro. Ludovico Einaudi è uno dei compositori contemporanei sicuramente più conosciuti e apprezzati dal grande pubblico, certo la sua produzione (come quella di tanti autori che seguono estetiche differenti) ha alti e bassi, alcuni brani li reputo un po' noiosi e ripetitivi, privi di un arco narrativo accattivante, sicuramente più adatti ad applicazione funzionale e meno alla sala da concerto; altri brani davvero interessanti, geniali, ben costruiti, semplici ed essenziali, dove l'impronta dell'estetica minimalista è abbastanza chiara ma non prende il sopravvento. E' interessante come un compositore di estrazione colta abbia le possibilità di partire da un materiale così semplice (spesso di derivazione popolare, dal pop o dal rock) per poi svilupparlo mediante processi a lui cari. Allo stesso tempo Einaudi non piace a tutti come Allevi, ma a persone che comunque sono disposte a tirar fuori un minimo di concentrazione nell'ascolto (perché anche l'iterazione e la ridondanza in generale hanno bisogno di attenzione costante, nonostante gli stereotipi dichiaratamente tonali o modali). Mi piacerebbe sapere che ne pensate voi del buon Ludovico, tra l'altro allievo di Luciano Berio e suo fidato assistente; solo negli anni '80 decise di prendere altre strade, magari più semplici, figlie di quella reazione che portò i minimalisti a semplificare un linguaggio che era ormai troppo intriso di controllo e situazioni caotiche, strutturalismo e alea ai massimi livelli. Può essere la strada di Einaudi (che ritengo molto diversa da quella di Allevi) un buon punto di partenza per ricucire lo squarcio "musica colta/musica pop"? Intanto ecco il brano "gli elementi", interessante "in memoriam Luciano Berio": http://www.youtube.com/watch?v=zKni6q-owB0
  21. Caspita, è un compositore che non conosco. Vedo di ascoltare i brani che hai indicato
  22. Io trovo più semplice considerare sinonimi la narratività e la drammatizzazione. E' chiaro che poi il termine "drammatizzazione" può essere utilizzato anche per descrivere processi esterni (come dici tu, considerando gli esecutori e il mettere in scena qualcosa). Io credo che usare il termine drammatizzazione quando si parla di composizione voglia dire parlare delle strategie narrative interne al pezzo in esame. Poi, credo che sia impossibile l'esistenza della narratività senza il tematismo, non riesco a concepirla. Ho letto diverse pagine di musicologia dove si parlava di convegni sul concetto di figura, di gesto musicale, di tematismo, di atematismo, di tonalità, di atonalità.... seghe mentali secondo me. In un articolo si diceva che Donatoni utilizzò il "tematismo" solo in certi lavori e non in altri, quando basta analizzare i suoi lavori ma soprattutto scrivere musica per capire che il tematismo è una costante sempre presente nella prassi di ogni compositore (salvo sempre casi particolari legati ad estetiche moderniste che oggi sono ovviamente andate in pensione e giustamente hanno lasciato una bella eredità a chi scrive oggi). Ogni composizione ha oggetti tematici; se la dovessimo schematizzare in senso matematico, potremmo descriverla con un insieme... di elementi (certo non un insieme vuoto, dato che è impossibile averne uno: anche 4'33'' di John Cage è apparentemente vuoto, dato che comunque la percezione riguarda elementi esterni alla performance, aleatori e che ci ha dimostrato che il "silenzio" effettivamente non esiste). In che modo si sviluppa il tematismo? Molto semplice: basta che un elemento (nota, timbrico, effetto, etc.) sia parte di un vettore, abbia una direzionalità che si concretizza in processi trasformativi, in quello che si definisce tradizionamente sviluppo (anche se potremmo disquisire sulla differenza tutta Schoenberghiana tra elaborazione e sviluppo, il che non mi preoccupa dato che la costante in questo caso è l'evoluzione del materiale). Detto questo, è proprio il materiale a rappresentare il tematismo di un brano. Il modo in cui gli elementi che costituiscono questo materiale interagiscono a livello narrativo si chiama drammatizzazione, narratività o chissà quale altro strano termine. Sulla definizione di Gesto, mi trovo assolutamente d'accordo con quel genio che è Lachenmann, ma anche con Donatoni, Berio, Solbiati e Fedele se per questo. Il gesto non è altro che l'elemento tematico di cui parlavo prima, solo definito in base alla sua condizione dinamica. Lo stesso elemento in condizione "inerziale" (e qui faccio il Marco De Natale della situazione ) lo si definisce tradizionalmente "figura". Il gesto non è altro che la "figura" in divenire, ovvero posta sul piano diacronico e quindi legata ad un iter narrativo, drammatico. Sul climax mi trovo d'accordo con te. Certo non sono facili da creare, possono esserci precisi archetipi. Sul piano generale, preferisco parlare di "cumulo tensivo" per definire un aumento della concitazione. I modi in cui questo avviene si fondano sulla tipologia dell'archetipo. Può essere un'accumulazione eterogenea, una moltiplicazione addensata, un crescendo, un vettore ascendente con progressivo restringimento delle strutture fraseologiche, etc. può essere climax o microclimax, può essere posto alla fine di una sezione, al centro di questa o all'inizio (se inteso come "bang" di tensione).
  23. Sono soddisfatto di questa tua risposta e ti ringrazio, ora ho capito meglio il tuo pensiero e la tua critica. Si, leggevo. E' interessante tutto ciò, anche se ognuno può avere il suo modo personale di vedere una stessa cosa, no? Nel senso: per te esiste la narratività e la drammaturgia. Per me esistono narratività e archetipi narrativi... stessa cosa, termini diversi. Senza andare a vedere cos'è e cosa non è metafora, il dipartimento di psicologia dell'Università di Trento dice a chiare lettere "narratività: fenomeni di formulazione narrativa...paradigmi, paradigmi, figure, tòpoi generati dal processo narrativo-interpretativo". In tal senso, esistono degli archetipi ben definiti che variano, nella letteratura, a seconda di autori, epoche, estetiche. Io volevo dire che, alla base di qualsiasi archetipo narrativo, esiste un "archetipo base" che risulta essere il fondamento narrativo di qualsiasi brano, di qualsiasi epoca, di qualsiasi estetica (salvo parentesi precise, come casi dell'avanguardia, si faceva riferimento all'aforisma di Webern in questo senso). Sta di fatto che, partendo dall'archetipo base, la narratività (termine che tra l'altro neanche si trova nei vocabolari) non è altro che l'insieme dei processi d'interazione tra gli elementi tematici di una composizione musicale. Questa interazione conferisce agli elementi una connotazione "in divenire" (quindi diacronica) e ne evidenzia la "vettorialità" formale, ossia il "tendere verso" un determinato punto in modo sempre irregolare. Poi ogni compositore ha preferenza per un preciso archetipo narrativo (come dicevi tu, Donatoni aveva dei punti di riferimento letterari in questo senso, che utilizzava, riadattandoli, in ambito musicale). Un esempio inverso di questo processo che denota la capacità di Donatoni di cui stiamo parlando è il suo primo libro, "Questo", dove avviene il trasferimento di una sintassi applicata musicalmente in ambito letterario. La complementarietà tra narrazione e argomentazione non credo abbia bisogno di analisi data l'ovvietà della questione. Se utilizzo un archetipo narrativo, automaticamente l'interazione avviene tramite strategie narrative proprie di quella che chiami argomentazione. Quando le strategie si "cristallizzano" in un archetipo... vuoi scindere le cose? Difficile dividere due gemelli siamesi.... Oh si che implica una forma di narrazione! Già la differenziazione tra climax e microclimax crea una gerarchia negli eventi narrativi e ne sottolinea la strategia. Altrimenti non capisco perchè fare distinzioni così grandi tra aspetti che vivono della stessa logica. Magari, nella forma presentano le dovute differenze... ed è così che si differenziano gli archetipi. Ho capito cosa intendi, il problema è che abbiamo due visioni diverse della stessa cosa. Comunque, se dovessimo abbandonare terminologie, doppi significati, coincidenze, etc. nella sostanza sono TOTALMENTE d'accordo con te.
  24. E' chiaro che ognuno ha delle considerazioni soggettive da fare, in questo modo si crea un dibattito. Ma, perdonami, quando si fa una critica la si deve fare spiegando il perché, con un ragionamento completo. Personalmente ho individuato due tipologie di critica: 1) ragionamento contrastante basato su analisi oggettiva e comparazione di elementi 2) aria fritta credo sia uno schema utile per capire chi davvero ha qualcosa da dire e chi parla tanto per parlare, no?
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