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Showing results for tags 'debussy estampes pagodes'.
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Buongiorno a tutti. Premetto di aver dovuto interrompere gli studi di conservatorio dopo l'esame del quinto anno ma ho sempre continuato (per quasi vent'anni) lo studio da autodidatta. Pur avendo ormai un vago ricordo del periodo accademico, mi ricordo bene come tutti i miei "insegnanti" insistessero sempre e soltanto su "poso rigido ed articolazione". Ho quindi pensato che la tecnica passasse esclusivamente dall'articolazione e mi sono pure torturato in esercizi "avanzati" (tipo Hanon) fino a quando sono comparsi pericolosi dolori tra 1° e 3° dito e le mie mani (sinistra soprattutto) anziché sciogliersi si stavano irrigidendo. Le lezioni del maestro Ferrarelli sulla tecnica pianistica mi hanno aperto un nuovo mondo e vi ho trovato conferma di un "diverso" modo di suonare che avevo sviluppato osservando la gestualità di grandi pianisti (che lavorano molto di polso e spesso articolano poco o nulla tenendo le dita distese e rilassate, quasi appoggiate ai tasti) e cimentandomi con la letteratura romantica e post romantica. Davvero credo che sia impensabile eseguire certi passaggi articolando pignolescamente (es. ottave spezzate di accordi ed arpeggi della mano sinistra in Chopin). Venendo al punto, e sempre che sia corretto quanto ho appena detto, mi piacerebbe aprire una discussione o anche solo sapere quale sia il giusto approccio tecnico per affrontare le estampes di Debussy (che amo) e in particolare gli arpeggi della mano destra nella coda di "pagodes" (dove a mio avviso le note dovrebbero fondersi creando un eco ondeggiante in sottofondo) e quelli di "Jardins sous la Pluie" (sporattutto dove le mani si incrociano con note ribattute). Inoltre, collegandomi al discorso sulla meccanica del pianoforte, secondo voi è indispensabile avere il doppio scappamento (e quindi la coda) per eseguire bene certi brani con note ribattute (es. proprio jardins sous la pluie)? Grazie mille, Francesco