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Piano Concerto - Forum pianoforte

GnazzJazz

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  1. Non hai figli? ancora puoi convincere la tua compagna! eppoi col silenziatore... ;-)
  2. Caspita, Piccinesco, ho provato a leggere velocemente il tuo penultimo post ed è stato impossibile e quindi lo devo rileggere e riflettere con calma (com'è che a sta vita c'e' chi deve rubare il tempo e chi non sa come ammazzarlo?!). Avevo un gatto salvato, ma non accudito, stava vicino casa come un amico per diversi anni, un cacciatore formidabile; l'ho sognato e poi l'ho ritrovato morto. Non mi è indiferente l'interazione con gli animali, ma non lì penso come fratelli risorti, bensì come creature facenti parte di e partecipanti a questo mondo meraviglioso e inspiegabile, quindi degni d'attenzione. E il pensiero di quanta coscienza possa avere e quindi di come possa sentirsi e trovarsi un animale tocca anche e me e penso alla maggior parte di noi, specie chi ha posseduto un cane, ma non ho paura che la mia coscienza trasmigri in un cane dopo la morte. Penso che nei confronti degli animali ci voglia comunque grande rispetto nel riconoscere la loro diversità ed identità e che bisogna fuggire sentimentalismi e possessività.
  3. Personalmente ho la sensazione che questo ripetersi della vita non abbia senso di esistere quindi non mi preoccupa. C'è diversa letteratura su questo argomento e mi sono fatto però l'idea che tali percezioni siano possibili pur non essendo riferibili a qualcosa di reale (vedi paramnesi, mi pare) o forse che la vita degli esseri umani sia più complessa di quello che pensiamo, in particolare più "distribuita e condivisa", tali da permettere un certa "conservazione della storia". D'altra parte, almeno per un essere comune come me e tanti altri, la vita e l'esistenza dell'universo restano fatti "meravigliosi" quanto inspiegabili. Il cercare a tutti i costi una spiegazione razionale, o comunque confezionare il tutto in una costruzione di fede o di credenza, non lo vedo un buon obiettivo, meglio invece, a parer mio, la contemplazione.
  4. C'è un equivoco: non so' cosa ascolti e non faccio supposizioni in merito (e se proprio dovessi indovinare sarebbero ben diverse). Gli ascoltoni di musica commerciale (espressione sottovoce, che fin'ora è stata ignorata ) erano i miei compagni di scuola, che comunque non criticavo per questo, semmai per l'approccio chiuso all'ascolto di tutto il resto. Le tue frasi, volutamente dure, mi hanno fatto ricordare questa situazione. Se proprio volessimo fare un parallelo, ma non era mia intenzione, dovremmo considerare le giuste proporzioni: ho citato i Genesis e non Bach, Schoemberg, Bartok, Stockhausen o Cage che pure ascoltavo) L'ho riportata invece per introdurre la tematica dell'approccio all'ascolto che potrebbe avere un peso per determinare certi giudizi lapidari e globali sulla "musica contemporanea" Riguardo Mortuos plango, vivos voco di Jonathan Harvey, debbo dire che l'evoluzione e l'elaborazione del dialogo e dell'intreccio tra voce bianca e campana non mi dispiace e non mi annoia, anche se a primo ascolto debbo dire che non mi fa impazzire; il materiale non mi sembra molto ricco, ma questo può essere anche un lato positivo; lo riascolterò sicuramente. Penso che i discorsi sull'ascolto valgano anche per List e giu di lì, eccome! e che la preponderanza e il proliferare di certe osservazioni per la musica contemporanea è dovuto semplicemente ad un fatto culturale e di educazione in genere. Per quanto riguarda 4'33" di Cage, lo trovo geniale ed emozionante; si potrebbero dire tante cose, non si pu' rispondere in due righe. Certo messo su un CD non ha senso, però ricrearlo a casa propria non è male... per la cacca ci si puo' rivolgere a Freud, oppure mi pare che anche Roger Waters (o unoi di loro) abbia inciso qualcosa che ascoltiamo tutta la vita con ritmo circadiano... Ne è stato già discusso, ma forse trattare la musica come sistema chiuso è limitativo specialmente nei tempi moderni, dove però paradossalmente lo applichiamo di più. Dire di qualcosa e' bello è una provocazione proprio perché si enuncia l'oggettività (una questione di linguaggio) e la non possibilità del dissenso; lo si fa spesso in modo benevolo alla ricerca di piacevoli e altamente probabili consensi, ma a volte ci si rimane male... A volte è anche irritante sentirlo dire! La metterei più sullo statistico è direi per esempio che il bello (o il brutto) a probabilità 1 non esiste e che la distribuzione statistica è dipendente dal campione scelto e che qui entra il peso culturale... grazie a tutti per gli ascolti proposti!
  5. No non credo nell'esistenza del bello oggettivo! (è una domanda o stai anche sostenendo che l'ho scritto?!) Però sicuramente ci sono elementi oggettivi che possono essere riconosciuti o meno a seconda dell'acutezza della ascoltatore e non del gusto. Dopodiché il giudizio rimane soggettivo. Quello che sostengo, ma non sono il solo, è che spesso ci si trincera dietro espressioni come è bello, è brutto, è questione di gusto, non la capisco e simili, che mal si coniugano con l'osservazione in genere. Insomma sostengo che convenga impegnarsi di più nell'ascolto, senza avere fretta di dare un giudizio! E' bello ascoltare ancor prima di dire se un pezzo è bello o no. Schiacciare l'interazione tra un'opera musicale e una persona su due sole parole è veramente limitante. Vale per ogni cosa, per esempio un bicchiere di vino: sentirsi chiedere ti piace? dopo un sorso è avvilente... dietro ci può essere un mondo da scoprire, da provare, da riflettere...
  6. Vorrei rispondere a Virtus rischiando di ripetere cose già dette, perché non sono riuscito a leggere tutto (che discussione!), ma cercando di rimanere ad un livello semplice. La musica contemporanea è come il jazz, è sterminata, quindi la domanda non è proprio ben posta... Io penso che in ogni ascolto e in ogni osservazione in genere è gradevole riconoscere un segno, una sintesi, soprattutto una coerenza, che a volte può anche essere soggettiva e potrebbe anche essere non conscia (da parte dell'autore). Questo non vuol dire che la devi trovare per forza, ma nell'ascolto devi essere ben disposto e senza pregiudizi e preconcetti. Penso anche che la conoscenza aumenti la capacità di apprezzare e quindi anche il godimento. Vale anche per Beethoven e gli altri grandi del passato, se ci pensi. L'analisi del brano e del background tecnologico (la conoscenza del violino e del pianoforte, come di un filtro o di una modulazione di frequenza), nonché del contesto culturale dove nasce il brano stesso, penso dia una marcia in più. Non ci trovo nulla di male. Ciononostante non è obbligatoria: ricordo di aver "discusso" con uno studente in conservatorio perché dissi che l'ascolto di Maderna mi dava un senso di pace, ma era la verità, al di là di quello che l'autore voleva trasmettere e della mia conoscenza in proposito (e poi il senso di pace può derivare anche dalla sensazione di comprensione e sintonia con l'autore e con l'ascolto, ma lui era troppo "intellettuale") Io consiglierei di non limitarsi troppo: il nostro sistema uditivo e cognitivo è formidabile e metterlo in moto può dare molte soddisfazioni! Mi fai pensare quando a scuola cercavo di svelare ai compagni che l'ascolto dei Genesis (solo un esempio) era per me molto piu piacevole di quello della maggiorparte della musica leggera propinata alla radio e che probabilmente lo sarebbe diventata anche per loro se avessero avuto la pazienza di ascoltarla una paio di volte in più... Non è solo questione di gusto, ma anche volontà d'ascolto e fiducia negli altri. Io trovo diversi ascolti, di autori molto diversi, meravigliosi: Bach, Cage, Marcello, Chopin, Schoemberg, Webern, Orlando di Lasso, Roscoe Mitchell, Miles Davis, Terry Riley e via dicendo e non posso pensare di suddividere e categorizzare il mio godimento. Il segreto sta nell'ascolto, nella predisposizione verso l'opera e verso l'altro in genere e trovo triste e tendenziosa la tua osservazione. Riguardo il suono effettivamente lo trovo un mondo sconfinato ed interessantissimo e che può avere un peso importante in un opera. Così è sempre stato, solo che in tempi moderni, grazie anche all'elettronica e all'informatica abbiamo acquisito una capacità di indagine e di controllo enorme ed è naturale che se ne rimanga affascinati e che in taluni casi l'attenzione al "suono" sia preponderante. Buon ascolto!
  7. Di questo argomento si comprendono meglio le cause generali che gli effetti! che invece si sentono... Mi trovo spesso a dover discutere di (e a volte a voler dare spunti per far capire) questo argomento e vorrei sapere che ne pensate del breve ragionamento che segue. Queste disarmonicità caratterizzano il singolo strumento e le sue parti (insieme all'ambiente circostante naturalmente) rendendolo unico. Il problema della "giustezza" dell'accordatura non è un semplice problema di altezze che variano in qualche modo complesso, per qualche dato motivo, altrimenti si potrebbe facilmente copiare e "insegnare" all'accordatore elettronico, e questo secondo me è il dubbio che viene a molti. La difficoltà sta invece nella "percezione" delle fondamentali e nella "percezione" dei rapporti tra i timbri (cioè tra i vari armonici delle diverse corde che non sono proprio armonici...), percezione resa complessa da queste disarmonicità, tanto da impedire o rendere molto difficile e costoso "insegnare" all'accordatore elettronico ciò che "sente" l'orecchio! Per esempio l'orecchio potrebbe percepire una fondamentale che non corrisponde esattamente alla vibrazione fondamentale della corda (bisogna in realtà anche stare attenti a pensare il suono della corda banalmente scomposto in una somma di vibrazioni...) Il temperamento poi è solo una complicazione che si sovrappone a questi problemi.
  8. Mi viene in mente Demetrio Stratos, ma anche un'amico che anni fa mi parlava di un insegnante di canto di Darmstadt, se non ricordo male, sostenendo che con la voce si riuscisse a fare qualunque cosa, tanto da rendere inutile la musica elettronica (una provocazione per discutere...)
  9. C'è una traccia del preludio di chopin, la seconda se non ricordo male, in cui l'inserimento dei rumori mi era parso sfacciato Confesso la mia ignoranza in materia: avendo un piano digitale lo posso dunque sfruttare facendogli suonare le "copie" di pianoforti veri (il contenuto delle librerie)?
  10. giusto, avrei dovuto dire "che vivono solo con l'uso dell'elettronica e dell'informatica", ciònondimeno sono convinto che musica elettronica esiste!
  11. Notevole, mi piace la scelta dei bicchieri veri! E' vero che nella Londra del '700 o primo '800 era stata proibita perchè si diceva portasse alla pazzia chi la suonava? Cio' farebbe scopa con la pazzia di Lucia di Lammermoor che vi duella.
  12. La musica elettronica può voler dire tante cose e non direi quindi che è solo uno stile. Certamente vi sono stili musicali che vivono solo con la musica elettronica.
  13. Senza stare a quotare, ma appunto ne avete già parlato: - nell'ascolto ho cercato risonanze più complesse e dinamiche tra più corde (ma anche ovviamente con il piano e l'ambiente), ma senza grandi risultati... - un'altra cosa che ho provato ad usare è stata quella di cercare di riconoscere una cattiva registrazione dell'acustico, cioè la parte digitale dell'acustico, ma senza grandi risultati... - non conosco il campionamento dei vari pianoforti digitali, ma anche il CD non è a 16 bit? è la scheda audio del mio PC? Via dicendo però il problema è sempre l'esperienza e l'orecchio. E' anche vero allora che la qualità dell'ascolto è fondamentale e che se siamo in una sala di concerto si potrebbero dire tante cose in più... Una domanda: come si registra un pianoforte digitale? in ambiente o a presa diretta?
  14. che tema difficile... e quanto siamo severi... E' un bel po' che non seguo concerti, ma ricordo che ascoltare Cecil Taylor, Ornette Coleman, Roscoe Mitchell, Tim Berne, Jonh Zorn, Bill Frisell, Paul Bley, L. Butch Morris, David Murray, A. Braxton, Jonh Scofield, Bobby Previte, Evan Parker, ma anche Lovano, Pieranunzi, Galliano, Trovesi, e via dicendo, non mi faceva sentire vecchio bacucco e non sembrava di assistere a noiose autocelebrazioni segnanti la fine della musica! Adesso leggo invece che è finita Beh, menomale che ci sono Sanremo e X-Factor! Scherzo, era solo per sdrammatizzare, ho capito il discorso, ma penso che bisognerebbe essere sicuri di aver ascoltato tutto quello che viene proposto, per giudicare. Cio' che dice Jazzmania è sensato, ma potrebbe risultare ingeneroso verso taluni musicisti. Non poter definire Jazz una musica che per esigenze tecniche viene presentata come tale non significa che questa sia una accozzaglia virtuosa e gratuita di stili, può essere anche qualcos'altro che magari non stiamo capendo... Non si può negare a priori che qualcuno abbia qualcosa da dire di suo e che sia espressione non artefatta del suo vivere, cioè Stuyvesaint ha ragione, ma attenzione a non cercare di riconoscere la Samba a tutti i costi! p.s. Fermarsi agli anni '70 mi sembra esagerato come anche dire che Frisell suoni son uno stile vecchio di trent'anni...
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