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Piano Concerto - Forum pianoforte

I Fischi Ai Cantanti Lirici Sono Come Lo Stalking


Tenore
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«I fischi ai cantanti lirici sono come lo stalking»

 

Gheorghiu: italiani tremendi ma torno alla Scala

 

 

http://www.corriere.it/cultura/12_maggio_15/cappelli-fischi-cantanti-lirici-come-stalking_4af213b2-9e7b-11e1-b8e5-2081876c6256.shtml

 

 

«Sì ma di rado, non in quella maniera selvaggia, creando danni psicologici enormi negli artisti. Certi fischi per noi sono come lo stalking. L'Italia è rimasta indietro anche in questo. Ci sentiamo come tori nell'arena: però in Spagna la corrida ha sempre meno importanza. Il pubblico va a teatro e spende soldi per me, e io voglio dare tutto per conquistarlo».

 

Domanda, ma dissentire da uno spettacolo che non piace non è un diritto?

 

Volete dire che all'estero non si fischia?

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Domanda, ma dissentire da uno spettacolo che non piace non è un diritto?

Volete dire che all'estero non si fischia?

 

Non lo so. Le regole del teatro sono diverse da quelle del pubblico dei concerti, ma «dissenso» in certi casi non è la parola adeguata per definire la reazione del pubblico alle opere liriche... ho sentito cose inqualificabili. Credo sia a quello che si riferisce la Gheorghiu.

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... non si fischia quasi più neppure in Italia ... ma la Gheorghiu dovrebbe davvero valutare le sue dichiarazioni ...

 

Beh beh... te lo saprò dire :rolleyes: qui a Parma succede ancora, magari non proprio il fischio, ma anche di peggio: l'anno scorso durante il Trovatore, alla prima ci furono parecchi dissensi rivolti al cast e, ad un certo punto, durante «Stride la vampa», uno dal loggione disse «mo päg'ni anca lilè?» (traduzione dal parmigiano: «pagano anche lei?»). :lol: Devo dire che in quel caso c'erano ottime giustificazioni: non era certo una cantante adeguata né al ruolo né all'apertura della stagione. Pochi anni fa venne contestato molto un Otello, diretto da Bartoletti, dove le urla arrivarono a volte a sovrastare le voci del palcoscenico. Io non approvo, sia ben chiaro; lo dico solo per chiarire che in alcuni teatri la "tradizione" del dissenso rumoroso e sbracato esiste ancora (purtroppo). Vorrei anche rispondere alla domanda di Tenore, ossia se dissentire non sia un diritto. Io credo che il dissenso sia doveroso, ma non ho mai capito perché in teatro siano permesse cose che durante un concerto nessuno si sognerebbe nemmeno di pensare (nemmeno quelli che a teatro urlano e si dimenano contro un cantante). Ebbi, proprio a seguito dell'Otello di cui parlavo, un'accesa discussione con uno dei loggionisti che rivendicava proprio il diritto di manifestare contro uno spettacolo che riteneva inadeguato e gli feci notare che un atteggiamento "da bettola" come quello tenuto da lui e dai suoi amici loggionisti durante quella recita, in un qualsiasi altro ambiente (musicale o no, beninteso) avrebbe significato una sola cosa: l'allontanamento coatto. Mi rispose che non capivo (io, ovviamente) e che lui che aveva sentito Tizio, Caio e Sempronio su quel palcoscenico «non poteva accettare» che si facesse così scempio delle sue opere preferite, però quando io gli risposi che io non potevo accettare che mi si "rompessero le balle" (scusatemi, ma è per rendere l'idea del tono della discussione... :rolleyes:) mentre ascoltavo la stessa opera (avendo pagato lo stesso biglietto), lui, in perfetto stile "loggionistico", mi disse «älora stà a ca'!» («allora stai a casa!»). «Strano - gli dissi - le stavo per dire la stessa cosa: stia a casa, metta su il cd di Del Monaco, e risparmi la voce...», ma mi ha preceduto... :mellow:

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  • 4 weeks later...

Questo ci dice che siamo alla canna :(

 

Scrissi, all'epoca dell'uscita di questo articolo, una lettera alla Stampa, che volentieri condivido ;)

 

Mi sorprende molto che un quotidiano prestigioso come La Stampa decida di pubblicare, in un momento di gravissima sofferenza per la cultura italiana e in particolar modo per la vita musicale del nostro Paese, un articolo delirante, pur scritto da un uomo di cultura, il ché lo rende forse ancor più grave, il quale con toni a dir poco irriverenti affronta un argomento delicatissimo da una prospettiva totalmente disinformata, o fintamente fessa.

 

Certo è che parlare del Teatro d'Opera come di qualcosa di vecchio e sorpassato è la stessa cosa che dire che si potrebbero chiudere i Musei perché le opere d'arte esposte in quei luoghi sono state viste e riviste e non hanno più nulla da dirci. O dire, che so, che i libri storici di tutte le Biblioteche del Mondo potrebbero essere bruciati, tanto oggi ci sono gli eBook. O dire che le Chiese di cui è disseminato il nostro territorio non servono a nulla e che si potrebbero usare quegli spazi per nuovi ipermercati o, ancor meglio, nuove banche, perché no?

Se sono cambiati i tempi per il Teatro d'Opera sono cambiati per l'arte tutta, e allora, perché abolire una cosa e conservare le altre?

 

Il Teatro d'Opera, come tutta la Musica, è arte "viva", che ha bisogno di persone che la mantengano tale, anche se a Ceronetti non interessa.

Il Teatro d'Opera non si può leggere in poltrona, come un qualsiasi lavoro di Ceronetti, il quale, tra le tante cose, quando parla dell'"imbecillità dei libretti di cui non se ne salva uno solo" commette due gravissimi errori: il primo è che valutare un libretto d'opera, soprattutto di Verdi, svincolato dalla musica è una cosa che non farebbe nemmeno uno studente al primo anno di Storia del Teatro musicale, visto che è notorio come la poetica di Verdi e, di conseguenza, dei suoi librettisti, fosse mirata ad un'efficacia teatrale nella sua complessità (ha mai sentito Ceronetti parlare di "parola scenica"? farebbe bene a documentarsi); il secondo errore è grammaticale: non si scrive "di cui non se ne salva...", perché c'è una ripetizione inutile che, da un insigne letterato in preda a fanatismi sulla purezza letteraria del Piave, sinceramente, non ci si aspetterebbe.

Avrei scritto "di cui nemmeno uno si salva", più corretto ed elegante, pur restando, nel merito, una sciocchezza.

 

Per non parlare della sequela di luoghi comuni sulle opere di Wagner (ma Ceronetti ne ha mai sentita una o ha letto, anche di quelle, solo i libretti?).

 

Certo, si dice "non importa quello che dicono di te, basta che ne parlino" e senza dubbio l'articolo di Ceronetti gli ha riguadagnato una (triste) notorietà, che forse invidiava a Piave, a Verdi, a Wagner.

Voleva forse prevenire chi, in un prossimo futuro, avesse a dire "è amaro pensarlo ma: se Ceronetti non scrive più, che male c’è?"

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Guido Ceronetti è sempre stato legato a forme di teatro radicalmente avverse a quelle istituzionali; quindi non mi aspetto avesse opinioni diverse. Il punto è che non sa di cosa parla, perché non ha la minima cognizione di cosa sia il teatro musicale. Nella sua sfera di cognizione, semplicemente non esiste l'abbinamento teatro/musica e, se volesse dimostrare il contrario, forse direbbe "come no, Gaber...!". Con tutto il rispetto per Gaber, ovviamente.

Avrebbe detto la stessa cosa del baseball, semplicemente perché non lo conosce e non lo capisce. E' così: la gente spara soprattutto su quello che non conosce e non capisce.

 

Nessuno, a La Stampa, ha il coraggio di contestargli o di cassargli quello che scrive (stà lì da mezzo secolo...), perciò ho qualche dubbio che abbiano pubblicato la tua bella lettera... Se non altro, per evitare di fargliela leggere...! ;)

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  • 5 months later...

in realtà NON ha messo d'accordo tutti, e il pubblico ha fischiato solo il regista.

Io non avrei fischiato neppure lui, ho apprezzato molto la sua regia, e non sono stato l'unico

http://www.ilcorrieremusicale.it/lo-sguardo-wagneriano-di-claus-guth/

 

forse esagero ma continuo a pensare che le regie d'autore non piacciano ai melomani perché i melomani sono, di base, ignoranti di ogni altra forma d'arte che non sia l'opera lirica romantica

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