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Piano Concerto - Forum pianoforte

"musica" Contemporanea


Vitrus
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Mah... Affermare i propri gusti può valere nel caso si conosca abbastanza da poter giudicare (e, quindi, formarsi un gusto); personalmente, siccome gli autori che non conosco sono più di quelli che ho approfondito, non mi accontento di dire "mi piace" o non "mi piace", tantopiù che coltivo l'ambizione di fare musica e non solo di ascoltarla. Posso rinviare la conoscenza di quello che mi sembra meno attraente (magari perché mi piace poco un contesto o un periodo storico), ma non pensare di potermi astenere dallo sforzo di comprendere. E' un po' come se un cuoco dicesse "non mi piacciono i dolci", o qualcosa del genere... Prima o poi, se vuoi saper cucinare, devi mettere da parte il gusto acquisito ed essere disposto a "farteli piacere", diciamo.

La comprensione è condizione essenziale del gusto e non so quanto spesso si sia compreso abbastanza da poter dire "non mi piace": se a me piacessero le sonate di Mozart e non quelle di Haydn, per esempio, qualche scrupolo lo avrei... ;)

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Quello che ha descritto CromaDiBrera è la sostanziale differenza fra un approccio creativo ad uno passivo, la conoscenza è la base della creatività...per cui sta a noi impegnarci ed alimentare questa fantastica “macchina”.

 

E non mi riferisco a quella del serialismo integrale, dove effettivamente il lavoro del compositore viene sostanzialmente annullato (a proposito, sto ancora aspettando i titoli dei brani ... se esistono, a scanso di equivoci vi dico che ci sono, però tutti li criticano e nessuno sa quali sono) … ma al ruolo del grande “burattinaio” (che può essere ad esempio Berio ;) ).

 

E se il compositore sceglie, c’è poco da fare … se non sceglie (appunto il serialismo integrale) … allora avete ”quasi” tutte le ragioni ;)

"Quasi tutte" perché al concetto di macchina si è arrivati per un determinato motivo (storico culturale), le opere degli anni ’50 sono così per un determinato motivo, etc.. I compositori di quel periodo avevano delle precise esigenze.

 

E poi tenete ben presente che il concetto di macchina lo conosceva bene anche Bach, scrivevo qualcosa nel topic contrappunto quadruplo.

 

Anche Donatoni aveva creato la sua macchina, e quando la “Macchina” è in sintesi quella della mente del

compositore, il gioco è fatto ;)

 

C’è un testo bellissimo, mi sembra di ricordare che si intitoli automatismo o scelta … non sarebbe male dargli una bella lettura, tratta proprio queste tematiche

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Mah... Affermare i propri gusti può valere nel caso si conosca abbastanza da poter giudicare (e, quindi, formarsi un gusto)

 

Non ho mai detto che conoscere non sia necessario, non tanto per esprimere i propri gusti, quanto per questione professionale e di completezza: ma una volta che uno abbia una conoscenza sufficiente, una preferenza deve poterla manifestare.

Aggiungo anche che non è detto che le cose vadano sempre e solo in un verso, ovverosia prima approfondisco, poi esprimo la mia opinione: è legittimo, parlando di musicisti con un'esperienza che consenta di farsi un'idea abbastanza chiara di un autore, di un pezzo, di una tendenza, anche ascoltando, dicevo, è legittimo che la voglia di approfondire passi non appena si ascolti un pezzo (e ribadisco il concetto: la musica è quello che si sente, le spiegazioni sono accessori che non possono esser necessari se non a capire, eventualmente, ma non certo a farsi piacere un pezzo), e non per questo parlerei di approssimazione, né di superficialità. Anche perché non si può approfondire allo stesso modo tutto, quindi un criterio per scegliere ci dev'essere. Qual è? Chiaramente io parlo da interprete e non da compositore, ma se devo decidere se dirigere o meno un determinato autore, la prima cosa che faccio è ascoltarne alcuni brani, non studiare un libro che me ne parli... E voi?

 

Vorrei aggiungere, riguardo il tuo

e, quindi, formarsi un gusto
che non sono d'accordo per niente sul fatto che il gusto abbia bisogno della comprensione, semmai della consuetudine. Se fosse come dici tu, per restare al parallelo culinario, vorrebbe dire che un piatto che non ti piace, ti piacerà se ne conosci la ricetta, ma sappiamo bene che non è così. Un piatto non ti piace. Punto. Poi, una volta che tu ne conosca ingredienti e ricetta, ne potrai apprezzare la complessità, potrai apprezzare la raffinatezza del cuoco e riconoscere la sua superiorità rispetto a un comune menù casereccio (o invece stabilire la povertà della sua fattura, a seconda dei casi...). Ma, se non ti piace, non ti piace! ;)
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Domanda Carlos, secondo te Cathy Berberian non avrebbe voluto fare la melodista? Eppure la musica ha scelto lei. Tutto per dire che gli addetti ai lavori hanno un compito diverso rispetto ad un ascoltatore di musica di piano bar, con tutto rispetto (che mi piace pure).

 

L'interprete, come il cuoco, può scegliere di eseguire e suonare piatti che non gradisce...e ricevere e dare tanta soddisfazione, tant'è che le altre che ci provano dopo la Berberian risultano ridicole ;)

 

Le costruzioni hanno sempre affascinato i compositori e le costruzioni del '900 sono grandi costruzioni.

Quando parlo dei "costruttori" non mi riferisco a coloro che si nascondono dietro l'avanguardia per scrivere porcherie, ma alle grandi menti che hanno contribuito all'estensione del linguaggio musicale.

 

Come si diceva, se non ti piace il canto gregoriano è un problema tuo (allegorico, non rivolto a te Carlos)... idem per Xenakis. Poi sotto sotto c'è a chi non piace Chopin, Haydn, Mozart, se sentiamo tutti salterà fuori Schubert, etc.

 

Il discorso è uno, le opere che dirigi sono quelle che chiede il pubblico pagante e se per problemi di gusto la gente sceglie il melodramma ... la “frittata” è fatta.

 

Stai sicuro che se tutti ti chiedessero Berio (o Allevi), tu avresti poco da scegliere...e se tu volessi dirigere dovresti sottostare alle regole del mercato. Stesso problema per il compositore, può scegliere di fare quello che vuole al costo di non mangiare ;) Ma poi quelli bravi vivono di rendita, chi sa come mai, e vengono studiati ed eseguiti. Tu stesso hai detto che hai studiato in conservatorio uno degli studi di Stockhausen per pf...eppure a qualcuno non trasmetteva nulla (non ricordo chi).

 

Ad esempio mi risulta che la gente comune latita ai concerti mono colore se ad esempio in programma c’è solo Bach ...

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Domanda Carlos, secondo te Cathy Berberian non avrebbe voluto fare la melodista?

 

Non lo so... non l'ho mai conosciuta. :rolleyes: Tu?

Ma, comunque: cosa c'entra?

 

Eppure la musica ha scelto lei.

 

Ah sì? Boh, io non lo so. Magari se non le fosse piaciuta quella musica avrebbe cantato opera barocca, che ne sai? :D

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Non ho mai detto che conoscere non sia necessario, non tanto per esprimere i propri gusti, quanto per questione professionale e di completezza: ma una volta che uno abbia una conoscenza sufficiente, una preferenza deve poterla manifestare.

 

"Una volta che uno abbia conoscienza sufficiente", appunto; è quello che ho detto.

 

Chiaramente io parlo da interprete e non da compositore, ma se devo decidere se dirigere o meno un determinato autore, la prima cosa che faccio è ascoltarne alcuni brani, non studiare un libro che me ne parli... E voi?

 

Diciamo che io, anche solo da ascoltatore, sono portato a chiedermi subito perché non mi piace (o viceversa). Forse perché, coltivando l'ambizione di comporre, sono costretto ad un continuo esercizio di autocritica, chiedendomi quanto il gusto di un'idea o di uno spunto possa essere condiviso. Tu prendi qualcosa che è al di fuori di te e devi passarla attraverso di te per riconvertirla di nuovo al gradimento del tuo pubblico: il filtro del gusto personale diviene una condizione per forza di cose imprescindibile. Per uno come me, invece (e con tutti i distinguo del caso) la soggettività del proprio gusto è il pedale dell'acceleratore: mai a tavoletta e, se ne abusi nel momento sbagliato, mentre dici "che fico!" ti ritrovi fuori strada senza neanche rendertene conto.

 

Ma, se non ti piace, non ti piace! ;)

 

Ho una lunghissima lista di cose che di primo acchitto non mi piacevano, ma che ho apprezzato molto solo nel tentativo di capirle: da Schumann alle cipolle, da Picasso ai Sauvignon, dai rumeni al dressage, dagli stabilimenti termali ai film impressionisti, passando per infinità di altre cose varie e diverse.

Francamente, non ho quasi mai i gusti dell'anno prima e la garanzia di mutarli di continuo mi darà qualche certezza in meno, è vero, ma mi diverte molto. Mi sembra positivo farsi piacere cose nuove e suppongo che ciò sia gratificante per la curiosità che un artista, secondo me, dovrebbe sempre coltivare.

Voglio dire: se mi fossi fermato al "se non mi piace, non mi piace", penso che mi sarei divertito molto meno (per come sono fatto io, ovviamente).

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Se fosse come dici tu, per restare al parallelo culinario, vorrebbe dire che un piatto che non ti piace, ti piacerà se ne conosci la ricetta, ma sappiamo bene che non è così. Un piatto non ti piace. Punto.

 

Scusa, dimenticavo: su questo posso contraddirti davvero, per esperienza diretta (è il mio lavoro, come saprà qualcuno: se non lo faccio ora...!) :) Io lavoro molto sulla "spiegazione" del cibo e del vino a tavola, e ti garantisco che evocarne il contesto che li produce fa un'enorme differenza in termini di gradimento.

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P.S. A proposito del tuo esempio sul leggersi il libro: un paio di anni fa ho avuto l'occasione di fare delle musiche per uno spettacolo teatrale, sul tema "la Passione di Cristo"; beh, non ci crederai ma mi sono andato a rileggere il Vangelo... [...]

 

Obiezione, Vostro Onore: non pertinente! ;) Io parlavo di leggere un libro che spiega la musica, non il soggetto; fose mi sono spiegato male. Voglio dire: anche se conosci il Don Juan di Lenau non è che la musica di Richard Strauss ti suoni meglio. Ne capirai meglio le ragioni.

 

Quanto al tuo post precedente, sono d'accordo con te: la curiosità e il desiderio di capire sono fondamentali e, non credere, ciò che io faccio, ovvero dirigere, altro non è se non proporre al pubblico quello che penso? spero? di aver capito, almeno in parte, attraverso studio, dedizione e ricerca continua. Non volevo naturalmente banalizzare il discorso, fermandomi al «non mi piace» inteso come primo e unico approccio/responso di fronte a una novità, ci mancherebbe! Però, e lo riconoscerai, c'è un limite oltre il quale nemmeno sviscerare i più reconditi segreti di una cosa ti toglie la sensazione che quella cosa non ti appartenga.

 

Io - e sono in molti a saperlo, qui attorno - non amo per nulla la musica di Schönberg, ad esempio. Parlo dello Schönberg seriale, soprattutto, anche se non vado matto nemmeno per il resto. Bene, qualche anno fa, per un concorso, dovetti preparare un pezzo complicatissimo, anche se breve, ovvero Musikbegleitung für eine lichtspielszene (Musica d'accompagnamento per una scena da film), per grande orchestra. Non l'avevo mai sentito prima e me ne procurai una registrazione. Non mi piacque per nulla, ma lo volli studiare per bene. Arrivai al punto che avrei quasi potuto riscriverlo, ogni nota aveva il suo significato, ogni intervallo trovava la sua ragion d'essere in quello successivo, o in quello precedente, del quale era un rivolto, una retrogradazione, etc etc... insomma, lo sapevo a menadito e, a prescindere dal concorso, fu un lavoro che mi servì moltissimo a comprendere una tecnica compositiva che conoscevo solo in via teorica. Ma quel pezzo continuò a non piacermi per niente, proprio per niente, nonostante dal primo ascolto alla mia condizione dopo un paio di mesi di studio fossero cambiate molte cose.

 

Faccio così continuamente, nemmeno io mi fermo e, proprio con Schönberg, non smetto di cercare di capirlo, anche se non spero che prima o poi mi piaccia, a quello penso di essere rassegnato, ma mi piacerebbe avere nei suoi riguardi almeno un po' di perplessità «etiche» in meno, visto che della sua musica è proprio il presupposto etico che non condivido, prima ancora che il risultato sonoro.

 

La musica passa dalle orecchie, che lo si voglia o no, come l'arte visiva passa dagli occhi. Uno può spiegarti cosa rappresenta Guernica (che io adoro, prima che pensiate che nemmeno quello mi piace...), ma se esteticamente quel quadro non ti piace, nemmeno conoscendone le ragioni che stanno all'origine dell'idea potrai mutare opinione riguardo a quello...

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Per carità, giustissimo, è tutto molto chiaro. Alla fine, più o meno, mi pare ci sia anche una sostanziale convergenza di vedute.

 

P.S. Devo anche chiederti (e chiedervi) scusa per il mio pessimo vizio di mutare tardivamente un mio post cui ti riferivi: lo so, non è carino; devo smetterla... :wacko:

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Durante l'ascolto (...) riflettevo su un servizio del TG del 1989: a Napoli un venditore ambulante mise in vendita dei frammenti del muro di Berlino, i pezzi andarono a ruba.

Un acquirente soddisfatto che portava a casa il suo calcinaccio fu intervistato dal TG "Ma lei crede veramente che si tratti di un pezzo autentico?" "Certo che no!".

Non saprei spiegarvi esattamente il processo mentale ma trovo questo episodio emblematico dei nostri tempi, anche in relazione alla nozione di "arte".

Mi rivolgo, tra gli altri, a Thallo, le cui argomentazioni ho sempre trovato interessanti e basate su una solida preparazione (anche in quanto musicologo):

se venissi a casa mia e, nel momento in cui ti invitassi a sederti, ti dicessi "No, non su quella sedia, quella è una mia opera d'arte intitolata Sedia di casa mia",

tu stesso, anche se avessi divorato tutti i libri di storia dell'arte, non saresti in grado di distinguere l'oggetto di uso comune dall'oggetto d'arte.

Questo per dire che oggi una parte delle opere d'arte trova la sua essenza esclusivamente nella percezione di chi ne fruisce, fuori dalla forma d'arte stessa.

Si potrebbe parlare di meta-arte...

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Vi siete resi conto di aver ascoltato per tutta la vostra vita 4.33 di Cage?

O, se preferite, le mie Variazioni su 4.33, in 5/4. :P O tutt'e due insieme.

Volenti o nolenti.

 

Onestamente non c'avevo pensato, quindi già di per sé la tua domanda ha un notevole valore, ovvero quello di far riflettere su una cosa che non avevo elaborato; anche perché è vero... c'è poco da fare. L'unica obiezione che si potrebbe fare è che, essendo 4' 33'' una partitura che va eseguita al chiuso e in determinate condizioni, non è detto che tutti siano stati almeno una volta in quelle condizioni (la sala d'aspetto della stazione ferroviaria, ad esempio, non può essere considerato luogo nel quale eseguire 4' 33''... o sì? Si richiede urgentemente urtext con note esplicative per stabilire dettagli cruciali per la comprensione dell'opera). Comunque, bando alle ciance, m'è venuto in mente un parallelismo interessantissimo («interessantissimo» lo scrivo solo perché quando penserete che invece è una sciocchezza, almeno per un attimo, sarete presi dal dubbio... «ma come, ha scritto "interessantissimo"... naaa, sciocchezze!»). Pensavo all'inizio della Prima Sinfonia di Mahler, dove l'autore scrive wie ein naturlaut, come un «suono di natura» e mette questo la lungo, acuto, filiforme, che ad un certo punto diventa impalpabile: c'è ma non lo si avverte più come suono «vero», non so se riesco a spiegarmi. Da lì andando a ritroso si ritrovano molti esempi, nella letteratura musicale, di tentativi di riprodurre o evocare la natura, che da sempre è la più grande fonte di ispirazione dei compositori. è una possibile lettura, ma volendo prendere per buona la proposta del Doctor, 4' 33'' acquista i connotati di un'affermazione: «la natura è qui, basta ascoltarla...». Il tutto sempre se l'edizione critica, di prossima pubblicazione, ci confermerà nell'ipotesi che la partitura possa essere eseguita anche sulle bianche scogliere di Dover o appollaiati dolcemente su una collina dell'entroterra toscano. ^_^

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Da quello che ho letto, l'intenzione di Cage era quella di dimostrare che il silenzio assoluto è un'utopia, non so poi se abbia considerato la possibilità dell'esecuzione in luoghi diversi da una sala da concerto. Un'altra lettura del brano sarebbe la constatazione che nell'ascolto di 4'33" percepiamo tutti quei suoni che normalmente trascuriamo ma che probabilmente influenzano inconsciamente la percezione della musica. Naturalmente il mio post era un po' provocatorio: l'ascolto di 4'33" presuppone una volontà parte dell'ascoltatore. Tuttavia mi piace l'idea che Cage avesse almeno intuito il concetto che esprimevo poc'anzi ed abbia portato appunto l'astrazione dell'arte alle estreme conseguenze: una musica priva di "musica", di fatto, che si avverte solo se l'ascoltatore decide di farlo.

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Riallacciandomi al post iniziale e ai vari (anche un po' ripetitivi) sulla musica contemporanea, il punto non è se l'arte contemporanea sia arte, sia bella o brutta e via dicendo, ma si collega alla utopica definizione del concetto di "arte", credo che sia per questo che non se ne viene a capo. In altri periodi storici l'arte aveva una forte componente "artigianale": chiamavi Giotto perché effettivamente nessun altro era in grado di dipingere nella stessa identica maniera. Ora con la tecnologia chiunque può riprodurre qualsiasi cosa, di conseguenza l'arte ha raggiunto un tale livello di concettualità che l'oggetto d'arte va oltre l'arte stessa.

La stessa opera "Il silenzio delle sedie" :-) potrebbe essere esposta in un padiglione sulla scultura, sulla musica, sulla multimedialità o, molto più verosimilmente, nella mia cucina 2X3 mt. E' solo il filtro del fruitore che stabilisce quale forma d'arte (o se è arte), l'oggetto in sé è sempre lo stesso.

Devo ammettere che questo fatto mi crea non poche perplessità.

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Invece una mia critica personale ad alcune musiche contemporanee sta nel fatto che a volte queste si basano sull'effettistica o sulla concezione che originalità sia equivalente di creatività o ancora sul puro piacere intellettuale.

Ho visto compositori che non sarebbero mai stati in grado di dire se il loro brano con i quarti di tono o con sovrapposizioni di 13 su 5 a 200 di metronomo fossero stati eseguiti correttamente...

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La stessa opera "Il silenzio delle sedie" :-) potrebbe essere esposta in un padiglione sulla scultura, sulla musica, sulla multimedialità o, molto più verosimilmente, nella mia cucina 2X3 mt. E' solo il filtro del fruitore che stabilisce quale forma d'arte (o se è arte), l'oggetto in sé è sempre lo stesso.

Devo ammettere che questo fatto mi crea non poche perplessità.

 

D'altra parte, se metti la Merda d'artista di Pietro Manzoni in un gabinetto pubblico torna ad essere una cacca né più né meno e nessuno dice «bah». Succede così con l'arte moderma e con le opere d'arte provocatorie, perché in un cesso pubblico ci metti il David di Michelangelo qualcosa di sbagliato si nota... :D d'altronde anche Merda d'artista portava un messaggio molto chiaro, cioè proprio questo: qualsiasi schifezza messa in una sala d'esposizione può diventare/essere considerata un'opera d'arte. Purtroppo non succede solo in quel senso, né solo con l'arte contemporanea, a pensarci bene. Ricordate la faccenda di Joshua Bell che suonava nella metropolitana di New York? Si accorsero di lui in pochissimi, perché lo riconobbero, ma di quelli che non lo riconobbero nessuno si accorse del talento del violinista e magari lo avevano sentito la sera prima alla Carnegie Hall. Ma alla Carnegie Hall «non poteva che essere bravo», mentre in metropolitana «non poteva che essere un mendicante». Il luogo fa l'opera d'arte. Il luogo fa l'opera d'arte?

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joshua_bell_violinist.jpg?w=529

Lo ha fatto anche Sting a Londra, stesso risultato (!). Però nel caso di Joshua Bell ho qualche dubbio: tu, sentendo uno che suona così, non ti saresti fermato?

 

Io probabilmente sì, ma il discorso va esteso al "resto del mondo": a sentire i concerti ci vanno persone di tutte diversa formazione e fa pensare che le stesse che la sera prima lo applaudivano lo abbiano ignorato nella metropolitana (dove per "le stesse" intendo la stessa tipologia di persone, ovvio...).

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Sono stato assente per un po'.

Rieccomi :-)

per ora rispondo alla cosa su Cage e sulla sedia di casa mia. Se mi sono perso altre domande, rifatemele.

 

4'33'' è arte concettuale. L'arte concettuale si basa sull'idea che l'arte non sia una cosa ma una modalità. In quanto tale non dipende dall'oggetto ma dall'intenzione. Se guardi un piatto di pasta e vuoi trovarci il "bello", allora ce lo trovi, e in quel momento il tuo sguardo è lo stesso di quello che avresti di fronte ad un quadro di Goya.

Fare arte concettuale non è facile... ogni artista ha usato modi e tecniche diverse. L'idea di Carlos per cui 4'33'' è fortemente legato alla sala da concerto è giustissima. Ancora di più, senza il pianoforte, senza il pianista, senza la sala piena, gli applausi iniziali e gli applausi finali, 4'33'' non esiste. Io non posso dire di fare meditazione zen quando dormo, la meditazione è un momento di nulla cercato e voluto.

Questo però non vuol dire che solo una sala da concerto o un museo possano contenere arte concettuale. Se tu riesci ad essere credibile dicendomi che la tua sedia è un'opera d'arte, io potrei assolutamente starci. Anzi, con me troveresti il boccalone perfetto ahahah ovviamente se tu credessi fermamente nell'idea dell'arte concettuale (come molti hanno fatto), allora elaboreresti una struttura più forte, conterneresti la sedia di narrazioni, di valori, di un setting, perchè l'arte concettuale deve avere appeal anche su chi non è un boccalone.

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Sono d'accordo con te. Tra l'altro trovo che 4'33'' abbia delle implicazioni geniali. Tuttavia penso che sia un terreno abbastanza sdrucciolevole, lo stesso esempio che hai fatto del piatto di pasta è significativo: tu puoi trovare il "bello" in qualsiasi cosa, ma questo fa di qualsiasi cosa un oggetto d'arte? Sicuramente ci sono dei parametri di valutazione anche per l'arte concettuale ma sono molto mobili.

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