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Piano Concerto - Forum pianoforte

La parola "linguaggio" collegata alla Musica


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Ecco, io prima di andare avanti definirei proprio questa cosa... La musica è un linguaggio oppure no? Io dico di si, perché in sintesi possiede tutte le proprietà ed i parametri che deve avere un linguaggio. Altre idee concise per poter definire una volta per tutte questo punto?

 

Appunto.

Non so se quello che ho scritto prima si è capito oppure era troppo noioso ;) ....

Per poter dire che la musica è un linguaggio, bisogna (oltre a prendere atto del fatto che è l'utilizzo di un insieme di simboli organizzati) accettare che questa possa esprimere qualcosa. Non esistono linguaggi che non comunichino o non esprimano.

 

Persino il linguaggio logico formale (e di linguaggi più formali io non ne conosco) è inscindibilmente legato alla semantica, semplicemente perché è stato costruito così.

 

>danielescarpetti, on 10 Jan 2017 - 11:26 PM, said:

>Dunque io penso chela musica esprime solamente s'è stessa e tutti i sentimenti che: compositore, ascoltatore, gli attribuiscono sono soggettivi e Hanslick nel sono soggettivi...

 

Io credo che su questo punto ci sia un fraintendimento, nel senso che forse non ci è reciprocamente chiaro che cosa intendiamo.

Che la musica esprime solo se stessa, può essere inteso in diversi modi. Se vogliamo dire che un brano musicale per essere bello, non ha bisogno di riferirsi ad un oggetto specifico non musicale (quella certa ragazza dai capelli di lino?) allora credo saremo tutti d'accordo, anche se nessuno impedisce all'autore di farlo o di metterci quell'intenzione. Se vogliamo dire che la musica è un sistema chiuso (conclusione a cui si arriva seguendo Hanslick apppunto), allora non siamo d'accordo. Qui il ragionamento si fa molto più complesso e non mi è mai sembrato che in queste discussioni ci sia mai stata la voglia di seguirlo e di approfondirlo, purtroppo.

 

Il fatto di attribuire un sentimento o un emozione soggettiva, non è limitante, ma questa possibilità è proprio la differenza semantica del linguaggio musicale rispetto ad altri tipi di linguaggi (non voglio ovviamente dire che tale possibilità non si trovi anche in altri linguaggi).

 

Altro fraintendimento, come detto e ripetuto, è cosa si intende per semantica. Se con questo termine rimaniamo ancorati alle teorie del riferimento, allora, come detto e ripetuto (è quello che ho instancabilmente sempre cercato di spiegare in fondo :P ), ci si infila in un vicolo cieco...

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...no, dico, perchè se leggiamo un testo scritto nel 1500, domande non ce ne facciamo?

Pensa che mi hai tolto le parole di bocca, volevo portarlo io come esempio ma non volevo dilungarmi. Volevo portare come esempio Dante, siamo un pochino più indietro rispetto al 1500 ma tant'è... 

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Pensa che mi hai tolto le parole di bocca, volevo portarlo io come esempio ma non volevo dilungarmi. Volevo portare come esempio Dante, siamo un pochino più indietro rispetto al 1500 ma tant'è... 

... anche a me era venuto in mente subito Dante, ma poi ho glissato :D

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Vi ringrazio per tutte le risposte appena avrò un'attimo di tempo libero le leggerò tutte con estrema attenzione! 

 

PS: Nel post cancellato per errore da Frank parlavo di linguaggio tonale, modale e pantonale per mettere in luce il fatto che nei primi due esprimere tristezza e felicità è piuttosto facile mentre , forse per mia ignoranza, il linguaggio pantonale/cromatico non permette di esprimere felicità e di conseguenza (perdonatemi la faccia tosta) potrebbe essere definito un linguaggio "limitato" / "incompleto" . Se conoscete pezzi contemporanei che possano ricordare felicità/allegria vi prego di farmeli conoscere perchè sebbene io abbia cercato , non ho trovato

 

A presto

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L'esempio di Kubrick è un po' particolare e secondo me il regista voleva sottolineare una forma di contrasto, forse per mettere in evidenza lo squilibrio mentale di quel gruppo di "burloni"... Estremizziamo ancora di più il concetto. Mettereste la Marcia Funebre dalla seconda Sonata di Chopin come sigla per lo spot di un parco dei divertimenti tipo Mirabilandia? 

Se sosteniamo che la musica non è un linguaggio ma è musica e basta poiché questa acquisisce un significato extra-musicale solo se glielo attribuisce il compositore, allora questo dovrebbe valere sempre e comunque a prescindere dalle indicazioni del compositore e dalla destinazione d'uso finale e non solo in particolari esempi dove in Kubrick effettivamente trovano riscontro. In sostanza o è un linguaggio sempre oppure non lo è mai.

E' ovvio che una Marcia Funebre non può essere messa a pubblicità di Mirabilandia ma non perché non vada bene, ma perché nella nostra cultura una musica con quel ritmo e così costruita è sintomatica di un evento funebre.

Se noi fossimo dei neri d'America in un funerale useremmo delle musiche di origine Jazz che tutto richiamano fuorché un sentimento di dolore perché per la loro cultura così deve essere.

Ma se tu mi chiedi la "Marcia funebre di Chopin che sentimenti ti provoca, io ti risponderei che a me trasmette, non lutto, non dolore ma serenità e anche gioia. Poi sarò un caso da psicanalista ma ... su questo non so che dirti.

Viceversa tanta musica solitamente considerata "allegra", mi trasmette malinconia  - e qui ritorna lo psicanalista -.

Un linguaggio per essere tale dovrebbe trasmettere a tutti gli stessi significati che poi noi interpretiamo a seconda dei casi, vedi discorso di Frank. Ma la musica non fa questo: la musica ci trasmette emozioni che sono soggettive e che possono variare nel tempo a seconda del nostro essere esseri umani.

 Prendiamo la Quinta di Beethoven! Oggi per tanti - vuoi perché lo avrebbe detto Beethoven a Schindler, vuoi perché probabilmente fu lo stesso Schindler a inventarselo -  il famosissimo Ta Ta Taaa, è il destino che bussa alla porta e a cui tenacemente l'uomo si ribella fino a trionfarne.

Ma in realtà quel che è certo è che Beethoven alla sua prima esecuzione e a quelle che seguirono, mai e poi mai ha detto "Signori, qui ho voluto dirvi questo".

Il famoso Ta Ta Taa è in realtà un motivo che compare per la prima volta nell'Opus 6 che viene ripreso in varie altre opere - fra cui L'Appassionata - e che culmina nella Quinta e che però Beethoven, aveva traslato da un'opera di Haydn che ora non ricordo più qual è proprio negli anni dell'Opus 6 e cioè quando era suo allievo.

Quello che fa Beethoven  musicalmente - ed è questo veramente l'importante perché il resto è solo fuffa -  è rendere un motivo sostanzialmente banale, un monumento. Tutto questo non ha nulla a che fare con un linguaggio ma con la capacità del genio musicale e basta.

Diversa questione è la Pastorale dove Beethoven dà delle descrizioni precise movimento per movimento, affrettandosi però a ricordarci che la cosa non ha alcuna  importanza perché la musica prescinde e va aldilà e al di sopra di una descrizione linguistica.

Dunque noi possiamo ascoltare la Pastorale pensando a campagna e boschi, ruscelli, uccelli, danze, temporali e quiete dopo la tempesta, ma possiamo farlo anche pensando a tutt'altro, oppure limitandoci a gioire della musica, se naturalmente questo ci trasmette, senza annetterle nessun significato che non sia quello intrinseco ad essa.

 

Ma potrei continuare all'infinito. Stravinskij fu il massimo assertore della neutralità della musica, eppure tuttavia, questo non gli impedì in tanta sua musica, consapevolmente o inconsapevolmente, -chissà? - di cercare di trasmette messaggi extra-musicali.

 

Il messaggio extra musicale può essere visto come un valore aggiunto - ed io solitamente tale lo valuto - o come zavorra romantica - e fra questi due estremi stanno tutte le varie strade di mezzo, ma alla fine comunque sia o comunque la si voglia vedere, quello che conta solamente è la MUSICA. 

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La mia Daniele era ovviamente una provocazione visto che avevo esordito dicendo: "la musica o è un linguaggio sempre oppure non lo è mai", certamente non può esserlo a tratti. Forse siamo influenzati dalla cultura con la quale siamo cresciuti ma la vera domanda dovrebbe essere un'altra, se non avessimo questo bagaglio di cultura e di esperienza, useremmo veramente la Marcia Funebre di Chopin come pubblicità di Mirabilandia oppure preferiremmo prendere ad esempio il ritornello dell'Inno alla gioia? Questa è la vera domanda, alla quale io, in tutta sincerità non so rispondere, perché non riesco ad immaginarmi vuoto, pertanto ogni ragionamento potrebbe portare con sé dei preconcetti. 

Poi giustamente tu dici che il Ta ta ta taaa della quinta è stato collegato al destino che bussa alla porta per la storia che tutti conosciamo, ma portando un altro esempio in Debussy ad esempio "La cattedrale sommersa", non ti sembra che la musica allarghi e ci racconti i dettagli del titolo? Ascoltandola non ti sembra di sentire ancora in lontananza quel campanile sommerso dall'acqua? Se la musica fosse fine a sé stessa io non potrei fare questi collegamenti mentali, non potrei avere queste immagini e non potrei vivere queste emozioni. Quindi penso ci sia un forte potere comunicativo della musica. 

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La mia Daniele era ovviamente una provocazione visto che avevo esordito dicendo: "la musica o è un linguaggio sempre oppure non lo è mai", certamente non può esserlo a tratti. Forse siamo influenzati dalla cultura con la quale siamo cresciuti ma la vera domanda dovrebbe essere un'altra, se non avessimo questo bagaglio di cultura e di esperienza, useremmo veramente la Marcia Funebre di Chopin come pubblicità di Mirabilandia oppure preferiremmo prendere ad esempio il ritornello dell'Inno alla gioia? Questa è la vera domanda, alla quale io, in tutta sincerità non so rispondere, perché non riesco ad immaginarmi vuoto, pertanto ogni ragionamento potrebbe portare con sé dei preconcetti. 

Poi giustamente tu dici che il Ta ta ta taaa della quinta è stato collegato al destino che bussa alla porta per la storia che tutti conosciamo, ma portando un altro esempio in Debussy ad esempio "La cattedrale sommersa", non ti sembra che la musica allarghi e ci racconti i dettagli del titolo? Ascoltandola non ti sembra di sentire ancora in lontananza quel campanile sommerso dall'acqua? Se la musica fosse fine a sé stessa io non potrei fare questi collegamenti mentali, non potrei avere queste immagini e non potrei vivere queste emozioni. Quindi penso ci sia un forte potere comunicativo della musica. 

Caro Simone se non avessimo questo bagaglio di cultura - e cioè quella cultura che prende avvio dalla Grecia classica, passando attraverso la Roma Antica e gettando infine le sue radici nel Cristianesimo-  non avremmo avuto semplicemente la "musica colta occidentale" e tantissime altre cose, non necessariamente belle e positive.

Ascoltando tanta - o tutta? - musica descrittiva , - e dunque anche "La cattedrale sommersa" - noi siamo inevitabilmente influenzati dal titolo. Ascoltando il brano noi siamo indotti dunque ad esprimere un giudizio di carattere qualitativo musicale e uno di pertinenza rispetto a quel titolo e, solitamente, trattandosi di grandi capolavori di grandi compositori, il giudizio in entrambi i casi è positivo.

Sono però sicurissimo che se un altro grande compositore avesse composto un brano con lo stesso titolo, sarebbe stato diverso da quello composto da Debussy e noi però lo stesso, non potremmo che dire che, in effetti sembra una cattedrale sommersa.

Questa è l'ennesima dimostrazione dunque che non ci troviamo di fronte ad un linguaggio ma una materia che attraverso il suono cerca di darci un illusione di immagine, a volte riuscendoci meglio e a volte riuscendoci peggio.

 

Ma se quel titolo il compositore non l'avesse dato ti domando: in quanti avendolo ascoltato e riascoltato avrebbero detto: caspita questa è la descrizione di una cattedrale sommersa?

 

Io... sicuramente no e, non lo metto in dubbio, può essere anche un limite mio! Mi sarei invece limitato a dire "Debussy ... ma quanto è meravigliosa la tua musica" La MUSICA appunto! :)

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Io... sicuramente no e, non lo metto in dubbio, può essere anche un limite mio! Mi sarei invece limitato a dire "Debussy ... ma quanto è meravigliosa la tua musica" La MUSICA appunto! :)

 

Ecco ... e come fai a sostenere che è meravigliosa? Fra l'ascolto è il sostenere meraviglioso, c'è di mezzo "un mondo (fatto di cosa?)... arrovelliamoci sulla questione.

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Ecco ... e come fai a sostenere che è meravigliosa? Fra l'ascolto è il sostenere meraviglioso, c'è di mezzo "un mondo (fatto di cosa?)... arrovelliamoci sulla questione.

E' semplice FranK  :) : un mondo di note musicali unite in maniera magistrale e meravigliosa e che esprimono solo quello che le note musicali possono esprimere: Musica e basta.

 

@ Stefanus

 

Sì per me  la musica non è un linguaggio ma è MUSICA e in quanto tale, esprime solo sé stessa! Tutto il resto è eventualmente un qualcosa in più che noi possiamo o meno attribuirle: la descrizione di un paesaggio, di uno stato d'animo, di un sentimento ... , non sono intrinsechi alla materia musicale ma estrinsechi.

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E' semplice FranK  :) : un mondo di note musicali unite in maniera magistrale e meravigliosa e che esprimono solo quello che le note musicali possono esprimere: Musica e basta.

 

 

Avevo dimenticato le prescrizioni,non eludere la domanda. Io penso che ti stai - sicuramente in buona fede - auto-imbogliando da solo.

 

Già il verbo unire dovrebbe accenderti qualche lampadina, non parliamo di "maniera" (che sottintende modo)...te lo dice uno che unisce le note, probabilmente non in modo magistrale o/e meraviglioso ma che le unisce nel suo modo.

 

....sei ancora in tempo a spiegarmi come fai a sostenere che un brano è meraviglioso. Senza questa risposta, non proseguo :)

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Tu ne saresti in grado, Bianca? Se si, procedi pure...leggerò appassionatamente.

 

 

Non so, quello che posso fare è cercare per sommi capi di dare qualche idea, se poi c’è un contradditorio magari diventa meno pesante.

Cominciamo dal basso con un caso concreto.

Prendiamo le opere musicali prima citate: la quinta sinfonia di Beethoven e la cathédrale engloutie.

Della prima si parla di morte che bussa, ma non è un’attribuzione originale dell’autore, della seconda invece si parla di un mondo sommerso ed è una precisa attribuzione dell’autore. Ora ci potremmo chiedere cosa ci suscita ciascuno dei due pezzi. Personalmente a me la quinta non ricorda la morte che bussa e non me la ricorderebbe nemmeno se l’autore in persona mi venisse a dire che l’ha scritta con quello scopo. La seconda invece, devo essere onesta, è in grado abbastanza bene di evocare la magia di un mondo sommerso, o di qualcosa di simile forse anche se l’autore non l’avesse mai programmaticamente dichiarato. Tuttavia né nel primo né nel secondo caso mi immagino che esista un riferimento esterno reale o psicologico a cui queste musiche si riferiscono. Ma soprattutto, anche se questi esistessero effettivamente o se l’autore me li mostrasse, la mia percezione dell’opera non cambierebbe. Ancora, quello che viene percepito da ogni individuo diverso da me, non sarà certamente, o probabilmente, in alcun modo quello che percepisco io. In sostanza, fin qui, quoto quello che afferma Daniele.

 

Da tutto questo in che modo potremmo desumere che allora la musica non è un linguaggio? Forse un linguaggio è tale se e solo se il dato comunicato è inequivocabile, singolare e univocamente distinguibile? Non è affatto così, anzi è tutto il contrario. Chi sostiene questo (non parlo di Daniele ovviamente), si perde tutta la bellezza e le potenzialità del linguaggio, purtroppo senza guadagnare nulla.

 

Oppure non è ben chiaro cosa sia la semantica. Come dicevo prima, non si deve assimilare la semantica alla teorie del riferimento. Sicuramente la denotazione è semantica, ma anche i “modelli” lo sono, e anzi in un modo ancora più forte. Cosa siano questi “modelli” di cui parlo probabilmente è la parte mancante e più difficile di tutto il ragionamento e proprio quella su cui sarebbe più complesso dilungarsi. Forse “modelli” non è il termine più appropriato perché può indurre confusione in chi usa il termine in campi diversi dalla logica matematica, ma tant’è, non l’ho deciso io ;). Facciamo comunque finta, per ora, di sapere o di avere una vaga idea di cosa si tratti.

 

È invalso l’uso di parlare di arti asemantiche per esempio per contrapporre le arti figurative a quelle come la poesia o la letteratura in genere. Io ritengo che questa distinzione, se pure in certo modo lecita, sia molto pericolosa, soprattutto e proprio quando si infila di mezzo il linguaggio. Quando si parla di linguaggio, infatti, volente o nolente ci si deve scontrare con la semantica.

Siamo d’accordo ad accettare la definizione per cui un linguaggio è un insieme convenzionale di simboli e di regole per manipolarli? Sì? Allora dimmi chi o cosa pensi che debba stabilire la validità di un linguaggio… lo dico io, è la semantica!

La semantica (semeion in greco è il segno o simbolo) è proprio quella cosa che serve a stabilire se una certa espressione ha senso e non si tratta semplicemente una manciata di tessere gettate su di un tavolo.

Parlare di linguaggio asemantico, quindi, è una contraddizione in termini, da cui a mio parere bisogna guardarsi con circospezione. Quando Frank utilizza questa locuzione, io so bene che intende “linguaggio non denotativo” , ma chi non conosce tale distinzione rischia di fraintendere.

Infatti bisogna notare che la semantica non è il risultato del linguaggio, così come il significato non è il risultato di un’espressione, ma è il suo giudice regolatore, quello che garantisce la sua legittimità.

In questo senso un’opera d’arte asemantica è un’opera priva di valore, anzi, non è neppure un’opera, ma qualcosa di buttato lì a casaccio. Estremizzando si potrebbe invece sostenere che più vasto è il campo dei “modelli” che possono sostenere un’opera, tanto più grande sarà il “valore” dell’opera. Ovviamente non parlo della conta di singoli soggetti che replicano tutti lo stesso modello, ma della capacità di un’opera di passare attraverso le epoche riuscendo ad avere sempre qualcosa da dire in ciascuna di esse. Anche se questa è più che altro retorica.

E sempre nel senso di prima, un linguaggio non denotativo, non è meno potente o meno linguaggio di un linguaggio denotativo: semplicemente e diverso perché ha una semantica e modelli differenti.

Bisognerebbe poi anche rendersi conto che un linguaggio completamente denotativo è anch’esso in certo qual modo un’illusione. Basti pensare che se io dico “guarda questo dito” la mia espressione assume un carattere completamente denotativo solo se associata ad un deiettivo (ossia l’indicazione materiale di ciò che sto dicendo a parole), che è un elemento extralinguistico… e poi ancora…

 

Allora se conveniamo sul fatto che la musica sia in qualche modo un’espressione fatta di simboli organizzati non vedo come essa possa sfuggire alla definizione di linguaggio data precedentemente, e quindi per quanto detto prima dobbiamo accettare che per essa valga una semantica. Se così non fosse come potremmo interpretare, analizzare, studiare, insegnare e tramandare la musica?

Certo, possiamo dissentire sulle definizioni di partenza. Ma dire che la musica è musica, non serve a molto, è come dire che una mela è una mela o una dittatura è una dittatura.

D'altra parte queste sono anche le ragioni per cui, come dice Frank, tra "musica" e "meravigliosa" c'è un mondo, un mondo che spiega "l'apertura" che qualunque giudizio musicale è costretto ad avere.

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Vi ringrazio per tutte le risposte appena avrò un'attimo di tempo libero le leggerò tutte con estrema attenzione! 

 

PS: Nel post cancellato per errore da Frank parlavo di linguaggio tonale, modale e pantonale per mettere in luce il fatto che nei primi due esprimere tristezza e felicità è piuttosto facile mentre , forse per mia ignoranza, il linguaggio pantonale/cromatico non permette di esprimere felicità e di conseguenza (perdonatemi la faccia tosta) potrebbe essere definito un linguaggio "limitato" / "incompleto" . Se conoscete pezzi contemporanei che possano ricordare felicità/allegria vi prego di farmeli conoscere perchè sebbene io abbia cercato , non ho trovato

 

A presto

Nel forum c'è una bella sezione XXI secolo, perchè non ti fai un bel giro

http://www.pianoconcerto.it/forum/index.php?/topic/6207-danilo-lorenzini-hänsel-e-gretel-preludio-2016/

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Avevo dimenticato le prescrizioni,non eludere la domanda. Io penso che ti stai - sicuramente in buona fede - auto-imbogliando da solo.

 

Già il verbo unire dovrebbe accenderti qualche lampadina, non parliamo di "maniera" (che sottintende modo)...te lo dice uno che unisce le note, probabilmente non in modo magistrale o/e meraviglioso ma che le unisce nel suo modo.

 

....sei ancora in tempo a spiegarmi come fai a sostenere che un brano è meraviglioso. Senza questa risposta, non proseguo :)

Lo sai che a volte mi metti soggezione? :unsure:

 

Non so che risposta ti aspetti o vuoi da me ma ti risponderò molto banalmente: un brano per me è meraviglioso quando ascoltandolo lo trovo tale ... e pensa, potrebbe anche accadere con brani tuoi.

 

Detto ciò vi invito a leggere questo scritto che riassume a grandi linee la storia del rapporto fra linguaggio e musica.

 

A me interessa solo ricordarne qui alcuni passi salienti:

 

Una riflessione sistematica sul fenomeno musicale come linguaggio è assente, di per sé, fino all’età moderna, prima della quale il concetto di mimesi o "qualità rappresentative" della musica costituisce l’orizzonte condiviso della significazione musicale

 

nel corso del ‘600 che avviene il graduale affrancamento della musica dal linguaggio verbale, cioè dal ruolo fino ad allora riconosciutole naturale di “ancella”, o “sorella”, della parola, per diventare linguaggio essa stessa.

 

Il termine “linguaggio musicale” sorge nel Settecento, in coincidenza da un lato con l’emergere dell’estetica come campo distinto della filosofia (formalizzato con l’apparizione tra 1750 e 1758 dell’ “Aesthetica” di Alexander Gottlieb Baumgarten), e dall’altro con la massima cristallizzazione del linguaggio tonale che, forte di un fondamento armonico “naturale” ma altamente codificato, riscopre la melodia come veicolo di infinite potenzialità espressive

 

Nel Romanticismo la musica è esaltata in quanto linguaggio aconcettuale capace di esprimere tutto ciò che non può essere espresso nel linguaggio verbale

 

Il graduale venir meno, a partire dai primi anni del XX secolo, delle norme e dei codici grammaticali legati alla tonalità, ha modificato i termini del dibattito riportandolo alle sue origini: la naturalità del suono e il sistema tonale che ne consegue sono l’unica base per la formulazione di enunciati musicali che giustifichino la qualifica di “linguaggio”? La spinta “quantitativa” dell’arte dei suoni riemerge con la ricerca di nuovi criteri di organizzazione di quello che per assimilazione è ormai riconosciuto universalmente come il “discorso musicale”. Il dibattito sulle valenze strutturali e linguistiche della musica seriale e post-seriale stimola nuove riflessioni sull’analogia tra linguaggio e musica tout court,

 

Il ricorso al plurale diventa sempre più frequente nel riferimento alla dimensione linguistica della musica, mentre la materia prima – il singolo suono – da un “vocabolo” naturale da combinare e porre in relazione con altri suoni, diventa oggetto autonomo d’indagine analitica per mezzo delle nuove tecnologie prima elettroniche poi digitali. La composizione del suono entra a far parte del processo creativo. (...) Si potrebbe dire che la prassi si è impadronita delle teorie e ha messo in crisi il concetto stesso di linguaggio musicale sia dal punto di vista delle norme e dei codici sia e soprattutto da quello della comunicazione.

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Lo sai che a volte mi metti soggezione? :unsure:

 

Non so che risposta ti aspetti o vuoi da me ma ti risponderò molto banalmente: un brano per me è meraviglioso quando ascoltandolo lo trovo tale ... e pensa, potrebbe anche accadere con brani tuoi.

Nessuna soggezione Daniele, ci mancherebbe altro.

 

Un brano lo trovi meraviglioso, a dispetto di altri, perchè ti comunica qualcosa. Quel qualcosa (non voglio nenache definirlo) si serve di un tramite, che temo proprio sia il lingaggio. O meglio, come puoi/possiamo definire questo "vettore"?

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Nessuna soggezione Daniele, ci mancherebbe altro.

 

Un brano lo trovi meraviglioso, a dispetto di altri, perchè ti comunica qualcosa. Quel qualcosa (non voglio nenache definirlo) si serve di un tramite, che temo proprio sia il lingaggio. O meglio, come puoi/possiamo definire questo "vettore"?

No Frank, non come linguaggio, almeno per l'accezione che io ritengo sia giusta dare al termine linguaggio e, scusate se lo ripeto: il linguaggio è la capacità che ha l’uomo di esprimere concetti, pensieri e significati tramite un codice complesso. Ora, sicuramente la Musica è dotata di un codice complesso ma se quelle idee, quei concetti e quei  significati, non trovano una comune e corrispondente comprensione da parte di chi li ascolta, non si tratta di un linguaggio ma di un tentativo di dire qualcosa attraverso la non parola che però potrà essere inteso o interpretato in tantissimi modi diversi.

E per questo io penso che la Musica non può essere intesa come linguaggio ma - questo sì - come un modo alternativo che l'uomo ha di potersi esprimere ma che però, nella sua espressione è legato all'inidividualità di chi lo compone - in primis - e in contrapposizione  nella comprensione dei milioni di individui che eventualmente l'ascolteranno e che, non necessariamente, coglieranno quel messaggio e, se vorranno gliene daranno ben altri o nessuno.

 

Prendiamo un esempio per me molto significativo ed esemplificativo di quello che voglio dire: la Nona Sinfonia di Beethoven.

 

La Nona è oggi, comunemente e in assoluto riconosciuta, come un inno alla libertà e alla fratellanza fra tutte le persone del mondo - qualcuno veramente ha sostenuto che la cosa era solo circoscrivibile al mondo teutonico, ma lasciamo stare - epperò, per fare questo, Beethoven ha dovuto certamente lavorare sul materiale della forma e della costruzione musicale rispetto al passato ma se quel messaggio voleva che fosse veramente esplicito ha dovuto soprattutto ricorrere alla Voce, al testo parlato e dunque ad una lingua vera e propria

Perché se Beethoven avesse fatto la Nona in tutto e per tutto musicalmente uguale a quella che noi ascoltiamo oggi: un primo tempo che inizia con quel processo di accumulazione  che si ripete poi per varie volte nel primo movimento, invertendo poi quello che  nelle regole classiche della sinfonia è il secondo movimento con il terzo, introducendo nell'Adagio due scoppi improvvisi dell'orchestra, per poi iniziare l'ultimo movimento con un'esplosione che richiama il caos e procedendo poi con brandelli del primo, del secondo e del terzo movimento e infine introducendo il motivo principale con tutte le variazioni connesse, sfido chiunque a comprendere che tutto quel "monumento musicale " voleva arrivare a dirci: signori siate tutti fratelli perché se è vero che c'è un Dio in cielo è anche pur vero che è da qui, sulla Terra che noi dobbiamo cominciare a costruire il nostro Paradiso. (scusate la mia semplificazione)

In realtà Beethoven era profondamente consapevole che solo attraverso la musica mai poi mai chi lo avrebbe ascoltato, avrebbe compreso il suo messaggio di fondo,

Quel messaggio in realtà noi lo cominciamo a comprendere esattamente quando dopo che Beethoven - lui per primo fra tutti i compositori - introduce nell'ambito di una sua composizione la Forma a Finestre, ovvero ci apre degli squarci musicali su cose - movimenti - già accaduti -eseguiti - per poi farli seguire dalla voce che intona: O amici non questi suoni intoniamo ma altri più piacevoli e più gioiosi. E' da questo punto che inizia l'Inno alla gioia di Schiller.

Dunque la Musica si fa linguaggio solo quando il linguaggio vero e proprio tale la rende e non lo rende solo nella parte cantata ma in tutto l'insieme dell'opera. Ma senza la parola cantata la Musica è - scusate la pedanteria, mi odierete per questo - solo e unicamente Musica che rappresenta solo sé stessa.

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