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Piano Concerto - Forum pianoforte

Importanza Della Diteggiatura


pianoexpert
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Inutile e banale ribadire che una buona diteggiatura è importante per il risultato dell'esecuzione. Ne parleremo approfonditamente nei Turorials dedicati alla tecnica pianistica.

 

Secondo voi la giusta diteggiatura è sempre quella più comoda?

 

Secondo voi la giusta diteggiatura è quella che "ci viene da usare naturalmente"?

 

Secondo voi la giusta diteggiatura fa i conti con l'accentuazione del brano?

 

Secondo voi è opportuno dividere alcuni difficili o scomodi passaggi tra mano destra e mano sinistra?

 

Secondo voi è sempre giusto impegnare le dita più forti, risparmiando le deboli?

 

Secondo voi è opportuno e quando cambiare diteggiatura ad un brano già assimilato?

 

 

Insomma....abbiamo un bel po' da discutere, per ora...non credete?

 

Saluti a tutti

 

Paolo

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  • 4 weeks later...

Se posso permettermi, vorrei rispondere alle domande nella mia piccolissima esperienza di 9 mesi di studio ma lieto di essere smentito per imparare sempre di più! :huh:

 

Allora ...

 

Secondo voi la giusta diteggiatura è sempre quella più comoda?

1) Credo di no, a volte certe diteggiature sono veramente scomode ma obbligatorie per suonare certi passaggi o accordi

 

Secondo voi la giusta diteggiatura è quella che "ci viene da usare naturalmente"?

2) Forse qui interpreto male la domanda ma credo che la diteggiatura deve essere sempre e solo quella una volta studiata mai improvvisata o modificata una volta studiata quella corretta

 

Secondo voi la giusta diteggiatura fa i conti con l'accentuazione del brano?

3) Non ho capito questa domanda

 

Secondo voi è opportuno dividere alcuni difficili o scomodi passaggi tra mano destra e mano sinistra?

4) Nella mi piccola esperienza mi sono capitati brani in cui la sinistra aiutava la destra invadendo il campo nel registro acuto della destra e mi ha risolto molti dubbi e problemi

 

Secondo voi è sempre giusto impegnare le dita più forti, risparmiando le deboli?

5) Credo dipenda dal tipo di suono che si vuole ottenere e dalla difficoltà del passaggio

 

Secondo voi è opportuno e quando cambiare diteggiatura ad un brano già assimilato?

6) A volte si perchè risolve magari problemi di esecuzione e a volte magrai facilita l'esecuzione mi è capitato con un brano in cui non conoscevo al regola del diteggio per le ottave e facevo movimenti che complicavano l'esecuzione

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Ok, Daniele. Aspettiamo altre risposte. E' evidente che alcune domande sono rivolte a chi suona già da anni e ha una tecnica "avanzata" . Comunque hai fatto bene a dare queste acute risposte che fanno capire che sei molto prudente sul percorso che stai facendoA presto....

 

Paolo

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Compilo anche io questo "questionario" con piacere secondo la mia esperienza...

 

 

Secondo voi la giusta diteggiatura è sempre quella più comoda?

Assolutamente no, non è detto che la diteggiatura stampata sul libro (se questo si intende per giusta diteggiatura) sia necessariamente la più comoda, proprio perchè non tiene conto di molte altre variabili che cambiano di mano in mano. Mani grandi o piccole potrebbero optare per diteggiature diverse, la preparazione tecnica del pianista può farlo optare per diteggiature a lui più comode, velocità di esecuzione ecc. ecc.

 

Secondo voi la giusta diteggiatura è quella che "ci viene da usare naturalmente"?

Molto spesso ma non sempre, proprio perché nella fase di studio si utilizza la diteggiatura consigliata, ma quando si arriva alla velocità potrebbe preferisi una diteggiatura alternativa oppure al contrario in fase di studio si potrebbe cambiare la diteggiatura consigliata con una personale per poi scoprire in velocità che i passaggi riescono meglio proprio con quella consigliata.

 

Secondo voi la giusta diteggiatura fa i conti con l'accentuazione del brano?

A volte si, soprattutto nei salti. Ad esempio entrare sul primo tempo in una parte di brano dove ci troviamo in una sfumatura dinamica forte con il 5° su un salto non è certamente di aiuto, sarebbe più semplice optare per un 3° od un 1° che ci permette un affondo più deciso, ma dipende sempre dalla possibilità che offre il brano di poter eseguire queste modifiche o meno.

 

Secondo voi è opportuno dividere alcuni difficili o scomodi passaggi tra mano destra e mano sinistra?

Certamente si ! Purchè tali divisioni che dovevano essere eseguiti con una mano, siano eseguiti senza che l'ascoltatore si accorga del passaggio da una mano all'altra e soprattutto senza rovinare l'effetto visivo pianistico che il compositore voleva dare con quel particolare passaggio.

 

Secondo voi è sempre giusto impegnare le dita più forti, risparmiando le deboli?

Assolutamente no, un pianista degno di questo nome deve essere in grado di utilizzare anche le dita più deboli per risolvere un passaggio tecnico, anche se spesso in alcune situazioni particolarmente difficili è possibile ricorrere a diverse soluzioni tecniche che facilitano questo compito e non portano disagi fisici alla muscolatura dell'avambraccio, al polso ed alla spalla. In sostanza, perchè complicarsi la vita eseguendo un trillo con 4° e 5° se il brano ci permette di utilizzare 2° e 3° oppure 3° e 4° oppure addirittura la diteggiatura di Tausig: 2° 3° 1° 3° 2° 3° 1° 3° ?

 

Secondo voi è opportuno e quando cambiare diteggiatura ad un brano già assimilato?

Solitamente assimilo il brano utilizzando da subito la diteggiatura che sia più comoda e naturale per l'esecuzione dello stesso, ma i brani non si finiscono mai di digerire come disse una volta il mio maestro, dunque è possibile che, anche a distanza di anni, un pianista si renda conto che determinate sfumature tecniche potrebbero essere più fluide utilizzando una diteggiatura diversa e quindi in questi casi specifici potrebbe essere possibile tornare sui propri passi purché la si studi dapprima lentamente (non per molto ma solo per permettere alla mente di memorizzarla) e solo dopo rieseguire in velocità con la nuova diteggiatura.

 

 

CONCLUSIONI

In sostanza è difficile generalizzare su un discorso del genere. La diteggiatura nasce dal brano e come dici tu, Paolo, in questo mi ritrovo perfettamente, è il brano stesso in unione con il nostro orecchio che ci suggeriscono le giuste soluzioni tecniche e di diteggiatura che ci permettano di eseguire i vari passaggi difficili in scioltezza. La parola chiave è dunque la scioltezza, le giuste soluzioni tecniche sono quelle che non ci portano a fine brano con tensioni dell'avambraccio o irrigidimento della spalla e della colonna. Tutto deve susseguirsi con naturalezza e scioltezza. In fin dei conti siamo pianisti non fabbri.

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Compilo anche io questo "questionario" con piacere secondo la mia esperienza...

 

 

Secondo voi la giusta diteggiatura è sempre quella più comoda?

Assolutamente no, non è detto che la diteggiatura stampata sul libro (se questo si intende per giusta diteggiatura) sia necessariamente la più comoda, proprio perchè non tiene conto di molte altre variabili che cambiano di mano in mano. Mani grandi o piccole potrebbero optare per diteggiature diverse, la preparazione tecnica del pianista può farlo optare per diteggiature a lui più comode, velocità di esecuzione ecc. ecc.

 

Secondo voi la giusta diteggiatura è quella che "ci viene da usare naturalmente"?

Molto spesso ma non sempre, proprio perché nella fase di studio si utilizza la diteggiatura consigliata, ma quando si arriva alla velocità potrebbe preferisi una diteggiatura alternativa oppure al contrario in fase di studio si potrebbe cambiare la diteggiatura consigliata con una personale per poi scoprire in velocità che i passaggi riescono meglio proprio con quella consigliata.

 

Secondo voi la giusta diteggiatura fa i conti con l'accentuazione del brano?

A volte si, soprattutto nei salti. Ad esempio entrare sul primo tempo in una parte di brano dove ci troviamo in una sfumatura dinamica forte con il 5° su un salto non è certamente di aiuto, sarebbe più semplice optare per un 3° od un 1° che ci permette un affondo più deciso, ma dipende sempre dalla possibilità che offre il brano di poter eseguire queste modifiche o meno.

 

Secondo voi è opportuno dividere alcuni difficili o scomodi passaggi tra mano destra e mano sinistra?

Certamente si ! Purchè tali divisioni che dovevano essere eseguiti con una mano, siano eseguiti senza che l'ascoltatore si accorga del passaggio da una mano all'altra e soprattutto senza rovinare l'effetto visivo pianistico che il compositore voleva dare con quel particolare passaggio.

 

Secondo voi è sempre giusto impegnare le dita più forti, risparmiando le deboli?

Assolutamente no, un pianista degno di questo nome deve essere in grado di utilizzare anche le dita più deboli per risolvere un passaggio tecnico, anche se spesso in alcune situazioni particolarmente difficili è possibile ricorrere a diverse soluzioni tecniche che facilitano questo compito e non portano disagi fisici alla muscolatura dell'avambraccio, al polso ed alla spalla. In sostanza, perchè complicarsi la vita eseguendo un trillo con 4° e 5° se il brano ci permette di utilizzare 2° e 3° oppure 3° e 4° oppure addirittura la diteggiatura di Tausig: 2° 3° 1° 3° 2° 3° 1° 3° ?

 

Secondo voi è opportuno e quando cambiare diteggiatura ad un brano già assimilato?

Solitamente assimilo il brano utilizzando da subito la diteggiatura che sia più comoda e naturale per l'esecuzione dello stesso, ma i brani non si finiscono mai di digerire come disse una volta il mio maestro, dunque è possibile che, anche a distanza di anni, un pianista si renda conto che determinate sfumature tecniche potrebbero essere più fluide utilizzando una diteggiatura diversa e quindi in questi casi specifici potrebbe essere possibile tornare sui propri passi purché la si studi dapprima lentamente (non per molto ma solo per permettere alla mente di memorizzarla) e solo dopo rieseguire in velocità con la nuova diteggiatura.

 

 

CONCLUSIONI

In sostanza è difficile generalizzare su un discorso del genere. La diteggiatura nasce dal brano e come dici tu, Paolo, in questo mi ritrovo perfettamente, è il brano stesso in unione con il nostro orecchio che ci suggeriscono le giuste soluzioni tecniche e di diteggiatura che ci permettano di eseguire i vari passaggi difficili in scioltezza. La parola chiave è dunque la scioltezza, le giuste soluzioni tecniche sono quelle che non ci portano a fine brano con tensioni dell'avambraccio o irrigidimento della spalla e della colonna. Tutto deve susseguirsi con naturalezza e scioltezza. In fin dei conti siamo pianisti non fabbri.

 

 

Come volevasi dimostrare :huh:

 

Lieto di essere stato corretto nella mia insignificante inesperienza

ho letto proprio ora alcune cose sopra queste poche righe

che hanno risposto ad alcuni dubbi che avevo da tempo.

 

Grazie

 

Davide

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Come volevasi dimostrare :huh:

 

Lieto di essere stato corretto nella mia insignificante inesperienza

ho letto proprio ora alcune cose sopra queste poche righe

che hanno risposto ad alcuni dubbi che avevo da tempo.

 

Grazie

 

Davide

 

Non ti sminuire Davide, tutti abbiamo incominciato da zero, ed il fatto che dimostri questa voglia di imparare ti fa solo onore ! Grazie a te !

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  • 2 weeks later...
Guest Gennarino

Caro Paolo, maledizione, oggi!

E' la terza volta che questo editor si impiccia e debbo ricominciare la risposta daccapo!

 

Prima di risponderti, una precisazione: teniamo presente che il piano si può suonare anche con i piedini, come cerca di insegnarmi la mia nipotina.

 

Inoltre, ricordiamoci che l'uomo è un soggetto con forte propensione all'economia. Pertanto egli usa sovente queste due regolette:

A. Il nuovo è bene che si basi sul vecchio, per evitare di dovere sempre ricominciare daccapo

B. Se il vecchio non regge il nuovo, pregasi buttarlo via senza rimpianti.

Su tale base si fonda anche l'attività mentale e fisica tendente a fare suonare uno strumento, pianoforte incluso.

E' solo da tali principi che nasce il concetto di diteggiatura, intesa come ripetizione di certe sequenze delle dita per riprodurre musica.

Tieni presente che, se non fossimo interessati ad ottenere risultati riproducibili, il concetto di diteggiatura non esisterebbe.

 

Ecco quindi le mie risposte basate sulle regolette enunciate.

 

1. Secondo voi la giusta diteggiatura è sempre quella più comoda? Se giusta significa quella che mi fa ottenere quello che sento e comoda significa quella che meglio garantisce la costanza del risultato, sì. Quindi esistono diteggiature comode musicalmente che non lo sono praticamente e viceversa (ricordate che in altre attività l'uomo, se non usa il pollice in opposizione alla altre dita, è quasi un invalido). Se giusta è quella scritta sullo spartito, teniamo presente che essa rappresenta un suggerimento derivante dall'esperienza o dall'obiettivo di chi l'ha apposta; non è affatto un ordine. Ad ogni modo, io ho buttato via senza rimpianti diversi suggerimenti disinteressati (a dire la verità, sembra che avessero problemi anche quelli che cercavano di darmi degli ordini!).

 

2. Secondo voi la giusta diteggiatura è quella che "ci viene da usare naturalmente"? Non capisco : a me vengono naturali 11111111 e 123454321, ma pare che molti degli autori che amo non sappiano che farsene, se non in via del tutto eccezionale. Loro avevano altre idee sul "naturale", che Dio li abbia in gloria! Comunque, ricordiamoci che ci sono stati grandi con anche meno di 10 dita!

 

3. Secondo voi la giusta diteggiatura fa i conti con l'accentuazione del brano? Direi di sì, almeno per quanto mi riguarda, perché alcune mie diteggiature sono o troppo esitanti o troppo deboli. In ogni caso, ogni tanto ci riprovo, per vedere se esce qualcosa di interessante.

 

4. Secondo voi è opportuno dividere alcuni difficili o scomodi passaggi tra mano destra e mano sinistra? Mah, direi che non lo è, se esiste soluzione perseguibile e serena. Ma niente ci deve obbligare a fustigarci la schiena tenendo la frusta con le dita dei piedi! Ci sono casi in cui, però, è quasi necessario. Presto pubblicherò fra gli spartiti un'altra chicca di Gottschalk : Bamboula. Ebbene, mi pare di ricordare che nella parte centrale in Fa# Maggiore ci sono dei brevi passaggi che, se non fai con un cambio di registro fra le mani, forse muori.

 

5. Secondo voi è sempre giusto impegnare le dita più forti, risparmiando le deboli? Non esageriamo, altrimenti da deboli diventano morenti! Troviamogli qualcosa da fare anche a loro.

 

6. Secondo voi è opportuno e quando cambiare diteggiatura ad un brano già assimilato? Ognuno progredisce nel tempo e, quindi, la diteggiatura che mi consentiva tempo fa di ottenere un certo risultato può essere quella che oggi mi impedisce di progredire. Cfr. la regoletta B!

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  • 2 months later...

Eccomi anch'io... rispondo in ordine.

 

Secondo voi la giusta diteggiatura è sempre quella più comoda? - No, infatti proprio perché a volte viene naturale scegliere la più comoda non seguiamo comunque quella originale.

 

Secondo voi la giusta diteggiatura è quella che "ci viene da usare naturalmente"? - A volte sì, altre no. Faccio un esempio: studiando il "Chiaro di luna" (immagino siate stufi i sta'storia :) ) nella partitura originale Beethoven ha scritto in alcuni punti che due dita devono stare sullo stesso tasto, poiché vi è una ripetizione veloce della stessa nota. La prima volta la si suona ad esempio con il 4, subito dopo con il 5, che deve già trovarsi sul tasto da prima.

 

Secondo voi la giusta diteggiatura fa i conti con l'accentuazione del brano? Credo di si, ma non essendo esperto mi piacerebbe sentire altri pareri.

 

Secondo voi è opportuno dividere alcuni difficili o scomodi passaggi tra mano destra e mano sinistra? - Se è scritto nella partitura, sì. Mi viene in mente un mio amico, che studiò pianoforte per qualche anno, che faceva sempre la scomposizione della melodia per le due mani, anche se in realtà doveva eseguire tutto la destra. Mi spiego: se la sinistra doveva eseguire due note (crome) e la destra una quartina (sempre di crome) lui "faceva le parti uguali :lol: : tre crome alla sinistra e tre alla destra, e poichè erano in successione, non si sentiva, ma guardandolo si vedeva benissimo che la mano sinistra "viaggiava un po' troppo" lungo la testiera...

 

Secondo voi è sempre giusto impegnare le dita più forti, risparmiando le deboli? - No, non credo. Penso che sia necessario saper eseguire le dinamiche sempre, con qualunque dito. Suonando spesso su tastiera digitale a tasti NON pesati, mi accorgo che è difficile... sul pianoforte a volte è un po' più semplice...

 

Secondo voi è opportuno e quando cambiare diteggiatura ad un brano già assimilato? - Non saprei... se ci si accorge che si può seguire la diteggiatura originale, perché non provarci? Tuttavia mi piacerebbe sapere perché chi scrive musica decide di farci usare QUELLA diteggiatura e non un'altra... insomma, l'importante non è saper suonare il brano? Certo, a volte usando la diteggiatura corretta il brano riesce meglio, però...

Aspetto ansiosamente chiarimenti...

 

PS Paolo... ehi, argomento molto interessante... sì, avremo da discutere per un po'... Ciao!

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Inutile e banale ribadire che una buona diteggiatura è importante per il risultato dell'esecuzione. Ne parleremo approfonditamente nei Turorials dedicati alla tecnica pianistica.

 

Secondo voi la giusta diteggiatura è sempre quella più comoda?

 

Secondo voi la giusta diteggiatura è quella che "ci viene da usare naturalmente"?

 

Secondo voi la giusta diteggiatura fa i conti con l'accentuazione del brano?

 

Secondo voi è opportuno dividere alcuni difficili o scomodi passaggi tra mano destra e mano sinistra?

 

Secondo voi è sempre giusto impegnare le dita più forti, risparmiando le deboli?

 

Secondo voi è opportuno e quando cambiare diteggiatura ad un brano già assimilato?

 

 

Insomma....abbiamo un bel po' da discutere, per ora...non credete?

 

Saluti a tutti

 

Paolo

Ciao a tutti cerco di dare anch'io una risposta!

 

1) secondo me non sempre! nella mia piccola e lontana esperienza da studente mi è capitato di usare una diteggiatura scomoda apparentemente ma che mi permetteva di rispettare l'espressività del brano .Inoltre alcune diteggiature per uno studente possono sembrare difficili ma una volta studiate ti rendi conto che altrimenti sarebbe un'impresa (per esempio la diteggiatura del trillo -Tausig- ).

 

2)Penso di si entro certi limiti e non in fase di studio

 

3) penso di aver risposto già nella 1

 

4) Forse si ... non saprei!! :lol:

 

5)No assolutamente, diventeremo pianisti con sei dita!!

 

6) forse aiuterebbe a rendere la mente un po piu' elastica ma comunque credo andrebbe studiata , assimilata , la nuova diteggiatura

 

Saluto tutti con grande stima!

Lorenzo

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  • 5 months later...

Io rilancio con una domanda alla prima domanda, quando una diteggiatura si può definire scomoda?

 

Premesso che il senso musicale ha la priorità sulla difficoltà tecnica, o la diteggiatura è possibile o impossibile...la via di mezzo può voler solo dire che devo ancora fare strada come pianista.

 

So che speravate che fosse morta qui, invece voglio chidervi (a proposito di (s)comodità) allo stesso tempo di ragionare sulle differenze fra suonare brani di Chopin e di Schumann

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Intendo per scomoda quella diteggiatura non ortodossa che però può essere efficace musicalmente e accentuativamente. Qualche volta può sembrare impossibile, ma forse è quella giusta. Ricordo di aver cercato una diteggiatura efficace nel terzo tempo dell'Appassionata di Beethoven, invano. Un giorno ero in autobus, vicino piazza Venezia a Roma: mi venne in mente. Era quel passaggio dove le due mani si rincorrono ad imitazione. Pensai che se mi fossi trovato sugli accenti sempre col pollice ( sia della destra che della sinistra) forse avrei risolto. Arrivato a casa la provai a mani unite e mi sembrò stranissima. Ora uso solo quella e la trovo giusta, anche se non l'unica.

 

La differenza tra Chopin e Schumann è grande. Chopin è uno "sviluppatore" di idee...Schumann è un infinito produttore di idee "non sviluppate" ( mi viene in mente questo aspetto dei due Grandi...ma ci sarebbe da parlare per ore....Immensi!!!!)

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Qualche volta può sembrare impossibile

Ecco, PUO' sembrare. E' compito del compositore da un lato scrivere cose suonabili (possibili) ma dall'altro cercare di sfruttare al massimo la tecnica (a volte spingendola anche oltre)

 

La differenza tra Chopin e Schumann è grande. Chopin è uno "sviluppatore" di idee...Schumann è un infinito produttore di idee "non sviluppate" ( mi viene in mente questo aspetto dei due Grandi...ma ci sarebbe da parlare per ore....Immensi!!!!)

Riferendoci strettamente all'ambito scomodità, non trovi che Schumann sia nettamente più scomodo di Chopin? E che a parità di sbattimento, Chopin ha una migliore resa?

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Sono due modi completamente diversi di concepire "la composizione" . Mi piacciono tutti e due e Schumann non lo ritengo "ingrato"

 

Ovviamente anche a me piacciono entrambi! Ci mancherebbe altro ... ma si parlava di (s)comodità ;)

 

Vedi le partite per violino di Bach...proprio comode non sono, ma sono dei gioielli della letteratura.

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Ho capito quello che vuoi dire. Si in effetti Chopin è più "pianistico"...e rende di più. Una composizione si classifica anche per la sua "comodità" . Chopin ha composto unicamente per il pianoforte e ogni sua idea nasce sulla tastiera. Così è per Listz. Altri grandi romantici possono anche essere poco pianistici. Non rileva la difficoltà. Chopin, ricordiamo, teneva molto in considerazione la posizione della mano. Aveva iniziato a scrivere "il metodo dei metodi" dove, come tutti sanno, privileggiava la posizione di Si magg., fatta a posta per la conformazione delle nostre dita. Non ha avuto il tempo di essere un grande didatta. La sua breve vita lo ha costretto a guadagnare dando lezioni alle signorine di Buona Famiglia. Il Bon Ton di Parigi lo costringeva a questo. Non ebbe quindi grandi allievi, eccetto Matthias, che fu poi Maestro di Cortot. Solo tramite questo sottile filo ci arrivano le parole del grande romantico.

 

Schumann è stato molto di più, Compositore, Sinfonista,Giornalista, Didatta ecc...Innovatore. Si firmava con degli pseodinimi...Florestano, per esempio e aveva fondato la Lega di Davide...contro i Filistei, cioè contro coloro che rifiutavano l'innovazione. La sua musica è una continua "creazione di idee"...anche non molto sviluppate. La famosa frase che scrisse in occasione della morte di Chopin ci fa caprie quale stima avesse per Lui..."L'anima della Msica è passata sul Mondo".

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Chopin, ricordiamo, teneva molto in considerazione la posizione della mano.

 

A proposito di ciò, Chopin sostanzialmente si considerava "solo" un maestro di pianoforte (per cui non un compositore) e infatti lui non ha mai insegnato composizione, non c'è una sua scuola, le scuole non hanno mai fondato nulla sulle movenze di Chopin...se non singoli grandi artisti (tipo Scriabin) hanno fatto proprio questo grande artista (e guarda caso Scriabin è stato pure un autodidatta).

 

Molti dei suoi lavori (di C.) si debbono ai suoi allievi di pianoforte, che dicevano...Maestro, questi sono capolavori, li metta su carta (o addirittura lo facevano loro in prima persona)...Chopin improvvisava molto a lezione.

 

Per me resta un grande artista per niente da declassare, anzi, talmente grande che si fa perdonare il suo desiderio di intimità.

 

Chopin scriveva per i suoi allievi ma anche per se; molti studi sono mirati ad un suo personale miglioramento della tecnica pianistica...per affrontare il successivo brano di repertorio (come se gli studi non lo fossero) di maggiore difficoltà.

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Chopin ha composto unicamente per il pianoforte e ogni sua idea nasce sulla tastiera.

 

Schumann è stato molto di più, Compositore, Sinfonista,Giornalista, Didatta ecc...Innovatore.

 

 

Ti passo solo il Sinfonista e Giornalista, ma penso che sfugga il concetto di compositore eclettico ;)

 

Cosa mi racconti dello studio n. 5 Op. 10?

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Ma..è uno dei più famosi. Tutto sui tasti neri. Qui viene sfatata la tradizione di suonare con la punta delle dita, che dovrebbero formare un arco. Si provi invece a suonare, specialmente sui neri, con gran parte del polpastrello della falange estrema. Si avrà più presa e più tranquillità...più contatto con i tasti. Qui vive molto il gesto di "Rotazione", del quale ancora non abbiamo parlato nei Tutorials. La rotazione pernette di ottenere forza senza articolare. Le dita sono di più a contatto con i tasti offrendo più controllo al pianista. Buono studio ( E' difficile...ma non uno dei più difficili dei 24!!!!!)

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Non la consideri innovazione?

 

E se ti dicessi che questo studio, tutto giocato sui tasti neri, si conclude proprio con una bella scala d'ottave discendente e appunto costruite sulle note di una scala pentatonica (appunto che si forma usando tutti i tasti neri).

 

I 5 gradi della pentatonica sono I (Solb), II M (Lab), III M (Sib), V G (Reb), VI M (Mib)

 

In ambito jazzistico molti stride piano di Erroll Garner sono in Solb M

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  • 1 year later...

Ma per quanto riguarda la diteggiatura io siccome sono un autodidatta (a 55 anni ho puntato i piedi, volendo entrare nel mondo di Mozart e di Chopin e ho detto o adesso o mai più; considerando che negli anni 1959-60 avevo fatto il Beyer e poi più niente) Quindi ho acquistato i testi della UR TEST cercando di vedere le diteggiature più originali possibili anche perchè gli spartiti di questa casa sono scritti molto bene le misure ben ripartite il colore della carta non stanca la vista(hanno solo il difetto che costano di più!!!!) Quindi alla velocità della lumaca ho cominciato a suonare tutto ciò che mi piaceva...... sono arrivato alla ballata di chopin quella in sol minore numero uno nell'ultima pagina dove ci sono quelle due o tre scale io mi sono ammazzato per settimane per eseguirla con la diteggiatura consigliata invece ho poi visto che i pianisti "veri" sia su you tube che dal vivo nessuno utilizza quella diteggiatura e sinceramente non capisco il perchè. Comunque io non avendo insegnanti mi adeguo a quella diteggiatura e devo dire che alla fine non riesco a inventarmene una migliore.

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Son d'accordo Frank! Certo, grande innovatore. E' l'Autore da me amato in assoluto. Credo che con i suoi studi abbia creato un perfetto manuale di tecnica pianistica. Alcuni suoi accordi sono arditissimi e anticipano certamente soluzioni armoniche più moderne. Non sono un compositore come te e mi fa piacere che tu ci possa segnalare e invitare ad osservare alcuni particolari compisitivi del Grande. Il mio studio preferito rimane il n. 11 dell'op. 25. E', secondo me, completissimo e mette spesso a dura prova il pianista sui rapidi spostamenti di posizione e sui gesti di rotazione e di "va e vieni" all'interno e all'esterno della tastiera, posizioni late della sinistra...ecc

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