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Piano Concerto - Forum pianoforte

A cosa serve la musica (oggi)?


Frank
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Ho letto solo ora (ma solo se mi ritieni un musicista, aggettivo che per me vedo calzante solo in parte).

A me è venuta subito in mente una considerazione che ho potuto ascoltare visionando una conferenza sulla filosofia, conferenza nella quale venne preso ad esempio un pensiero di Aristotele in cui disse "La filosofia non serve a nulla, dirai; ma sappi che proprio perché priva del legame di servitù è il sapere più nobile".

Penso che una simile affermazione sia perfetta per definire (seppur senza poterlo fare esaustivamente e definitivamente) la musica.

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Distinzioni fondamentali: fare musica e ascoltare musica.

1) Fare musica è diverso da ieri. E' difficile affrontare il discorso in chiave internazionale, anche se è utile mantenere uno sguardo oltre i nostri confini per capire i limiti delle nostre normali lamentele... Fare musica è, oggi più che mai, un lavoro. Serve per campare. E lo dico con tristezza, perché significa che stanno scomparendo sempre di più i dilettanti veri, quelli che una volta suonavano per divertimento, per accrescimento personale, perché consideravano saper suonare parte della loro formazione umanistica indispensabile. Nella brutta e a volte lamentosa battaglia dei musicisti di professione, si sono persi molti spazi della musica non professionale. I circoli della lirica, le bande musicali, i cori amatoriali (parrocchiali, militari, operistici etc...), i salotti "bene". Oggi fare musica, che sia comporre o suonare o cantare, serve a fare soldi, ma il limite di questa situazione è che il progetto commerciale di chi fa musica di professione non sempre è un progetto di qualità. Io lo noto nella lirica, che è il mio campo: certe abilità tecniche apprezzate dal mercato (tipi una voce fintamente matura e un'estensione completa) sono ricercate e sviluppate subito nel percorso didattico; tutto il resto (musicalità, stile, interpretazione e una certa sicurezza tecnica "sana") è il grande assente sui palcoscenici di oggi. Colpa, come al solito, del legame tra didattica e mercato: conservatori che non formano musicisti in grado di lavorare come musicisti e teatri che non mettono becco nella didattica, se non all'interno anche qui di un mercato distorto (sono nate decine di scuole dell'opera, che sono masterclass superpagate dove i tabù si aggiungono ai tabù, ovvero si dice all'allievo solo quello che vuole sentirsi dire). Rimane un po' più "puro" il mondo del pop, dove però l'assenza di un cultura musicale diffusa porta più o meno agli stessi problemi di cui sopra (voci tutte uguali, personaggi tutti uguali, una scena che non riserva più sorprese vere da qualche anno). Fare musica NON serve più a ribellarsi, nel pop-rock, e di certo non serve più a fare "arte". Ma ci sono spazi inesplorati e pieni di fermento nel campo delle tecnologie.

2) Ascoltare musica serve a divertirsi. Noi crediamo che una volta servisse alla formazione culturale, tipo "vado a un concerto a farmi una cultura". In Italia è sempre stato molto raro questo approccio, ora paradossalmente è maggiore rispetto a ieri ma le forme della fruizione sono diverse ("vado su youtube a farmi una cultura"...). Ma l'effetto culturale di massa non c'è. Io sono tuttora scettico sull'effetto migliorativo etico o civile di Mozart. Cioè, se vai ad ascoltare Mozart non è affatto detto che tu poi diventi una persona migliore o un cittadino migliore. Ti diverti, se ti piace, ed è già molto, perché oggi la possibilità di divertirsi ascoltando musica è un avanzamento delle condizioni di vita di tutti impagabile. Sembrerà stupido ma l'accessibilità della musica a tutti è la VERA rivoluzione musicale del ventesimo secolo. Una musica "democratica" che ha portato Gioia (alla Beethoveniana) a tutti i popoli. 

 

Il mio discorso è pieno di limiti, ma in sostanza credo che alcune funzioni della musica siano invariabili e invariate. Sono i panorami di riferimento a cambiare, socio-economici e culturali, ma la musica è comunque una sorta di costante antropologica. Tutti gli uomini fanno e ascoltano musica e la musica serve, tautologicamente, a placare la voglia di musica

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Tutta l'intera umanità ha sentito fin dalla sua alba l'esigenza di manipolare i suoni e di dare ad essi un contenuto di carattere emotivo e, per questo, io credo, sia nata la musica che è servita e servirà finché gli umani popoleranno la Terra.

Per la stra-grandissima maggioranza la musica è innanzi tutto, ricerca di divertimento, di rilassamento, di spensieratezza, di godimento. Per una parte, assai  minoritaria, la musica è tutto ciò ma è anche - e soprattutto - ricerca di comprensione e di significato.

Le due cose - piacere e comprensione - non sono affatto contrapposte come alcuni credono o vorrebbero ma complementari e anzi, sempre dal mio punto di vista, la comprensione ha come fine primario quello di aumentare il piacere di fare, eseguire e ascoltare musica.

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Appena ho letto la domanda ho pensato fosse impossibile una risposta completa e leggibile in poche righe...e mi complimento con chi ha già espresso le proprie idee perchè in tutte si leggono aspetti veri e molto interessanti. 

E' comunque una domanda che continuamente mi pongo anche io....il ruolo della musica nella società soprattutto e le aspettative che hanno i musicisti!

in questo momento storico c'è una tale varietà di espressioni musicali con obiettivi fra i più diversi da quello puramente commerciale e del riconoscimento sociale a quello più artistico e filosofico. Marketing e arte....immagine e comunicazione.....è un fenomeno troppo vasto e vario per potergli dare una forma precisa e rispondere così semplicemente alla domanda.

 

n.b come hai contato i 25 musicisti?

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Grazie a chi è già interventuo, una preliminare risposta a Nancy e Piccinesco. 25 erano le visualizzazioni nel momento in cui ho fatto il secondo mio intervento, per questo ho fatto cenno a questo numero. Mi era sembrato strano che in un forum frequentato da persone che sicuramente hanno un interesse per la musica (musicisti, appassionati, ascoltatori, etc.) nesuno a questa domanda abbia avuto una qualsivoglia "risposta". @Piccinesco, ho usato a parola musicista in senso lato, di sicuro su 25 visite qualche musicista (in senso stretto) sarà pure passato ma io ritengo che questo sia un posto di musicisti, si, magari di livelli differenti ma pur sempre musicisti. So bene che c'è chi sta ancora studiando, chi non finisce mai di studiare, chi è già arrivato, etc. ... del resto io mi sento musicista al pari di Pärt, Gubajdulina, Penderecki, etc. Certo, sicuramente con una sensibilità e molto probabilmente una consapevolezza diversa, ma pur sempre musicista. Per cui la domanda non è assolutamente selettiva... era solo un modo di dire :)

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 Aristotele in cui disse "La filosofia non serve a nulla, dirai; ma sappi che proprio perché priva del legame di servitù è il sapere più nobile".

 

Parole sagge che però non mi sembra trattino l'argomento in questione, ma potrei sbagliarmi.

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Per la stra-grandissima maggioranza la musica è innanzi tutto, ricerca di divertimento, di rilassamento, di spensieratezza, di godimento. Per una parte, assai  minoritaria, la musica è tutto ciò ma è anche - e soprattutto - ricerca di comprensione e di significato.

Le due cose - piacere e comprensione - non sono affatto contrapposte come alcuni credono o vorrebbero ma complementari e anzi, sempre dal mio punto di vista, la comprensione ha come fine primario quello di aumentare il piacere di fare, eseguire e ascoltare musica.

 

In un certo senso condivido il tuo punto di vista, considerato che anch'io amo comprendere, capire o, quantomeno, sforzarmi di farlo. Ma penso vada sempre sottolineato il valore piacevole e ludico della musica. Lo ripeto spesso, l'illusione filosofica della musica, l'idea, cioè, che la musica bella debba avere un forte valore epistemologico, quasi mistico e sapienziale, ha condannato all'oblio interi repertori: le musiche da ballo, la musica vocale profana, tantissima musica barocca e classica considerata non innovativa. La musica può assumere tanti significati ma anche una musica senza significati particolari ha un valore musicale. E, di contro, anche le opere musicali più profonde hanno chili di note che non significano nulla.

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la musica serve, tautologicamente, a placare la voglia di musica

Sai che un compositore ci può sguazzare con questa affermazione proprio per giustificare i frutti del proprio ego? Condivido ma è il motivo per il quale oggi si vede (si, vede) tanta musica inutile...sta a vedere che Aristotele aveva ragione, ma non ci trovo nulla di nobile nel proprio ego.

 

Che ne dite?

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In un certo senso condivido il tuo punto di vista, considerato che anch'io amo comprendere, capire o, quantomeno, sforzarmi di farlo. Ma penso vada sempre sottolineato il valore piacevole e ludico della musica. Lo ripeto spesso, l'illusione filosofica della musica, l'idea, cioè, che la musica bella debba avere un forte valore epistemologico, quasi mistico e sapienziale, ha condannato all'oblio interi repertori: le musiche da ballo, la musica vocale profana, tantissima musica barocca e classica considerata non innovativa. La musica può assumere tanti significati ma anche una musica senza significati particolari ha un valore musicale. E, di contro, anche le opere musicali più profonde hanno chili di note che non significano nulla.

Sì, sì Claudio!

In realtà sono completamente d'accordo con te. 

Anzi, più esattamente, io penso che tutta la musica abbia un significato.

In effetti nel mio discorso non ho voluto fare distinzioni fra musica che solitamente chiamiamo "colta" e musica che consideriamo puro divertimento e intrattenimento e, - sempre perché voglio essere assolutamente chiaro nel mio pensiero - tantomeno ho voluto fare distinzioni fra la musica occidentale e quella proveniente da altre culture o etnie.

Io penso - e mi domando: in realtà da quando la penso così? - che tutta la musica va compresa : e quel comprendere lo intendo nel senso più totale del termine. In altre parole, penso che tutta la musica sia legata alla cultura, alla civiltà, alla storia dei popoli e che nell'ascoltarla e affrontarla sia sempre interessante non dimenticarlo e ... dunque approfondirlo.

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piacere e comprensione - non sono affatto contrapposte

 

 

Sicuramente la comprensione può dare piacere, ma non sono certo che sia lo stesso piacere che si può ottenere dal solo ascolto "disinteressato". Secondo me la perferzione artistica nasce quando c'è un giusto equilibrio fra quello che c'è da capire e il piacere d'ascoltare. Il resto sono estremi che, seppur descrivono altre funzioni della musica (ricerca o business), non riesco a contemplarle nella sfera del piacere personale.

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Frank: si, avevo capito cosa intendevi dire, ma l'ho buttata lì ironicamente.

Per quanto riguarda la citazione di Aristotele (a me non piace fare citazioni, ma in questo caso mi è subito venuto in mente questo pensiero e, anche se non si parla di musica, il fatto che essa stessa non sia schiava di nessuno ma, al contrario, tutti per diversi motivi, in un certo senso lo sono nei suoi confronti, mi ha portato a portare questo "esempio".

Mi è piaciuta in particolare l'ultima parte del primo intervento di Thallo, dove dice che "la musica serve tautologicamente a placare la voglia di musica".

 

Ho pensato (banalmente) subito alla "droga".

 

Concordo anche con quello che dice Daniele e con il secondo intervento di Zazza: nel proprio ego si può pensare che ci sia molto poco di nobile (se si vanno a sviscerare gli intenti meno chiari e dichiarati, sempre se ce ne sono), questo è più che condivisibile, ma ribaltando questo pensiero (o ipotesi), come potremmo mai sapere con certezza se (ad esempio) in Bach prevalesse un suo personale bisogno di perfezionarsi per arrivare al livello che oggi quasi tutti conoscono (anche solo per aver ascoltato uno dei suoi lavori più significativi), oppure sentisse realmente che doveva fare tutto quello che poi ha fatto (ma non ha potuto proseguire) per motivi che vanno oltre la propria "sublimazione"?

Non potremo mai sapere esattamente cosa provasse.

Si può comporre, scrivere, scolpire, disegnare, dialogare, ipotizzare, stare in silenzio ecc..anche per una profonda dedizione e "fede" in qualcosa o in qualche "entità", non lo metto in dubbio, così come è indubbio che dal proprio ego possano scaturire lavori che in apparenza possono far pensare ad un più "alto" punto di ispirazione.

Se il compositore non lo specifica si può ipotizzare, se lo specifica bisogna credergli (con il beneficio del dubbio).

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serve a un genitore per passare un po' più di tempo con i propri figli

Oppure al contrario, per sbolognarlo e far fare da baby sitter al maestro...che volendo o volando deve seguire il bambino per un po' di tempo.

 

Io ho avuto un paio di casi eclatanti, molto frustrante.

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Io penso che la musica serva ogni persona in maniera differente... per quanto mi riguarda la Musica serve prima di tutto a viaggiare tra diverse epoche, come una sorta di macchina del tempo e dello spazio, alienandoci dalla realtà, come via di fuga.

 

Mentre genericamente direi dal punto di vista dell' "utente" che aiuta a "sconoscere" la negatività, diverte, sviluppa il pensiero .. Da un punto di vista molto più meschino invece serve (specialmente la musica pop) a manipolare le masse, specialmente teen ager, inculcando ideali spazzatura...

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Non faccio a tempo a tornare che già mi ritrovo a fare una delle mie solite tirate :-) 

ricordiamoci che la musica brutta è brutta per noi, che la musica brutta non è eticamente pericolosa ed è legislativamente lecita. Se vogliamo parlare di "a cosa serve la musica" dobbiamo riuscire a parlare anche della musica che a noi non piace o a noi non serve, ma serve agli altri. Quindi affermazioni tipo:

"si vede tanta musica inutile" (Zazza)

"non riesco a contemplare nel piacere personali gli estremi non conformi alla perfezione artistica" (Oracolo)

"(una certa) musica pop inculca ideali spazzatura e manipola le masse" (Pianothor)

sono quantomeno complicate da inserire in un discorso complessivo. 

Ognuno ha i propri gusti e i propri preconcetti, chi studia musica finisce spesso per creare divisioni tra buoni e cattivi, ma ricordiamoci sempre che la musica più brutta che possiamo immaginare è sempre e comunque qualcosa di "bello". Cantare male sotto la doccia è meglio che non cantare, pubblicare un CD di pessima musica pop significa comunque sovvenzionare una scena artistica, giovane, "positiva" ed eticamente più apprezzabile di, non so, il mercato delle armi, il più grande valore della musica in senso antropologico PRECEDE e PRESCINDE il valore artistico, proprio perché il piacere musicale è una costante antropologica: tutti i popoli fanno musica, tutti gli uomini e le donne fanno e ascoltano musica, e ne provano piacere anche quando non la comprendono. Se limitiamo i nostri discorsi alla musica "colta", alla musica bella, alla musica che piace a noi, possiamo farlo ma dovremmo specificarlo ed essere coscienti che il nostro discorso si limita ad analizzare una percentuale da "zero virgola" rispetto alla musica nella sua totalità

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Affascinato Thallo e ovviamente io mi riferisco "alla musica nella sua totalità" e alle scelte artistiche che ne possono conseguire. Se partiamo da questa considerazione:

 

la musica serve, tautologicamente, a placare la voglia di musica

 

passiamo da quest altra:

 

della musica a tutti è la VERA rivoluzione musicale del ventesimo secolo

 

e se teniamo presente che

 

fare musica, che sia comporre o suonare o cantare, serve a fare soldi

 

1+1=2

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Attenzione io non ho mai scritto che il pop e tutti i suoi derivati siano musica brutta, e nemmeno che solo la musica pop inculca ideali spazzatura.. bisognerebbe leggere le parole scritte non quelle che vorremmo vedere scritte:) Proprio perché questo discorso dovrebbe valere per qualsiasi musica ho tirato in ballo anche la musica pop con la mia opinione.. Ciò non esclude che, come ho già detto, anche la musica pop possa divertire, intrattenere..

 

Avevo fatto una distinzione tra i "punti di vista" proprio per questo

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Affascinato Thallo e ovviamente io mi riferisco "alla musica nella sua totalità" e alle scelte artistiche che ne possono conseguire. Se partiamo da questa considerazione:

 

la musica serve, tautologicamente, a placare la voglia di musica

 

passiamo da quest altra:

 

della musica a tutti è la VERA rivoluzione musicale del ventesimo secolo

 

e se teniamo presente che

 

fare musica, che sia comporre o suonare o cantare, serve a fare soldi

 

1+1=2

 

Non sono certo di aver capito il tuo intervento...

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Non sono certo di aver capito il tuo intervento...

 Diciamo che non era volutamente dichiarato l'intento, penso che ognuno ha il diritto di scegliere il suo "2", risultato delle riflessioni.

 

In realtà, in appendice a tutto, riporto uno stralcio di post di Red, che non posso quotare in quanto il topic in cui era stato postato è stato chiuso.

 

Era uno scritto a proposito degli ascoltatori descritti da Adorno in Introduzione alla sociologia della musica, in una sintesi di Raul Catalano che descrive un po' il "mercato", i clienti della musica di un compositore del XXI secolo:

 

 

http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/1650/835717-1165937.pdf?sequence=2

 

Secondo Adorno si possono distinguere sei modelli di ascoltatori:

 

il primo è quello dell’esperto che, generalmente, è un tutt’uno col musicista professionista. Esso è .

 

Il secondo tipo consiste nel buon ascoltatore: ciò che lo contraddistingue è una discreta capacità di seguire la logica di composizioni complesse anche se non dispone di un notevole bagaglio di conoscenze tecniche e teoriche. Secondo Adorno esso .

 

Il terzo è invece il consumatore di cultura che rappresenta, agli occhi di Adorno, il primo sintomo del disfacimento in cui è caduta vittima la musica nella società contemporanea. in quanto egli sente il bisogno di collezionare dischi e cimeli d’autore, di informarsi frequentemente sulle riviste specializzate per accrescere la propria cultura musicale ed è abbonato, “a scatola chiusa” e con grande entusiasmo, a qualsiasi stagione concertistica sia venuto a conoscenza.

 

Il quarto tipo consiste nell’ascoltatore emotivo, ovvero colui che utilizza la musica come tranquillante, come un diversivo per scaricare le tensioni accumulate quotidianamente e che, per questo, si disinteressa a qualsiasi ascolto che richieda la minima tensione o sforzo concettuale. Alla luce di simili premesse, questo ascoltatore predilige la musica leggera o popolare e, per questo, è su di lui che si rivolgono le premure dell’industria culturale.

 

Il quinto, ovvero l’ascoltatore risentito o astioso, si può ulteriormente distinguere in due sottospecie: l’amante della musica preromantica ed il fan del jazz. Il primo identifica nell’operato di Bach e Vivaldi l’apice della composizione musicale di tutti i tempi; perciò si rinchiude nel loro culto esclusivo. Il secondo è persuaso invece della superiorità del jazz rispetto a qualsiasi altro tipo di musica e, per questo, reagisce sdegnosamente a qualsiasi obiezione al suo credo musicale. Il fondamento della propria posizione è solitamente motivato su una tradizionale superiorità del jazz rispetto alla musica “commerciale” e su una sua maggiore immediatezza rispetto alla musica classica. Tuttavia, rileva Adorno, egli non si rende conto del fatto che anche e che .

 

Il sesto tipo consiste, infine, nell’ascoltatore esclusivo di musica leggera che, per lui, rappresenta niente più che un passatempo. Questo è, secondo Adorno, il modello perfetto di ascoltatore di cui l’industria culturale ha un crescente bisogno, in quanto esso ascolta passivamente qualsiasi canzone gli venga impacchettata a dovere. Sebbene la facciata del suo modello di ascolto può essere riassunta con la sacrosanta richiesta di “essere lasciati in pace”, il suo è invece un ascolto “morboso” e, soprattutto, perfettamente strutturato dai bombardamenti pubblicitari dei mass-media. Per questo motivo, l’ascoltatore per passatempo è quello presente al massimo grado nella società occidentale. Per Adorno, inoltre, o ad un .

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