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Piano Concerto - Forum pianoforte

Celibidache Musica e verità


Kappa
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Boh... Io non ho capito molto il suo ragionamento. Sono l'unico? Mi sembra un ragionamento un po' aleatorio. Celibidache parla di un credo riferendosi ad un sistema centrale di vibrazioni e fin qui posso essere d'accordo, semplificando e reinterpretando la sua visione anche alla luce delle nostre conoscenze sulla natura, ma non ho sinceramente capito il passaggio che fa con la musica quando parla di libertà. Se non fosse stato Celibidache avrei pensato ad uno che stesse farneticando concetti campati in aria. Si rifà addirittura a Marx dicendo che forse si sbagliava. Ma secondo voi non è vero che l'arte ha avuto momenti di massimo indipendenti dalle fasi economico-sociali dell'umanità ? Mi sembra addirittura palese se osserviamo la storia e le produzioni artistiche. Parla di sovrastrutture dicendo che lui cerca di dimenticare tutto quello che sa quando deve produrre musica mentre al contrario oggi siamo radicati alla ricerca e allo studio della partitura per strutturare soluzioni interpretative che siano il più possibili attinenti alle idee originarie del compositore, talvolta addirittura ricercando tali soluzioni nella storia dell'interpretazione. Insomma quest'intervista, proprio perché il soggetto era Celibidache, mi ha lasciato tanti dubbi.

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Celibidache (non sapete quanto mi stava sulle scatole sino a poco tempo fa), sa troppe cose e ha studiato tutto troppo a fondo.

 

La diretta conseguenza è che, non potendo dire in un'intervista tutto quello che dovrebbe dire, è costretto ad enormi "omissis", lasciando la porta spalancata al millenario scetticismo, critiche risentite e chi più ne ha più ne metta.

 

Socrate fu condannato a morte (ormai settantenne ed eroe di guerra) per lo stesso motivo.

 

Filosofie a parte, vorrei invitarvi a riflettere anche solo sul semplice fatto che il signore in questione (come si può evincere dai vari stralci di prove disponibili sul web), sapeva a memoria nota per nota tutte le opere che dirigeva.

Gli si poteva chiedere di partire in qualsiasi punto indicando soltanto il numero della battuta.

 

Trovatene un altro che lo sappia fare... Aveva ragione quando diceva: "Dopo di me, chi farà ancora musica?".

 

 

Un grande.

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Per approfondire io consiglio vedere diverse volte questo video con estrema attenzione. Qui fa esempi e via dicendo....


Bisognerebbe concentrarsi soprattutto sugli esempi che fa al pianoforte. I punti chiave sono da 17:33 in poi. Bisognerebbe partire dal concetto "la musica oggi si fa per associazione". Se si capisce cosa intende con questo concetto allora si è capito Celibidache. (nell'altro video parla solo di filosofia, mentre qui di elementi concreti in fase interpretazione vera e propria).

 

E' molto semplice in realtà quello che vuole cercare di dire, proprio perché è semplice non è facile coglierlo. In genere ci si infastidisce per via suo tono perentorio e non lo si ascolta seriamente   :)  Bisogna per quest'ora e mezza disarmarsi di senso critico nei confronti dei suoi atteggiamenti e cercare di capire.

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Parla di sovrastrutture dicendo che lui cerca di dimenticare tutto quello che sa quando deve produrre musica mentre al contrario oggi siamo radicati alla ricerca e allo studio della partitura per strutturare soluzioni interpretative che siano il più possibili attinenti alle idee originarie del compositore, talvolta addirittura ricercando tali soluzioni nella storia dell'interpretazione. Insomma quest'intervista, proprio perché il soggetto era Celibidache, mi ha lasciato tanti dubbi.

 

 

Questo non è esatto, è l'opposto anzi. 

Attenzione, lui non nega che sia possibile fare musica istintivamente, e fino ad un certo punto è stato così per la maggior parte, compresi i grandissimi. Difatti lui tributava a Franco Ferrara il titolo di uno dei più grandi direttori d’orchestra "istintivi", che spartisce il trono con De Sabata,

Dice Celibidache  "quando Franco saliva sul podio tutto funzionava, però non sapeva spiegare perché funziona"Ed ecco il punto.

Celibidache afferma persino che tutto quello che lui dice sarebbe "rinfrescativo", e se anche gli altri lo facessero “tutti si ritroverebbero” come un tempo. (non ha difatti inventato nulla di nuovo).

 

 

In due parole Celibidache dice che è contrario alla linea (bisogna innanzitutto auto-rispondersi, che cos’è finalmente questa linea? Chi l’ha inventata? E’ spontaneo applicarla ad un sistema tonale? Siamo già nell'applicazione della filosofia, mentre Celibidache è ancora più semplice e diretto ) e che questa non ha nulla a che vedere con la musica tonale. La musica tonale, a differenza dell’avanguardia, ha un punto di massimale espansione oggettiva dinamica e delle frequenze attraverso le quali ci si arriva. Più nel piccolo, ci ha spiegato che le note che risolvono vanno indebolite ecc. ecc. perché “ripiegano sulla tonalità madre”, e ci ha detto come si girano gli intervalli in modo musicale appoggiandosi alla tonalità madre, la quale è il punto di riferimento per porre accenti e frequenze, il "codice".

Ora Celibidache non ha l’intento di andare contro la musica di avanguardia, ma di dire che la musica tonale non può essere trattata come quella di avanguardia.

Ci dice razionalmente qual è l’elemento che rende efficace una buona interpretazione.

Difatti  nell’applicazione pratica, ciò non è affatto scontato.

 

Esempio pratico su due professionisti:

se facciamo zapping all’interno di una magnifica interpretozione di Horowitz, e prendo in causa quella eclatante musicalmente dello studio di Scriabin Op. 8 n. 12 nel concerto di Mosca, ci accorgiamo che fa un enorme climax a partire dal pianissimo fino ad esplodere al fortissimo prima della fine in un punto musicalmente ben definito.

Se ascoltiamo quella di Kissin, ci accorgiamo che suona tutto forte senza fare nessuna relazione tra le frasi ripetute. Cosa diventano allora in quest’ultimo caso?

Non muovono più la “coscienza umana” dall’inizio fino alla fine del pezzo ma è una “fabbrica” di sensazioni che non hanno una connessione logica di tensione emotiva (e l’aumento della tensione emotiva è data dall’aumento del volume).

 

I fatti sembrano parlare chiaro: quante persone musicali ricordandosi di questo pezzo penseranno positivamente a Horowitz, e quante a Kissin? 

 

E’ logico che se io suono sempre in mezzoforte questa tensione, oltretutto, non avrò i mezzi per aumentarla, in quanto la dinamica di uno strumento non è infinita da arrivare fino al ffffffffffffffffffffffffff. La coscienza sente che c’è qualcosa che non va, lo sente perché sta andando non perfettamente a cavallo con la logica strutturale del pezzo, e si avverte grazie alla tonalità madre sulla quale tutto si appoggia (senza la quale non ci sarebbe alcun punto di riferimento logico per il nostro cervello)

 

La domanda che bisogna farsi è infatti: perché c’è un’interpretazione che non ci piace? Perché non regge su quel codice unico che è la tonalità (sulla quale tutta la struttura si fonda con meccanismi che seguono la sua logica).

 

A questa astuzia la sensibilità di molti direttori d’orchestra di oggi non arriva, disabituata tra l’altro a sentire il “naturale”. Ed ecco Celibidache che ci ricorda come si suonava un tempo.

I direttori d’orchestra cui celibidache faceva lezione non avevano alcun dubbio che il modo che suggeriva lui era migliore ma…. Non sapevano spiegare perché. Ed egli (cercò) di spiegargli proprio questo. 

 

Sarebbe tutto qui.... non ci sono segreti della metafisica :) 

 

https://www.youtube.com/watch?v=pPTe1xMB9Uk

 

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C'è da tenere in considerazione che, allo stesso tempo, Celibidache non voleva fare dell'interpretazione una "musica della coscienza", cioè esclusivamente intellettuale e calcolata. Al limite il contrario.

 

Sosteneva che la musica abbia un'architettura che prescinde il compositore, il tempo, le prassi e le tradizioni.

 

Una volta che viene rispettata questa architettura, questa "topologia", l'interprete è libero di muoversi come meglio crede.

 

A quel punto l'interprete dovrebbe, citandolo direttamente, "Ricondurre al proprio corpo".

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Comunque riguardo le interpretazioni. C'è anche un aspetto di come queste ci arrivano che non è da sottovalutare. 

Registrate in che modo, quali pianoforti, quali accordatori. Le registrazioni dell'epoca almeno personalmente ritengo che siano più magiche, sia per l'accordatura dei pianoforti che per la qualità della registrazione che anch'essendo meno pulita è comunque più calda e cantabile. Adesso si ha la fissazione di far sentire tutto nel minimo dettaglio, il risultato è certamente più chiaro ma secondo me si perde quest'aura magica. 

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Certamente ed è importante anche con che cosa si ascolta la musica... La riproduzione audio è di per sé quasi un'arte... 

(Celibidache, pur con un master in fisica delle onde, consigliava di recarsi a teatro...)

 

Le registrazioni di oggi, apparentemente più limpide, nascondono spesso gravi problemi d'intermodulazione digitale che quelle analogiche più datate non avevano.

 

Tuttavia, dipende sempre da chi ci mette le mani... :)

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@Simone
Condivido come te la passione estetica dello stile coloristico più vicino a quello dei compositori… ma su questa si aprono naturalmente le tante parentesi soggettive di C. (lo specifico ovviamente per non confondere chi ci legge) ossia: il tempo che dipende dall’acustica la quale è "generatrice di forma" -è un'ottima nozione teorica che comunque trova applicazione personalissima, in base alla percezione di chi dirige o suona-, il colore, e altri fattori sui quali mi sembra che- nell’altra discussione- erroneamente ci si era soffermati come se fosse il fulcro principale del discorso, invece erano tematiche non strettamente necessarie da spiegarsi in sede di “fenomenologia”, al contrario dell’andamento dinamico oggettivo relativo alla tonalità (che è la fenomenologia vera e propria)..
Sostanzialmente C. le aveva menzionate per far fare la distinzione tra ... 
Ecco, secondo me questo era un “difetto” comunicativo di Celibidache, proporre troppi concetti che allontanano dal punto cardine della discussione, lo sbaglio suo era che non teneva conto del tempo che serve all’interlocutore per pensare e capire bene ogni concetto anzi facendo dimenticare quelli detti prima, (inutile nasconderti che infatti ho dovuto vedere i suoi video un numero alto di volte per trapelare ogni cosa, ad ogni analisi vengono fuori nuove idee, frutto di anni di riflessioni di quello che era soprattutto uno studioso molto profondo e scrupoloso....). 




(Parentesi "Off topic" come si dice in gergo  ^_^  da parte mia, per il fatto dell’accordatura disuguale - per una serie di indizi scientifici di cui sono in possesso, e avendo avuto modo di sperimentare su me stesso le sensazioni rispetto ai diversi stimoli, ho dei forti sospetti per pensare addirittura che quelle leggere oscillazioni influiscano concretamente prima sotto l’aspetto neurologico e poi sulla reazione pratica dell’interprete –cioè un’induzione alla spontaneità della reazione successiva mediante processi chimici, che si innescano da un fattore istintivo di una teoria molto nota che sarebbe lunga da spiegare, la cui origine è nella pre-nascita  - questa è la mia tesi chiaramente… come tante altre, in un ambito così complesso e per certi versi ancora misterioso come quello del funzionamento del cervello. Azzardo un po' anch'io.. )

 

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C'è da tenere in considerazione che, allo stesso tempo, Celibidache non voleva fare dell'interpretazione una "musica della coscienza", cioè esclusivamente intellettuale e calcolata. Al limite il contrario.

 

Sosteneva che la musica abbia un'architettura che prescinde il compositore, il tempo, le prassi e le tradizioni.

 

Una volta che viene rispettata questa architettura, questa "topologia", l'interprete è libero di muoversi come meglio crede.

 

A quel punto l'interprete dovrebbe, citandolo direttamente, "Ricondurre al proprio corpo".

Riporterei ancora più precisamente l'affermazione "la musica si fa ad un certo momento", ossia dopo un lungo periodo di analisi  ad un certo punto la coscienza (o a questo punto l'inconscio), potremmo tranquillamente dire che "si abitua" a correlazionare, viene preso da una "saggezza infinita" e, per coniare una sua espressione, la musica "si fa da sé". E' il momento in cui incalza la spontaneità, la teoria che si è dimenticata apparentemente ormai "appartiene al passato" perché passa nel subconscio....e la sensibilità da quell'istante in poi è in grado di fare tutto da sola grazie a quel meraviglioso strumento che è la mente  :)

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@Tiger
Hai sbagliato argomento....noi apprezziamo artisticamente  le avanguardie!  :)
  

Forse non hai letto con attenzione o non mi sono espresso abbastanza chiaramente.

Mi auto-cito.

Mephistopheles: "Ora Celibidache non ha l’intento di andare contro la musica di avanguardia, ma di dire che la musica tonale non può essere trattata (interpretativamente) come quella di avanguardia." 
(nonostante la tecnica volutamente provocatoria del suo linguaggio, che può sicuramente portare fuori strada).

 

L'errore delle persone che sgradiscono l'arte contemporanea qual è? Di andare davanti ad un dipinto di Pollock e guardarlo con i criteri con i quali guarderebbe un affresco di Michelangelo, o di ascoltare Stockhausen con i criteri con i quali ascolterebbero Chopin.

 

Dal punto di vista interpretativo, da un certo momento in poi c'è stata una netta scissione del "mezzo":
 Musica tonale: musica che è progettata per avere delle interconnessioni logiche riconoscibili consequenzialmente (rette concretamente dalla tonalità), 
è la rappresentazione della ragione, dell’io (o coscienza umana che dir si voglia).
Musica atonale: musica che è progettata appositamente per non avere dei punti di riferimento riconoscibili dalla mente dell'uomo, 
è la rappresentazione del caos (detto molto a grandi linee, la crisi dell' "io", il caos interiore, la frenesia della vita quotidiana, l'idea di trovarsi scaraventati casualmente sul pianeta terra), di fronte ai quali l'ascoltatore si trova spaesato per volontà diretta del compositore: non c'è una tonalità che lo orienta nell’interpretazione. Chi sono? Da dove vengo? Forse dal caos. Malattie, disastri naturali, attentati. E il seguito della mia esistenza sarà quindi abbastanza casuale, è molto difficile da prevedere (però mi ci vedo bene a intrecciare pomodori :lol: ).

 

 

 

 

 

Lo "sbaglio" di cui parlava Celibidache, "il male dei nostri tempi", non riguarda i compositori, né è una critica alle filosofiema gli interpreti, i quali dinamicamente trattano la musica tonale, (nel dosare la tensione emotiva), come se queste interconnesioni logiche non esistessero.

Celibidache ci fa capire che anche volendo, non si può suonare la musica atonale senza la "linea", se non seguendo "alla lettera" lo spartito del compositore.
 L'errore interpretativo quale è stato invece? 
Si era diffusa l'idea che il culto del testo alla lettera si doveva applicare anche sulla musica tonale la quale, poveretta, non aveva fatto nulla di male per essere trattata così.

 

Per fare un esempio pratico, ignorare la struttura implicita nella musica tonale è un po’ come intaccare le fondamenta di una casa: tutto crolla su sé stesso. Difatti quando si fanno delle modifiche, gli ingegneri la prima cosa che fanno è dirci dove sono le travi portanti affinché non vadano assolutamente toccate.
L’interprete dovrebbe fare questo: sapere dove sono le travi portanti della musica che deve fare sua

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@Simone

Condivido come te la passione estetica dello stile coloristico più vicino a quello dei compositori… ma su questa si aprono naturalmente le tante parentesi soggettive di C. (lo specifico ovviamente per non confondere chi ci legge) ossia: il tempo che dipende dall’acustica la quale è "generatrice di forma" -è un'ottima nozione teorica che comunque trova applicazione personalissima, in base alla percezione di chi dirige o suona-, il colore, e altri fattori sui quali mi sembra che- nell’altra discussione- erroneamente ci si era soffermati come se fosse il fulcro principale del discorso, invece erano tematiche non strettamente necessarie da spiegarsi in sede di “fenomenologia”, al contrario dell’andamento dinamico oggettivo relativo alla tonalità (che è la fenomenologia vera e propria)..

Sostanzialmente C. le aveva menzionate per far fare la distinzione tra ... 

Ecco, secondo me questo era un “difetto” comunicativo di Celibidache, proporre troppi concetti che allontanano dal punto cardine della discussione, lo sbaglio suo era che non teneva conto del tempo che serve all’interlocutore per pensare e capire bene ogni concetto anzi facendo dimenticare quelli detti prima, (inutile nasconderti che infatti ho dovuto vedere i suoi video un numero alto di volte per trapelare ogni cosa, ad ogni analisi vengono fuori nuove idee, frutto di anni di riflessioni di quello che era soprattutto uno studioso molto profondo e scrupoloso....). 

 

 

 

(Parentesi "Off topic" come si dice in gergo  ^_^  da parte mia, per il fatto dell’accordatura disuguale - per una serie di indizi scientifici di cui sono in possesso, e avendo avuto modo di sperimentare su me stesso le sensazioni rispetto ai diversi stimoli, ho dei forti sospetti per pensare addirittura che quelle leggere oscillazioni influiscano concretamente prima sotto l’aspetto neurologico e poi sulla reazione pratica dell’interprete –cioè un’induzione alla spontaneità della reazione successiva mediante processi chimici, che si innescano da un fattore istintivo di una teoria molto nota che sarebbe lunga da spiegare, la cui origine è nella pre-nascita  - questa è la mia tesi chiaramente… come tante altre, in un ambito così complesso e per certi versi ancora misterioso come quello del funzionamento del cervello. Azzardo un po' anch'io.. )

 

 

 

 

Uno degli interventi più belli, nitidi e intelligenti che ho letto da quando ho messo online il forum, grazie, lo penso veramente !

 

Riguardo l'acustica, di recente ho ascoltato l'intepretazione del "Notturno n. 20 op. post di Chopin" su un gruppo facebook che non mi è piaciuta affatto.

La cosa che più non mi piaceva era la scelta del tempo. Tra i vari commenti, alcuni concordavano con il mio pensiero. La replica dell'interprete è stata che il tempo era stato scelto in base all'acustica della sala. Ecco, io credo che ci siano dei margini ben precisi entro i quali non si può uscire. Dire "ho suonato a questo tempo", che era sbagliato, perché l'acustica era pessima, non è una giustificazione. A questo punto mi chiedo se sia giusto sacrificare l'idea e le indicazioni di un compositore nel nome dell'acustica di una stanza. Secondo me no !! Se la stanza suona male non si registra e fine del problema. Non a caso, tutta la musica strumentale viene registrata nei famosi "tempi della musica", vedi la Carnagie Hall, ma anche i grandi studi di registrazione. Sono degli ambienti tarati per avere un ben determinato tempo di riverbero e restituiscono un certo colore allo stesso. Non si può suonare un notturno come si suonerebbe una rapsodia solo in nome di eccessivo/poco riverbero della sala. Scherziamo ?

 

Riguardo gli aspetti psicologici dell'interprete a fronte di una buona acustica e un buon pianoforte posso confermare al 1000% secondo la mia esperienza. 

 

L'acustica specialmente svolge un ruolo fondamentale a livello psicologico. Se devo suonare in un ambiente con una buona quantità di riverbero mi sento più a mio agio e sono portato ad abbandonarmi completamente alla musica, se poi il pianoforte ha un buon timbro l'accoppiata è completa e mi viene naturale rendere tutto più cantabile. Se osserviamo più da vicino la cosa è un po' quello che succede al cantante quando deve registrare in studio. 

Di norma i cantanti richiedono sempre un po' di riverbero in cuffia, si sentono a loro agio in questo modo e cantano oggettivamente meglio. 

Tornando ai pianoforti, invece, a prescindere dalle registrazioni, trovo che le accordature dei pianoforti da concerto di 30 anni fa fossero nettamente superiori a quelle odierne. Personalmente quando ascolto anche una sola nota uscita dal pianoforte di Horowitz quel suono mi incanta. Paolo una volta mi spiegava che l'accordatore lascia volutamente una corda leggermente sotto per generare un battimento lento che rende il pianoforte più cantabile. Bene, è un peccato che questa pratica sia diventata desueta. 

 

Visto che hai "indizi scientifici" mi farebbe piacere se li condividessi sul forum o anche solo in privato. Sono sempre curioso di leggere trattati di persone che hanno sbattuto la testa su questi argomenti e leggere le loro dimostrazioni, specie se vengono incontro a quello che pensavo pur non avendo approfondito. Grazie. 

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Grazie a te invece, per l’impegno di mantenerci a disposizione questa community, mi spiace solo aver pochissimo tempo per intervenire. Ne voglio approfittare per ringraziare anche il Maestro degli indispensabili suggerimenti tecnici che mi ha dato in questi anni.

Sono perfettamente d’accordo con te. La velocità, per quanto personale e soggettiva, ha sempre un coefficiente temporale abbastanza stretto nel quale si deve stare. Soprattutto su repertori che hanno una vasta discografia, altrimenti “il gioco non vale la candela”. Se poi si raddoppia come se fosse una rapsodia, non sono assolutamente di parte.
Su questo argomento sono idealmente vicino a Celibidache, famosi i suoi tempi lenti, sempre leggermente sotto al coefficiente medio del pezzo.
Non a torto lui diceva che la “lentezza è ricchezza”. Dico “non a torto” per un secondo motivo oltre all’acustica che spesso viene ignorato. Chi come te ha coltivato nel tempo un’ottima sensibilità e dei gusti sottili si è reso conto del magnifico “mondo” degli armonici della “nona ottava”, che si generano per simpatia a partire dalla cassa armonica dello strumento o dell’orchestra.
Questo mondo in un tempo più veloce diventerebbe meno evidente e modulabile, quindi Celibidache ha capito che le composizioni di concezione palesemente lenta (come sono i Notturni) avrebbero avuto un vantaggio concreto sul risultato musicale se suonati un po’ più lenti (mi viene in mente la bellissima direzione del Requiem di Mozart).
Ora alcuni, in maniera molto simile a quello che si è fatto con la linea, usano il nozionismo teorico arbitrariamente senza tenere in considerazione cosa succede alla resa artistica. Così non si tratta più di scelte sensate ma di un culto cieco.
Sulla mia semplice tesi, nessun segreto, l’unico motivo per cui non mi espongo qui è un mio principio, perché dovrei fare una premessa sul contenuto di certi articoli pubblicati su giornali scientifici di rilievo che potrebbe indurre alcuni ad atteggiamenti troppo “liberali” nei confronti dell’opinione e potrebbero diventare soggetti a “credenze” personali, ed è quanto di meno io mi auguro (immagino tu mi possa capire). Non a caso ho usato le parole “azzardo” e “indizi”. Noi ci auguriamo che in questi casi si conservi il beneficio del dubbio. Magari ci sentiremo in privato.

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  • 2 months later...
  • 2 weeks later...

Sono "un po' " d'accordo con Celibidache (intendo Celibidache.... Herr Direktor)

La biografia a sussidio della comprensione della musica è una grande tentazione.

In parte conoscere la vita del compositore nel periodo contingente di una composizione è interessante.

 

Ma... 

 

la musica - l'opera musicale - è sempre qualcosa 'di più', un po' "al di là", oppure "al di sotto", dei meandri e dei casini della vita.

L'opera musicale composta e finita (ma anche ogni poesia e ogni opera di qualsiasi arte) è quel prodotto dove c'è il meglio di chi la creò.

Questo 'il meglio' non è però falsità o menzogna solo perchè l'artista ha le sue tare umane, psicologiche, sociali, comportamentali (alcolismo, avarizia, misoginia, asocialità, arrivismo...)

 

A mio avviso, questa dinamica strana è il miracolo dell'Arte: acqua buona che esce da una fonte impura.

 

[ personalmente lo vedo anche come un incoraggiamento... come dire: anche se non sei er mejo come persona, qualcosa di buono lo combinerai ]

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Da qualche passaggio noto qui e là questo punto di vista sugli eventuali disturbi comportamentali o sulle cattive abitudini degli autori.

 

In pratica è come se essere asociali, misantropi, o depressi e alcolisti, oppure sputacchiare ovunque ci si trovi, possano rendere "impura" una persona.

 

Comprendo che qui da noi, in Italia, a partire dall'età evolutiva, la conoscenza della propria persona e del proprio essere sia il nuovo tabù, la nuova cosa da nascondere e da irridere all'occasione (come lo era un tempo il sesso), ma credo che si stiano gravemente confondendo piani e significati dell'essere senza riuscire a cogliere il senso profondo degli eventi.

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In pratica è come se essere asociali, misantropi, o depressi e alcolisti, oppure sputacchiare ovunque ci si trovi, possano rendere "impura" una persona.

 

Quanta bellezza e sensibilità ed onestà nelle tue parole, caro Celibidache.

 

Così fu per Van Gogh, per Tesla, per Bruckner, solo per citare alcuni esempi.

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