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Piano Concerto - Forum pianoforte

Beethoven al pianoforte: le note di troppo della tradizione e perchè non devi suonarle


Frank
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Mi chiedo come si possa indulgere ancora nel perdere tempo nelle trite e ritrite "nugae" dei complessati vanagloriosi del salotto buono che scrivono di musica, che ne parlano, che compongono zibaldoni interminabili, perché possono fare solo quello, quando l'arte interpretativa è tutt'altra cosa e materia ben più profonda.

 

Cosa importa com'era quel cesso totale di fortepiano di Beethoven?

Cosa importa quel "mi" (su cui si discute da secoli) se poi la sonata viene interpretata in modo inaccettabile?

 

Stiamo perdendo il senso delle proporzioni. La vità è troppo breve per perdersi in dialettica, soprattutto in musica.

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(Ho modificato il post che avevo scritto con la dettatura dell'iPhone perché era pieno di errori)

 

Io sono dell'opinione che non andrebbe MAI modificato il pensiero dell'autore anche se ci sono dei casi limite che hanno sì a che fare con le qualità acustiche e timbriche dello strumento dell'epoca e che sono di natura oggettiva e non dei "se avesse avuto... allora...".

 

Per portare un esempio e restare in Beethoven, alla fine dell'adagio dell'op. 110, prima della ripresa della fuga rovesciata, ci sono degli accordi che vanno fino al fortissimo e poi una linea melodica in sol maggiore che parte dal basso fino agli acuti con un forte in diminuendo, tutto tenuto dal pedale fino alla ripresa della fuga. Ecco in questo caso, chiunque abbia suonato la 110 sa che in quel punto se non si vibra un pochino il pedale per stemperare un po' il suono, quando si arriva a quella linea melodica non si capisce nulla, eppure Beethoven ha scritto di tenere il pedale !

 

Ecco, in questo caso c'è, a mio modo di vedere la cosa, una motivazione oggettiva. I fortepiano di una volta avevano un "volume" ed una curva di inviluppo (tempo di estinzione del suono) decisamente inferiore ai pianoforti di oggi con il risultato che probabilmente quella linea melodica su un fortepiano dell'epoca, nonostante il pedale tenuto ed il fortissimo degli accordi, sarebbe uscita fuori spontaneamente, nei pianoforti moderni il suono resta bello pieno e corposo e copre inevitabilmente. Dobbiamo quindi scindere quelle che sono realmente delle variabili oggettive da quelle che sono scelte. Io credo che se un autore avesse avuto la necessità di raddoppiare le ottave l'avrebbe fatto e, qualora il fortepiano dell'epoca, vista la sua estensione, non l'avesse permesso, avrebbe cercato altre soluzioni. 

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Se posso dire quello che penso, credo che nell'arte non esista "oggettività" come non esista una "tecnica" o qualunque altra sovrastruttura intellettuale di cui, purtroppo, libri e maestri non fanno che proporre continuamente e sistematicamente.

 

L'artista "è". Gli altri semplicemente ci provano, ma senza esserlo.

 

Quindi iniziano a ricondurre tutto a una "scolastica". Grave millenario errore.

 

Quando sento parlare di questi aspetti in musica, mi viene ancora da piangere. Difficile farci l'abitudine.

 

Come si fa a parlare di qualità acustiche di uno strumento se ogni ambiente è diverso, se ogni occasione è diversa, se noi stessi (si spera) siamo ogni volta un pò diversi. Come si fa a parlare di "tocco" se ogni persona (per la sua stessa struttura psicofisica peculiare) ha un suono diverso dall'altra.

 

La matematica è una cosa, l'arte un'altra.

 

Certo, un celebre poeta scriveva "l'ingegnere vuol essere poeta/la mosca studia per rondine/il poeta cerca di imitare la mosca", e tutti vogliamo essere qualcos'altro invece di essere semplicemente noi stessi, ma così non funziona.

 

Anche parlare di pedale vibrato ha poco senso. Ci sono mille modi diversi di "prendere" quel vibrato.

 

Ma, soprattutto, quel passaggio com'è relazionato con tutta l'opera? La musica non è solo una successione di eventi orizzontali.

 

"Qui si fa così, qui si fa colà", ma poi l'interpretazione fa acqua da tutte le parti e nemmeno se n'accorgono.

 

Soddisfatte tutte le "regolette", ora che è "tutto a posto", tutto perfetto, la musica è compiuta, è arte. Col cavolo!

 

 

Citando a memoria (chiedo scusa se c'è un sinonimo o un articolo invece di un altro):

 

"Anche una scimmia può imparare a farlo. Saper suonare il brano non è per diretta conseguenza arte." Andras Schiff

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Se posso dire quello che penso, credo che nell'arte non esista "oggettività" come non esista una "tecnica" o qualunque altra sovrastruttura intellettuale di cui, purtroppo, libri e maestri non fanno che proporre continuamente e sistematicamente.

 

L'artista "è". Gli altri semplicemente ci provano, ma senza esserlo.

 

Quindi iniziano a ricondurre tutto a una "scolastica". Grave millenario errore.

 

Quando sento parlare di questi aspetti in musica, mi viene ancora da piangere. Difficile farci l'abitudine.

 

Come si fa a parlare di qualità acustiche di uno strumento se ogni ambiente è diverso, se ogni occasione è diversa, se noi stessi (si spera) siamo ogni volta un pò diversi. Come si fa a parlare di "tocco" se ogni persona (per la sua stessa struttura psicofisica peculiare) ha un suono diverso dall'altra.

 

La matematica è una cosa, l'arte un'altra.

 

Certo, un celebre poeta scriveva "l'ingegnere vuol essere poeta/la mosca studia per rondine/il poeta cerca di imitare la mosca", e tutti vogliamo essere qualcos'altro invece di essere semplicemente noi stessi, ma così non funziona.

 

Anche parlare di pedale vibrato ha poco senso. Ci sono mille modi diversi di "prendere" quel vibrato.

 

Ma, soprattutto, quel passaggio com'è relazionato con tutta l'opera? La musica non è solo una successione di eventi orizzontali.

 

"Qui si fa così, qui si fa colà", ma poi l'interpretazione fa acqua da tutte le parti e nemmeno se n'accorgono.

 

Soddisfatte tutte le "regolette", ora che è "tutto a posto", tutto perfetto, la musica è compiuta, è arte. Col cavolo!

 

 

Citando a memoria (chiedo scusa se c'è un sinonimo o un articolo invece di un altro):

 

"Anche una scimmia può imparare a farlo. Saper suonare il brano non è per diretta conseguenza arte." Andras Schiff

Beh, allora cambiamo anche le note...tanto anche quelle sono tante

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Ma se è inutile parlarne perchè intervieni?

In effetti non se ne capisce la ragione, il quesito sembra chiarissimo...non c'è scritto da nessuna parte che le note giuste devono essere l'unica cosa che contribuisce in un'interpretazione. Evidentemente parla uno che non ha mai suonato, altrimenti si porrebbe delle domande

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No Celibidache non confondere per favore. Ci sono delle cose che sono oggettive e basta, sulle quali non si può questionare. Su queste cose mi impunto perché qui vengono a leggerci 600 persone al giorno e non voglio che passino informazioni totalmente errate. Il pianoforte di 200 anni fa aveva una curva di inviluppo decisamente inferiore al pianoforte di adesso proprio per questioni costruttive, su questo c'è poco da dire. Quando un compositore scrive qualcosa lo fa anche in base al senso che vuole dare alla frase musicale in relazione allo strumento che sta utilizzando e sono abbastanza sicuro che Beethoven, seppure stesse "avanti" non vedeva nel futuro e non poteva sapere che il suono di una nota che ai suoi tempi durava a dir tanto 30 secondi sfondando la tastiera con una mazzata, nel 2016 potesse durare addirittura un minuto e quaranta secondi, pertanto in un punto dove si passa dal fortissimo al pianissimo in appena una battuta e mezza, se non vibri il pedale, su un pianoforte di oggi non si capisce nulla e sono ultra-certo che il "non capire nulla" non fosse contemplato nelle intenzioni di Beethoven. 

 

Poi non è una questione di scolarizzazione, bisogna fare quello che è scritto in partitura, i compositori sono stati estremamente attenti a mettere tutto quello che serve per non creare ambiguità di interpretazione. Se ognuno in nome dell'arte fa come gli pare allora è inutile che i compositori scrivano in partitura tutto quello che è necessario per comunicare le loro intenzioni ed il loro pensiero !

 

La verità è che qualcuno, in fase di studio, ci arriva a pensare certe cose, qualcun altro vuole fare "arte" senza aver mai concentrato energia e passione su uno spartito e alla fine... Dal basso della sua superbia... "Non fa capire un ca@@o"... :lol:  

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No Celibidache non confondere per favore. Ci sono delle cose che sono oggettive e basta, sulle quali non si può questionare. Su queste cose mi impunto perché qui vengono a leggerci 600 persone al giorno e non voglio che passino informazioni totalmente errate. Il pianoforte di 200 anni fa aveva una curva di inviluppo decisamente inferiore al pianoforte di adesso proprio per questioni costruttive, su questo c'è poco da dire. Quando un compositore scrive qualcosa lo fa anche in base al senso che vuole dare alla frase musicale in relazione allo strumento che sta utilizzando e sono abbastanza sicuro che Beethoven, seppure stesse "avanti" non vedeva nel futuro e non poteva sapere che il suono di una nota che ai suoi tempi durava a dir tanto 30 secondi sfondando la tastiera con una mazzata, nel 2016 potesse durare addirittura un minuto e quaranta secondi, pertanto in un punto dove si passa dal fortissimo al pianissimo in appena una battuta e mezza, se non vibri il pedale, su un pianoforte di oggi non si capisce nulla e sono ultra-certo che il "non capire nulla" non fosse contemplato nelle intenzioni di Beethoven. 

 

Mi sembra inequivocabile...

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Ecco che ci scaldiamo subito senza aver colto il significato del mio parere.

 

Per fortuna che non siamo davanti a una partitura, altrimenti immagino già il macello... Altroché cambiare le note.

 

Non sappiamo neanche cos'è e cosa significa intepretare...

 

Ad ogni modo, quando ci si prende la libertà di dare del superficiale a una persona (che può capitare...), occorre prima capire se abbiamo colto il senso di quanto espresso, altrimenti si fà come con il "carpe diem", che tutti hanno orgogliosamente sulla bocca dieci volte al giorno, ma di cui quasi nessuno conosce il reale significato.

 

La stessa cosa vale per "l'impuntarsi". Oltre al fatto che sono tutte insicurezze latenti, impedisce la propria crescita personale. Se non ci imponiamo ogni giorno di "rivedere e ridiscutere" spontaneamente le nostre posizioni, condividendole con il prossimo, anche quando sono marcatamente divergenti, non scorgeremo mai eventuali inesattezze che, anche nei migliori casi, da qualche parte ci sono sempre.

 

Tutto è perfettibile... Niente è immobile nell'universo.

 

Comunque, chi ha mai detto di cambiare le note? Di certo non io... Anzi, il contrario!

 

Non vi siete accorti che, credendo di essere dalla parte di una sorta di "filologia storicamente informata", di rispetto totale della partitura e del compositore (quanto rispetto sento per Beethoven... Se ne parla sempre come fosse stato un cretino totale...), siete caduti nella tipica cecità del dogmatismo isterico. (atteggiamento peculiare del purtroppo dilagante fondamentalismo religioso)

 

E qui non è diverso.

 

Si spendono infiniti fiumi d'argomentazioni da dibattito aristotelico sulla nota che "forse c'era o non c'era sul fortepiano di Beethoven...", oppure, "Beethoven aveva già provato i Broadwood...avrebbe dovuto saperlo...", arrivando anche a misurare o ad ipotizzare i tempi di decadimento della nota, senza avvertire nessun segnale del fatto che forse stiamo producendo il più profondo e radicale atto di corruzione e di deformazione, per non dire di pervertimento, del contenuto musicale originale.

 

In altre parole, credendo di porci in modo rigoroso e infallibile, in realtà stiamo smantellando Beethoven senza saperlo.

 

E' la superbia degli onniscienti...

 

In realtà, Beethoven (credo lo sappiano anche i muri) non componeva "esattamente per il suo fortepiano" e neppure "per il pianoforte".

 

Beethoven componeva MUSICA e nel caso particolare delle sonate per pianoforte, la sua concezione era fortemente ed intrinsecamente orchestrale e sinfonica. Non è possibile comprendere nulla delle sue composizioni per pianoforte senza avere costantemente in mente le caratteristiche dell'organico dell'orchestra sinfonica e del quartetto d'archi. Altroché tempi di decadimento del fortepiano...

 

Anzi, paradossalmente ed enfaticamente parlando, nelle sonate per pianoforte di Beethoven, l'aspetto meno importante è il pianoforte.

 

Di conseguenza, parlare per decenni se quindi "quel mi" (il cretino) l'avesse messo perché era ubriaco o perché l'aveva visto sui nuovi strumenti, è onestamente sciocco, sommario e da incliti che dovrebbero darsi all'ippica.

 

 

Beethoven è stato il più grande compositore di sempre. Sapeva quello che faceva.

 

E se nella versione data alla stampa (da cui le odierne urtext) una nota c'era o non c'era, vuol dire che COSI' DEVE ESSERE.

 

 

Punto.

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E se nella versione data alla stampa (da cui le odierne urtext) una nota c'era o non c'era, vuol dire che COSI' DEVE ESSERE.

 

 

Forse bisogna conoscere il concetto di autografo, ci sono tanti esempi dove anche dove ci sono gli autografi le note alla fine possono essere diverse e il fatto che a dare la stampa fosse Beethoven e non un altro, poco cambia e non centra neanche niente con il sapere cosa si fa. L'edizione critica dovrebbe andare anche oltre gli autografi (di norma così è) e le osservazioni riportate nel blog mi sembrano ragionevoli.

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Sicuramente hanno qualcosa di OT ma comunque scaturito dal topic principale. Io direi che ancora ci possiamo stare. In ogni caso sta facendo un discorso molto aleatorio. Mi piacerebbe vedere qualche esempio. Il tutto è partito dalla mia osservazione che ci sono alcune cose oggettive ed altre soggettive, pur essendo sempre convinto che l'interprete dovrebbe attenersi scrupolosamente alle indicazioni del compositore  (e lo ripeto, non è scolarizzazione, è cercare di soddisfare le condizioni imposte dal compositore; se ognuno dovesse suonare a modo suo, per come la sente, allora non ci dovremmo meravigliare di quella nona sinfonia a velocità di tartaruga dove tutti abbiamo avuto da ridire). Così a supporto della mia tesi ho portato l'esempio del pedale vibrato nell'Op. 110 ed il discorso che ho fatto è inequivocabile visto che TUTTI i pianisti, Pollini, Brendel e Arrau, ecc. vibrano il pedale, quei pochi che non vibrano, non arrivano al fortissimo indicato da Beethoven ma ad un "quasi forte"... Daltronde se non vuoi arrivare a far capire quella linea melodica o tieni il volume basso prima oppure vibri il pedale dopo. Per quale motivo vibrano il pedale ? Non c'è altra spiegazione che quella relativa alla chiarezza. Se si tiene il pedale non si capisce nulla perché non c'è il tempo necessario affinché il suono si estingua naturalmente. 

 

Ora non ho tempo per dilungarmi ma mi riprometto di tornare sull'argomento un po' più a gamba tesa non appena avrò del tempo a disposizione. 

 

Voglio fare solo uno appunto, così come spunto di riflessione. Proprio perché Beethoven pensava alle sonate per pianoforte come se fossero per organico orchestrale bisognerebbe ricordarsi che gli archi, così come i fiati, hanno inviluppi che possono essere "pilotati" dal musicista. Tenendo la stessa nota posso decidere di partire con il forte e scendere al piano velocemente quanto voglio. Sul pianoforte se suoni una serie di accordi tenuti col pedale che terminano con il fortissimo, in una battuta non c'è modo di far riscendere il suono fino al pianissimo se non vibrando il pedale. 

Ti sfido a suonare quella cellula tenendo sempre premuto il pedale e vibrandolo. Ti accorgerai da solo che nel primo caso avvertirai solo una gran confusione e che non può che essere nella seconda maniera. 

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Il termine "aleatorio" è frequente tra coloro i quali si ritrovano alla prima lezione di filosofia...

 

Ad ogni modo, quello che volevo dire non è stato ancora colto... ovvio che risulti oscuro.

Per quanto mi riguarda non lo nascondo (siamo ancora in democrazia, no?), l'interpretazione è come l'arte drammatica: non è per tutti.

 

La professoressa del liceo può recitare un passo del Macbeth, conoscerne l'intima struttura, ma questo non fa di lei un'attrice.

 

L'errore cruciale è pensare che sulla partitura ci sia tutto, nei minimi dettagli.

 

E' da questo assunto che poi saltano fuori i "Cobra" della situazione, non dalla libertà interpretativa.

 

La musicalità e la sensibilità interpretativa sono un DONO che trascende e prescinde lo studio e la tecnica.

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Infatti mi ritengo un uomo di scienza, non un filosofo, e menomale !! Se poi gli argomenti sono questi, professore... Io penso che per poter dire che gli altri sono alla prima lezione di qualunque cosa bisognerebbe avere un minimo di credibilità. Io mi presento con nome e cognome, qualche cosina l'ho pubblicata, qualche video l'ho messo online, qualche concerto l'ho fatto... Non dico di avere una credibilità ma per lo meno ci metto la faccia. Tu, che lanci frecciate dietro ad uno schermo chi sei? Cosa hai fatto? Perché quello che dici tu dovrebbe essere più credibile rispetto quello che dicono gli altri? Al momento stiamo discutendo con un fantasma.
Se uno scrive 10 messaggi e in un forum di accademici non prende neanche un like, io, da uomo di scienza, comincerei a pormi delle domande. Evidentemente il filosofo invece ritiene di essere una spanna sopra agli altri e quello che dice lui è legge e gli altri sono poveri co@@@ni. D'altronde se vuoi la ragione, penso che siamo tutti d'accordo nel dartela seguendo il proverbio... Ahahah

Poi non aver paura che chi legge si farà la propria opinione su di te, su di me e sugli altri.

 

Comunque tanto per chiudere in bellezza, dopodiché smetto di scrivere perché la questione sta veramente rasentando il ridicolo... Allego questa bella immagine... Magari io sarò anche un coglione ma, secondo la tua linea, Casella dev'essere stato più coglione di me... Ciao bello...

 

 

 

 

Schermata 2016-03-14 alle 19.41.04.png

 

 

 

Leggere alla nota ( b )

 

Schermata 2016-03-14 alle 19.41.36.png

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