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Piano Concerto - Forum pianoforte

Beethoveniani, è uno scherzo ?


stefano
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A mio avviso questo dipende relativamente dal compositore.

Il compositore fa il suo mestiere e lo fa in base a quei parametri che lui ritiene più in linea - come avrebbe detto Beethoven - con la sua "musa ispiratrice",

L'educazione alla musica - come a tutta la cultura del resto - dipende invece innanzi tutto, da chi governa e da chi ricopre ruoli di acculturamento generale in una società.

Se ci aspettiamo che venga dal basso ... aspettiamo un pezzo. Anzi: requiem aeternam!

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Il compositore fa il suo mestiere e lo fa in base a quei parametri che lui ritiene più in linea

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> L'educazione alla musica - come a tutta la cultura del resto - dipende invece innanzi tutto,

> da chi governa e da chi ricopre ruoli di acculturamento generale in una società.

 

Certo, però...

 

Io capisco di più chi ha iniziato a fumare negli anni '50 rispetto ad uno che inizia oggi. Capisci che non regge la scusa "non lo sapevo", etc.

 

Per me per la cultura è lo stesso, mediamente una persona normale di OGGI è laureta (nessuno più si ferma alla terza elementare); se uno non capisce che l'autonomia (in tutti i campi) si acquisce conoscendo, comprendi che non può essere un problema di chi cerca di essere meno ignorante possibile?

 

Diciamo che

> Se ci aspettiamo che venga dal basso

 

Oggi come oggi, tanto meno "Se ci aspettiamo che venga dal governo". Troppo comodo aspettare sempre gli altri...sei laureato ("tu maiestatis")? E non hai ancora capito che serve "CONOSCERE"?

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E' un discorso assai complesso caro Frank. In realtà un qualcosa del genere lo affrontammo anche in passato in un altro forum, se ti ricordi.

Certo: teoricamente una maggiore scolarizzazione avrebbe dovuto portare ad un acculturamento generale maggiore e dunque ad una maggiore consapevolezza, ricerca, amore di ciò che è alla base del nostro comune sapere.

 

In realtà così non è stato! E sul perché così non è stato ci si può tranquillamente sbizzarrire e ogni risposta - naturalmente pertinente - può essere giusta e calzare almeno in parte.

 

Almeno in parte perché appunto non c'è una risposta unica e decisiva, e tutto quello che possiamo dire in merito è comunque sempre relativo e non assoluto.

 

Fatto sta che noi ci troviamo in una sorta di impasse: dal basso la cosa non può nascere e chi, dovrebbe agevolare una rinascita culturale, non ha le capacità o i mezzi per farlo.

 

Dunque, come uscirne? Lasciare che tutto vada per la sua strada e cioè ad una deriva della nostra cultura o provare a cercare di invertire la rotta, ognuno in base alle sue possibilità e capacità!

 

Domanda retorica per me! Ovvio che opto per la seconda soluzione, salutando per altro ogni segno che, provenendo dall'alto mi dica che qualcosa sta cambiando in meglio.

 

Piccolo esempio: fino a pochissimo tempo fa chi avrebbe immaginato che ci sarebbe stata una rete Rai televisiva dedicata alla cultura e anche alla musica colta? Alzi la mano!

 

Oggi c'è ed è Rai 5! Molto migliorabile certamente ma c'è!

 

Altro esempio: fino a poco tempo fa chi avrebbe pensato che ci sarebbero stati dei governanti che parlavano di cultura? Alzi la mano!

 

Oggi ci sono! E so già cosa diranno molti di voi: solo chiacchere. Ebbene andate a domandarlo, ad esempio all'Accademia Musicale pianistica di Imola se sono veramente solo state chiacchere o se per loro - e chi come loro - qualcosa non sia veramente cambiato in meglio.

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Discussione interessante, soprattutto per le domande che suscita. Non posso non condividere l’opinione di Daniele Scarpetti: il posto che occupano le None Sinfonie non è sottratto alla musica contemporanea. Meno None Sinfonie non significa più musica contemporanea. Allo stesso tempo, non posso non condividere l’opinione di Natan: che senso ha buttare dei soldi per una Nona Sinfonia come questa? Volendo, come scherzo può anche essere divertente, ma ne vale la pena? Del resto, è altrettanto evidente che questo scherzo funziona – se funziona – solo se applicato a una icona come la Nona Sinfonia di Beethoven e non, poniamo, alla quarantatreesima Sinfonia di Sammartini (dico un numero a caso, non l’ho mai ascoltata la quarantatreesima Sinfonia di Sammartini!).

 

Piuttosto mi chiederei: è meglio buttare i soldi per l’ennesima pessima versione della Nona Sinfonia di Beethoven oppure per la prima assoluta di un pessimo brano appena scritto?

 

Teniamo anche presente che la Nona Sinfonia, tutto sommato, non risente troppo di pessime esecuzioni, perché tutti ne conosciamo ottime versioni, e in ogni caso ha il suo statuto di capolavoro che nessuno può discutere. Invece cosa succede con una interpretazione approssimativa – o pessima – di un nuovo lavoro, che non sappiamo se è buono o meno?

 

Mi chiedo anche – leggendo quanto scrive Terenzio – cosa succede effettivamente quando a concerto ascoltiamo un pessimo Beethoven, oppure un pessimo Mozart (e Mozart in particolare, quant’è difficile ascoltarne una versione sensata!). Tipica critica alla Adorno: il pubblico esce di sala anestetizzato e soddisfatto, in realtà non ha capito nulla; o magari gli “esperti” commentano che i legni erano squilibrati rispetto agli archi (i due atteggiamenti sono in fondo le due facce della stessa medaglia). Eppure la grandezza di Beethoven e di Mozart e di Mendelssohn e di Brahms rimane indiscutibile, no? E giustamente i Direttori artistici continueranno a programmarli.

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Mi chiedo anche – leggendo quanto scrive Terenzio – cosa succede effettivamente quando a concerto ascoltiamo un pessimo Beethoven, oppure un pessimo Mozart (e Mozart in particolare, quant’è difficile ascoltarne una versione sensata!).

Quando dicevo "Questo si può leggere in tanti modi. Idee? (Conseguenze?)", pensavo anche a questo.

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Piuttosto mi chiederei: è meglio buttare i soldi per l’ennesima pessima versione della Nona Sinfonia di Beethoven oppure per la prima assoluta di un pessimo brano appena scritto?

 

Io invece ho spostato il discorso leggermente più in la; perchè questo è il mio discorso e parafrasandoti:

 

è meglio buttare i soldi per l’ennesima pessima versione della Nona Sinfonia di Beethoven oppure INVESTIRE in una  prima assoluta di un ECCELLENTE (che appunto bisogna saper valutare) brano appena scritto?

 

E' ovvio che se il brano appena scritto è pessimo non si deve eseguire, ma stiamo confrondo carta con performance. Sulla carta si può valutare se un brano ne vale la pena. Appunto, ad essere capaci! Allora nel dubbio meglio eseguire una nona, anche se sappiamo già che verrà fuori una minchiata ... di scherzo

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E' ovvio che se il brano appena scritto è pessimo non si deve eseguire ...

A dire il vero, per me non è tanto ovvio. Non sono tanto sicuro che fra una ennesima pessima Nona Sinfonia e una prima - e ultima - esecuzione di un pessimo nuovo brano sia da privilegiare la Nona Sinfonia (ovviamente stiamo parlando in linea ideale, senza considerazioni “di cassetta”).

 

Aggiungo un’altra cosa, giusto per andare fuori tema, ma riprendendo il discorso “cosa succede effettivamente quando a concerto ascoltiamo un pessimo Beethoven, oppure un pessimo Mozart”. Non è capitato anche a voi, ascoltando proprio le interpretazioni più improbabili o più indifendibili, di notare in una musica conosciutissima qualcosa di oggettivo ma anche inaudito e soprendente e magari entusiasmante o rivelatorio? E questo nonostante la pessima intepretazione - o forse proprio a causa della pessima interpretazione - come quella di questo Scherzo.

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Dopo due giorni di profonda riflessione credo di aver colto il senso profondo di questa esperienza artistico-esistenziale: questo giovinetto ha male interpretato il consiglio datogli dal suo terapeuta-sessuologo: "vai piano e batti lento per raggiungere la gioia finale"

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(Massì... Chiudiamo tutti i teatri che di quelle rotture infinite e noiose non ne possiamo più...)

 

Più che altro lasciamo spazio all'arte a 360° e non solo ai soliti pezzi che fatturano :)

 

PS

Eppoi la musica è TUTTA interpretata, il lavoro è sempre lo stesso pure per i brani scritti nel 2016 ;)

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La musica dell '800 è musica dell' '800, tant'è che non risponde più all'esigenza dell'uomo moderno ma ad un minuscolo sottinsieme di ascoltatori "affezionati" e nostalgici. (Discorso che vale ovviamente anche per la musica del '900).

 

Scusa ma...  quale sarebbe questa «esigenza dell'uomo moderno» a cui un'opera (tutte?) composta in epoche precedenti non sarebbe più in grado di rispondere???

 

Poi, personalmente, io non l'ho mai sentita questa «musica dell'800».

Ho sentito Schumann, Brahms, Chopin, Mendelsshon, Mahler, che rispondono tutti alla mia sensibilità. Forse sono di bocca buona, forse non ho esigenze da «uomo moderno», ma ti assicuro che non vado in giro con un parrucca alla Mozart e che la mia piazza preferita a Milano è Piazza Gae Aulenti (se questo può deporre a mio favore).

 

[Nulla da aggiungere - ne da togliere - su quello che è diventato il tema principale della discussione e sui cui sto leggendo contributi interessanti]

 

P.S. non è il mio caso, ma ci sono molti uomini moderni - con casini moderni -  a cui il Gregoriano e il canto Ambrosiano serve ancora molto.

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Piuttosto mi chiederei: è meglio buttare i soldi per l’ennesima pessima versione della Nona Sinfonia di Beethoven oppure per la prima assoluta di un pessimo brano appena scritto?

 

 

Mi chiedo anche – leggendo quanto scrive Terenzio – cosa succede effettivamente quando a concerto ascoltiamo un pessimo Beethoven, oppure un pessimo Mozart (e Mozart in particolare, quant’è difficile ascoltarne una versione sensata!). Tipica critica alla Adorno: il pubblico esce di sala anestetizzato e soddisfatto, in realtà non ha capito nulla; o magari gli “esperti” commentano che i legni erano squilibrati rispetto agli archi (i due atteggiamenti sono in fondo le due facce della stessa medaglia). Eppure la grandezza di Beethoven e di Mozart e di Mendelssohn e di Brahms rimane indiscutibile, no? E giustamente i Direttori artistici continueranno a programmarli.

Il punto è che sia nel caso dell'ennesima Nona, sia nel caso del nuovo brano, lo sappiamo dopo se sono pessimi o no, non prima e, dunque, solo dopo possiamo dire se abbiamo buttato via i nostri soldi o li abbiamo spesi bene.

Ma poi, scusami, c'è un po' di differenza fra il "pessimo" dato all'ascolto di un brano di repertorio e un  "pessimo" dato ad un'opera che ascoltiamo in prima assoluta.

Nel primo caso quel pessimo è rivolto, non all'opera che è ormai consacrata, ma all'interpretazione data. Nel secondo, non avendo pietre di paragoni, il giudizio è inevitabilmente alla musica che può piacerci o no.

Solo eventualmente riascoltandola, con altra interpretazione, potremmo anche cambiare il nostro giudizio. O no?

 

Prendiamo ad esempio questa interpretazione della Nona che io continuo a pensare artefatta.

 

Se La Nona fosse stata in origine eseguita così, vale a dire con le stesse note, la stessa strumentazione ma con tempi metronomici di tal genere, sarebbe .... orribile. Almeno, a me tale appare. (Beethoven era già sordo fra l'altro e non se ne sarebbe neanche accorto :D )

Ma se poi, qualcuno un giorno l'avesse poi  interpretata così, come solitamente l'ascoltiamo, ci accorgeremmo che  è ... quel capolavoro che è!

Gli ascoltatori a teatro - o "esperti" - hanno reazioni veramente diverse a seconda delle varie interpretazioni: si va dall'entusiasmo più sfrenato, ad applausi di convenienza , ai fischi e buuu. E' sicuro che questo ultimo atteggiamento è più probabile nella lirica che nella sinfonica, ma ho assistito a concerti sinfonici con applausi veramente glaciali e altri, assolutamente calorosi: ed era la stessa musica, lo stesso compositore.

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Solo eventualmente riascoltandola, con altra interpretazione, potremmo anche cambiare il nostro giudizio.

 

Quell'eventualmente è in realtà una ipotesi molto remota: la musica, oggi, non ha praticamente mai una seconda possibilità.

 

Oppure, giusto per fare un altro esempio - ma il discorso è analogo - anni che vado in Conservatorio, e sempre da qualche aula si sentono risuonare le stesse battute della Patetica di Beethoven! Generazioni di studenti che si dannano sul medesimo passaggio ... e giustamente ogni studente di pianoforte che si rispetti vorrà suonarla pure lui ...

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Più che altro lasciamo spazio all'arte a 360° e non solo ai soliti pezzi che fatturano :)

 

PS

Eppoi la musica è TUTTA interpretata, il lavoro è sempre lo stesso pure per i brani scritti nel 2016 ;)

 

Questo principio dovrebbe essere sempre rispettato. Purtroppo devi considerare che oggi è molto difficile "fatturare" a prescindere.

 

Siamo alle prese con un secolo oscuro e se chiamiamo un grande interprete (che significa spendere soldi tra lui e servizio strumenti), non possiamo chiedergli di fare solo repertorio moderno e contemporaneo, poiché gli effetti li conosciamo già... e il pubblico avrebbe anche ragione.

 

 

E poi che senso ha dividere ancora in periodi... La musica va fatta, non discussa.

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vado in Conservatorio, e sempre da qualche aula si sentono risuonare le stesse battute della Patetica di Beethoven! Generazioni di studenti che si dannano sul medesimo passaggio ... e giustamente ogni studente di pianoforte che si rispetti vorrà suonarla pure lui ...

 

Lo studio è una cosa, diventare grandi interpreti è un'altra...

 

Quando si va all'università (per esempio) tutti si studiano anatomia sugli stessi libri di un tempo.

 

La stessa cosa accade nella musica... non ci si deve sentire disturbati se l'ennesimo studente suona (male) la patetica.

 

 

Tuttavia, nell'arte (e non solo), aver studiato non significa riuscire a fare arte per diretta conseguenza.

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Semmai il suono non lo conosce nessuno!

 

Se Celibidache mette sulla bilancia l'effetto e la nona, compara mele con pere. Semmai si compara effetto con suono: per cui  li conosciamo già...per cui Celibidache il pubblico avrebbe anche ragione a stufarsi e soprattutto con ola nona perchè se proprio vuoi comparare la musica del classicismo con un inedito, forse è il caso che il pubblico con un inedito non avrebbe nessuna ragione di stufarsi; no nsi tratterebbe di riascolto ma di ascolto. Per cui?!

 

Se la mettiamo in questi termini caro Celibidache...

 

 

Forse meglio mandare a pare il discorso da altre parti.

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Io penso che il vero problema è educare il pubblico alla musica contemporanea e questo lo si può fare solo per gradi.

Che senso ha organizzare un concerto tutto di musica contemporanea e avere la sala vuota?

A parte le questioni economiche, se la sala è vuota non ho educato proprio nessuno.

Ben vengano i concerti che accanto a compositori di richiamo (Beethoven, Mozart, ecc.) inseriscono qualcosa di nuovo.

Pian piano il pubblico si abitua e si incuriosisce.

Daniele ha fatto il caso di Bologna ed io ho parlato di Santa Cecilia.

Quest'anno il maestro Pappano ha approfittato del ciclo delle sinfonie di Beethoven per inserire dei biscottini a dire il vero prelibati.

Con la nona ha messo Francesconi, con l'ottava Sollima e con la terza Nieder in prima esecuzione assoluta (su commissione di S. Cecilia).

L'unica strada praticabile per una società di concerti è questa. Tutto il resto dovrebbe nascere al di fuori delle sale da concerto (scuola, RAI, ecc.)

Io vedo i risultati sul mio sito. Accanto ai cataloghi dei soliti noti sto inserendo gli italiani meno noti al grande pubblico.

Chi conosce, al di fuori di una cerchia musicalmente acculturata, il nome di Sgambati, di Martucci o più semplicemente di Casella o di Dallapiccola?

Seguendo sulle statistiche del sito, i percorsi dei i miei visitatori vedo che quasi tutti entrano con una domanda fatta su Google relativa a qualcosa dei soliti noti poi girando scoprono un certo Malipiero e si soffermano incuriositi.

Se sul sito ci fossero solo Malipiero, Casella, ecc. non entrerebbe nessuno.

Per curiosità la pagina più gettonata è il testo del Requiem di Mozart.

Ho pensato più volte di inserire qualche vivente ma avendo una sola persona in redazione (io), diventa troppo complicato seguire l'evoluzione del suo catalogo.

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Ben vengano i concerti che accanto a compositori di richiamo (Beethoven, Mozart, ecc.) inseriscono qualcosa di nuovo.

Pian piano il pubblico si abitua e si incuriosisce.

 

Umberto Eco diceva che i libri parlano fra loro a distanza di tempo.

 

... e se questo è vero per i libri, altrettanto non può che esserlo anche per le partiture musicali.

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