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Piano Concerto - Forum pianoforte

Beethoven e il caso del vero maestro del genio: “Il veneto Luchesi oscurato.


Dino
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Secondo me è inutile patriottismo per acchiappare tre lettori in più..   Questo giornalista non è la prima volta che scrive bidonate.. 

 

Addirittura scrive: 

La nazione austriaca, pur essendo in assoluto la più potente al mondo (nel primo Ottocento), non possedeva fino a quel momento compositori autoctoni di fama. Da qui la necessità di costruire a tavolino ‘una tradizione':Haydn-Mozart-Beethoven

 

 

Ma per piacere.. Non che Luchesi sia secondario nella vita di Beethoven, ma tutto quello che è scritto è il giudizio di un arcivescovo (manco fosse un altro musicista..) riguardo gli esercizi di Beethoven 

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Questa storia non è affatto nuova; diversi anni fa, fu Giorgio Taboga (professore veneziano, a quanto mi risulta conoscitore di musica e musicologia ma non musicologo di professione) ad affermare non solo che Luchesi avrebbe avuto una grande importanza nella formazione del giovane LVB, ma addirittura che ci sarebbe stato un complotto per cancellare ogni traccia di questo importante autore italiano a favore della "Scuola di Vienna". Il suddetto pubblicò anche alcuni libri, tesi a smontare la figura "mitica" di Mozart, nel tentativo di "dimostrare" (così almeno sosteneva) non solo la vera dinamica della sua morte (una questione di corna...) ma anche che molte delle più celebri opere di Mozart sarebbero state in realtà scritte da Luchesi e vendute a Mozart, e lo stesso sarebbe vero per molte composizioni di Haydn. La questione è stata lungamente trattata anche in alcuni forum di musica; la polemica si è improvvisamente interrotta alla scomparsa del prof. Taboga (ottobre 2010); non mi pare di aver sentito ulteriori sviluppi della faccenda, anche se il figlio Agostino appare nel programma di una lezione-concerto organizzata nel 2012 dall'associazione Sergio Gaggia: in tale occasione egli viene presentato come "il massimo esperto del compositore veneto" (cioè Luchesi).

Concordo con quanto affermato nella risposta precedente: è giusto rivalutare musicisti per qualche motivo dimenticati (e Luchesi non è certo l'unico), ma la tesi della diffusione delle proprie opere sotto altri nomi mi pare un po' azzardata: tutto si fonderebbe sul "Fondo Estense", cioè una raccolta di manoscritti musicali conservati a Modena, giunti lì da Bonn (da dove erano stati frettolosamente trasportati in occasione di un'invasione): Taboga sosteneva ad esempio che certe sinfonie di Mozart si trovavano lì prima della data "ufficiale" di composizione, e la "prova" di ciò sarebbe la carta usata che è antecedente. Però è impossibile stabilire l'esatta datazione di questi manoscritti, che potrebbero benissimo essere copie fatte su carta acquistata molto prima (visto che all'epoca non esisteva IMSLP, l'unico modo per avere una copia di un'opera non stampata era procurarsene un manoscritto e mettere qualche copista a lavorare...) 

 

Ciao

Gino

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Da parte mia confermo in toto quanto la cronaca degli eventi scritti da Gino.

 

Venendo poi ai fatti riguardanti la vita e la formazione di Beethoven è doveroso premettere che le testimonianze dirette e indirette a noi pervenute, non ci consentono di esprimere categoriche certezze su questo caso  e, dunque, solo la scoperta di nuove rivelazioni certe potrebbe fare cambiare il pendolo della storia in un senso o nell’atro e, per il resto, sono tutte supposizioni se non illazioni.

Come stanno dunque le cose allo stato attuale in materia di maestri di Beethoven?

Fu certo che la prima formazione musicale del futuro genio di Bonn avvenne nella casa paterna. La prima apparizione musicale in pubblico di Ludwig avvenne il 26 marzo 1778. In quell'occasione, fu presentato come un bambino di soli cinque anni pur avendone già sette: Johann ricorse a questo espediente per dare ancor più l’idea che suo figlio fosse un bambino prodigio e  il piccolo Ludwig  eseguì diversi concerti per clavicembalo e trii.

Dopo i primi rudimenti musicali, il padre, capì finalmente che per poter veramente far crescere il figlio, era necessario che egli avesse un vero maestro. Le prime lezioni gli vennero impartite da un amico del genitore, Tobias Pfeiffer, direttore musicale ed oboista in bande militari. Questi ebbe in comune con Johann l'amore per l'alcol ed essendo senza fissa dimora, venne ospitato per un certo periodo in casa Beethoven.

Seguì, dopo la sua dipartita, l'organista di corte e direttore del teatro di Bonn: Ëgidius Gilles van den Eeden. Alla morte di costui, avvenuta nel 1782, gli successe in quella carica Christian Gottlob Neefe che arrivò nella città renana nell’ottobre 1779. Le varie biografie beethoveniane lo indicano come primo maestro di Beethoven e, alcuni affermano, che i suoi insegnamenti incisero veramente sulla sua prima formazione compositiva. Ma, questa tesi però, non fu affatto suffragata da quanto scritto negli appunti del dottor Franz Gerhard Wegeler, amico molto intimo di Beethoven fin dal 1782 e a cui si devono, assieme agli appunti di Ferdinand Reis, compositore e amico anche questi di Beethoven, le prime note biografiche pubblicate nel 1838. Scrisse infatti il dottor Wegeler: «(...) Neefe (...) influì modestamente nell'educazione musicale del nostro Ludwig, il quale anzi lamentò le critiche che quegli, con eccessiva severità espresse riguardo ai suoi primi tentativi di composizione.(...)». (Franz Gerhard Wegeler/Ferdinand Ries: Beethoven. Appunti biografici dal vivo. Moretti e Vitali editore)

E, in questo discorso si è inserita, in quest'ultimi anni ad opera di alcuni studiosi italiani – fra cui spicca molto autorevolmente anche Luigi della Croce –la tesi che il maestro che veramente svolse il ruolo principale nella prima formazione musicale di Beethoven fu Andrea Luca Luchesi che, nella sua qualità di Kappelmeister, fu diretto superiore dello stesso Neefe. La motivazione di questo misconoscimento nei suo confronti da parte dei tanti biografi beethoveniani, a detta dei sostenitori di questa tesi, sarebbe dovuta in gran parte a quello che è un vizio di fondo tipicamente tedesco: non voler (poter) ammettere che l’insegnate principe di quello che è stato uno dei massimi geni della musica tedesca e universale sia stato un italiano o “welche” (terrone), come i teutonici amano definire gli abitanti del Bel Paese. A detta sempre dei sostenitori di questa tesi, lo stesso Beethoven, nascose tutto ciò perché avrebbe avuto nei confronti del Luchesi , delle remore di carattere personale, visto che egli succedette come Kappellmeister a Ludwig van Beethoven senior, soffiando questo posto proprio a suo padre, Johann.

La tesi che Neefe sia stato il maestro principale di Beethoven fu suffragata però invece da un articolo che apparve il 2 marzo 1783 sul Magazin der Musik a firma di Carl Friedrich Cramer: «(...) un ragazzo (...) dal talento molto promettente. Suona il pianoforte in modo molto spedito e con forza, legge molto bene a prima vista (...) principalmente il Clavicembalo ben temperato di Sebastian Bach che gli è stato dato dal signor Neefe (...) che (...) gli ha anche impartito qualche lezione di basso continuo. Adesso lo fa esercitare nella composizione, per incoraggiarlo, ha fatto pubblicare a Mannheim 9 variazioni composte da Beethoven per pianoforte. Questo giovane genio merita un sussidio perché possa viaggiare. Diventerebbe senz'altro un secondo Wolfgang Amadeus Mozart.». (H. C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il mondo in documenti e immagini d'epoca. Rusconi editore)

Inoltre, Beethoven avrebbe poi scritto una lettera – il condizionale è d'obbligo in quanto la lettera originale è andata perduta e ne esiste una copia non di mano beethoveniana – databile in un periodo che va dalla fine di ottobre 1792 al 26 ottobre 1793 di ringraziamento a Neefe: « La ringrazio per tutti i consigli che mi ha prodigato perché io avanzassi nella mia arte. Se un giorno diventerò un grand'uomo, sarà anche per merito Suo, ciò le farà più piacere in quanto ne può star sicuro.» (Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandenburg. Skira editore)

Il dottor Wegeler, più volte nei suoi appunti affermò di aver riportato solo ciò su cui fu veramente sicuro e, il suo giudizio su Neefe, sembra abbastanza chiaro e perentorio. Il fatto poi che la lettera di ringraziamento da parte di Beethoven nei confronti di Neefe, non sia pervenuta a noi nel testo originale, aumenta i numerosi dubbi a tal proposito.

Il 2 marzo 1783 Beethoven entrò nell'orchestra come clavicembalista e, in questo, sembra che Neefe giocò un ruolo veramente strategico. Sempre su consiglio dello stesso maestro, Beethoven prima del 14 ottobre scrisse quella che fu la prima lettera a noi pervenuta del suo epistolario. Il destinatario fu il principe elettore Maximilian Friedrich e, lo scopo, fu quello di cercare la sua benevolenza e quei denari che gli sarebbero serviti per poter viaggiare e per poter crescere musicalmente. A tal scopo annunciò al principe la dedica delle tre Kurfürstensonaten.

Nel 1784, a dispetto del catalogo musicale che si arricchì di una sola opera a noi giunta per di più in stato incompleto, la vita musicale di Beethoven fu molto importante. Egli diventò in forma fissa – funzione che svolse fino alla sua partenza per Vienna il 31 ottobre 1792 – vice-organista della corte di Bonn che, proprio in quell'anno, il 15 aprile, vide la morte del suo principe elettore Maximilian Friedrich e la successione al suo soglio di Maximilian Franz che ebbe un grande amore per la musica. Su di lui così scrisse il Beitrage zur Ausbreitung nutzlicher Kennynisse del 20 agosto: «(...) Il gusto si affina ogni giorno di più (...)». (H.C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il suo mondo in documenti e immagini. Rusconi Editore) Maximilian Franz chiese, subito dopo il suo insediamento al suo segretario, un rapporto dettagliato sullo stato e il valore dei musicisti presenti alla sua corte. Questa sorte di promemoria gli fu consegnata il 25 giugno. Il documento affermò, fra l'altro, che Christian Gottlob Neefe poteva essere tranquillamente esonerato dalla funzione di organista «(...) perché non particolarmente dotato (...) Ludwig van Beethoven (...) non ha stipendio ma si è occupato dell'organo durante l'assenza del Kapellmeister Luchesy; ha buone capacità, è ancora giovane, di buona e tranquilla condotta e povero (...)». (H.C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il suo mondo in documenti e immagini. Rusconi Editore)

Da annotare che, proprio due mesi prima della morte del precedente principe elettore Maximilian Friedrich, Beethoven gli spedì una lettera di supplica perché gli accordasse un aumento. Lettera che venne poi rafforzata il 23 febbraio da un'altra, spedita sempre al principe elettore, da Sigismund conte dell'impero di Salm e Reiffrerscheid, primo maestro di corte e intendente musicale, dove scrisse: «(...) il supplicante ha dato in passato sufficienti prove di abilità e capacità nel suonare l'organo di corte in seguito alle frequenti assenze dell'organista Neefe, sia nel quadro delle prove di pezzi per il teatro sia in altre occasioni (...). Tenuto conto di quanto sopra, ritengo che il supplicante meriti il titolo di vice-organista di corte, nonché il piccolo aumento che Vostra Grazia Illustrissima vorrà magnanimamente accordargli. (...)». (H.C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il suo mondo in documenti e immagini. Rusconi Editore)

Da notare la discrepanza che esiste fra il testo del conte Sigismund che fa riferimento alla sostituzione di Neefe e quello del segretario che, invece, scrisse di sostituzione del Kapellmeister Luchesi: sembrano fatti apposta per dare adito ai dubbi di cui ho già accennato circa colui che fu il vero maestro di Beethoven in quegli anni a Bonn.

Comunque sia, il principe elettore Maximilian Friedrich, fu però sordo a queste richieste e non accordò l'aumento, cosa che fece invece, il suo successore Maximilian Franz, dopo aver letto il rapporto del suo segretario: 150 fiorini, somma che Beethoven ricevette dal successivo anno, in cui avvenne in maniera formale la nomina ufficiale come vice-organista.

L’ultima testimonianza su Luchesi a noi pervenutaci nel rapporto con Beethoven è relativa ai Quattordici righi musicali tutti scritti in chiave di basso, tranne il primo, in chiave di violino, su “Le lamentazioni del profeta Geremia”, la cui datazione può essere compresa fra il 1790 e il 1792. Ci racconta Franz Gerhard Wegeler che, nel periodo quaresimale, venivano tradizionalmente eseguite ed erano costituite da: «(...) brevi frasi, della lunghezza da quattro a sei righe, eseguite a mo' di corale, ed aventi ognuna un particolare ritmo (...)» Il compito di accompagnarle toccò a Beethoven il quale chiese a Heller – il cantante che le dovette intonare – se poteva provare a mandarlo fuori tono. Heller accondiscese, probabilmente credendo che Beethoven non ne sarebbe stato capace di farlo. Il compositore eseguì un «accompagnamento fortemente modulante» (Franz Gerhard Wegeler/Ferdinand Ries: Beethoven. Appunti biografici dal vivo. Moretti e Vitali editore) riuscendo nel suo intento.

La reazione fu di sbalordimento da parte del Kapellmeister Andrea Luchesi  presente al fatto. Dal canto suo Heller reagì in malo modo: denunciò la cosa al principe elettore che, nonostante avesse riso dell'episodio, fu costretto ad ordinare un «accompagnamento meno elaborato»(Franz Gerhard Wegeler/Ferdinand Ries: Beethoven. Appunti biografici dal vivo. Moretti e Vitali editore)

Alexander Wheelock Thayer indicò la quaresima del 1790 come la più probabile delle date in cui avvennero questi fatti ed è molto probabile sia così. Questo anche perché Franz Gerhard Wegeler nel descrivere il fatto così si espresse: «(...) Beethoven diede per la prima volta all'orchestra prova del suo talento in modo casuale (...)» (Franz Gerhard Wegeler/Ferdinand Ries: Beethoven. Appunti biografici dal vivo. Moretti e Vitali editore) e mi sembra assai improbabile che questa prima volta sia avvenuta prima o dopo, nei restanti due anni di permanenza a Bonn.

Veniamo dunque ora al caso Haydn. Il rapporto di Beethoven con l’anziano compositore fu molto controverso e contraddittorio. Nel primo anno, il 1793, i loro rapporti furono, comunque, generalmente contrassegnati da una certa amicizia: lezioni due volte la settimana e frequentazione che andò anche oltre un normale rapporto alunno-maestro. Questi rapporti cambiarono però a fine novembre, dopo che Beethoven, in piena crisi creativa, cercò di spacciargli per nuove alcune opere già composte invece a Bonn. Il perché di questa crisi vanno ricercate, come spesso accadde in Beethoven, in uno stato psicologico negativo, probabilmente anche dovuto alla sua lontananza dal suolo nativo e dagli amici lasciati a Bonn. Sta di fatto che Haydn, partendo per Londra il 19 gennaio 1794 non si portò con sé il suo giovane allievo ma, ad onore del vero, non ci sarebbe da stupirsi se fosse stato lo stesso Beethoven a decidere di non seguire il maestro a Londra, cercando altre strade di studio. D'altra parte è sicuro che anche su un'altra cosa, almeno Beethoven, fu, se non proprio menzognero, assolutamente reticente con Haydn: di nascosto da lui e contemporaneamente alle sue lezioni, ne prese anche da Johann Baptist Schenk perché questi si raccomandò di non dirgli nulla. I contatti con questi, furono avviati tramite Joseph Gelinek, pianista e insegnante che, a sua volta, conobbe Beethoven probabilmente tra la fine del 1792 e l'inizio del 1793, nell'ambito delle disfide fra pianisti che ebbero luogo fin dall'arrivo del compositore di Bonn a Vienna. Gelinek fu sconfitto ma fra i due nacque dapprima amicizia poi, in seguito, nel 1794, per colpa di screzi, probabilmente addebitabili ad entrambi, l'amicizia finì e fu proprio questi che rivelò ad Haydn delle lezioni clandestine con Schenk. Quest’ultimo, nel 1830, scrisse un promemoria in cui raccontò di come avvenne la sua conoscenza di Beethoven. Purtroppo, il suo racconto, risulta molto confuso e contraddittorio, probabilmente per causa dell'età ormai avanzata e dei suoi ricordi ormai annebbiati: «(...) A fine luglio l'Abbé Gelinek mi fece sapere di aver fatto la conoscenza di un giovane che dimostra al pianoforte un'abilità rara come egli non ha più sentito dopo Mozart. Al tempo stesso spiegava che Beethoven aveva iniziato già da sei mesi a studiare contrappunto con Haydn e che era ancora fermo al primo esercizio (...)». (H. C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il mondo in documenti e immagini d'epoca. Rusconi editore)

È del tutto evidente come fosse impossibile che questi eventi fossero avvenuti nel luglio del 1793 e, non solo perché già da otto mesi Beethoven prendeva lezioni da Haydn ma, anche perché, vista la mole di esercizi fatta con Haydn, non sarebbe potuto essere che dopo così tanto tempo fossero ancora al primo esercizio. E dunque quest'incontro fra Gelinek e Beethoven non può che essere avvenuto, come ho già scritto, fra la fine del 1792 – dicembre – e l'inizio del 1793 – gennaio – e cioè circa un mese o due dopo l'inizio delle lezioni con Haydn.

Gelinek presentò Beethoven in quel periodo a Schenk il quale si rese subito ben conto di come stavano le cose ed acconsentì a dare, a sua volta, lezioni a Beethoven: «(...) Ad una semplice scorsa riscontrai in ogni tonalità qualche errore (...). Poiché avevo ormai la certezza che il mio allievo non conosceva le regole basilari del contrappunto, gli diedi il notissimo manuale di Joseph Fux “Gradus ad Parnassum” (...)». (H. C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il mondo in documenti e immagini d'epoca. Rusconi editore)  Ma poi andando avanti nello scritto fu lo stesso Schenk a contraddirsi nelle date: «(...) All'incirca dopo la metà di marzo mi fece sapere che presto si sarebbe recato con Haydn a Eisenstadt e che vi si sarebbe trattenuto fino all'inverno (...)».  (H. C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il mondo in documenti e immagini d'epoca. Rusconi editore) È del tutto evidente che se Gelinek avesse conosciuto a luglio Beethoven, a marzo non poteva certo presentarlo a Schenk.

Il 19 giugno 1793 Beethoven partì per Eisenstadt peraggiungere Haydn che, fin dal mese di maggio, quivi si trovava. Quel giorno Schenk raccontò che si recò da Beethoven per la solita lezione e invece trovò un solo bigliettino – lettera n. 9 - sulla porta: «Caro Schenk, non avrei voluto partire per Eisenstadt, Contavo di poter ancora parlare con Lei. La ringrazio per tutte le cortesie che mi ha usato. Cercherò di ricambiargliele secondo le mie possibilità. Spero di rivederla presto e di poter godere del piacere della Sua compagnia. Addio e non dimentichi del tutto il Suo Beethoven.» (Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandenburg. Skira editore)

Da questo si deduce che le lezioni con Schenk si svolsero fra il marzo e il giugno del 1793 – Thayer-Forbes ritennero fin solo verso la fine d'aprile - e che, al ritorno di Haydn e Beethoven a Vienna fra la fine di luglio e l'inizio d'agosto – e non per l'inverno come sembra avesse preventivato Beethoven con Schenk – queste non ripresero. Tuttavia se si da per buono quanto riportato da Anton Schindler, suo primo biografo, nel 1824, fra Beethoven e Schenk, avvenne un incontro casuale. I due non si erano più rivisti dai tempi delle lezioni e, l'occasione, fu dunque buona per ricordare quei tempi. Così riportò Schindler: «(...) vennero alla memoria anche gli episodi degli anni 1793-94, quando avevano ingannato papà Haydn senza che questi si fosse mai accorto di nulla, e questo ricordo fece scoppiare Beethoven in una sonora risata.(...)». (H. C. Robbins Landon: Beethoven. La sua vita e il mondo in documenti e immagini d'epoca. Rusconi editore)

Se diamo per buono quanto scritto da Schindler, le lezioni con Haydn  avvennero anche al rientro da Eisenstadt e durarono fino alla partenza di questi per Londra il 19 gennaio del 1794.

Alla sua partenza raccomandò al suo allievo di prendere lezioni presso Johann Georg Albrechtsberger. Nel marzo 1795 – ma più recentemente si è fatta avanti un'ipotesi che le posticipa a luglio – terminarono le lezioni presso Albrechtsberger e, sul finire dell'agosto, Haydn ritornò a Vienna dove trovò un Beethoven assai cambiato da come l'aveva lasciato più di un anno e mezzo prima.

Ora, comunque sia o la si voglia pensare, penso comunque che sia assolutamente innegabile quanta influenza abbia avuto la musica di Haydn su Beethoven: basta ascoltare tanti capolavori dell’ultimo Haydn per riconoscerne le ascendenze sul giovane renano.

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Andrea Luca Lucchesi è un compositore che fu ingiustamente dimenticato.

 

il "caso Lucchesi" invece è qualcosa che è stato gonfiato più del consentito (come, con tanta pazienza, hanno giustamente rammentato Gino e Daniele. Grazie a tutti e due!)

 

Benchè il Prof. Taboga non fosse un musicologo, cercò di trarre conclusioni inaudite sulla rilevanza musicale di Andrea Lucchesi. In tutta quella faccenda, che pare ormai archiviata, io - per atto di fiducia - faccio salve:  1) la sua buona volontà/serietà nelle indagini  2) la sua buona fede.

 

A mio parere Taboga peccò di eccessivo rigore matematico nel trarre le sue conclusioni. è utile ricordare che scientifico-matematica fu la sua formazione e dunque tale fu, forse inevitabilmente, anche il suo approccio alle questioni  dell'arte come il "caso Lucchesi/Beethoven".

il suo assunto-base era quella che io definirei una ingenua "filiera della genialità" che parte da Riccati, passa da Lucchesi, arriva a Beethoven.

 

http://itis.volta.alessandria.it/episteme/ep4/ep4tab-it.htm

 

Troppo facili conclusioni! ... La grandezza di un artista (quando è un grande artista) non si spiega fino in fondo in modo solo matematico.

 

Taboga nella sua infatuazione considerò 'capolavoro' ogni nota che Lucchesi scrisse. Ingenuità, certo.

Ma non è stato riservato anche ad altri più illustri di Lucchesi questo giudizio critico di "genialità a prescindere"?

 

Ma il suo Requiem, e altre sue opere, a me paiono molto belle.

 

https://www.youtube.com/watch?v=gdFE8M2Q_Fk

 

 

 

Dunque per me, come ho scritto all'inizio, fu ingiustamente dimenticato.

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