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Piano Concerto - Forum pianoforte

Claudio Abbado parla delle sinfonie di Beethoven


danielescarpetti
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Ovviamente io non conosco quella sala, ma quando ho ascoltato e guardato il video, il mio ricordo è andato, inevitabilmente a quel febbraio 2001, quando in diretta su Radio tre seguii tutto l'evento romano.

E ricordo sempre con un grande brivido, quando il Maestro, intervistato dal radiocronista che gli aveva dato del grande  rispose: <<Grande è Beethoven>>

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è interessante il discorso di Abbado sul salvaguardare (a livello di tempi metronomici) non tanto il rispetto assoluto di quel che ha richiesto Beethoven per un determinato movimento - se ho ben capito - ma almeno le relazioni, sempre a livello di agogica, tra un movimento e l'altro all'interno della sinfonia.

 

Non condivido invece il discorso dell'esecuzione dei ritornelli sempre e comunque giustificato da ragioni di forma.... forma architettonica.

 

Non esiste solo la forma architettonica ma anche una forma di tipo processuale (quella di una vicenda) e sotto tale aspetto possono essere sentiti molti primi movimenti di sinfonie beethoveniane. il lavoro di Fabrizio Della Seta dull'Eroica in tal senso è illuminante. Se non altro per mettere una pulce nell'orecchio a chi ha certezze granitiche in tal senso.

 

in altre parole: un film o uno spettacolo teatrale sono qualcosa che hanno una forma (processuale). E non è che prima di passare alla scena seuccessiva ci dobbiamo rivedere la scena appena conclusa!

 

Ergo >>> io sto dalla parte delle scelte di Karajan

 

- - - - Movimenti iniziali - - - -

Sinfonie 1 e 2: struttura ancora architettonica (ritornello ok)

Sinfonia n. 5: struttura a blocchi ben definiti (ritornello ok)

Sinfonie Eroica, 4, 6, 7, 8 forma processuale ( no ritornello)

.... anche se sull'Ottava non sono d'accordo con Karajan (meglio fare il ritornello)

 

detto questo.... amo il Beethoven di Abbado. Moltissimo.

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Caro Luca, avrei desiderato che a risponderti fosse qualcuno dei tanti addetti ai lavori che frequentano questo forum. Così, per sapere loro cosa ne pensano di questa tua affermazione e provocazione - naturalmente intesa in senso buono - ma, purtroppo, almeno fino a questo momento nessuno lo ha fatto.

Scarso interesse? Poco tempo per ascoltare tutto quello che Abbado dice? Altro?

Chissà?

Eppure la questione che tu poni è sempre d'attualità e, sostanzialmente, riguarda la filologia, rispetto ad un'opera musicale.

Le risposte a quello che tu affermi, Abbado le ha già date molto bene: quello che conta è, soprattutto, la volontà del compositore e se il compositore vuole quei ritornelli è giusto farli, come è giusto attenersi scrupolosamente alla partitura.

Nessuno degli amanti della musica classica - e di Beethoven in particolare - rinuncerebbe a Karajan e ad almeno ad una delle sue integrali. Ma è pur vero che quelle registrazioni sono parte integrante di un passato che, sotto molti punti di vista, tale è e tale dovrà restare.

Harnoncourt  fu probabilmente il primo che, nel 1990 - a d un anno dalla morte di Karajan - propose una rivisitazione in senso filologico delle sinfonie beethoveniane. Abbado, partì da queste per approdare prima con i Wienner e poi con i Berliner, proponendo sue interpretazioni diverse da quella di Harnoncourt ma che su quel solco si muovevano. Poi, più recentemente è arrivato Chailly con le sue sinfonie con i tempi metronici esatti voluti dal compositore.

Penso di non peccare di presunzione dicendoti che la strada imboccata sia ormai irreversibile e oggi sarebbe assolutamente impensabile, riproporsi al pubblico con interpretazioni che vadano in senso contrario

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caro Daniele, che le interpretazioni di Karajan appartengano al passato è fuor di dubbio. Ma al 'passato' - un passato ancor più lontano - appartengono anche le stesse sinfonie di Beethoven. La vera questione è se quel passato sia pure da considerare 'sorpassato'. Sulle sinfonie di Beethoven sono sicuro che siamo d'accordo (no!). Sulle scelte interpretative di Karajan mi par di capire che la tua risposta è 'sì': sono sorpassate.

Ecco proprio sulla decisione del ritornello, eseguirlo o no, io non sarei così categorico. Dico 'categorico' e non 'filologico' perchè filo-logico, letteralmente, vuol dire 'amante del logos', cioè della riflessione, del pensiero, delle scelte meditate (anche nella melma del dubbio), e non amante di prassi esecutive adottate perchè «così si deve, così si fa».

Ribadisco: il Beethoven: Sinfonia Eroica di Della Seta è illuminante - per me - su quanto non sia cosa scontata la decisione sul ritornello dell'esposizione (pp. 57-61, Prospettiva: forma come architettura e forma come processo, e pp. 80-82).

 

Poi ci sono altre scelte di Karajan che anche io considero passate e... sorpassate, come l'utilizzo di un orchestra di dimensione "malheriane" per le sinfonie di Beethoven.

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Non è Beethoven, è Bach, ma sempre di ritornelli si tratta: poco tempo fa sfogliavo Scritti e conversazioni di Svjatoslav Richter. Bellissimo.

In un suo diario Richter criticava le Variazioni Goldberg di Glenn Gould perché non ci sono i ritornelli, e questo è sbagliato perché contraddice la volontà del compositore (come dice Abbado a proposito di Beethoven) e anche per un altra ragione: perché (faccio una parafrasi a memoria) una composizione complicata come le Variazioni Goldberg ha bisogno dei ritornelli per essere capita, altrimenti diventa incomprensibile.

Francamente non saprei a chi dare ragione - o meglio, sulla carta ha ragione Richter, ma in pratica...

Sospetto inoltre che in gioco ci possa essere anche un altro elemento: fino a prima della nascita della registrazione un concerto sinfonico aveva in ogni caso un carattere di eccezionalità, e non potendo ascoltare e riascoltare a casa propria la Terza Sinfonia di Beethoven (se non suonandola sul pianoforte, per chi poteva) una esecuzione dei ritornelli era senza dubbio benvenuta. Proprio per capire meglio.

Inoltre: la decisione di tagliare i ritornelli non poteva essere suggerita anche dalla scarsa capienza dei supporti di registrazione? Non so molto della storia della discografia, ma immagino si siano fatti anche ragionamenti di questo tipo. Ricordo di aver letto da qualche parte una intervista a Glenn Gould che scherzosamente si chiedeva (altra parafrasi): riuscirò a far stare sei Sonate di Mozart in un solo disco? E allora, taglia i ritornelli - e in più prende velocità inverosimili... tanto più che Mozart non gli piace!

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in Bach il ritornello è sacrosanto >>> Si tratta di forma-architettura.

Ha ben ragione Richter (e, nel caso di Bach, sarebbero più che appropriate le parole che usa Abbado per supportare le ragioni del ritornello).

 

Su quel che dici dell'opportunità di riascolto in sede di concerto prima della nascita della registrazione sono d'accordo. Effettivamente!....

 

Per quanto riguarda le ragioni di spazio sul vinile LP invece direi di no....

Ho qui in mano il mio disco dell'Eroica (Karajan, Berliner, 1977) e sul lato A, dove ci sono i primi due movimenti, vedo che al centro avanza una certa quantità di spazio non inciso....

chissà? Magari ci sarebbe stato il ritornello dell'esposizione... magari no....

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Ecco proprio sulla decisione del ritornello, eseguirlo o no, io non sarei così categorico. Dico 'categorico' e non 'filologico' perchè filo-logico, letteralmente, vuol dire 'amante del logos', cioè della riflessione, del pensiero, delle scelte meditate (anche nella melma del dubbio), e non amante di prassi esecutive adottate perchè «così si deve, così si fa».

E va bene e dunque entriamo nelle questioni di lana caprina.

 

Da un qualsiasi vocabolario della lingua italiana io evinco che la filologia è:

 

1) Disciplina che studia la lingua e la letteratura così come vengono trasmesse da fonti scritte o orali

 

2) Disciplina che ha come fine la ricostruzione di un testo nella sua forma originali, liberandolo da errori e rimaneggiamenti successivi.

 

Ne consegue che filologico è tutto ciò che è relativo alla filologia, basato sulla filologia.

 

Ho messo in grassetto il punto due perché è ovviamente a quello che mi riferisco soprattutto. Non parliamo di testi letterali ma di testi musicali ma il fine è lo stesso: ricostruire - dove c'è da ricostruire o possibilità di ricostruire - ed eseguire quella musica senza il sedimento, il rimaneggiamento che, nel corso dei secoli, qualcun altro ha fatto in maniera assolutamente arbitraria e prescindendo dalle volontà originarie del compositore

 

Nel caso delle Sinfonie di Beethoven proprio per l'importanza che hanno avuto e che tutt'ora hanno nell'ambito della prassi e frequenza esecutiva, questo problema si è fatto esponenziale a  cominciare dall'arbitrarietà wagneriana e malheriana, appunto.

Oggi come oggi, la tendenza - e io penso più che giustamente - è quella di liberarsi di questi fardelli del passato per ritornare all'originale per quanto naturalmente possibile.

Questo, ribadisco, senza voler nulla togliere all'importanza e anche alla bellezza di interpretazioni del passato che, comunque vanno rapportate, viste e ascoltate in quel'ambito storico-culturale ormai superato per sempre.

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C'è un'estetica interpretativa che non riesce a comprendere il ritornello, questo avviene perchè l'identica ripresa del materiale potenzialmente indebolisce il discorso tensivo. Diciamo che in generale l'interprete ha il compito di rendere meno "pesante" e più interessante il ritornello nel caso lo volesse eseguire.

Si volesse! Dico così perché come ben evidenziato da Red, il ritornello aveva un sacco di funzioni extramusicali per cui fa parte della storia...non ha caso in sonate tipo quelle cicliche (vedi quella in si- di Liszt) non ha proprio senso e neanche ci starebbe a livello costruttivo. A scelta perché oggi è cambiato completamente il contesto dal punto di vista dell’ascolto per cui, partendo dal presupposto (del tutto soggettivo) che delle cose belle non si è mai stanchi, allora il ritornello di una bella pagina di musica l’ascolto volentieri anche se è pur vero che di alcune pagine della storia della musica ormai, a livello di ascolto, siamo solo nella fase ritornello. Possiamo solo riascoltare e riascoltare ancora…saremo prima o poi stufi? Non lo so, ma in me la curiosità ha il sopravvento sulla distrofia...per cui forse ci si può stancare anche delle cose belle. Chi può dirlo?

Nella scrittura musicale, oggi come oggi, il segno di ritornello ci sta ancora ma del tutto defunzionalizzato, lo si può usare per raggiungere tanti scopi (ma diversi per il quale probabilmente è nato) come ad esempio semplificare o rendere più intelligibile la scrittura.

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Oggi come oggi, la tendenza - e io penso più che giustamente - è quella di liberarsi di questi fardelli del passato per ritornare all'originale per quanto naturalmente possibile.

A parte che le sinfonie di Beethoven di Abbado non mi paiono stile primo ottocento.

Ma se oggi come oggi fosse davvero questa la tendenza, io mi chiedo: a quale scopo ritornare all'originale?.... Se lo scopo è 'storico', 'conoscitivo', 'musicologico', allora trovo giusta una tale tendenza.

 

Ma se lo scopo è 'interpretativo' o, più semplicemente, 'musicale', trovo che un'opera d'arte abbia la sua ragion d'essere nel rapporto fecondo con le epoche, anche lontanissime, a cui le è toccato arrivare.

Poi è chiaro che per fare questo ci vuole un interprete intelligente: che conosca le tradizioni interpretative che lo hanno preceduto, sia quelle buone sia quelle di dubbio gusto (per liberarsene), e che conosca a maggior ragione la buona prassi dell'epoca e - soprattutto! - le indicazioni del compositore.

 

Tutte queste conoscenze sono doverose per un interprete. Tutte queste conoscenze messe insieme costituiscono, a mio avviso, il bagaglio filologico dell'interprete: cioè conoscere, ad esempio di questa sonata del XVII secolo che è arrivata nelle mie mani di musicista del 2015, da "dove" è partita e in quali "ambienti" interpretativi le è toccato passare. Ma dopo, quando interpreto, a qual proposito cassare le istanze personali e della mia epoca e far finta di non essere uomo del mio tempo? (a qual proposito, ripeto, che non sia quello storico-conoscitivo-didattico).

 

La filologia è un buon metodo di lavoro (l'unico valido, mi verrebbe da dire) non IL risultato finale. il risultato finale è un'interpretazione 'musicale', contemporanea. Viva.

Per un interprete mettersi in una prospettiva di questo tipo credo sia l'unico modo per realizzare ad ogni nuova interpretazione quel motto che hanno scelto per la rivista online ilCorriereMusicale : «La chiamano classica, ma è sempre contemporanea»

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A parte che le sinfonie di Beethoven di Abbado non mi paiono stile primo ottocento.

Ma se oggi come oggi fosse davvero questa la tendenza, io mi chiedo: a quale scopo ritornare all'originale?.... Se lo scopo è 'storico', 'conoscitivo', 'musicologico', allora trovo giusta una tale tendenza.

 

Ma se lo scopo è 'interpretativo' o, più semplicemente, 'musicale', trovo che un'opera d'arte abbia la sua ragion d'essere nel rapporto fecondo con le epoche, anche lontanissime, a cui le è toccato arrivare.

Poi è chiaro che per fare questo ci vuole un interprete intelligente: che conosca le tradizioni interpretative che lo hanno preceduto, sia quelle buone sia quelle di dubbio gusto (per liberarsene), e che conosca a maggior ragione la buona prassi dell'epoca e - soprattutto! - le indicazioni del compositore.

 

Tutte queste conoscenze sono doverose per un interprete. Tutte queste conoscenze messe insieme costituiscono, a mio avviso, il bagaglio filologico dell'interprete: cioè conoscere, ad esempio di questa sonata del XVII secolo che è arrivata nelle mie mani di musicista del 2015, da "dove" è partita e in quali "ambienti" interpretativi le è toccato passare. Ma dopo, quando interpreto, a qual proposito cassare le istanze personali e della mia epoca e far finta di non essere uomo del mio tempo? (a qual proposito, ripeto, che non sia quello storico-conoscitivo-didattico).

 

La filologia è un buon metodo di lavoro (l'unico valido, mi verrebbe da dire) non IL risultato finale. il risultato finale è un'interpretazione 'musicale', contemporanea. Viva.

Per un interprete mettersi in una prospettiva di questo tipo credo sia l'unico modo per realizzare ad ogni nuova interpretazione quel motto che hanno scelto per la rivista online ilCorriereMusicale : «La chiamano classica, ma è sempre contemporanea»

Scusa Luca ma mi chiedo dove io ho scritto o ho fatto intendere che penso che le sinfonie dirette da Abbado siano del primo ottocento.

Io, viceversa, sono qui per difendere quello che dice Abbado visto che tu lo hai criticato sui ritornelli.

Ti invito a rileggermi dove affermo che Abbado, partendo da Harnoncourt - che fu un pioniere di questa nuova stagione interpretativa - arrivò ad una sua interpretazione delle sinfonie beethoveniane, diversa dalle sue precedenti che erano influenzate dalla grande tradizione novecentesca ma anche diversa da quella dello stesso Harnoncourt. 

E, per favore, sgombriamo il campo da un altro grossissimo equivoco. La filologia non tarpa le ali all'interpretazione. Santifica semplicemente il dato base che è quello dato dal compositore. Per il resto l'interpretazione è liberissima - guai se non lo fosse - di sbizzarrirsi. Tanto è vero che oggi possiamo parlare delle sinfonie beethoveniane di Abbado, Norrington, Noseda, Chailly e di chiunque altro voglia o vorrà cimentarsi con i capolavori beethoveniani.

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No Daniele: non l'hai scritto da nessuna parte che le sinfonie dirette da Abbado siano del primo ottocento.

è solo una  cosa che ho voluto puntualizzare io per dire che un'interpretazione, quella di Abbado appunto, apprezzata molto sia da te che da me, la vedo molto lontana dall'intenzione di «ritornare all'originale».

 

Poi su ciò che è l'utilità della filologia probabilmente siamo anche d'accordo. Ma parlare di ritorno all'originale a me dà a intendere che esista un 'originale' (modello interpretativo) al quale è doveroso tendere.

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Poi su ciò che è l'utilità della filologia probabilmente siamo anche d'accordo. Ma parlare di ritorno all'originale a me dà a intendere che esista un 'originale' (modello interpretativo) al quale è doveroso tendere.

Ritornare all'originalità, vuol dire, eliminare tutto quello che di più o di meno è stato aggiunto o tolto da altre mani e da lì partire in con l'interpretazione che è libera ma non può e non deve arroccasi il diritto di eseguire cose che la partitura non prevede, in quanto non scritte e volute dal compositore. Questo solo è!

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