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Piano Concerto - Forum pianoforte

Differenza tra linguaggio e stile


mathisdermaler
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Prova a farti questa semplice domanda: esiste lo stile di un linguaggio o il linguaggio di uno stile?
In parole povere, io direi: lo stile è il modo in cui un autore usa il linguaggio.
In genere la definizione di linguaggio è determinata e "universalmente" condivisa. Nel modo più astratto e formale potremmo dire che il linguaggio è un insieme di regole che si applicano (sintassi) ad un insieme di elementi primitivi e semplici (alfabeto). Lo stile non è così immediato da definire. Per lo più è individuato dal ripresentarsi nelle opere di un autore di quelli che vengono chiamati "stilemi": per esempio potrebbe essere la predilezione per una certa cadenza, oppure la predilezione per un certo tipo di modulazione...
Per cui si potrebbe dire che la modalità è un linguaggio, e diversi autori ne fanno uso con diversi stili. Tuttavia considera che la modalità può anche contribuire alla definizione di un tratto stilistico ( vedi per esempio cosa succede in Mikrokosmos - addirittura il 4° modo della scala minore melodica ascendente viene anche chiamato modo di Bartòk :o ).... per cui si potrebbe estendere la definizione che ti ho dato sopra a:

lo stile è il modo con cui un autore "sceglie" e "usa" un certo linguaggio

... anche se la storia non finisce qui, spero di aver cominciato a darti un'idea ^_^

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Molto interessante Bianca, grazie! E la storia continua per molto? Avrei continuato a leggerla con piacere :)

Comunque, se ho ben capito, se lo stile è il modo in cui si usa un linguaggio musicale, posso asserire che l'orchestrazione, le scelte ritmiche, armonico-contrappuntistiche "ricorrenti" in un lavoro o in più lavori di un autore (penso ad Orff ad esempio) riguardano lo stile?

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E' un po' come la lingua parlata, alla fine ognuno si esprime a modo proprio nonostante l'Italiano sia sempre lo stesso; tutto contribuisce Mathisdermaler. Ovviamente ci sono tematiche che rispetto al linguaggio sono un po' più trasversali come l'orchestrazione. Ad esempio io potrei amare il fagotto alla follia ed usarlo anche in un notturno, ma il notturno potrebbe essere scritto in diversi linguaggi. Siuramente la presenza del fagotto può restituire una "mia" sonorità...ma non basta. E' l'insieme di tantissimi elementi che fa uno stile.

 

E ci si sono pure compositori "multi stile" (o "multi linguaggio"?); vedi Stravinsky. In questi casi sarebbe interessante trovare il "filo conduttore"

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Molto interessante Bianca, grazie! E la storia continua per molto? Avrei continuato a leggerla con piacere :)

Comunque, se ho ben capito, se lo stile è il modo in cui si usa un linguaggio musicale, posso asserire che l'orchestrazione, le scelte ritmiche, armonico-contrappuntistiche "ricorrenti" in un lavoro o in più lavori di un autore (penso ad Orff ad esempio) riguardano lo stile?

 

Dipende tutto dalle definizioni da cui partiamo, per cui è su quelle che bisogna mettersi d’accordo prima di iniziare un ragionamento. Quello che conviene fare è seguire una prassi, quando ce n’è una, altrimenti mutuare da altri campi. Dare delle definizioni è importante e fondamentale per evitare confusioni e fraintendimenti, però tieni presente che alla fine, per quanti sforzi si possano fare, può sempre capitare che le conseguenze tratte arrivino ad un punto in cui si rende necessaria la revisione delle definizioni stesse.

Nello studio della musica, non esiste un capitolo che ti dice: fino a qui si tratta di linguaggio, da qui in poi si tratta di stile. Anche perché c’è disaccordo sulla stessa possibilità di definire la musica come linguaggio. Questo perché dietro ci sta tutta una secolare diatriba su cosa la musica possa esprimere o meno. Esplorare questa strada, come ti puoi ben rendere conto, è cosa ardua e tortuosa. Ma questo accenno la dice lunga sulla difficoltà che l’intelletto umano trova nel superare certi tipi di ostacoli.

Così quando si chiede una definizione, si compie sempre un atto sociale potenzialmente pericoloso e destabilizzante. Per contro, quando si fornisce una definizione, non si dovrebbe fare altro, appunto, che proporre un accordo, una tregua che consenta di esplorare collaborativamente un campo di conseguenze.

Tengo perciò a precisare che avendo definito il linguaggio come un insieme di regole che si applicano ad un insieme di elementi, non si è stabilito che la musica sia un linguaggio, né che non lo sia. Al più, specificando di che regole e di che elementi si tratta quando si parla di musica, si può asserire che la musica ha un linguaggio, anzi, anche più di uno.

Il linguaggio così inteso serve “semplicemente” a determinare se una certa sentenza appartiene o no a quello stesso linguaggio. Dunque potremmo dire che esiste un linguaggio tonale, un linguaggio seriale, enne linguaggi modali, e così via… A questo punto però capita che la sola definizione di linguaggio sia in un certo senso troppo debole per gestire tutti gli aspetti della questione. Cosa accadrebbe infatti quando più di uno di questi “linguaggi” fossero utilizzati all’interno di una stessa opera? Perché in musica, ovviamente, può succedere. Come si stabilisce, senza troppa confusione, la correttezza o meno di una certa sentenza? È pur vero che commistioni troppo spinte possono essere anche giudicate come “scorrette”, un po’ come potrebbe esserlo un testo scritto in modo sgrammaticato, con tutti i distinguo del caso. Ad ogni modo secondo me è più conveniente introdurre un altro concetto, ovvero quello di struttura, con la relativa definizione: la struttura è un insieme di relazioni tra elementi o insiemi di elementi. Pensa ad esempio alla “condotta delle parti”, più che come linguaggio questa si presta ad essere considerata come struttura. Infatti nella condotta delle parti, quello che è fondamentale tenere sotto controllo sono appunto le relazioni tra le parti e le regole che bisogna rispettare sono prevalentemente regole di relazione. Ecco allora che diventa più vantaggioso considerare anche la modalità, la serialità, ecc. non come semplici linguaggi, ma piuttosto come strutture. In quest’ottica anche aspetti come l’orchestrazione fanno parte della struttura piuttosto che dello stile. Se ci pensi bene, uno stile può essere riconoscibile anche a prescindere dall’orchestrazione con cui viene proposto. Certamente si può anche dire che esiste uno stile nell’orchestrare in un modo piuttosto che in un altro, se non altro quando le caratteristiche sono talmente particolari da essere riconoscibili e riconducibili ad un certo autore piuttosto che ad un altro. Tra parentesi finora abbiamo parlato di stile come caratteristica di un’opera, ma il termine può anche riferirsi ad un periodo, per esempio si parla di stile baracco o di stile neoclassico.

 

Detto questo possiamo (ancora provvisoriamente) riformulare la definizione di stile data precedentemente: lo stile è ciò che distingue e rende riconoscibile il modo con cui un autore/periodo "sceglie" e "usa" le strutture di un certo linguaggio.

 

Ora però, per non divagare in questioni troppo edificanti, sarebbe bello pensare a qualche esempio di stile. In un forum come questo non sarebbe cosa malvagia se alcuni contribuissero a mettere su una sorta di raccolta di stilemi organizzata per autore, diciamo i principali o quelli con cui si ha più dimestichezza. A prescindere da tutte le speculazioni a riguardo, potrebbe anche essere un'utile iniziativa per chi si occupa di musica in pratica ;).

 

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