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Piano Concerto - Forum pianoforte

Il giovane Beethoven


cromatismo
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Beethoven a tredici anni. In quell'epoca il piccolo Ludwig studiava già circa da tre anni con Christian Neefe, una figura essenziale per il suo sviluppo artistico grazie soprattutto alla sua devozione verso l'allora dimenticato Johann Sebastian Bach che seppe trasmettere al proprio allievo.
In quegli anni viveva ancora Maria Van Beethoven, l'adorata madre di Ludwig (con tutta probabilità la prima ed originale sua "Amata Immortale"), che in una frase profetica scritta nei suoi appunti aveva riassunto la vita a venire di suo figlio: "Senza sofferenza non c'è lotta, senza lotta non c'è vittoria, senza vittoria non c'è corona.".
E' per me incredibile riscoprire pagine scritte da Beethoven in quell'epoca, chiaramente già improntate verso il fascino per la "Variazione" che avrebbe poi condizionato tutta la sua futura arte compositiva, fascino probabilmente radicato nel giovane compositore grazie agli studi bachiani cui era stato sottoposto da Neefe e durante i quali aveva imparato il concetto di "invenzione", in cui una singola idea musicale prende e cambia forma durante un intero brano.
Le variazioni Dressler sono un chiaro esempio di come il piccolo Ludwig, sebbene ancora immaturo compositivamente, possedesse l'innato dono (esacerbato anche dal suo immenso talento nell'improvvisazione) del saper sviluppare qualsiasi tipo d'idea in modo originale ed intenso.

A tal proposito come considerate le così poco eseguite Sonate Elettorali?

Le trovo fondamentali per delineare i tratti caratteristici della sua produzione a venire.

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Le sonate così dette Elettorali WoO 47 n. 1, 2 e 3 sono dedicate all'arcivescovo di Colonia Maximilian Freidrich principe elettore del Sacro Romano Impero.

I principi elettori che avevano l'incarico di eleggere l'imperatore e di assisterlo nelle sue funzioni erano:

Tre ecclesiastici:

  • Arcivescovo di Magonza
  • Arcivescovo di Treviri
  • Arcivescovo di colonia

 

Quattro laici:

  • Re di Boemia
  • Duca di Sassonia
  • Margravio del Brandeburgo
  • Conte palatino del Reno
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Quando si parla delle Sonate per pianoforte di Beethoven si intende sempre le 32 pubblicate con il numero d'Opus. In realtà il compositore ne compose almeno 37 – tante sono quelle a noi rimaste, senza considerare i numerosi abbozzi – in quanto, le prime 5 da lui composte in giovanissima età a Bonn, non sono entrate nel catalogo ufficiale.

Le sue prime tre Sonate furono composte, in un periodo non precisato, fra il 1782 e il 1783, per essere poi pubblicate il 14 ottobre 1783 a Spyriem e dedicate al principe elettore di Colonia, arcivescovo Maximilian Friedrich.

Se certamente, non possono essere considerate dei capolavori, sono sicuramente il primo e vero segnale di quello che Beethoven diventò in seguito. Il professor Kropfinger così scrive: «(...) le tre Kurfürstensonaten ci presentano nel genere sonatistico un Beethoven “compositore di minore interesse (NgroveD, vol.2, p.378), secondo l'opinione di altri proprio sul piano del genere esse non sono in nulla inferiori alle Sonate Opus 49 e 79». (Klaus Kropfinger: Beethoven. Ricordi Lim editore)

Dal mio punto di vista, invece penso che, se può essere lecito accostarle alle due Sonate dell'Opus 49, altrettanto non sia per l'Opus 79 che è da considerarsi un capolavoro di “piccola Sonata”. Resta il fatto che, comunque, è un vero peccato che queste Sonate continuino ad essere considerate a sé stante e non come primo, seppur acerbo, passo di quel complesso e importantissimo corpus piano-sonatistico beethoveniano nell'ambito della storia della musica. A tutti gli effetti esse possono essere considerate, come il punto di partenza di quel percorso che portò il maestro di Bonn, nel giro di circa quarant'anni, a sconvolgere completamente la Sonata per pianoforte. In esse si sentono certamente le influenze del passato prossimo musicale a Beethoven ma, è altrettanto innegabile, percepire anche embrioni di idee musicali che il compositore sviluppò e rese grandi nelle sue sonate future. La più riuscita delle tre è la seconda dove a detta di Della Croce: «(...) Si intravvede già, nella gravità del preludio e nell'agitazione appassionata della parte veloce, la traccia seguita dai primi movimenti delle sonate posteriori, in particolare della “Patetica”.» (Luigi Della Croce: Ludwig van Beethoven. La musica pianistica e da camera. L'Epos editore)

 

Video WoO 47 n. 1

Video WoO 47 n. 2

Video WoO 47 n. 3

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