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Piano Concerto - Forum pianoforte

Quando Thomas Mann incontra Beethoven


Frank
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Mi spiace ma sono arrivati secondi! :)

 

Anche il tuo blog è arrivato "secondo"...cosa intendo? Che i tuoi contenuti li avevo letti molto prima dell'inizio di quest 'anno...cos'erano, 5 anni fa ? :D

 

Però almeno adesso sono ordinati e in un punto unico ;)

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Caspita Frank, che memoria!

In un certo senso mi sento molto onorato di tutto ciò. Il fatto che tu ricorda e soprattutto che mi abbia letto, debbo confessarlo, mi inorgoglisce assai. Chiedo scusa per questa mia "punta" di vanità, ma... :rolleyes:B):)

Sai una cosa Frank, la frase che tu riporti alla base dei tuoi post, è la stessa che usavo io quando ero nel forum della rivista Amadeus. Ora, che tu l'abbia scelta fra le tante, potrebbe dirmi tante cose di te!

Ma forse, dopo un certo allontanamento ti stai forse riavvicinando a Beethoven?

O forse - chissà!!!??? - non te ne sei mai allontanato, perché non è possibile il farlo! ;)

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Intanto penso che mi sopravvaluti, chi sa quanti avranno letto e apprezzato i tuoi scritti…per cui io sono uno dei tanti (lettori) tu sei invece Quello che li ha scritti ;)

 

Provo ad elucubrare intorno alla tua richiesta e la più volte espressa curiosità sul mio ipotetico allontanamento da Beethoven.

Forse il succo potrebbe essere il seguente…

La frase dice:

“siamo nati per avere insieme gioie e dolori”

ma

“si potrebbe quasi dire che i migliori di noi raggiungono la gioia attraverso la sofferenza”

 

In generale io sono uno di quelli che trova più interessante il tragitto per raggiungere un traguardo, piuttosto che il traguardo stesso che in fin dei conti una volta arrivati …è “andata” e tutto “finisce”; giusto per , penso di essere uno che si sa godere i risultati ma la frase, dove il traguardo è la gioia e il tragitto è la sofferenza, è “temporizzata” sull’arco della vita …. prevede un solo traguardo e un solo tragitto.

Seppur molto vario e restando strettamente in ambito musicale, ecco che il Beethoven che mi piace è quello dove grida il suo dolore e non dove mostra di aver raggiunto la gioia ... Ad esempio Brahms non lo grida, lo “sussurra” come un anima in pena…un’altra cosa che trovo molto affascinante.

 

Ecco che io amo quelle composizioni dove maggiormente emerge il tragitto e non il traguardo. Vedi Daniele, io sono uno che se volesse scrivere una sonata “classica”, scusate le semplificazione quasi elementare ma non ho tempo di fare un discorso più esteso, la scriverebbe usando solo il modo minore (e fortunatamente sono uno che può abbastanza scegliere, per cui avrebbe anche altri colori sulla tavolozza…ma sono le sfumature che fanno la differenza, come sempre) … come faccio ad amare completamente (ovvio, si parla di gusti) un compositore che ha scritto solo sonate in tonalità maggiore? O chi solo un paio? (Ovvio che non mi riferisco a LvB.)

Uno che può fare scelte di questi tipo forse è Chopin o comunque un tardo romantico…ecco che tornando a Beethoven … il discorso non regge al 100% (e guai se non fosse così, lui è un pre-romantico, tanta grazia) ed è il motivo per il quale se dovessi proprio scegliere un nome (ma ad oggi non potrei più farne uno) citerei alla lontana Berg…giusto perché obbligato . Questo è il punto, qui voglio peccare di vanità io, come tutti i compositori, penso che la musica più gradita sia la propria :)…per cui è difficile che l’estetica di un altro aderisca al 100% con la propria, forse un limite, forse non so…ma a parte riconoscere la grandezza di un Genio come Beethoven, non posso dire di rispecchiarmi in tutte le sue opere…come è giusto che sia.

Perché forse lontanamente Berg? Come diceva Messiaen, la musica seriale non trovava posto perché lui, che era un compositore della gioia e del colore, non si ritrovava in questa musica che secondo lui esprimeva solo spavento, terrore e notte (o sofferenza dico io?) Messiaen utilizzò la tecnica seriale nell’episodio delle stimmate del S. Françoise d’Assise (e se non procurano sofferenza quelle …) ed a questo proposito affermava:

«Questo è un passaggio superseriale, che vi fa capire i miei sentimenti a riguardo della musica seriale: Io non la considero capace di esprimere che spavento, terrore, notte. E questo spiega perché Berg ha scelto dei soggetti così orribili per le sue opere. »

Vedi, anche lui ricade nel gusto, per lui, colorista d’hoc, «Il linguaggio seriale non è inquietante, è nero! Io lo vedo senza colori, sempre nero, grigio, nero, grigio…. »

Lui allora è sempre cangiante e a tal proposito dice:

«una musica cangiante, raffinata e allo stesso tempo voluttuosa. Una musica che canta. Un musica come vetrate, un turbinio di colori complementari. Una musica che esprima la fine del tempo, l’ambiguità, i corpi gloriosi, i misteri divini e soprannaturali»

Come se il nero è il grigio non esistessero...sappiamo tutti che non è così ;)

Ma se andiamo a studiare il concerto per violino è orchestra ha tanti spiragli di bianco…insomma, non è bianco completamente, il classico vedo ma non vedo, nel buio lo spiraglio di luce diventa un punto di interesse, e altre menate del genere…. :D

 

Ora, senza fare voli pindarici e restando ancorati a Beethoven, a questo punto però si può introdurre qualche parallelismo ad esempio con la musica di Schubert … non si avverte un non raggiungimento di un traguardo, che rapportato alla vita è quasi ideale che realizzabile, è quasi un’utopia… ma una forte circolarità, quasi realista, come per dire che alla fine non si “sfugge” e se guardiamo le sue opere degli ultimi 5 anni …non siamo dinanzi ad uno che vede la luce, che vede la gioia…ma uno che gira intoro ad un pensiero solo…

Per cui chi ha ragione…ovviamente nessuno…e ci mancherebbe pure altro.

 

In definitiva, non è che adesso salta fuori che sono in depressione (come Berg .. mamma mia…), quando l’ago della bilancia punta troppo sulla gioia o pensando a Beethoven … verso l’eroico…non mi ci rispecchio appieno….e lasciamo perdere il carattere “frivolo” inseguito (anche per forza di cose) da altri compositori…anche loro grandi Maestri e geni incontrastati; quando l’ago della bilancia pende verso l’espressione di un’ animo inquieto, sofferente, etc. … bingo :)

“Purtroppo” la mia estetica è un po’ lacerante…insomma sguazzo con compositori tipo Scriabin, che non a caso andavano a nozze con D’Annunzio…etc.

Ma come dicevo uno da solo non può soddisfarmi appieno … sicuramente da ascoltatore, ma da compositore non sarebbe possibile che io abbia la stessa estetica Beethoveniana, soprattutto perché oggi i tempi sono altri e non c’è stato mondo in cui l’artista non abbia, tramite la sua sviluppata sensibilità, rispecchiato e colto i segni del proprio tempo trasformandoli a loro volta in arte…che ancora, nel caso di grandi menti quali appunto Beethoven, ancora ci dicono qualcosa.

 

Basta con il pippottone da 2 pagine ...però!!! :D

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Provo ad elucubrare intorno alla tua richiesta e la più volte espressa curiosità sul mio ipotetico allontanamento da Beethoven.

Forse il succo potrebbe essere il seguente…

La frase dice:

“siamo nati per avere insieme gioie e dolori”

ma

“si potrebbe quasi dire che i migliori di noi raggiungono la gioia attraverso la sofferenza”

 

In generale io sono uno di quelli che trova più interessante il tragitto per raggiungere un traguardo, piuttosto che il traguardo stesso che in fin dei conti una volta arrivati …è “andata” e tutto “finisce”; giusto per , penso di essere uno che si sa godere i risultati ma la frase, dove il traguardo è la gioia e il tragitto è la sofferenza, è “temporizzata” sull’arco della vita …. prevede un solo traguardo e un solo tragitto.

Seppur molto vario e restando strettamente in ambito musicale, ecco che il Beethoven che mi piace è quello dove grida il suo dolore e non dove mostra di aver raggiunto la gioia ... Ad esempio Brahms non lo grida, lo “sussurra” come un anima in pena…un’altra cosa che trovo molto affascinante.

 

...e ancora una volta si presenta il binomio Beethoven/Brahms.

Caratteri diversi, epoche diverse e compositori diversi con in comune il "genio" e una vita fatta di sofferenza.

Beethoven all'inizio dell'Ottocento poteva permettersi di pensare nell'utopia della gioia; Bramhs alla fine dell'Ottocento ben sapeva che la gioia è - appunto - solo un'utopia.

 

Ecco che io amo quelle composizioni dove maggiormente emerge il tragitto e non il traguardo. Vedi Daniele, io sono uno che se volesse scrivere una sonata “classica”, scusate le semplificazione quasi elementare ma non ho tempo di fare un discorso più esteso, la scriverebbe usando solo il modo minore (e fortunatamente sono uno che può abbastanza scegliere, per cui avrebbe anche altri colori sulla tavolozza…ma sono le sfumature che fanno la differenza, come sempre) … come faccio ad amare completamente (ovvio, si parla di gusti) un compositore che ha scritto solo sonate in tonalità maggiore? O chi solo un paio? (Ovvio che non mi riferisco a LvB.)

Uno che può fare scelte di questi tipo forse è Chopin o comunque un tardo romantico…ecco che tornando a Beethoven … il discorso non regge al 100% (e guai se non fosse così, lui è un pre-romantico, tanta grazia) ed è il motivo per il quale se dovessi proprio scegliere un nome (ma ad oggi non potrei più farne uno) citerei alla lontana Berg…giusto perché obbligato . Questo è il punto, qui voglio peccare di vanità io, come tutti i compositori, penso che la musica più gradita sia la propria :)…per cui è difficile che l’estetica di un altro aderisca al 100% con la propria, forse un limite, forse non so…ma a parte riconoscere la grandezza di un Genio come Beethoven, non posso dire di rispecchiarmi in tutte le sue opere…come è giusto che sia.

 

Non è un limite non riconoscersi nell'estetica di un altro compositore, soprattutto poi se questo compositore è vissuto due secoli fa! E' oggettivamente sacrosanto e doveroso che sia così, se non si vuole scendere nella mediocrità!

Milan Kundera afferma che se anche ci fosse oggi un compositore che potesse comporre Quartetti ricalcando lo stesso stile e lo stesso spessore degli ultimi quartetti beethoveniani, l'operazione, in sé per sé, sarebbe completamente assurda e fuori del tempo. E io la penso così! Per cui , vivvadio che tu:

 

da compositore non è possibile che abbia la stessa estetica Beethoveniana, soprattutto perché oggi i tempi sono altri e non c’è stato mondo in cui l’artista non abbia, tramite la sua sviluppata sensibilità, rispecchiato e colto i segni del proprio tempo trasformandoli a loro volta in arte…che ancora, nel caso di grandi menti quali appunto Beethoven, ancora ci dicono qualcosa.

 

:D

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